- Potere e progresso
- La Confederazione europea dei sindacati
- Verso un sistema di relazioni post-industriali?
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Come cambiare la Pubblica amministrazione
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In Italia la Pubblica amministrazione è gravemente sottodimensionata, come risulta da confronti internazionali e da altri dati. Vengono discussi (a) la necessità di un suo consistente aumento degli addetti, (b) alcuni criteri da seguire in merito ad esso e (c) la modalità di finanziamento, consistente in una piccola imposta di solidarietà sulla ricchezza finanziaria, con aliquote progressive e quota esente.
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Il saggio affronta il tema dell’organizzazione della Pubblica amministrazione (Pa), criticando tanto l’idea che l’organizzazione da sola sia elemento sufficiente per il suo rilancio, tanto quella per cui la leva organizzativa non costituisca una dimensione essenziale per la rigenerazione della Pa. L’idea-forza è che il benessere delle lavoratrici e dei lavoratori e il potere di agire sono i due elementi organizzativi che le migliori imprese private mettono al centro della gestione del personale ed è dunque paradossale che la Pa non faccia altrettanto, calibrando questi elementi sulle finalità proprie della Pa: i diritti di cittadinanza delle persone e il valore pubblico associato ai servizi erogati. Elementi e finalità, queste, negate tanto dal cosiddetto new public management quanto da una visione meccanicistica dell’organizzazione. Questa tesi viene supportata dai risultati di un’esperienza di consulenza strategica e formazione presso la Pa di una grande città italiana.
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La lettura dei dati sull’occupazione nella Pubblica amministrazione italiana produce l’immagine di un apparato sottodimensionata e con problemi significativi in alcune delle aree di missione più importanti. I dati utilizzati per l’analisi nel tempo e nello spazio del quadro nazionale sono per lo più tratti da fonti ufficiali. In particolare dal Conto annuale preparato dalla Ragioneria Generale dello Stato, presso il Ministero dell’Economia e delle finanze, con le necessarie rielaborazioni. Un quadro comparato con altri paesi europei conferma la criticità del nostro sistema pubblico. Approfondimenti sono rivolti a sanità e istruzione.
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L’obiettivo di questo capitolo è fornire un’analisi empirica della relazione esistente fra variazioni del perimetro della pubblica amministrazione e crescita economica regionale, con particolare riferimento a otto Regioni d’Italia, ripartite equamente tra Nord e Sud. Viene mostrato che la riduzione della spesa per il personale della pubblica amministrazione ha contribuito a ridurre la domanda interna e il tasso di crescita della produttività del settore privato. Viene discussa l’ipotesi di attuazione di un programma di assunzioni nel pubblico impiego, relativamente soprattutto agli enti locali dell’Italia meridionale.
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Nel saggio si mette alla prova delle opinioni degli italiani la proposta di politica economica keynesiana con il fine di ridurre la disoccupazione mediante la creazione di un grande numero di posti di lavoro nella Pubblica amministrazione, finanziati tramite un’imposta straordinaria sulle medio-grandi ricchezze mobiliari. Il consenso, quasi plebiscitario nella prima rilevazione del 2015, diminuisce progressivamente nelle successive del 2021 e 2023, cambiandone anche la logica. Gradualmente, infatti, i gruppi socialmente deboli da favorevoli si trasformano in contrari, lanciando un chiaro segnale di sgretolamento della fiducia nella capacità e volontà dello Stato di attuare politiche economiche in favore dei cittadini. Stabile invece nel tempo la relazione positiva fra favore verso le politiche proposte e voto ai 5Stelle, al Pd (per gli elettori con più di 45 anni) e in modo più ondivago ad Azione e Italia Viva.
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