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La formazione professionale nel sistema italiano delle relazioni industriali
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La forte critica verso l’assuefazione al peggioramento nelle tutele
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La forza del modello sociale europeo
L’articolo riassume la tesi principale del libro "Who’s afraid of the welfare state now?" (Hemerijck e Matsaganis, 2024), ovvero «Chi ha paura dello stato sociale ora?», secondo la quale siamo entrati in una nuova epoca di ampio consenso politico, fondato sull’accettazione dell’idea che robusti sistemi di protezione sociale, se ben disegnati, rendono le nostre economie più dinamiche, le nostre società più serene e le nostre democrazie più forti. Il welfare europeo ha dato un contributo importante alla gestione delle ricadute sociali della crisi finanziaria globale dei primi anni dieci e al superamento della crisi pandemica dei primi anni venti. Questo contributo ha ormai reso in larga misura obsolete le vecchie polemiche contro il welfare che imperversarono per molto tempo dopo la fine del trentennio glorioso. Oggi non stiamo più vivendo sotto il segno dell’austerità, né sotto quello della sfiducia nello Stato sociale. Nonostante ciò, le idee superate connesse alla fase dell’ascesa ultraliberista resistono per inerzia nell’immaginario collettivo. Su questo punto il nostro libro suona una nota di dissenso: con una piccola dose di iperbole, si potrebbe concludere che il welfare europeo gode di ottima salute.
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La forza dell’utopia
12.00
€
Coloro che all'opinione pubblica benpensante appaiono rivoluzionari intransigenti e per la questura sono ribelli insofferenti delle leggi e delle regole dettate dalle classi dominanti, costituiscono il nerbo di quella classe di pubblici amministratori che ha contribuito alla crescita e al progresso della società italiana. - E' la storia di tanti dirigenti del movimento operaio e democratico italiano, che diventano sindaci e presidenti di provincia passando con facilità e con assoluta competenza dalla difesa delle parti sociali più deboli alle rappresentanze degli interessi più generali delle popolazioni. - E' il caso di Giuseppe Parpagnoli, che passerà dalla rivoluzione al giornalismo, dal sindacato all'amministrazione oculata degli enti locali, utilizzando l'esperienza acquisita nel rapporto con i lavoratori. L’intero ricavato per la vendita del libro sarà devoluto a favore di Emergency per il Centro di riabilitazione di Sulaimaniya, Iraq.
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La frattura economica e la frattura territoriale nelle elezioni del 2018
Le elezioni politiche 2018 in Italia hanno confermato la radicalizzazione delle motivazioni economiche del voto che già si poteva osservare nelle ultime tre elezioni nazionali. Inoltre, si è verificata una divaricazione delle preferenze politiche a base territoriale (Nord, Sud): anche in questo caso non si tratta di una novità assoluta nella geografia elettorale italiana, tuttavia la divisione bipolare Nord/Sud non si era mai tanto acuita come nelle ultime tornate elettorali, sovrapponendosi alla ragioni economiche del voto nel ridisegnare una inedita frattura economico-territoriale del paese. L’articolo esplora le determinanti di questa doppia spaccatura, a partire dalla ri-mobilitazione del voto meridionale e dalle variabili socio-economiche che più influiscono nella concentrazione territoriale del voto. Infine, l’attenzione viene portata su di alcuni aspetti caratteristici del rapporto partiti-elettori nel Meridione, per suggerire come la saldatura inedita della frattura economica con quella territoriale trovi una sua possibile spiegazione in una delle conseguenze della crisi del debito pubblico, ovvero nello spiazzamento dei ceti medi meridionali specializzati nella intermediazione dal centro in periferia dei flussi finanziari e dei consensi politici.
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La gerarchia fra libertà economiche e flexicurity scandinava
In un suo saggio incluso in un volume collettaneo pubblicato in italiano alcuni anni fa, G.A. Cohen si cimenta in un classico problema dell’analisi marxista, la libertà/costrizione dei lavoratori rispetto alla necessità di vendere la loro forza-lavoro: «Secondo i marxisti, gli appartenenti alla classe operaia sono costretti a vendere la loro forza lavoro (…). I pensatori borghesi celebrano la libertà contrattuale manifesta non solo nell’acquisto da parte capitalista della forza lavoro, ma anche nella sua vendita da parte del lavoratore. ...
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La globalizzazione delle migrazioni: un diritto di uscita senza diritto d’entrata
All’inizio di questo secolo siamo entrati in un fenomeno di globalizzazione delle migrazioni che coinvolge la maggior parte dei paesi, perchè luoghi di partenza, di accoglienza, di transito, o per tutti e tre questi elementi. Questo movimento di persone ha conosciuto un’accelerazione senza precedenti soprattutto a partire dalla fine del XX secolo anche grazie alla generalizzata possibilità di ottenere un passaporto. Ma proprio mentre il diritto di uscita si estendeva, il diritto di ingresso andava drammaticamente restringendosi. L’articolo evidenzia come uno degli elementi centrali del problema sia la trasformazione del fenomeno migratorio in fenomeno legato alla mobilità alla quale si aggiunge l’iniqua distribuzione del diritto di emigrare, la cui mancanza rappresenta oggi una delle più grandi disuguaglianze se si considera che la mobilità è la modalità utilizzata per sfuggire alla povertà e al mal governo del paese in cui si è nati.
