• Gli anni 1993-2009 sono stati anni cruciali per l’affermarsi di una «disciplina» nuova denominata global mental health. Il «discorso della salute mentale globale» è nutrito dalle direttive della Oms e della Unione europea, dalle norme della convenzione delle Nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità e dai contributi di alcuni prestigiosi centri anglosassoni di ricerca. Anche se tale discorso risulta articolato, documentato, intelligente e sostanzialmente progressista, tuttavia esso fa prevalere gli aspetti di advocacy senza peraltro contribuire alla trasformazione della realtà dei servizi di salute mentale. Inoltre, la necessità di creare ampio consenso penalizza la riflessione critica sui contenuti di quello che il movimento di fatto intende promuovere nei paesi a parte un generico «aumento dell’accesso ai trattamenti». È urgente e necessario riprendere con forza la radicale riflessione critica di Franco Basaglia per controbilanciare l’influenza del discorso della global mental health pur senza negarne alcuni contributi normativi di grande importanza.
  • Nel saggio si mette alla prova delle opinioni degli italiani la proposta di politica economica keynesiana con il fine di ridurre la disoccupazione mediante la creazione di un grande numero di posti di lavoro nella Pubblica amministrazione, finanziati tramite un’imposta straordinaria sulle medio-grandi ricchezze mobiliari. Il consenso, quasi plebiscitario nella prima rilevazione del 2015, diminuisce progressivamente nelle successive del 2021 e 2023, cambiandone anche la logica. Gradualmente, infatti, i gruppi socialmente deboli da favorevoli si trasformano in contrari, lanciando un chiaro segnale di sgretolamento della fiducia nella capacità e volontà dello Stato di attuare politiche economiche in favore dei cittadini. Stabile invece nel tempo la relazione positiva fra favore verso le politiche proposte e voto ai 5Stelle, al Pd (per gli elettori con più di 45 anni) e in modo più ondivago ad Azione e Italia Viva.
  • Negli ultimi anni si assiste a un fenomeno sempre più «innaturale»: la comparsa di un feroce ritardo delle giovani generazioni italiane nei percorsi di transizione all’età adulta. Le tappe tradizionali che definivano tale passaggio sono saltate: nuove istanze di libertà e cittadinanza premono per avere legittimazione e diritti. Nello stesso tempo si sono erose le condizioni di benessere dei giovani. La generazione maggiormente colpita sembra essere quella degli young-adults nati tra il 1975 e il 1985. Si ipotizza che le politiche pubbliche messe in atto a partire dalla seconda metà degli anni settanta abbiano contribuito ad alimentare tale «ritardo». Politiche economiche e del lavoro discriminanti; politiche abitative assenti; politiche familiari ridotte; una struttura del mercato del lavoro inadeguata ad assorbire high skills. Tutto parla di un’inversione di rotta all’alba del secondo ciclo dello Stato sociale. Le generazioni non sono attori neutri, esse rappresentano tempi sociali che immettono nuove strutture. I giovani vanno dunque inscritti dentro precise collocazioni storico-sociali. Le politiche di empowerment condotte negli ultimi anni non hanno tenuto conto di questo approccio, promuovendo una visione idealizzata delle giovani generazioni: choosy, bamboccioni o risorse attive, tutto ha parlato di loro come di soggetti totalmente dematerializzati. Le politiche, in quanto strumenti che danno forma al Futuro, hanno il dovere di volgere lo sguardo verso il recupero delle prerogative materiali che determinano, o meno, i percorsi di autonomia. Non vi può essere attivazione senza emancipazione sociale.
