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Un welfare per la piena occupazione
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Questa volta è differente? Automazione e lavoro nella quarta rivoluzione industriale
La digitalizzazione, la diffusione dei computer e dei robot e, ora, l’avvento dell’Intelligenza artificiale e di Internet delle cose stanno determinando importanti cambiamenti nella domanda di lavoro. Molti lavori stanno rapidamente svanendo in quanto automatizzati, e questa sostituzione riguarda non più solo quelli manuali, routinari e a bassa qualifica, ma sempre più attività con una importante componente cognitiva e che richiedono qualifiche medio-alte. In questo articolo esamino brevemente due diverse visioni: una che ritiene che siamo semplicemente in una fase di transizione e che, come nelle precedenti rivoluzioni industriali, alla fine il bilancio tra lavori distrutti e lavori creati sarà positivo sia nel numero sia, soprattutto, nella qualità. L’altra sostiene invece che le caratteristiche economiche delle tecnologie di questa rivoluzione industriale sono profondamente diverse da quelle delle precedenti e che il loro impatto sull’occupazione e sull’uguaglianza sociale rischia di essere complessivamente negativo.
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Il reddito di base come dividendo del capitale sociale e piattaforma di un’economia «plurale»
L’articolo discute l’ipotesi di un reddito di base – un trasferimento monetario individuale, universale e non-condizionato – in un orizzonte temporale di lungo periodo. Nelle sezioni 2 e 3 la proposta è difesa dalle due principali obiezioni che la riguardano: quella di violare il principio di reciprocità e quella di essere economicamente insostenibile. In risposta alla prima, il reddito di base è giustificato come uno strumento che distribuisce in modo equo i frutti di un patrimonio comune, costituito dal capitale sociale che ogni generazione eredita da quelle che l’hanno preceduta; per quanto riguarda la seconda, la risposta verte sulla convinzione che gli effetti di riduzione del tempo di lavoro – attesi e desiderati – non sono comunque tali da pregiudicare la base di prelievo dei trasferimenti. La sezione 4 è dedicata al collegamento della proposta con il tema della disoccupazione tecnologica e con la necessità/ opportunità di affrontarlo nella logica di un’economia plurale, della quale il reddito di base è una condizione di realizzazione.
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La parabola della Federazione unitaria Cgil-Cisl-Uil
Il saggio esamina la parabola della Federazione unitaria Cgil-Cisl-Uil, dalla costituzione nel 1972 alla rottura del 1984; tale vicenda storica è collocata all’interno della cornice economica globale, caratterizzata dalla crisi del capitalismo fordista, e all’interno del quadro politico italiano, segnato dalla debolezza delle diverse formule di governo (centro-sinistra, solidarietà nazionale, pentapartito). I principali avvenimenti che si susseguono – dagli accordi generali del 1975 alla linea dell’Eur del 1978, dalla vertenza alla Fiat del 1980 allo scontro sulla scala mobile nel 1984 – mostrano i meriti e i limiti di un progetto sindacale e politico che non ha rappresentato una mera parentesi nella storia nazionale ma un’esperienza significativa, piena di insegnamenti anche per il presente e per il futuro.
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Il sindacalismo di base e il sindacalismo autonomo di fronte alla Federazione unitaria. 1979-1984
Il saggio analizza il ruolo svolto dal sindacalismo non confederale a partire dagli anni sessanta sino alla prima metà degli anni ottanta. In particolare l’autore esamina l’evoluzione storica e le caratteristiche di queste forme di rappresentanza del lavoro nel quadro dei cambiamenti che in questa fase investono il paese da un punto di vista politico, economico e sociale, e che aprono a un maggiore pluralismo in campo sindacale dando vita a forme organizzative e istanze rivendicative che pongono in discussione la legittimità delle tre principali confederazioni, oltre che della stessa Federazione unitaria.
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La stagione unitaria, dai documenti alle testimonianze. Interviste ai protagonisti
La parte relativa alle interviste di questa ricerca si è rivelata una sorta di rafforzamento di quanto si andava trovando nei documenti. Tuttavia, incontrare alcuni protagonisti di quella formidabile stagione ha reso tangibile quello che era stato il trasporto, il lavorio del confronto e dello scontro, nella necessaria discussione per arrivare a una sintesi politica. Attraverso le interviste la pretesa infatti non era tanto di far venire alla luce particolari novità o informazioni inedite, quanto di rendere viva una stagione: Vanni, Ceremigna, Benvenuto, Roscani, Macaluso, Gabaglio, Carniti, ciascuno con la propria testimonianza è riuscito a raccontare come gli anni della Federazione unitaria siano stati di svolta, di crescita, di progresso della coscienza sindacale, sociale e politica.
