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L’azione pubblica mostra scarsa attenzione alla questione abitativa; nel nostro paese le politiche per la casa sono insufficienti e gli alloggi di edilizia residenziale pubblica sono pochi rispetto alla domanda. Non di rado le famiglie in condizione di sofferenza socio-economica mettono in atto strategie informali sostitutive. L’occupazione degli alloggi popolari è un esempio. Per comprendere più da vicino questo fenomeno è stato realizzato uno studio di caso all’interno di un quartiere di edilizia residenziale pubblica, collocato nella periferia est di Roma: il Quarticciolo. In questo contesto nasce il «Comitato di quartiere Quarticciolo», un’esperienza di organizzazione di base volte a ricostruire legami sociali e mettere in campo azioni di solidarietà e mutualismo. Lo studio analizza le caratteristiche peculiari del Comitato, il protagonismo del soggetto femminile e delle strutture di base come la Palestra popolare, il tipo di influenza che le spinte dal basso provano ad esercitare sui policy maker.
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Negli ultimi decenni, la solidarietà organizzata ha contribuito ad ampliare i confini dell’inclusione sociale e della personalizzazione delle azioni di sostegno. Ciò è avvenuto in dialettica con attori come lo Stato e il mercato. Il contributo offre un’analisi delle trasformazioni dell’agire solidale, utilizzando ricerche sul volontariato condotte negli ultimi anni, in alcuni contesti meridionali e in quello nazionale; evidenzia alcune criticità della solidarietà organizzata odierna; si interroga sui rapporti che le organizzazioni hanno tra loro e con gli attori pubblici.
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Negli ultimi anni il tema della tutela ambientale è stato al centro nel dibattito politico nazionale e internazionale. Vi sono oggi regolamentazioni precise per fronteggiare i cambiamenti climatici, in un’ottica di trasformazione dei sistemi di produzione dell’energia, di salvaguardia del territorio e di sensibilizzazione della popolazione. Ed è in questo contesto che si osserva lo sviluppo di movimenti impegnati nella cura e protezione dell’ambiente: a livello locale, si tratta di associazioni e di comitati di quartiere sempre più attivi e sensibili a questa tematica. Un fenomeno interessante, perché si inserisce in un clima sociale e politico del tutto particolare, tra una società sempre più «individualizzata» (Bauman, 2001) e un sistema politico incapace di ridurre la distanza tra cittadini e istituzioni. Di qui l’emergere di un rinnovato senso comunitario, che cerca di opporsi al logoramento dei legami sociali attraverso nuove forme di impegno dei cittadini. Questo articolo si propone descrivere queste nuove forme di partecipazione orientate alla cura e alla protezione dell’ambiente; lo scopo è quello di riflettere sul loro modus operandi, di far emergere la loro capacità di promuovere la coesione sociale, nonché di ridisegnare il rapporto tra istituzioni e cittadini, compensando le carenze dell’intervento pubblico con la creazione di nuovi legami e reti di cooperazione a livello locale.
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La crisi del dispositivo della cittadinanza, in corso da alcune decadi, è indiscutibilmente connessa all’indebolimento dei legami sociali che si registra da tempo con preoccupazione, e ne costituisce anzi un fattore rilevante. D’altro canto, proprio a seguito di questa crisi sono in corso profondi, per quanto incerti, processi di trasformazione della cittadinanza stessa che hanno luogo in diverse dimensioni e contesti. Una di queste dimensioni è quella urbana, dove è anzitutto la residenza a costituire una base della sua ridefinizione e dove emergono pratiche di cittadinanza non previste, ma che concorrono a costruire o ricostruire legami sociali. Per approfondire la osservazione di queste trasformazioni e la loro connessione con il tema dei legami sociali vengono utilizzati gli articoli che la rubrica del quotidiano «la Repubblica» intitolata «La città che resiste» ha dedicato nel 2019 alle iniziative di reazione all’abbandono della città. L’analisi riguarda sia le iniziative dei cittadini che la loro rappresentazione da parte del quotidiano.
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Per un complesso di motivi, le relazioni interpersonali possono logorarsi o collassare. Causa frequente è l’aumento delle diseguaglianze. Nelle società disuguali gli individui hanno condizioni di lavoro, redditi, stili di vita, alloggi, gusti e consumi diversi. Anche la mobilità geografica e sociale impoverisce i legami di altruismo e solidarietà non consentendo alle persone di vivere l’una accanto all’altra il tempo necessario perché quelle disposizioni maturino. Così anche le trasformazioni del mondo del lavoro e dell’economia, che agiscono sia sulla «distanza dalle necessità» sia differenziando luoghi, tempi di vita, occasioni d’incontro, pratiche di consumo, opinioni politiche, che contribuiscono ad accrescere le disomogeneità e le «smagliature» del tessuto sociale. Altri due motivi sono causa di rarefazione e logoramento dei legami sociali: il problema delle generazioni e la crisi del mondo giovanile (crescita delle povertà materiali, prolungamento dell’accesso all’indipendenza economica, alle scelte di vita, alla riproduzione) e la crescita delle forme di solitudine e isolamento.
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Pubblichiamo lo scambio di riflessioni tra Adolfo Pepe e Iginio Ariemma sui Diari e sugli spunti in essi contenuti, non solo sul pensiero di Trentin, ma anche sulle importanti chiavi di lettura che, da questo suo sofferto testo, aprono un inedito e interessante squarcio su quel passaggio storico decisivo che si snoda a cavallo dei primi anni Novanta. Con questa occasione intendiamo rendere omaggio all’appassionato e criticamente ineccepibile lavoro che Iginio Ariemma ha dedicato alla figura e agli scritti di Bruno Trentin. Come è possibile leggere da questo scambio, che è tra le ultime occasioni di una lunga e comune riflessione sulla storia e sull’attualità del mondo del lavoro e della sinistra politica in Italia, emerge la lucidità del pensiero di Ariemma, un uomo e un dirigente politico che ha saputo mantenere viva l’attenzione per il movimento sindacale e per i problemi collegati alle trasformazioni del lavoro. Ed è da questa sintonia che è nata una comunanza di studio e di riflessione, animate dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio, tra Iginio Ariemma, Adolfo Pepe, Carlo Ghezzi e in generale i giovani studiosi che hanno avuto la possibilità di arricchire il loro percorso intellettuale e di ricerca.
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Il pubblico impiego rappresenta una caso di studio particolarmente interessante perché è uno dei pochi settori in cui i sindacati mantengono una forte membership e sono in grado di contrastare le politiche di riforma del settore. In questo lavoro, dopo un inquadramento teorico e qualche cenno ai tentativi di riforma del governo Renzi, si presentano una serie di evidenze empiriche sulle trasformazioni socio-demografiche del pubblico impiego negli anni duemila, sulla sindacalizzazione, sul consenso elettorale nelle elezioni dei delegati sindacali, nonostante l’adozione di strategie contrattuali di tipo moderato. Nella parte conclusiva si descrive lo specifico modello di offerta sindacale dell’Italia, osservando che l’assetto confederale, pluralistico e multitasking di Cgil, Cisl e Uil costituiscono i fattori principali che ne spiegano il (relativo) successo.