  • L’immagine che l’Occidente ha della cultura musulmana è quella, tra l’altro, di una cultura omofobica e avversa alle sfumature di genere. C’è chi ritiene che l’omosessualità, intesa come rapporto paritario, non sarebbe esistita nel mondo musulmano fino all’incontro con la modernità occidentale; chi predica invece che l’omosessualità sia sempre stata diffusa nelle società musulmane a causa della segregazione tra i sessi, rivelando il proprio insito razzismo perché la riduce al mero atto sessuale e a una forzata necessità. C’è chi considera «tutto ciò che altera l’ordine del mondo» un grave «disordine, fonte di male e, fondamentalmente, anarchia». Meglio allora la transessualità intesa come cambiamento di sesso che il travestitismo; meglio maschie barbe che il volto sbarbato; meglio imputare l’omosessualità alla «decadente» cultura occidentale, e rinnegare in tal modo la sua matrice autoctona. In realtà, la storia dell’omosessualità nelle società musulmane è complessa e articolata, e presenta sostanziali variazioni nel tempo e nelle realtà socio-geografiche e una vasta gamma di atteggiamenti tra i musulmani stessi. Il presente libro offre una panoramica ampia ed esaustiva, spesso dissacrante e provocatoria, del rapporto omosessualità-islam. Partendo dall’analisi dei testi sacri musulmani (Corano e hadith), il volume affronta l’argomento con un’analisi condotta in prospettiva teorica, storico-sociale e letterario-artistica, con grande rigore linguistico nell’uso o nella traduzione di termini arabi e persiani. Ampio spazio è dato alla situazione attuale, soprattutto al dibattito che coinvolge milioni di musulmani che vogliono conciliare l’essere «diversi» con la propria fede.
  • L’Intelligenza artificiale ha rappresentato per lungo tempo un’ambizione di straordinaria portata, evocata dalla sua stessa denominazione e dalle esplicite dichiarate intenzioni di molti dei suoi studiosi. Di fianco a significativi risultati pratici, il sogno della macchina intelligente per antonomasia, quella confondibile col pensiero umano nei più svariati ambiti, è rimasto nel cassetto. Gli ultimi sviluppi dell’Ia, quella cosiddetta «generativa», sta ripro-ponendo l’attualità della sfida originaria. Le capacità di dialogo di sistemi come ChatGpt stupiscono nelle loro prestazioni persino i loro stessi realizzatori e aprono un dibattito par-ticolarmente intenso sulle prospettive future e sugli impatti di questi sistemi. È davvero così? Sono questi nuovi sistemi in grado di «intendere» i significati che elaborano e che sviluppano nelle loro interazioni? E quale atteggiamento di fiducia possono adottare gli umani nei confronti di questi sistemi? Quale sarà l’impatto reale sulle nostre vite individuali e sociali? Il dibattito è aperto. Esso coinvolge non solo gli esperti e le intellettualità. Le opinioni sono varie e non convergenti. Le opportunità sono certamente rilevanti. I problemi e i rischi pos-sono già essere delineati. Una consapevolezza diffusa e una maggiore capacità di governance di questo fenomeno incombente e pervasivo è richiesta con urgenza.
  • La pandemia provocata dal Covid-19 ha messo in chiara evidenza l’importanza dei lavoratori della sanità, della scuola e dei servizi sociali, portando l’attenzione anche sulle problematiche esistenti nel mercato del lavoro di questi settori. Scopo di questo articolo è descrivere consistenza, composizione e caratteristiche di questi comparti occupazionali in alcuni paesi europei e come si sono evoluti nell’ultimo decennio. L’analisi condotta sui dati della European Labor Force Survey mostra il sottodimensionamento di questi settori in Italia rispetto ai principali paesi europei occidentali, con conseguenze sul basso tasso di occupazione totale e, in particolare, su quello femminile. Dal confronto internazionale emerge anche che il caso italiano si colloca spesso in posizione estrema per le caratteristiche socio-demografiche e le condizioni occupazionali della forza lavoro impiegata nei settori del welfare. Le evidenze presentate invitano ad attenta riflessione sul disegno delle future politiche di reclutamento nei settori considerati.
