• L’autore si riferisce al libro La città del lavoro di Bruno Trentin per individuare almeno tre temi centrali della sua lezione. Il primo tema è quello della indispensabilità di un rapporto fra cultura e azione politica e sindacale. Il secondo riguarda l’interpretazione del passato come un repertorio di possibilità e di alternative. Il terzo tema coincide con la visione di Trentin incentrata sui diritti e sull’uguaglianza delle opportunità per i lavoratori e le lavoratrici come persone, che contrasta con la tradizione di una cultura di sinistra orientata prevalentemente all’egualitarismo redistributivo dei risultati.
  • In questo saggio si percorre un terreno di confine, poco esplorato e spesso osteggiato dall’ufficialità sindacale e della sinistra, con l’intento di offrire nuove linee interpretative del «secolo del lavoro». Sfidando la tradizione di pensiero, economicistica e deterministica, che ha da sempre dominato tra i dirigenti e gli intellettuali del movimento operaio, si vuole qui aprire una riflessione e un confronto sulle idee, sui valori, sulle visioni del mondo che il mondo del lavoro ha espresso nel secolo industriale.
  • «La cultura operaia per me era espressione di certi personaggi che dopo erano le avanguardie sindacali, che partendo da umili origini intellettuali e professionali sono riusciti a elevarsi. E portavano questo bagaglio di conoscenze ed esperienze costantemente nei rapporti sia sociali sia con il sindacato […]. Adesso la cultura operaia? Mah, non so. Non esiste l’identificazione con la classe operaia. Diciamo che in una fabbrica come la mia c’è una permanenza di questo nelle persone della nostra età o più vecchie» (Chinello, 2002, pp. 43-44). ...
  • Rosanna, una bimba di tre anni, è il filo conduttore della storia di un clan familiare rom, fatto di personaggi straordinari, in prevalenza donne intrepide e appassionate segnate dall’esclusione e dalla presenza di un capo clan tragicamente dominante. Rosanna ci conduce tra i campi rom di Firenze, Roma e Torino. Scopriamo mondi altri, dove passato e futuro si annullano nel presente. Mondi fatti di suggestioni, di magia, di disperazione e... amore sublime. Per non dimenticare, la sezione del libro posta a premessa della peregrinazione di Rosanna, racconta la storia del Porrajmos, il genocidio del popolo rom nei campi di sterminio della Germania nazista e non solo.
  • Con questo contributo voglio focalizzare l’attenzione sulle condizioni di chi lavora nel sociale come il risultato di una dinamica che va al di là del perimetro di settore. Lavorare male con retribuzioni scarse e incerte è un dato di fatto per chi opera nel sociale. L’origine di queste condizioni è però da ricercarsi in primo luogo nella dominazione storicamente determinatasi della produzione sulla riproduzione e, in secondo luogo, nell’irriducibilità delle dimensioni etico-morali del lavoro sociale alla misura oraria del lavoro mercificato. Seguendo queste linee di ragionamento, a partire dai dati rileva-ti dall’autoinchiesta WhoCares, progetto riconducibile alla tradizione dell’inchiesta operaia e della sociologia pubblica, provo a tracciare le coordinate della relazione tra cura e lavoro sociale. Grazie ai dati rilevati con l’inchiesta, da un lato evidenzio come il regime lavorativo per chi opera nel sociale finisca per esporre i lavoratori e le lavoratrici agli stessi ri-schi che col loro lavoro sono chiamati a ridurre; dall’altro, mi concentro sul fatto che anche riportando il lavoro sociale su un piano di sostenibilità, il riconoscimento non potrebbe che essere parziale. L’organizzazione dei servizi è parte del problema. La questione, cioè, non sta solo in una giusta retribuzione, ma va ridefinita a partire dalla centralità della cura intesa nel suo senso più ampio e come questa prende forma nei servizi socioassistenziali. Questo riguarda il lavoro sociale, ma a ben guardare ha a che fare con la sopravvivenza stessa.
  • I mutamenti dello scenario epidemiologico, demografico e sociale, in particolare la diffusione delle malattie croniche e l’allungamento della vita, richiedono una ridefinizione dei contesti di cura, specialmente nell’approccio alle malattie inguaribili. Il ricorso al domicilio, come luogo di cura nella cronicità, comporta l’implicazione dei pazienti e dei familiari nei percorsi di assistenza, il che rende necessario ricomporre il rapporto fra i saperi scientifici e i saperi esperienziali, fra le cure formali e le cure informali. Il lavoro di cura nella cronicità ha bisogno di una presa in carico forte che tenga conto della dimensione biopsicosociale della malattia, mentre i modelli organizzativi in sanità rimangono ancora fortemente ancorati a modelli d’intervento ospedalocentrici a discapito delle cure primarie. Questo disallineamento fra bisogni e cure offerte mette in sofferenza anche i professionisti dei servizi sanitari. Nel presente contributo viene riportata la storia di un modello innovativo di educazione terapeutica, mirato a cogliere le nuove esigenze di presa in carico dei pazienti più fragili denominato Family learning sociosanitario, ideato e sperimentato nella realtà marchigiana.
  • L’ultimo lavoro di Mimmo Carrieri (L’altalena della concertazione, Donzelli, 2008) si concentra in particolare nell’analisi puntuale e documentata dell’accordo del luglio 2007, del suo percorso accidentato e delle nuove potenzialità che ne potrebbero discendere per una ripresa, su nuove basi, di una politica di concertazione. La finalità immediata del libro è quella di inquadrare il nuovo accordo nell’evoluzione delle politiche concertative, di analizzarne sia i contenuti sia le procedure sia le logiche di azione dei diversi soggetti, ma nello stesso tempo si cerca di delineare...