• Da almeno due decenni gli stadi europei hanno intrapreso la strada di una profonda trasformazione. Oltre che nelle esigenze del calcio contemporaneo, tale trasformazione ha radici anche nei cambiamenti in atto nel campo delle politiche urbane. Gli stadi moderni sono oggi assai più che un mero spazio all’interno del quale assistere alla partita. Sempre più essi divengono luoghi privati, costruiti come efficienti cash machine destinate a un ampio spettro di attività di consumo. Questi cambiamenti promuovono nuovi pubblici di clienti con ampie capacità di spesa, assai diversi dai tifosi tradizionali. Lo stadio è dunque un luogo entro cui si affermano dinamiche commerciali e di gentrification, in un quadro ben più ampio e generalizzato di mercificazione dello spazio pubblico comune a molte città contemporanee.
  • L’Unione europea a 28 paesi membri è il maggior produttore di ricchezza del mondo: il più grande importatore e il più grande esportatore di beni e servizi. È un gigante economico inconsapevole (e un nano politico). Le politiche economiche fondate sulla «austerità accrescitiva» e il fiscal compact condannano l’Europa a una bassa crescita e a una disoccupazione strutturale. La specializzazione manifatturiera europea è progressivamente in competizione con quella asiatica (sia nella gamma alta della produzione che in quella bassa). Nel frattempo la crisi ha cambiato i bisogni sociali e ridotto gli investimenti sul welfare. L’assenza di politiche industriali di indirizzo e il contenimento della spesa pubblica hanno portato a un impoverimento progressivo del territorio: per crescita inquinamento e scarsità di manutenzione. L’Europa ha bisogno di un nuovo «modello di sviluppo» basato sulle sue caratteristiche e le sue vocazioni storico-economiche e orientato ai bisogni delle persone e dei territori (sostenibilità sociale e ambientale). Questo salto di politica non è realistico si compia a partire da decisioni top down. La nuova crescita nasce da risposte locali ai nuovi bisogni (delle persone e dei territori). Da questa domanda si creeranno nuovi mercati su cui orientare le produzioni innovative di merci e servizi. «La domanda locale determinerà l’offerta globale». Il sindacato può essere agente e protagonista di questa svolta con la contrattazione sociale territoriale e la microconcertazione con i governi locali, a partire dalle città.
  • Per lungo tempo il tema del welfare contrattuale ha attraversato il dibattito interno alla Cgil, alimentando sospetti, reticenze, contraddizioni che non hanno consentito una riflessione approfondita sulla natura del fenomeno e sulle sue possibili evoluzioni, ritardando così l’elaborazione di una propria visione autonoma. Oggi il tema del welfare contrattuale è diventato centrale nel dibattito nazionale, tanto nelle azioni del governo, quanto nelle posizioni e nelle proposte dei soggetti di rappresentanza, innanzitutto di parte datoriale. In particolare, sul welfare aziendale la recente Legge di stabilità ha previsto ulteriori misure di sostegno e agevolazioni di natura fiscale. Solo un solido sistema di welfare pubblico e universale consente di sviluppare esperienze di welfare integrativo sostenibili anche in termini di costi e convenienze contrattuali. Anche per questo il welfare contrattuale (nazionale o aziendale) pur se rivolto solo ai lavoratori dipendenti e ai loro familiari deve contribuire a quello universale e in questo senso è decisivo il rapporto tra il welfare contrattuale/aziendale e il territorio dove opera l’impresa.
  • In questi anni a fronte di una minore tutela offerta dal welfare pubblico, è cresciuto il peso del welfare aziendale e contrattuale, e con esso, anche il rischio di accrescere le distorsioni già esistenti, in particolare quelle distributive e territoriali. È stato invece poco esaminato il ruolo dello Stato sulla crescita del welfare contrattuale e aziendale, in particolare attraverso le misure fiscali. È questo il tema su cui si concentra l’articolo, analizzando in particolare le misure di agevolazione contributiva e fiscale, introdotte a partire dal 2007, con l’obiettivo di favorire la diffusione della contrattazione di secondo livello e la crescita della produttività. Con il recente intervento del Governo Renzi sono state inserite alcune modifiche in grado di generare anche effetti diretti sulla crescita del welfare aziendale e contrattuale. Dopo aver esaminato le caratteristiche di queste misure dal 2007 a oggi, le risorse stanziate e il loro possibile impatto sulla diffusione della contrattazione decentrata e sulla crescita del welfare contrattuale e aziendale, vengono messi in evidenza alcuni effetti negativi e si avanzano alcune proposte per favorire la crescita di un welfare aziendale e contrattuale più inclusivo.
  • Il Denaro, il Debito e la Doppia Crisi, spiegati ai nostri nipoti è l’ultimo libro di Luciano Gallino, pubblicato circa un mese prima della sua scomparsa a novembre dello scorso anno1. Il motto che Gallino ha posto in esergo al libro (riprendendolo da Rosa Luxemburg) è questo: «Dire ciò che è, rimane l’atto più rivoluzionario». «Ciò che è» Gallino vuole dirlo soprattutto ai giovani, rappresentati dai suoi nipoti, ai quali il libro è rivolto. E «ciò che è», nel mondo contemporaneo agli occhi di Gallino – non possiamo sorprendercene – ha i colori del grigio scuro, se non del nero. Però c’è anche quel che potrebbe essere e qui Gallino si sforza di vedere altri, più rasserenanti, colori; su di essi vuole attirare lo sguardo dei giovani. Questo indirizzamento dello sguardo verso nuovi orizzonti raggiungibili ha il valore di un messaggio speciale (non direi testamento, e non solo perché la parola non è tra quelle che preferisco) da parte di uno studioso per molti versi unico. A quel messaggio è bene prestare tutta l’attenzione che merita. Queste note sono un tentativo di farlo.
