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«Mannaggia la miserìa», con l’accento sulla seconda «i», è un’imprecazione ricorrente tra gli immigrati marocchini che vivono nel ghetto di San Nicola Varco, un mercato ortofrutticolo abbandonato nel cuore della Piana del Sele, vicino a Salerno. In quel mercato non si comprano né si vendono i prodotti della terra. C’è altra merce. Ci sono braccia, tante braccia. Con un linguaggio teso e una narrazione incalzante il testo denuncia le condizioni di vita e di lavoro estremamente degradate di un nucleo di settecento immigrati marocchini occupati in agricoltura. Storie raccontate in prima persona, descrizioni impietose di una quotidianità fatta di situazioni abitative disumane, in tuguri senza luce e senza acqua, e segnata da fatica e sfruttamento nelle campagne dominate dal caporalato e dal lavoro nero. Ricorrendo alla forma del racconto, il libro dà voce alle storie personali di una comunità inconsapevole di essere diventata tale. Prendono corpo così tante vite invisibili e sbriciolate, ma anche la voglia e il tentativo di delineare proposte e percorsi utili per la costruzione di un progetto di riscatto.
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Agli inizi degli anni ottanta si sono sviluppati per iniziativa delle organizzazioni sindacali, ma anche delle associazioni di volontariato e degli enti di formazione, i Centri di informazione e di orientamento al lavoro, che, in collaborazione con gli Informagiovani (centri promossi dagli Enti locali, soprattutto nel Centro Nord), forniscono informazioni ai giovani in cerca di lavoro. I Centri hanno avuto una larghissima diffusione perché offrono servizi, come l’orientamento, che l’Ufficio di collocamento non era in grado di fornire. Grazie al corso per orientatori organizzato nell’ambito del progetto Spes Nova è stato possibile riportare a modello l’esperienza in materia realizzata dalla Cgil. -Il volume si rivolge in primo luogo a coloro che, all’interno della Cgil, si occupano di politiche attive del lavoro e devono rendere operativi i deliberati della Conferenza di Fiuggi sui servizi per il lavoro. Ma anche per tutte le persone che all’interno dei servizi per l’impiego o nelle strutture si occupano di orientamento i materiali prodotti nel volume possono costituire un contributo per l’integrazione tra il momento puramente informativo e quello più significativamente orientativo.
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L’utilità di questo manuale sta nell’aver predisposto una raccolta ragionata degli elenchi delle malattie di probabile origine lavorativa per cui vige l’obbligo della segnalazione. Uno strumento prezioso che vuole rendere più facile il compito dei delegati sindacali e degli operatori del patronato, nell’individuazione delle patologie di probabile origine lavorativa che potrebbero essere riconosciute. Gli elenchi delle malattie di probabile origine lavorativa sono tre e con decreto del ministero del Lavoro del 10 giugno 2014 sono stati aggiornati: – lista 1 - malattie la cui origine lavorativa è di elevata probabilità; – lista 2 - malattie la cui origine lavorativa è di limitata probabilità; – lista 3 - malattie la cui origine lavorativa è possibile. Considerato che le malattie contenute negli elenchi sono centinaia, nel manuale le tre liste, mantenendo sempre la distinzione tra di loro attraverso tre diverse colorazioni, sono state però unificate in un’unica lista in cui tutte le malattie sono riportate in ordine alfabetico, segnalando per ognuna gli agenti e il codice identificativo. Ogni patologia può quindi essere immediatamente identificata e ricondotta alla lista di appartenenza e il manuale, così organizzato, si presenta come strumento di utile e facile consultazione per chiunque anche non esperto della materia.
