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Questo libro si pone l’ambizioso obiettivo di fornire al civilista, all’operatore del Terzo settore, al dirigente sindacale e a tutti coloro che vogliano approfondire l’argomento, una panoramica sulle tematiche giuridiche maggiormente dibattute in Italia riguardo all’economia non profit, nel contesto di un periodo ricco di novità legislative e di problematiche ancora irrisolte dalla dottrina e dalla giurisprudenza. L’opera si divide sostanzialmente in tre parti: la prima è rivolta sia ai profili disciplinari più storicamente dibattuti, incentrati sul raggiungimento di una definizione dogmatica unitaria degli enti collettivi del Terzo settore e di una riforma della normativa del codice civile, sia alla sofferta nascita di quel settore della finanza italiana volto al finanziamento del privato sociale. La seconda parte è incentrata su problematiche specifiche ad alcuni enti non profit, enucleate, anche e soprattutto, grazie all’ausilio di operatori impegnati quotidianamente sul campo. Infine nella terza vengono delineate le questioni più difficili e «scottanti» che il diritto dell’economia non profit in Italia - nelle sue accezioni pubblicistiche, commercialistiche e giuslavoristiche - sottopone al giurista: questioni concernenti le relazioni degli enti collettivi del Terzo settore italiano con la Pubblica amministrazione patrocinante (advocacy), con il mondo dell’economia civile e con gli operatori che prestano per essi la propria attività lavorativa. Il libro, pur mantenendo un registro chiaro ed accessibile, fornisce un importante approfondimento scientifico dei diversi istituti trattati.
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Se si effettuasse un sondaggio, la maggior parte delle persone non saprebbe indicare che tre o quattro conflitti tra i tanti che insanguinano il pianeta. Le guerre nei Balcani, in Cecenia, in Afghanistan, in Iraq, nel Medio Oriente, territorialmente periferiche, ma connesse agli interessi geopolitici del mondo industrializzato, hanno praticamente occupato tutto lo scarso spazio informativo sulla politica internazionale nei mass media. Eppure dall’Indonesia all’Uganda, dal Congo Brazzaville all’Abkhazia, dalle Molucche alle Isole Salomone, dal Nepal alla Colombia, numerose sono le aree dove tensioni interne tra opposte fazioni si confondono spesso con i potenti interessi delle multinazionali. Paesi non di rado poveri trovano sul mercato mondiale degli armamenti abbondanti forniture, mentre la popolazione subisce le conseguenze devastanti di guerre senza regole né limiti. In aree apparentemente marginali si stanno svolgendo decine e decine di crisi e conflitti per il controllo di territori e di risorse importanti per l’economia mondiale. Alla globalizzazione dell’economia corrisponde quella degli armamenti, che vanno ad alimentare ancora di più tensioni e drammi in atto. La ricerca, condotta da uno staff dell’Istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo e diretta da Maurizio Simoncelli, docente di Geopolitica dei conflitti, svela, con il supporto di carte, tabelle, dati e grafici illustrativi, la dimensione geopolitica di queste vicende nascoste, anzi, per meglio dire, di queste guerre dimenticate.
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Dopo aver ripercorso sinteticamente la struttura, i contenuti e gli obiettivi della riforma del mercato del lavoro denominata «Jobs Act», l’articolo si sofferma sulle implicazioni che la stessa determinerà su mercato e rapporti di lavoro. A riguardo, se, da un lato, può essere posto in dubbio il raggiungimento dell’annunciato obiettivo di aumentare l’occupazione attraverso la ricetta della flessibilità (in entrata, in uscita e funzionale), dall'altro, certamente non vi sono dubbi che la novella riporti il diritto del lavoro italiano indietro nel tempo, depotenziando proprio quelle norme dello Statuto dei lavoratori poste a presidio della libertà e della dignità dei lavoratori.
