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A partire dalle grandi fabbriche di Sesto san Giovanni le lotte operaie per la salute e la sicurezza sul lavoro si sono sviluppate dall'idea di rifiutare la monetizzazione del rischio e della salute. Il volume ripercorre le esperienze della contrattazione per migliorare le condizioni di lavoro e di vita delle donne e degli uomini impegnati nei diversi settori produttivi. Una storia fatta di incidenti e morti (Seveso, Porto Marghera, Ravenna, i tanti cantieri edili), ma anche di nuove conquiste contrattuali e di un grande movimento che ha fatto avvicinare agli operai e agli impiegati tanti medici, avvocati, giuristi, esperti di progettazione meccanica che hanno permesso al sindacato di tutelare meglio le ragioni di chi lavora. Ciò si è reso possibile anche grazie all'opera svolta nei tribunali e in Parlamento, con l'istituzionalizzazione della Medicina del lavoro e con le indagini parlamentari sugli infortuni e sulle "morti bianche", a cui hanno dato un decisivo contributo Luciano Lama, Carlo Smuraglia e Antonio Pizzinato. Dopo 100 anni di storia, si può trarre un primo bilancio e ribadire l'impegno a mantenere alta l'attenzione su questi temi.
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I tempi ci hanno abituati a valutazioni politiche, sociali e giuridiche sul riconoscimento della coppia di persone dello stesso sesso, sul matrimonio egualitario, sulle unioni registrate, sui PACS, sulle civil partnership, ecc., ma non abbastanza si sa e si discute sulla condizione di figli e figlie delle rainbow family, mentre il benessere del bambino è centrale nel diritto internazionale, costituzionale e privato ed è proprio il principio della salvaguardia del minore ad avere forza dirompente a sostegno di queste nuove famiglie. Il volume – che può essere considerato un testo pilota per giuristi – analizza la dimensione giuridica delle famiglie omoparentali all’interno della UE e le difficoltà che queste incontrano nello spostarsi da uno Stato all’altro, dato che il riconoscimento di status familiare, l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita, l’adozione e la tutela giuridica di figli e figlie variano in maniera rilevante all’interno dell’Unione. Esso propone quindi un’analisi delle fonti del diritto discriminatorio nella UE e degli strumenti di soft law, dei principi di Yogyakarta, della sicurezza sociale e della tutela del lavoro nei vari Stati, delle nuove policy aziendali, soffermandosi sul ruolo delle organizzazioni sindacali nazionali ed europee con i diversi livelli di contrattazione. Alla stesura del libro, che si apre con le testimonianze delle più importanti associazioni di interesse nel nostro Paese e in Europa, hanno collaborato, tutti senza compenso, giuristi del lavoro, accademici, esperti di previdenza e responsabili di importanti settori della CGIL, che ringraziamo.
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In questo articolo si guarda a due visioni teoriche della famiglia, quelle di Friedrich Engels e Gary Becker, entrambe criticate dalla letteratura economica di stampo femminista. Nello scrivere, le autrici si ispirano a una frase presente nell’introduzione del libro di Chiara Saraceno: «Il lettore non troverà» – nel libro come nel nostro articolo – «definizioni univoche di cosa sia, o dovrebbe essere, la famiglia, piuttosto interrogativi, dubbi, suggerimenti per cambiamenti di prospettiva».
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Il lavoro in risaia, durante la prima metà del secolo scorso, ha coinvolto migliaia di donne. La scelta di rapportarsi storiograficamente a quell’esperienza attraverso un campione di testimoni nasce non tanto dall’esigenza di ricostruire la storia del lavoro in risaia, quanto dalla consapevolezza che il recupero della memoria soggettiva del lavoro può contribuire alla salvaguardia di una cultura e di una sensibilità civile oggi a rischio di fronte ai mutamenti epocali presenti anche nel mondo lavorativo. Le testimonianze sono state organizzate nel testo quasi a voler creare un racconto corale, come corale era il canto che dalle risaie si levava alto sulla fatica delle donne ricurve sull’acqua. Un racconto corale che ci ripropone quella trasmissione di esperienze che legava come filo invisibile la vita delle donne più giovani alle numerose madri simboliche da cui ricevevano l’esperienza, il coraggio e la forza affettiva per andare avanti. Filo che permetteva, infine, di sopportare le nostalgie di lontananze pesanti attraverso una fitta rete di solidarietà femminili antiche.
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Il congresso della Seconda Internazionale, riunito a Parigi nel luglio 1889, chiamò i lavoratori di tutto il mondo a manifestare simultaneamente per la riduzione della giornata lavorativa a otto ore. La grande mobilitazione planetaria, fissata per 1° maggio 1890, ebbe una straordinaria riuscita. Così, quello che era stato concepito come un evento unico e irripetibile divenne un appuntamento da rinnovare ogni anno. Iniziava la tradizione del Primo maggio, 130 anni di storia, ripercorsi con linguaggio chiaro ed essenziale in questo libro, che attinge a una documentazione anche inedita e valorizza testimonianze, cronache, episodi poco conosciuti. Si va dai turbolenti comizi anarchici di fine Ottocento alle infervorate piazze del «biennio rosso», prima che la festa ribelle fosse soppressa dal fascismo. Il Primo maggio tornò a celebrarsi nel 1945, a pochi giorni dalla Liberazione e l’anno seguente diede un forte impulso alla campagna per l’avvento della Repubblica. Nel 1947 fu scritta la pagina più sanguinosa: la strage di Portella della Ginestra. Poi la scissione sindacale, le dure contrapposizioni della guerra fredda, la lenta e difficile ripresa del discorso unitario, i cortei di fine anni Sessanta con operai e studenti «uniti nella lotta». Con le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini e delle mentalità il Primo maggio ha perso molti dei suoi caratteri identitari, ma è riuscito a trovare altre e forti ragioni, sperimentando forme e linguaggi inediti, per affermare il valore del lavoro nel nuovo millennio.
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Il volume nasce, a conclusione della ricerca su «Il potere di organizzazione del tempo di lavoro», per rendere disponibile ad un pubblico vasto le riflessioni e i materiali su quella che si è ritenuto di qualificare come flessibilità «buona», intesa nel senso di «flessibilità positiva per il lavoratore», che si determinerebbe ogniqualvolta è a lui rimessa la facoltà di modificare la prestazione lavorativa, in termini di orari e di presenza. La finalità perseguita nella più recente legislazione e contrattazione collettiva – di cui si riportano i testi – è quella di garantire ai lavoratori di ambo i sessi la possibilità di disporre, per la cura della prole e dei propri familiari e, addirittura, per motivi personali e di solidarietà sociale, di maggiori spazi temporali, tutti ovviamente liberati dall’attività lavorativa.
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