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Sempre di più le aziende ricorrono ad appalti, distacchi, forniture che nascondono dumping contrattuale, lavoro irregolare e, nei casi più estremi, sfruttamento. Addirittura arrivano a occupare direttamente lavoratrici e lavoratori irregolari, spesso ricorrendo a sistemi complessi, imprese serbatoio, finte cooperative. Come verificare se un appalto è genuino e se si sta applicando il Ccnl corretto? Cosa fare di fronte a casi di lavoro nero e/o di sfruttamento? Come accompagnare e tutelare chi denuncia, in particolar modo un lavoratore migrante? La guida prova a rispondere a queste domande fornendo strumenti pratici per gestire le vertenze.
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Artigiano ebanista, deputato, fondatore e segretario generale della CGdL, Rinaldo Rigola fu un personaggio complesso e controverso che, nonostante la precoce cecità, svolse un ruolo di eccezionale rilievo nell’attività organizzativa e nelle lotte politiche del movimento proletario. Quando, al termine della Grande Guerra e dopo quasi tre lustri al vertice del massimo organo sindacale del paese, lasciò la segreteria al suo più stretto collaboratore, Ludovico D’Aragona, non si ritirò affatto dalla scena: decise anzi di dedicarsi a un’intensa attività divulgativa, della quale le lezioni tenute presso la Scuola di Previdenza e di Legislazione Sociale della Società Umanitaria di Milano nel 1920-21 costituiscono un’importante testimonianza. Il Manualetto di tecnica sindacale, uscito a dispense nel 1922, ne è il compendio e viene qui per la prima volta ripubblicato in volume unitario nella versione originale (nel 1947 ne era uscita una seconda edizione). Destinato a un pubblico vasto, scritto con tono semplice e chiaro, tanto più interessante in quanto difficile da reperire, questo testo offre una sintesi ampia e articolata dell’elaborazione teorica e dell’azione pratica del sindacalismo riformista e, al tempo stesso, ripercorre con vigore polemico le controversie che divisero le principali correnti del movimento operaio dell’epoca. Il volume è a cura di Paolo Mattera.
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Sono le 8 e 10 del mattino dell'8 agosto del 1956 quando, nel profondo pozzo nero di Le Bois du Cazier, in Belgio, a Marcinelle, comincia la tragedia che porterà alla morte per asfissia di 262 minatori bloccati in profondità. Li ucciderà il gas, il grisou, provocato dai fumi dell'incendio aspirati dal circuito di aerazione e diffusi nelle gallerie della miniera. 136 sono italiani. A 50 anni da quella terribile vicenda, il libro, voluto dall'Inca Cgil, ne ripercorre lo svolgimento, ricostruisce i passaggi del processo e le conclusioni della Commissione d'inchiesta promossa dai ministeri del lavoro e degli affari economici, che accerteranno le cause tecniche del disastro ma taceranno sulle responsabilità. Per l'Inca poi, si trattò di una grande prova. "Con un eccezionale slancio di professionalità e di generosità - scrive Epifani - gli operatori del Patronato della Cgil, costituito in Belgio da appena due anni, portarono i primi soccorsi, sostennero i familiari delle vittime, promossero l'azione giudiziaria per accertare le responsabilità penali del disastro, fornirono un contributo importantissimo al riconoscimento in Belgio della silicosi come malattia professionale, battaglia che prima ancora era stata svolta con successo dal Patronato anche in Italia". Insieme alla storia, il libro evoca problemi di grande attualità: dal ruolo insostituibile del sindacato e del patronato, al bisogno di difendere giorno per giorno le conquiste realizzate; dal diritto ad un lavoro dignitoso e sicuro, allo spazio fondamentale che deve essere assicurato alla prevenzione; dai nuovi compiti imposti dai processi migratori di oggi, alla necessità di affrontarli sulla base dei principi e dei valori che ispirano la storia centenaria del sindacato confederale nel nostro paese. Il libro è arricchito da un inserto di sedici pagine dedicate all'opera "où la lampe passe, le mineur doit passer" una scultura in bronzo patinato realizzata dal maestro Antonio Nocera, su richiesta dell'Inca Cgil, per il museo Le Bois du Cazier, in occasione del 50° anniversario della tragedia di Marcinelle. Contributi di: Fammoni, Franzina, Moins, Nocera, Novelli, Puppo, Saccone, Tricoli, Van Cauwenberghe.