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La governance
12.00
€
Il libro è risultato tra i finalisti del Premio Nazionale di Editoria Universitaria 2016
Dalla
governance
globale a quella dell’università, dal la
governance
d’impresa alla
governance
dei servizi pubblici, il dibattito politico è ormai segnato dal persistente riferimento a un oggetto oscuro e sfuggente che lascia nell’ombra il «chi» governa «cosa» e «come». Quando si usa la parola
governance
, sembra si voglia intendere che le cose devono governarsi da sé, magari per favorire un processo di riduzione del ruolo dello Stato e del peso della dimensione pubblica. In questo libro sono tratteggiate le caratteristiche di un «discorso politico» che non solo descrive alcune importanti trasformazioni della forma dello Stato e della relazione tra pubblico e privato, ma propone modalità nuove di governo e di autogoverno delle comunità umane. Collocata nell’odierno dibattito intorno al rapporto tra politica ed economia, la
governance
che emerge dai documenti istituzionali internazionali svela il volto oscuro di un inedito primato dell’economia sulla politica.
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La governance in un mercato del lavoro incerto: verso una nuova agenda di ricerca
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La grande armata dei dispersi e visionari
12.00
€
Con grande piglio vitalistico e una scrittura sobria e oggettiva,
La grande armata dei dispersi e visionari
narra un’incredibile avventura, quella umana e letteraria di uno dei nostri scrittori e giornalisti più eccentrici, Stefano Terra, pseudonimo di Giulio Tavernari. Personaggio affascinante e misterioso, vissuto a lungo in Grecia, sua seconda patria, collaboratore de
Il Politecnico
di Vittorini, prestigiosa firma de
La Stampa
, amato da Bo, Falqui, Pampaloni e dai maggiori critici del Novecento, questo fuorilegge della letteratura da anni dimenticato pubblicò per Bompiani, Einaudi, Mondadori e Rizzoli romanzi realisti all’epoca di grande successo, come
La generazione che non perdona
,
Le Porte di ferro
,
Albergo Minerva
e
Alessandra
, con il quale vinse il Premio Campiello. Di formazione cosmopolita, militante per indole, fu corrispondente estero tra i Balcani e il Levante, ed ebbe modo di conoscere e vivere sulla propria pelle il regime jugoslavo di Tito come poi la dittatura dei colonnelli in Grecia. Di tutto ciò, e molto altro, racconta questa biografia letteraria che si compone per frammenti compatti, nuclei narrativi di grande resa stilistica ed emotiva, con un andirivieni temporale che le conferisce un ritmo da documentario di parole, frutto di un lavoro d’archivio di anni. Così il libro di Massimo Novelli illumina pagine di storia poco indagate, come quella degli intellettuali che svolsero attività antifascista al Cairo o quella del quotidiano milanese di Giustizia e Libertà
Italia libera
, e riferisce anche della febbrile militanza politica e culturale che Terra condivise con l’armata di grandi «irregolari»: scrittori, poeti, arti sti surrealisti e trotzkisti, da Albert Cossery a Lawrence Durrell, a Ramses Younane, a Loutfallah Soliman, a Georges Henein. Henein che dell’amico e compagno Stefano darà la più suggestiva definizione: «Un giornalista e poeta che rappresentava, per noi, il corrispondente particolare degli dei, l’inviato speciale dell’Olimpo».
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La guerra ideologica di Putin. Contro l’Occidente, guardando all’Asia
Il contributo evidenzia come l’aggressione russa all’Ucraina sia da leggere come parte di una strategia più ampia, e che per comprendere questa guerra va compresa la radice dot-trinale della politica estera della Russia post-sovietica. La nuova contrapposizione oggi non si gioca più tra comunismo e liberal-democrazie come nel corso della Guerra Fredda, ma tra democrazia liberale e democrazie illiberali e autoritarie. Quest’ultimo modello, largamente maggioritario nel mondo contemporaneo, trova ampio consenso politico anche facendo leva sulla palese difficoltà delle democrazie occidentali a dare risposte adeguate alle diseguaglianze derivanti dalle recenti crisi economiche. Si sottolinea infine come gli anni a venire rischino di essere caratterizzati da forte instabilità sul piano internazionale e da una profonda crisi della democrazia.
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La guerra, la pace, il ruolo delle religioni
7.00
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C’è oggi una crescente consapevolezza di come il tema della pace e della guerra non possa essere separato da altre fondamentali questioni che attengono al rapporto tra l’Oriente e l’Occidente e tra il Nord e il Sud del mondo, a partire da quelle che chiamano in causa la distribuzione ineguale delle risorse nel pianeta e la dicotomia crescente fra concentrazione della ricchezza e diffusione di una condizione di povertà estrema. Pure all’interno di queste più generali dinamiche, rispetto alla questione della pace e della guerra, esiste però un ruolo specifico delle religioni, che a volte, come per la tragedia della distruzione delle due torri del World Trade Center a New York l’11 settembre 2002, viene invocato anche strumentalmente. In realtà, nel corso della storia, le religioni hanno svolto, e tuttora svolgono, un ruolo non neutro rispetto agli equilibri politici, sociali, economici e culturali e spesso differenze culturali e religiose hanno rappresentato il paravento dietro cui nascondere concreti e giganteschi interessi economici e politici. Questo libro, attraverso i saggi di quattro autorevoli esperti, si interroga invece sul contributo che le religioni, in particolare le grandi religioni monoteiste, possono dare oggi alla ripresa di un generale processo di pace che, per essere davvero tale, deve potersi realizzare in primo luogo come denuncia critica dell’ingiustizia e recupero del rispetto della differenza.
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