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L’articolo propone una riflessione sulle implicazioni sociali generate dall’invasione russa dell’Ucraina e dal conflitto energetico che ne è scaturito. Quantità e qualità del lavoro, cioè «piena e buona occupazione», si ripropongono come assi dirimenti. Invece, Stati già molto provati dirottano ora gran parte delle loro risorse verso gli armamenti e gli sforzi bellici, la precarietà e le difficoltà occupazionali si accrescono, i servizi sociali vengono ristretti, la povertà torna ad aumentare, l’esclusione sociale si incrudelisce, si allargano le disuguaglianze, si rafforzano le mafie, la corruzione, la zona grigia intorno alla criminalità organizzata. Ed è proprio in questo tempo drammatico che diviene urgente immaginare soluzioni avanzate di «democrazia economica» finalizzate alla costruzione di un «nuovo modello di sviluppo» con il quale porre mano profondamente a «cosa, per chi, come» produrre e in cui l’Europa ha un ruolo fondamentale da svolgere.
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L'articolo presenta uno studio quali-quantitativo volto ad analizzare se e come le donne migranti che vivono in Italia interrompano la loro partecipazione lavorativa quando nasce un figlio, se l'istruzione o l'area geografica di provenienza facciano differenza e che narrazioni vengano date delle pratiche seguite. I dati dell'indagine campionaria sulle nascite mostrano che, nel contesto del «familismo by default» italiano, le madri straniere hanno rischi di esclusione dal mercato del lavoro più elevati di quelli delle madri italiane, soprattutto perché più spesso lavoratrici in nero o a tempo determinato pre-gravidanza. Inoltre, per effetto di dequalificazione o non riconoscimento formale, il titolo di studio pare contare meno rispetto alle native. L'analisi delle interviste qualitative, alcune anche longitudinali, mostra come vincoli strutturali e istituzionali si intreccino con modelli culturali, spesso rinforzandoli, ma anche, a volte, indebolendoli. Le pratiche di lavorofamiglia delle migranti rispondono a ideali di maternità intensiva, ma paiono pure fortemente plasmate dalle collocazioni marginali nel mercato del lavoro, dal conseguente limitato accesso alle misure di conciliazione e dalla frequente assenza delle reti famigliari, tutti fattori che, se da un lato tendono a rafforzare il ruolo della cura materna, dall'altro in alcuni casi possono spingere i padri ad essere più presenti, aprendo a possibili trasformazioni dei modelli di genere.
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Il libro ripercorre le vicende e gli avvenimenti che hanno interessato le Officine Borletti nel periodo compreso tra gli anni ’40 e i primi anni ’60, attraverso la stampa dell’epoca e le narrazioni autobiografiche di chi vi ha preso parte ed è stato testimone della vita di fabbrica. Dopo un rapido excursus sulla storia della famiglia Borletti, l’attenzione si concentra sugli avvenimenti che hanno coinvolto l’azienda durante il secondo conflitto mondiale. In particolare le narrazioni si soffermano sulle vicende riguardanti gli scioperi del 1943 e del 1944, la nascita della 122° Brigata Garibaldi, gli episodi di antifascismo e Resistenza che hanno coinvolto attivamente gli uomini e, in modo particolare, le donne della Borletti, all'epoca ben 7.000 su un totale di 10.000 lavoratori. Ai racconti di lotta si affiancano i ricordi, soprattutto femminili, delle fatiche e delle difficoltà vissute in un momento in cui la maggioranza degli uomini - mariti, padri, fratelli - erano assenti: la fame, il freddo, la paura dei bombardamenti sono tematiche ricorrenti nelle narrazioni raccolte. Nonostante le difficoltà, le esperienze vissute dalle lavoratrici durante la guerra e la lotta di Liberazione segnarono una rottura drastica e repentina con i ruoli tradizionali e vengono ricordate come un momento di grande vitalità e attivismo che le vide, in molti casi, protagoniste. Il libro si chiude con una panoramica sugli episodi di lotta e di rivendicazione che hanno coinvolto i lavoratori e le lavoratrici delle Officine Borletti dall’immediato secondo dopoguerra fino alla conquista del contratto del 1963. Diciotto anni densi di attività durante i quali le maestranze unite hanno vissuto la trasformazione dell’industria e il progresso tecnico, alla costante ricerca del progresso sociale.
