• Il volume illustra in modo semplice e di facile consultazione i diritti di cittadinanza esistenti nel nostro Paese in favore delle persone disabili, offrendo ad esse e alle loro famiglie, nonché a tutti gli operatori del settore, uno strumento che le aiuti a muoversi nei meandri della burocrazia e nella complessità di norme spesso di non agevole comprensione. Articolato in 7 capitoli, redatti dai più qualificati specialisti della materia, il volume esamina: •il quadro internazionale e dell’Unione Europea; •la legge 5 febbraio 1992, n. 104 “Legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”; •la legge 12 marzo 1999, n. 68 “Norme per il diritto al lavoro dei disabili”; •la legge 9 gennaio 2004, n. 6 “Istituzione dell’amministrazione di sostegno”; •la materia e l’esperienza del processo del lavoro in merito alla tutela della disabilità; •i contenti della normativa contrattuale riferita ai disabili; •le condizioni e i contenuti delle agevolazioni fiscali previste per i disabili. Il Cdrom allegato contiene la versione elettronica del volume.
  • Nella percezione corrente delle condizioni di vita dei migranti vi sono almeno due luoghi comuni che impediscono una corretta valutazione del ruolo del lavoro nelle vicende migratorie e che occorre cercare di sfatare: il primo è frutto di una vulgata culturalista, in virtù della quale i fenomeni migratori tendono a essere affrontati principalmente come problema di ordine culturale, sia nella versione generosamente multi-culturalista sia in quella da «guerra di civiltà» (o di religione). ...
  • «È per rendere onore alla figura di Franco Pintus, assassinato il 13 aprile 1997, la sera di una domenica, mentre rientrava a casa con la famiglia dopo una cena in pizzeria, che abbiamo deciso di pubblicare questo volume. [...] Carlo Ghezzi ricostruisce le vicende di quegli anni, di quella "battaglia politico-sindacale che con il passar del tempo è degenerata in una lotta senza esclusione di colpi", sulla base dei ricordi propri e dei protagonisti della vicenda, oltre che sulle carte processuali, che hanno poi posto un punto fermo sulle responsabilità di Maria Ausilia Piroddi e dei suoi complici nell’assassinio di Pintus (ma nella storia purtroppo non mancano altre vittime), condannandoli nel 2000 all’ergastolo. E non tace nessuno dei ritardi che ci furono, a tutti i livelli dell’organizzazione, nel capire la portata dello scontro e nel prendere provvedimenti adeguati». (Dalla prefazione di Guglielmo Epifani)
  • Da storico paese di emigrazione per oltre un secolo, l’Italia è diventata nel volgere di quattro decenni meta di consistenti flussi di immigrazione e, nell’ultimo decennio, nuovamente paese di emigrazione. La compresenza dei due fenomeni non è un dato sufficientemente acquisito; soprattutto per quanto riguarda la componente in uscita, sottostimata nelle sue ragioni e nei suoi esiti, pur avendo un impatto non secondario sulle prospettive sociali, economiche e perfino demografiche del paese. Sono oltre 6 milioni gli italiani all’estero secondo le anagrafi del ministero degli Affari esteri. In corrispondenza con la crisi del 2007-2008, il trend emigratorio è ripartito con tassi crescenti, portando oltre un milione di persone alla ricerca di migliori condizioni di lavoro e di vita all’estero, senza fermarsi neanche durante la pandemia. I risultati di questa ricerca qualitativa, realizzata grazie alla partecipazione attiva del mondo associativo, provano a fare emergere le motivazioni, le aspettative e soprattutto i problemi affrontati nel percorso migratorio in alcune realtà metropolitane di sei diversi paesi europei, dagli stereotipi con cui i nuovi migranti sono costretti a confrontarsi alla scarsa attenzione istituzionale, alla carenza di servizi di orientamento, con uno sguardo conclusivo sugli effetti che la pandemia da Covid-19 può determinare su questi percorsi emigratori. Aprono e chiudono il volume gli interventi di Enrico Pugliese, professore emerito alla Sapienza Università di Roma e associato alla ricerca Irpps-Cnr, e di Matteo Sanfilippo, professore ordinario di Storia moderna presso l’Università della Tuscia e direttore del Cser.