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Dunque: centralità, dignità, valore, diritti, responsabilità e sicurezza del lavoro. Sicurezza: detta a proposito di Marcinelle, avendo presente queste vite stroncate, diventa un impegnoancora più solenne, per il quale ci dobbiamo impegnare tutti: in Italia, in Europa e nel Mondo -...In questa cantica, Zanier, sindacalista e poeta mai scisso, per dirci della centralità, della dignità e del valore del lavoro, risale quasi all'origine, ai pastori, agli allevatori, che sono fieri di esserlo, fieri e riconosciuti nel loro ruolo da tutti i loro compaesani, che li aspettano, alla fine della stagione delle malghe: "con gratitudine e rispetto per far loro festa la più grande festa dell'anno assieme a loro: forza e cultura e energia per tutti". -E, più avanti, parlando qui dei minatori riprende in modo forte il tema della fierezza e dell'orgoglio per quel loro lavoro rischioso: "anche sforzo comune pieno di rischi e di tensione e ricordarlo significa anche orgoglio anche nostalgia: era cavare energia per far girare il mondo" . (Dalla prefazione di Guglielmo Epifani).
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Maria Michetti, che ha preso parte in prima persona alla lotta partigiana, è stata un’attiva e convinta militante del PCI, in una prima fase della sua vita che l’ha vista impegnata nel Consiglio comunale di Roma. Poi, quando il rapporto con il PCI è entrato in crisi e lei ha subito, negli anni Sessanta, un forte ostracismo, ha vissuto un periodo di forte crisi esistenziale. Che è riuscita a superare, sia pure con difficoltà, grazie al marito Marcello Marroni. Prenderà la laurea, diventerà una ricercatrice universitaria e una sociologa: per anni sarà una preziosa collaboratrice della cattedra di Franco Ferrarotti. Appassionata del suo lavoro, convinta dell’importanza dell’impegno sociale a favore dei ceti più disagiati, Maria si è sempre occupata delle periferie urbane, dei rifugiati e dei migranti, delle donne, spendendosi per la loro crescita, per i loro diritti. Fino a che ha potuto, ha lavorato nell’UDI, Unione donne italiane, di cui ha voluto l’autonomia. Si è sempre impegnata nella sezione del PCI di Prati. Questo libro ne propone un ritratto a più voci, che dà conto della famiglia di origine, del suo impegno politico e del forzato distacco dal PCI (Marco Marroni, Nicola Porro). Sandro Portelli ricorda come Maria fosse nota e amata in certe periferie romane. Ferrarotti e Maria Immacolata Macioti danno un’idea del suo ruolo nel l’università. Donatella Panzieri tratta di Maria nell’UDI, impegno durato una vita.Con contributi di: Franco Ferrarotti, Maria Immacolata Macioti, Marco Marroni, Maria Giuseppina Michetti, Carla Modesti, Donatella Panzieri, Nicola R. Porro, Sandro Portelli.
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Il volume è stato tradotto in spagnolo http://www.octaedro.com/OCTart.asp?libro=10257&id=es&txt=Maria%20Montessori Nei primi decenni del Novecento Maria Montessori divenne l’icona di una nuova pedagogia progressista che proponeva una educazione «a misura di bambino». Nonostante l’importanza del personaggio, sono relativamente poche le biografie intellettuali a lei dedicate e ancor meno quelle con caratteristiche non agiografiche. L’autore affronta criticamente, con riferimenti a fonti edite e inedite, la biografia della Montessori, inserendola nelle culture in cui operò e analizza i fondamenti della sua pedagogia relativamente ai riscontri teorici e scientifici che la ricerca più aggiornata ha apportato a questa «pedagogia della libertà». In rilievo le novità del Metodo montessoriano alla luce delle coeve scienze umane, con l’accento sulla rilevanza che determinate posizioni scientifiche possono rivestire nell’ambito dello sviluppo della società civile quando s’intrecciano con la storia delle istituzioni politiche e dell’organizzazione dello Stato sociale. Si troverà così una nuova chiave interpretativa per comprendere l’opera di Maria Montessori e l’attualità del suo Metodo pedagogico.
