• Il contributo si concentra sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) a partire dal libro di Boeri e Perotti (2023). Il Piano vuol essere un intervento di finanza pubblica europea e italiana dalle dimensioni poderose, animato dalla volontà di trasformare il futuro avviando le transizioni ecologica e digitale dell’economia, in un contesto di maggiore stabilità macroeconomica e di equità e tolleranza tra le varie diversità presenti nella popolazione. Ma se l’obiettivo è riportare l’economia italiana a crescere in una misura sufficiente a non frenare più lo sviluppo dell’intera Europa, la posta in gioco è anzitutto riuscire a spendere per intero l’immenso patrimonio dei fondi ottenuti, portando a termine le più di sessanta riforme messe in programma e le centinaia di migliaia di progetti previsti. L’obiettivo è molto ambizioso anche in ragione di alcune criticità di fondo che il contributo mette in evidenza: dalla fretta con cui è stato confezionato il Piano alla messa a punto di troppi progetti, spesso mal disegnati e dalle dimensioni eccessive; dagli ambiti di intervento, dove viene trascurata la centralità delle spese sociali, alle effettive difficoltà di gestione, soprattutto per una pubblica amministrazione di dimensioni ridotte e di età media parecchio avanzata, fino alla mancata previsione delle attività e delle spese necessarie ad assicurare nel tempo, dopo la fine del Piano, la manutenzione e gestione degli investimenti effettuati
  • Bassa natalità, bassa fecondità e immigrazione dall’estero hanno caratterizzato gli ultimi trent’anni della demografia in Italia e nelle sue regioni, creando contrasti e tendenze inattese. L’evoluzione della nostra popolazione si inserisce nella crisi demografica dei paesi europei, ma l’Italia non vi ha ancora reagito in modo adeguato. Al di là di meccanismi demografici determinanti, le modalità di quelle evoluzioni e le caratteristiche della situazione attuale possono gettare luce sulle motivazioni socioeconomiche e politiche, evidenziare le carenze degli interventi e indicare le strade percorribili per correggere gli andamenti futuri.
  • Il Pnrr è ancora oggi una «grande occasione» in nuce. I suoi risultati dipendono da molte circostanze: dalla capacità delle risorse e delle misure di integrarsi con altre risorse, altre politiche e altri soggetti, e da variabili esogene, in primo luogo dalla guerra Russia-Ucraina, dall’inflazione, dalla persistenza della pandemia e, da ultimo, dalla recente crisi di governo. Conta moltissimo la capacità del Piano di indurre aspettative positive e azioni conseguenti tra gli italiani, in particolare tra le sue classi dirigenti, centrali e locali. Senza «credenze» e mobilitazioni collettive è difficile pensare che i paesi si trasformino, che nuovi paradigmi di sviluppo si affermino, che «grandi salti» si realizzino. Sotto questo profilo, i limiti sono evidenti. A parte l’ossessione retorica sulla straordinaria dotazione monetaria, il Piano è privo di un racconto mobilitante. Tuttavia la partita è appena iniziata e ci sono ancora ampi margini per cambiare la direzione al vento.