  • Il volume indaga, attraverso le fonti a stampa e documenti provenienti dai fondi della Camera del lavoro, della Prefettura e degli Archivi nazionali Cgil e Fiom, la crescita dell’industria metalmeccanica nel Parmense a partire dal 1945, la maturazione dell’organizzazione sindacale Fiom e lo sviluppo delle lotte operaie. Uno sguardo complesso, che punta a far emergere i ruoli delle diverse componenti aziendali e sindacali che hanno accompagnato la crescita di una realtà a lungo rimasta ai margini del processo industriale nazionale. Un «caso di studio», quindi, focalizzato su una delle «periferie» industriali del Paese, che narra la costituzione di un polo industriale robusto, sebbene contenuto, protagonista nella vita politica ed economica emiliana degli anni sessanta. Il racconto comprende i cicli di lotte che hanno attraversato i primi decenni del dopoguerra, il fallimento della più importante azienda metalmeccanica parmense (Salamini) nel 1969, il crescente protagonismo della Fiom Cgil nelle officine e nell’organizzazione sindacale parmense, fino al processo di unità sindacale che ha portato alla costituzione della Flm.
  • La Fondazione Claudio Sabattini, sorta per iniziativa della FIOM nazionale e della Camera del lavoro di Bologna, intende valorizzare la figura del sindacalista bolognese, scomparso il 3 settembre 2003. A tal fine ha avviato il censimento e la raccolta in un archivio dei materiali che ne documentano l’intensa attività. La Fondazione promuove anche seminari e dibattiti, indagini e ricerche per portare un contributo di conoscenza e consapevolezza critica nello spirito che fu di Sabattini, per il quale lo sforzo di comprensione della realtà e l’azione per mutarla non andavano mai disgiunti. Questo volume è un esempio di tale modo di intendere la ricerca. Ricostruisce un periodo importante nella storia della città e del lavoro, restituisce a Bologna la rilevanza di un’esperienza sinora oscurata dalla prevalente attenzione per il conflitto di fabbrica nel triangolo industriale. Si rivela un quadro in cui la saldatura delle lotte in fabbrica e nel territorio diviene un modo di elevare la condizione operaia e salariata a metro di misura dei rapporti sociali e politici. Come mai prima di allora e come mai più dopo, in quella fase si pone la questione del nesso lavoro/democrazia non in termini formali, ma entro un dinamico processo di democratizzazione permanente. Ciò che può rappresentare un utile e importante elemento di riflessione per i giorni nostri.
  • Con gli scioperi del marzo 1943 nelle fabbriche del nord-ovest ricompare il conflitto sociale che il fascismo aveva negato con la forza della legge, con il sindacato corporativo, con l’apparato repressivo dello Stato. Nei due anni che seguono, nel contesto della guerra “totale”, il conflitto come un flusso carsico attraversa le concentrazioni industriali più importanti del paese. Non solo Torino, Milano, Genova, ma tutti i distretti industriali connessi ai grandi centri urbani. In queste realtà la tensione tra mondo della fabbrica e chi detiene il potere si riproduce: con il governo militare di Badoglio così come con gli occupanti tedeschi e la Repubblica di Salò. La protesta operaia risulterà incredibilmente estesa, avendo nella difesa di condizioni elementari di vita l’elemento di base rispetto al quale si strutturano le relazioni con le direzioni aziendali, con i fascisti, con i tedeschi e con le componenti dell’antifascismo, in primo luogo con il partito comunista. Un gioco complesso, articolato per fabbriche, per aeree, diversificato nel tempo a seconda delle situazioni che la guerra alimenta e produce. Un gioco duro, spesso pericoloso, a volte mortale, ma in cui i lavoratori scoprono la politica, le forme dell’organizzazione, si fanno classe in uno scambio mai scontato con i partiti antifascisti che nel rapporto con questo soggetto attivo della modernità scoprono la possibilità di una nuova Italia. Al volume è connesso un data base dedicato alle dense cronologie delle lotte operaie dagli scioperi del marzo 1943 alla Liberazione.
  • Intanto, che cos’è «operaismo». È un’esperienza che ha cercato di unire pensiero e pratica della politica, in un ambito determinato, quello della fabbrica moderna. Alla ricerca di un soggetto forte, la classe operaia, in grado di contestare e di mettere in crisi il meccanismo della produzione capitalistica. Sottolineo il carattere di esperienza. Si trattava di giovani forze intellettuali che si incontravano con le nuove leve operaie, introdotte soprattutto nelle grandi fabbriche dalla fase taylorista e fordista dell’industria capitalistica. ...
  • Il nuovo governo ha annunciato una serie di interventi sul mercato del lavoro. La ricetta per il rilancio dell’economia sembrerebbe basarsi – ancora una volta – sulla mobilità del lavoro, sia pure affiancata da misure di flexicurity. L’editoriale di questo numero si interroga allora sull’efficacia delle politiche perseguite sinora, fortemente orientate alla flessibilità del lavoro, nel produrre crescita e occupazione. Lo fa analizzando i trend (degli ultimi trent’anni) dell’accumulazione di capitale, del progresso tecnologico, del rapporto capitale-lavoro, della produttività del lavoro.