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Se non ci fossero state le donne, in questa nostra Repubblica, se non ci fossero state le loro tenaci battaglie di emancipazione e liberazione – condotte attraverso un intreccio fecondo di iniziative delle associazioni, dei movimenti, dei partiti, delle istituzioni –, l’Italia sarebbe oggi un Paese molto più arretrato e molti articoli della Costituzione non sarebbero stati applicati. Questo debito che l’Italia ha nei confronti delle donne lo racconta in modo inedito questo libro scritto e curato dalle volontarie della Fondazione Nilde Iotti. Lo fa illustrando in modo rigoroso e semplice le tappe ed i contenuti delle conquiste legislative dall’inizio della Repubblica alla conclusione dell’ultima legislatura, che hanno cambiato la vita delle donne e l’assetto economico, sociale e culturale del nostro Paese. Il libro rammenta la battaglia per il diritto di voto e le «madri della nostra Repubblica», le donne elette nell’Assemblea Costituente, che diedero un contributo rilevante alla stesura della Costituzione. Sono citati gli articoli che più hanno favorito il cambiamento nella vita delle donne. Segue poi il racconto delle leggi con uno schema che ne indica la scansione in ordine cronologico dal 1950 al 2012, a cui si connettono le schede che ne illustrano i contenuti. Lo sguardo della battaglia delle donne è oggi e sempre più sarà quello europeo. Per questo il libro si conclude con una rassegna delle tappe e dei provvedimenti più significativi adottati dall’Unione Europea. Le autrici Daniela Carlà, Tiziana Casareggio, Eleonora Cicconi, Marina Costa, Silvia Costa, Paola Gaiotti De Biase, Vanda Giuliano, Donata Gottardi, Rosa Jervolino Russo, Grazia Labate, Marisa Malagoli Togliatti, Claudia Mancina, Francesca Marinaro, Elena Marinucci, Vaifra Palanca, Rita Palanza, Daniela Piccione, Francesca Russo, Alessandra Tazza, Livia Turco.
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Se non ci fossero state le donne, in questa nostra Repubblica, se non ci fossero state le loro tenaci battaglie di emancipazione e liberazione – condotte attraverso un intreccio fecondo di iniziative delle associazioni, dei movimenti, dei partiti, delle istituzioni –, l’Italia sarebbe oggi un Paese molto più arretrato e molti articoli della Costituzione non sarebbero stati applicati. Questo debito che l’Italia ha nei confronti delle donne lo racconta in modo inedito questo libro scritto e curato dalle volontarie della Fondazione Nilde Iotti. Lo fa illustrando in modo rigoroso e semplice le tappe e i contenuti delle conquiste legislative dall’inizio della Repubblica alla conclusione dell’ultima legislatura, che hanno cambiato la vita delle donne e l’assetto economico, sociale e culturale del nostro Paese. Il libro rammenta la battaglia per il diritto di voto e le «madri della nostra Repubblica», le donne elette nell’Assemblea Costituente, che diedero un contributo rilevante alla stesura della Costituzione. Sono citati gli articoli che più hanno favorito il cambiamento nella vita delle donne. Segue poi il racconto delle leggi con uno schema che ne indica la scansione in ordine cronologico dal 1950 al 2018, a cui si connettono le schede che ne illustrano i contenuti. Lo sguardo della battaglia delle donne è oggi e sempre più sarà quello europeo. Per questo il libro LE AUTRICI Roberta Agostini | Sesa Amici | Rosy Bindi | Paola Binetti | Paola Boldrini | Maria Elena Boschi | Chiara Braga | Daniela Carlà | Andrea Catizone | Susanna Cenni | Monica Cirinnà | Marina Costa | Emilia De Biasi | Titti Di