  • Scopo di questo articolo è rileggere l’analisi che Luciano Gallino compie della crisi del capitalismo e del sistema ecologico alla luce del suo precedente lavoro teorico e di ricerca empirica. L’ipotesi è che lo sviluppo della sua prospettiva sociologica di analisi della crisi e la critica delle sue configurazioni istituzionali e culturali sia radicata nella teoria della società che l’autore ha elaborato nel corso della sua lunga carriera intellettuale ma prenda anche le distanze da precedenti rappresentazioni della struttura di classe e della lotta di classe. L’analisi di Gallino della finanziarizzazione della società e del modo in cui la sua logica è stata applicata alle relazioni sociali e politiche induce a un ripensamento della metodologia delle scienze sociali allo scopo di riconsegnare la sociologia alla sua originaria vocazione critica.
  • Il concetto di economia della condivisione (sharing economy) ha avuto una rapida diffusione, in ambito scientifico e nel mondo dell’attivismo civico, diventando presto un concetto passe-partout cui ci si riferisce per indicare una eterogeneità di pratiche, accomunate dal principio della orizzontalità, della condivisione, dell’utilizzo dei media digitali. Obiettivo del contributo è indagare criticamente il concetto, decostruendone ambiguità e retoriche. Si indagherà, in particolare, il caso di Airbnb, una piattaforma nata per favorire il libero scambio di appartamenti e camere tra privati che ha rivoluzionato il mercato degli affitti a breve periodo e ha generato benefici per piccoli proprietari e clienti, ma ha anche favorito la creazione di un mercato deregolamentato dell’affitto e creato una condizione di oligopolio. Si farà riferimento, nello specifico, al caso di Barcellona, in cui ha preso forma un contenzioso tra i gestori della piattaforma e l’amministrazione, che vede in Airbnb uno strumento che alimenta ulteriormente il processo di espulsione degli abitanti dalla città a favore dei turisti, rendendo più vantaggioso l’affitto di breve periodo rispetto a quello a medio e lungo termine, contribuendo, quindi, al processo di gentrification.
  • La valorizzazione dei sistemi di istruzione rappresenta la chiave per lo sviluppo sociale ed economico del nostro paese: una vera e propria rivoluzione culturale necessaria. In un paese dove sono altissimi i livelli di dispersione scolastica e il numero dei Neet, in cui avanza l’analfabetismo funzionale degli adulti e aumentano le disuguaglianze e i divari territoriali, l’innalzamento dei livelli di istruzione, l’accesso pieno ai sistemi della conoscenza, il potenziamento del rapporto tra scuola e lavoro e l’implementazione delle reti per l’apprendimento permanente costituiscono le sfide prioritarie. La partecipazione delle parti sociali e la valorizzazione del personale della scuola, a partire dal contratto, rappresentano elementi indispensabili per costruire un progetto nuovo e positivo per la scuola italiana e per il futuro del paese.
  • La regolazione dello sviluppo a livello decentrato agevola la competitività delle imprese grazie ai beni collettivi e alle reti di collaborazione tra gli attori locali con interventi che tendono a collegare i segmenti più dinamici del settore pubblico e di quello privato. Questo processo richiede meccanismi di apprendimento in grado di attivare potenziali cambiamenti a livello decentrato – promuovendo il lavoro e valorizzando la dimensione territoriale – e l’attuazione di strumenti di policy per incentivare una cooperazione caratterizzata da alta tecnologia e da dinamiche innovative. L’articolo si concentra sulle competenze per lo sviluppo locale e la valorizzazione delle professionalità emergenti nei contesti di cambiamento organizzativo.
  • Il ruolo sociale della scuola e degli insegnanti è oggi del tutto marginale: gli insegnanti stessi subiscono passivamente le riforme definite dalla politica che mal sopportano, più per ideologia che per convinzione. Questa emarginazione è il risultato di cambiamenti sociali che non sono stati compresi dall’attuale classe politica, che ha sempre considerato la scuola un centro di potere e di conquista senza preoccuparsi di fare una seria discussione sul concetto di scuola e sul profilo professionale dei docenti. L’enorme confusione politica e organizzativa intorno alla scuola ha creato un senso di alienazione, che ha professionalmente indebolito la categoria docente privandola della sua identità, e salti innovativi. Valutazione e promozione del personale docente sono una emergenza sociale che non può essere messa in ombra, perché da essa dipende il destino culturale del nostro paese.
  • L’articolo presenta un’analisi critica dei cambiamenti che hanno interessato le politiche educative italiane negli ultimi due decenni alla luce delle spinte provenienti dall’approccio comunitario europeo in direzione del potenziamento degli investimenti in educazione e life-long learning come leva strategica di sostegno ai fattori di competitività e di contrasto alle disuguaglianze sociali. Il sistema di welfare italiano si trova lontano da una prospettiva di questo genere, per il basso livello della spesa dedicata, per l’assenza di coerenti scelte di policy, troppo spesso orientate a tradurre «retoriche» del mutamento senza conseguenti piani per l’effettiva implementazione delle innovazioni, e infine per il problema della grande varietà interna, anch’esso da riferire non solo a una questione di risorse economiche ma anche a profonde differenze nella capacità amministrativa regionale e locale. Di questi vari differenziali si occupa il presente articolo, cercando di rintracciare continuità e rotture che hanno segnato il cammino delle riforme scolastiche in Italia.