  • «... Che Di Ruscio fosse venuto al mondo nella povertà del vicolo Borgia, a Fermo, che fosse un autodidatta, un muratore disoccupato e poi un militante di base nel Pci di Palmiro Togliatti, che infine fosse emigrato nel ’57 a Oslo per acquisire lo status per lui definitivo di operaio metalmeccanico nella fabbrica fordista (e nel cosiddetto paradiso socialdemocratico), tutto ciò era senz’altro la materia prima, peraltro mai abiurata, della propria condizione personale ma non bastava affatto né basta oggi a spiegare, tanto meno ad esaurire, lo spessore della sua voce poetica, il ritmo e il tono inimitabile della sua pronuncia. La quale è una splendida eccezione, una assoluta singolarità, nel panorama della poesia italiana del secondo Novecento. Non un poeta-operaio come pure e sbrigativamente si è detto tante volte, quasi si trattasse di sommare il sostantivo all’aggettivo, o viceversa, ma un poeta capace di introiettare/metabolizzare/rielaborare la condizione operaia alla stregua della condizione umana tout court. La marginalità, il lavoro in fabbrica, un orizzonte politico che il dopoguerra presto richiude, qui in Italia come altrove, ne sono insieme i fondali e i referenti...». (Dalla postfazione di Massimo Raffaeli)
  • La priorità della ricerca scientifica è ormai un mantra del dibattito politico italiano. Ma se fare politica della scienza non significa solo amministrare la scienza, curarne l’organizzazione istituzionale, sostenerla con investimenti pubblici e diffonderne i risultati; se nel rapporto con la politica la scienza entra come un soggetto capace di rivoluzionare il modo di pensare tradizionale, di mettere in discussione perfino le forme di vita, di sovvertire gli assetti sociali ed economici, di rompere le antiche gerarchie geopolitiche tra i diversi continenti, avremo una scienza che interpella la politica sui fondamenti del vivere in società, la scuote dal suo affaccendarsi meramente amministrativo. Fare politica della scienza, quindi, vuol dire svolgere un’azione politica all’altezza dei compiti e delle responsabilità posti dalla rivoluzione scientifica. Scienza e democrazia sono sottoposte ai medesimi condizionamenti. Oggi si vuole tornare ad imporre sia all’una sia all’altra un principio esterno: la tavola dei valori sopra la scoperta scientifica e l’identità di un popolo sopra il relativismo democratico. Dal modo in cui queste due potenze umane sapranno difendere e rinnovare il principio interno della libertà dipenderà il grado di civiltà delle società contemporanee.
  • Il saggio ricostruisce il dibattito e i passaggi salienti delle trasformazioni che hanno riguardato la governance macro-economica europea dalla crisi finanziaria del 2008-2009 alla pandemia. Al centro della riflessione vengono posti i grandi temi legati alla costruzione economica e sociale europea. Colpita da due crisi epocali in poco più di dieci an-ni, l’Unione europea ha a lungo fatto i conti con tutte le insufficienze di un modello istituzionale imperniato sulla presunta superiorità dei mercati per la stabilizzazione macroeconomica. In questo quadro, il programma Next Generation Eu e il Recovery costituiscono un momento di svolta nel processo di integrazione europea, introdu-cendo per la prima volta una significativa condivisione del rischio. Senza cadere in facili ottimismi, il saggio ripercorre le tappe che hanno portato alla svolta dell’ultimo anno, mettendo in evidenza gli elementi cardine della nuova governance europea nei rapporti tra istituzioni comunitarie e stati nazionali.
  • Il responso elettorale, a partire dal 1994, ha regolarmente modificato gli equilibri politici precedenti e ha configurato nuove maggioranze, più o meno coese, più o meno stabili. Secondo molti studiosi, esiti così diversi sono generati dalla crisi di quei partiti politici che avevano per lungo tempo congelato il mercato elettorale italiano e dal corrispondente aumento del numero di cittadini disponibili a modificare la propria scelta di voto da una consultazione all’altra. La ricerca descritta in questo volume si propone di individuare le principali determinanti del comportamento di voto degli italiani nelle elezioni politiche del 2006 e del 2008: le caratteristiche socio-demografiche, la partecipazione a reti associative e il coinvolgimento in attività politiche. E l’attuale fase politica è più chiara se si tiene conto dell’evoluzione, tra il 2006 e il 2008, della rilevanza di questi fattori nella strutturazione della scelta di voto. Di fronte a un comportamento di voto dei ceti popolari che spesso si risolve in consenso a politiche che tutelano interessi di altri gruppi sociali, infatti, la ricerca evidenzia che i cittadini socialmente periferici ed isolati tendono ad assumere decisioni più appropriate alla loro condizione quando non vengono esclusi, ma sono inseriti in reti sociali, politicamente influenti.
  • In Italia, a seguito del decentramento di competenze, nell’ambito dell’edilizia pubblica le Regioni hanno compiuto scelte eterogenee. L’attuale crisi, inoltre, sta generando un aumento delle situazioni di fragilità, con problemi di morosità e di sfratto. Al fine di affrontare tali criticità si stanno sperimentando alcuni progetti innovativi, volti ad attivare e sostenere processi di collaborazione tra i diversi soggetti presenti a livello locale e a promuovere risposte integrate. In questo contributo, a partire da alcune esperienze di mediazione sociale abitativa realizzate nella Regione Marche, verranno presentate le azioni attuate dagli assistenti sociali nei contesti di edilizia pubblica. Azioni orientate a sostenere le famiglie, prevenire la conflittualità e promuovere interventi volti a diffondere una cultura di convivenza sostenibile.