• La legge finanziaria per il 2007 (n. 296 del 27 dicembre 2006), pur nella complessità del testo normativo, si caratterizza per la rilevante presenza di disposizioni a tutela dei lavoratori. Con numerosi commi, infatti, è stata confermata una linea del governo tesa ad arginare la precarietà esplosa negli ultimi anni e a promuovere il lavoro stabile e sicuro. In tale direzione si era peraltro già mossa l’azione del ministro del Lavoro e della Previdenza sociale con gli interventi del 2006 e, in particolare, con quelli relativi ai lavoratori dei call center e alla sicurezza nei cantieri. Ed è in questo tracciato che si inseriscono le disposizioni contenute nella legge n. 296, aprendo così la prospettiva di un ravvicinato percorso riformatore. Il volume è il frutto della prima elaborazione di un gruppo prestigioso di giuslavoristi ed economisti, che, ciascuno per la propria specializzazione, descrivono e commentano in modo chiaro e completo i contenuti delle norme al fine di farle conoscere e renderle chiare a chiunque sia interessato ai problemi del lavoro. In appendice il testo delle principali disposizioni della finanziaria in materia.
  • I 65 anni di storia della FISAC CGIL, qui trattati, sono strettamente e inevitabilmente intrecciati con la storia del nostro Paese. Ad essa hanno contribuito le lavoratrici e i lavoratori del credito e delle assicurazioni, con le passioni e le ragioni delle loro battaglie per la democrazia e l’emancipazione. Evocarne la storia non ha voluto essere un esercizio di memoria commemorativa, né tanto meno nostalgica. Ha voluto invece essere un forte richiamo a un patrimonio di valori ricco ed importante, cui i giovani, semplici iscritti o già attivisti sindacali, possano essere motivati ad attingere a piene mani. La memoria infatti va intesa come ponte che unisce passato, presente e futuro, come valore rispettato e custodito, come chiave di interpretazione fondamentale delle vicende umane. C’è un filo rosso che lega queste pagine ed è il valore sociale del lavoro. Non poteva essere diversamente. L’articolo 1 della Costituzione recita: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro...». Il lavoro vi è assunto, cioè, come valore costituzionale essenziale, inteso e tutelato: come valore economico, ossia mezzo di soddisfazione dei bisogni umani; come valore sociale, cioè ambito nel quale contribuire al bene comune e ottenere un riconoscimento sociale; come valore personale, cioè spazio per la valorizzazione del talento individuale.
  • Il volume nasce, a conclusione della ricerca su «Il potere di organizzazione del tempo di lavoro», per rendere disponibile ad un pubblico vasto le riflessioni e i materiali su quella che si è ritenuto di qualificare come flessibilità «buona», intesa nel senso di «flessibilità positiva per il lavoratore», che si determinerebbe ogniqualvolta è a lui rimessa la facoltà di modificare la prestazione lavorativa, in termini di orari e di presenza. La finalità perseguita nella più recente legislazione e contrattazione collettiva – di cui si riportano i testi – è quella di garantire ai lavoratori di ambo i sessi la possibilità di disporre, per la cura della prole e dei propri familiari e, addirittura, per motivi personali e di solidarietà sociale, di maggiori spazi temporali, tutti ovviamente liberati dall’attività lavorativa.
  • È forse utile per la sua forza descrittiva cominciare dalla tabella sottostante. Essa mostra dati degli ultimi mesi relativi a una zona della Danimarca, da cui si evince come sia possibile, anche in regime di altissimi salari, conservare un saldo netto di posti di lavoro nell’ambito di una notevole mobilità e in presenza di rilevanti fenomeni di delocalizzazione. ...
  • Il volume ripercorre le tappe fondamentali dell'itinerario normativo che ha consentito nell'ultimo decennio di porre le basi, in Italia, del sistema di formazione continua. Nella prima parte si rivisitano le tappe fondamentali della politica europea in materia. Dopo aver analizzato il ruolo e le caratteristiche dei Fondi strutturali, si espongono i risultati prodotti dagli investimenti compiuti attraverso le risorse dell’Obiettivo 4 della programmazione 1994-99 del Fondo sociale europeo. Si evidenzia come molti obiettivi fondamentali non siano stati conseguiti, in particolar modo le indicazioni che miravano a privilegiare prevalentemente i lavoratori con limitate competenze e le imprese in crisi. La parte finale si occupa della nuova programmazione 2000-2006 dei Fondi strutturali e in particolare analizza i contenuti del Quadro comunitario di sostegno - Obiettivo 3, che riguarda gli investimenti del Fondo sociale europeo sulle risorse umane. Un capitolo, inoltre, è dedicato alla normativa nazionale in materia di formazione continua: dai riferimenti della legge quadro in materia di formazione professionale alla normativa prodotta nel corso degli anni novanta, fino alla più recente tra cui quella che si propone il rafforzamento del sistema attraverso la costituzione dei Fondi interprofessionali per la formazione continua gestiti dalle parti sociali.
  • I Fondi interprofessionali per la formazione continua sono organismi gestiti congiuntamente dalle organizzazioni sindacali e imprenditoriali, che finanziano piani di formazione per lavoratori occupati nelle imprese italiane, utilizzando lo 0,30% del monte salari versato all’Inps per questo scopo. Le parti sociali, in Italia e in molti paesi d’Europa, hanno scommesso sulle risorse umane come un possibile punto di sintesi tra le esigenze di competitività delle imprese e gli interessi dei lavoratori e del sindacato; sindacato che, da parte sua, intende accrescere il sapere dei lavoratori e rafforzarne il potere contrattuale in fabbrica e fuori. Questo libro vuole offrire, a tre anni dalla nascita dei Fondi, un’informazione puntuale su quello che hanno realizzato, e, presentando alcune esperienze significative che hanno visto un coinvolgimento importante del sindacato, vuole fornire strumenti utili a tutti coloro che nel sindacato stesso, nelle associazioni d’impresa, nelle imprese, nelle istituzioni, nei sistemi formativi e in altri luoghi ancora se ne dovranno occupare.
  • L’articolo riassume la tesi principale del libro "Who’s afraid of the welfare state now?" (Hemerijck e Matsaganis, 2024), ovvero «Chi ha paura dello stato sociale ora?», secondo la quale siamo entrati in una nuova epoca di ampio consenso politico, fondato sull’accettazione dell’idea che robusti sistemi di protezione sociale, se ben disegnati, rendono le nostre economie più dinamiche, le nostre società più serene e le nostre democrazie più forti. Il welfare europeo ha dato un contributo importante alla gestione delle ricadute sociali della crisi finanziaria globale dei primi anni dieci e al superamento della crisi pandemica dei primi anni venti. Questo contributo ha ormai reso in larga misura obsolete le vecchie polemiche contro il welfare che imperversarono per molto tempo dopo la fine del trentennio glorioso. Oggi non stiamo più vivendo sotto il segno dell’austerità, né sotto quello della sfiducia nello Stato sociale. Nonostante ciò, le idee superate connesse alla fase dell’ascesa ultraliberista resistono per inerzia nell’immaginario collettivo. Su questo punto il nostro libro suona una nota di dissenso: con una piccola dose di iperbole, si potrebbe concludere che il welfare europeo gode di ottima salute.