  • Cinema e migrazioni sono apparsi in Italia più o meno nello stesso periodo. Nei primi anni del Novecento schermi e pellicole si moltiplicavano nelle città e nei paesi, con visioni e sogni destinati sia all’aristocrazia intellettuale sia al popolo. Nel frattempo, l’emigrazione offriva altri sogni e visioni, ma solo in determinate aree della penisola, dove le condizioni di vita spingevano un numero crescente di persone a imbarcarsi per terre straniere e lontane, in cerca di pane e futuro. Da allora, storie e immagini di migranti hanno attraversato il cinema italiano in un rapporto spesso discontinuo, a volte controverso, ma sempre ricco. Tra cronaca e finzione, spunti di riflessione e magia dei fotogrammi, il volume percorre le tappe di questo rapporto, con una panoramica sui film italiani che hanno raccontato le migrazioni e i loro protagonisti. Dagli italiani in partenza di Pane e cioccolata e di Nuovomondo, agli esodi interni da Sud a Nord di Rocco e i suoi fratelli e di Napoletani a Milano, con un breve viaggio nella «migrazione da ridere» di tante commedie, da Alberto Sordi di Bello, onesto, emigrato Australia… a Paolo Villaggio di Sistemo l’America e torno. Per chiudere il cerchio con i titoli degli ultimi venti anni, che portano anche sul grande schermo la dilagante e problematica presenza di cittadini stranieri nel nostro paese. Loro come noi un secolo fa, costretti a lasciare la propria terra, in cerca di pane e futuro.
  • Questo volume non vuole e non può essere un trattato di sindacalismo a fumetti, né tantomeno la storia a fumetti della CGIL. È «solo» un omaggio, di alcune tra le più belle menti creative del panorama fumettistico italiano ad un’organizzazione che, attraverso l’impegno, l’idealismo, i sacrifici di milioni di persone, ha fatto, e continua a fare, la storia del nostro paese. Gli autori: Claudio Acciari, Alberto Arato, Stefano Babini, Sergio Badino, Bibì Bellini, Michele Benevento, Luca Bertelé, Massimo Bonfatti, Luca Boschi, Laura Braga, Diego Cajelli, Gianni Carino, Emilio Marco Catellani, Marco Cattaneo, Gianluca Costantini, Riccardo Crosa, Michele Dallorso, Aldo Di Gennaro, Luca Enoch, Davide Fabbri, Andrea Ferraris, Francesco Frongia, Cinzia Ghigliano, Vittorio Giardino, Gianfranco Goria, Ro Marcenaro, Giorgio Martignoni, Paolo Martinello, Sonia Matrone, Silvano Mezzavilla, Ivo Milazzo, Paolo Moisello, Andrea Montalbò, Luca Novelli, Giuseppe Palumbo, Stefano Palumbo, Vittorio Pavesio, Davide Reviati, Maurizio Ribichini, Roberto Ronchi, Andrea Rossetto, Pierpaolo Rovero, Fabio Sironi, Sergio Staino, Sergio Tisselli, Alessandro Toccaceli, Marco Tomatis, Alessandro Vitti. Nel volume è presente uno scritto di Tommaso Pincio.
  • Il Denaro, il Debito e la Doppia Crisi, spiegati ai nostri nipoti è l’ultimo libro di Luciano Gallino, pubblicato circa un mese prima della sua scomparsa a novembre dello scorso anno1. Il motto che Gallino ha posto in esergo al libro (riprendendolo da Rosa Luxemburg) è questo: «Dire ciò che è, rimane l’atto più rivoluzionario». «Ciò che è» Gallino vuole dirlo soprattutto ai giovani, rappresentati dai suoi nipoti, ai quali il libro è rivolto. E «ciò che è», nel mondo contemporaneo agli occhi di Gallino – non possiamo sorprendercene – ha i colori del grigio scuro, se non del nero. Però c’è anche quel che potrebbe essere e qui Gallino si sforza di vedere altri, più rasserenanti, colori; su di essi vuole attirare lo sguardo dei giovani. Questo indirizzamento dello sguardo verso nuovi orizzonti raggiungibili ha il valore di un messaggio speciale (non direi testamento, e non solo perché la parola non è tra quelle che preferisco) da parte di uno studioso per molti versi unico. A quel messaggio è bene prestare tutta l’attenzione che merita. Queste note sono un tentativo di farlo.