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Nel novembre 2008 l’amministratore delegato di Mariella Burani Fashion Group, Giovanni Burani, riceve un prestigioso premio a Milano come manager finanziario dell’anno per «aver fatto un uso strategico e raffinato della leva finanziaria». Nell’agosto 2009 il titolo MBFGviene sospeso in Borsa. Nel febbraio 2010 BDH, la società a monte della catena di controllo di MBFG, è dichiarata fallita. Pochi giorni dopo MBFGè dichiarata insolvente. Come è avvenuto che l’impero della moda dei Burani, simbolo dell’Emilia Felix, che dava lavoro ad alcune migliaia di persone, si sia dissolto nel giro di pochi mesi? Come è possibile, dopo il crac Parmalat, che nessuno (banche, organi di controllo, mezzi di informazione, associazioni imprenditoriali, istituzioni) si sia accorto per tempo che il gruppo si andava sgretolando sotto il peso di una montagna di debiti? Perché nell’OPA dell’autunno 2008 i Burani hanno investito decine di milioni di euro in azioni Mariella Burani per acquistare a 17 euro un titolo che meno di un anno dopo sarebbe crollato a poco più di 2 euro? Chi pagherà per questo epilogo?
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«Civiltà vuol dire Socialismo», scriveva nel 1919 Mario Trozzi, una figura di altissimo rilievo troppo a lungo sottovalutata dalla storiografia locale e nazionale: dagli esordi nella vivacissima sezione socialista di Sulmona fino al doppio mandato parlamentare nelle file del Partito socialista (1919 e 1921), Trozzi sviluppò un’intensa azione politica che lo vide durissimo oppositore della guerra di Libia e poi di quella mondiale. Fu infaticabile organizzatore - nell’arretrata realtà abruzzese del tempo, la stessa descritta da Silone nei suoi romanzi - del partito e del sindacato tra il nascente proletariato regionale, e pugnace propagandista del socialismo in gremiti comizi e sulla stampa dell’epoca. Durante la guerra fu esponente tra i più influenti del campo massimalista nel dibattito interno al Psi; un massimalismo, il suo, nutrito di un profondo spirito unitario che lo portò a non seguire i comunisti al congresso di Livorno del 1921. Nel 1924 si ritirò sostanzialmente dalla vita politica per dedicarsi alla sua professione di avvocato - difendendo spesso i più deboli, i ferrovieri licenziati, i perseguitati dal fascismo - e alla scrittura di testi storici, politici e letterari.
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L’articolo delinea l’impatto della quinta onda di Kondratieff sul mercato del lavoro e sulla sostenibilità dei sistemi di welfare-state. Partendo dalla teoria marxiana del progresso tecnico, l’articolo analizza le conseguenze della recente rivoluzione tecnologica sul capitale e sul lavoro, e l’impatto sulle diseguaglianze sociali. Le evidenze empiriche discusse nell’articolo suggeriscono che la quinta onda di Kondratieff ha avuto un impatto negativo sulla domanda di lavoro e sul salario, e ha incrementato la mobilità globale del capitale. Entrambe le dinamiche hanno acuito la crisi fiscale dello Stato nelle economie avanzate. Di conseguenza, queste trasformazioni minacciano la sostenibilità dei sistemi di welfare e rafforzano la crescita delle diseguaglianze. Se l’attuale dinamica dell’innovazione tecnologica dovesse continuare ad acuire le diseguaglianze sociali, potrebbe essere a rischio la coesione sociale nei paesi avanzati e destabilizzarne i sistemi democratici.