Salvo | Marilena Fabbri | Graziella Falconi | Emma Fattorini | Valeria Fedeli | Donatella Ferranti | Elena Ferrara | Anna Finocchiaro | Maria Chiara Gadda | Paola Gaiotti De Biase | Maria Pia Garavaglia | Maria Grazia Gatti | Anna Giacobbe | Irene Giacobbe | Fabrizia Giuliani | Vanda Giuliano | Maria Luisa Gnecchi | Donata Gottardi | Chiara Gribaudo | Grazia Labate | Donata Lenzi | Doris Lo Moro | Marianna Madia | Marisa Malagoli Togliatti | Raffaella Mariani | Elena Marinucci | Alessandra Moretti | Delia Murer | Vaifra Palanca | Rita Palanza | Anna Maria Parente | Francesca Puglisi | Lia Quartapelle | Francesca Russo | Rosa Russo Jervolino | Marina Sereni | Fulvia Signani | Alessandra Tazza | Livia Turco | Esmeralda Tyli | Sandra Zampa
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Se non ci fossero state le donne, in questa nostra Repubblica, se non ci fossero state le loro tenaci battaglie di emancipazione e liberazione – condotte attraverso un intreccio fecondo di iniziative delle associazioni, dei movimenti, dei partiti, delle istituzioni – l’Italia sarebbe oggi un Paese molto più arretrato e molti articoli della Costituzione non sarebbero stati applicati. Il debito che l’Italia ha nei confronti delle donne lo racconta in modo inedito questo libro scritto e curato dalle volontarie della Fondazione Nilde Iotti. Lo fa illustrando in modo rigoroso e semplice le tappe e i contenuti delle conquiste legislative dall’inizio della Repubblica alla conclusione dell’ultima legislatura, che hanno cambiato la vita delle donne e l’assetto economico, sociale e culturale del nostro Paese. Il libro rammenta la battaglia per il diritto di voto e le «madri della nostra Repubblica», le donne elette nell’Assemblea Costituente, che diedero un contributo rilevante alla stesura della Costituzione. Sono citati gli articoli che più hanno favorito il cambiamento nella vita delle donne. Segue poi il racconto delle leggi con uno schema che ne indica la scansione in ordine cronologico dal 1950 al 2022, a cui si connettono le schede che ne illustrano i contenuti. Lo sguardo della battaglia delle donne è oggi e sempre più sarà quello europeo. Per questo il libro include una rassegna delle tappe e dei provvedimenti più significativi adottati dall’Unione Europea.
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L’attenzione politica verso i sistemi elettorali è giustificata dall’ipotesi discutibile che esercitino un’influenza decisiva sul grado di frammentazione del sistema partitico e quindi sulla durata dei governi. Di fatto, secondo questo argomento, il grado di frammentazione di un sistema partitico sarebbe determinato dal sistema elettorale, e questo ultimo dunque sarebbe Le leggi elettorali e il falso mito deQlla loro influenza sulla «governabilità» 225 la causa principale della presenza dei partiti anti-sistema, dell’instabilità del governo e della coesione variabile della maggioranza che lo sostiene nell’arena parlamentare. Dopo aver discusso e criticato questa ipotesi generale, questo articolo presenta un quadro comparativo di dati sulla durata dei governi nelle democrazie europee, suggerendo delle spiegazioni alternative. In effetti, lo status dei governi nelle democrazie europee varia a seconda del loro grado di integrazione nell’arena parlamentare. Viene formulata una nuova ipotesi generale, in base alla quale quanto più un governo è integrato nell’arena parlamentare, tanto più estesa risulta la sua durata in carica. I dati comparativi supportano quest’ipotesi e gettano nuova luce sul legame tra governo e processo democratico.