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Industry 4.0 e la regolazione del lavoro
Le principali tecnologie di Industria 4.0, strettamente intrecciate con i modelli organizzativi della lean production, determinano conseguenze significative sul lavoro in termini di esternalizzazioni, produttività, tempi e saturazioni, controlli sulle prestazioni lavorative, rapporto uomo-macchina. Il carattere non neutrale della tecnologia comporta l’esigenza di un’analisi critica del suo utilizzo, anche per consentire ai lavoratori di partecipare alla progettazione dei sistemi organizzativi e tecnologici.
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Strategia di partito e voto di classe: lo strano caso del Pd del 2018 «partito delle élite»
L’articolo presenta una riflessione teorica e un’analisi empirica (sulle elezioni politiche del 2018) sul rapporto tra classe sociale e voto, con particolare riferimento al Pd. Il declino del voto di classe in Europa occidentale negli ultimi decenni è stato spiegato da un lato in termini di cambiamenti sociali, dall’altro in termini di cambiamento delle strategie di partito. L’articolo si concentra su questo secondo aspetto. A una riflessione generale sul rapporto tra strategia di partito e classiche fratture sociali (e su come il contesto delle trasformazioni della nostra epoca ha limitato le possibilità strategiche dei partiti mainstream, con un dilemma chiave tra responsiveness e responsibility) ne segue una più specifica sulle scelte strategiche del Pd verso le elezioni del 2018, che conduce all’ipotesi che il profilo del voto di classe per il Pd si sia modificato tra 2013 e 2018. Il quesito viene testato empiricamente stimando modelli di regressione Ols e logistica di intenzioni di voto e preferenze partitiche in base a autopercezione di classe, livelli di istruzione e autopercezione degli standard di vita, sui dati di una survey Cawi condotta dal Cise nel febbraio 2018. I risultati della analisi confermano l’ipotesi, e mostrano come il voto al Pd nel 2018 si sia confinato – con effetti statisticamente significativi – alle classi che si autopercepiscono come più alte, e non in termini di istruzione, ma in termini di standard di vita.
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La frattura economica e la frattura territoriale nelle elezioni del 2018
Le elezioni politiche 2018 in Italia hanno confermato la radicalizzazione delle motivazioni economiche del voto che già si poteva osservare nelle ultime tre elezioni nazionali. Inoltre, si è verificata una divaricazione delle preferenze politiche a base territoriale (Nord, Sud): anche in questo caso non si tratta di una novità assoluta nella geografia elettorale italiana, tuttavia la divisione bipolare Nord/Sud non si era mai tanto acuita come nelle ultime tornate elettorali, sovrapponendosi alla ragioni economiche del voto nel ridisegnare una inedita frattura economico-territoriale del paese. L’articolo esplora le determinanti di questa doppia spaccatura, a partire dalla ri-mobilitazione del voto meridionale e dalle variabili socio-economiche che più influiscono nella concentrazione territoriale del voto. Infine, l’attenzione viene portata su di alcuni aspetti caratteristici del rapporto partiti-elettori nel Meridione, per suggerire come la saldatura inedita della frattura economica con quella territoriale trovi una sua possibile spiegazione in una delle conseguenze della crisi del debito pubblico, ovvero nello spiazzamento dei ceti medi meridionali specializzati nella intermediazione dal centro in periferia dei flussi finanziari e dei consensi politici.
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Marx, la quinta onda di Kondratieff e la disoccupazione tecnologica
L’articolo delinea l’impatto della quinta onda di Kondratieff sul mercato del lavoro e sulla sostenibilità dei sistemi di welfare-state. Partendo dalla teoria marxiana del progresso tecnico, l’articolo analizza le conseguenze della recente rivoluzione tecnologica sul capitale e sul lavoro, e l’impatto sulle diseguaglianze sociali. Le evidenze empiriche discusse nell’articolo suggeriscono che la quinta onda di Kondratieff ha avuto un impatto negativo sulla domanda di lavoro e sul salario, e ha incrementato la mobilità globale del capitale. Entrambe le dinamiche hanno acuito la crisi fiscale dello Stato nelle economie avanzate. Di conseguenza, queste trasformazioni minacciano la sostenibilità dei sistemi di welfare e rafforzano la crescita delle diseguaglianze. Se l’attuale dinamica dell’innovazione tecnologica dovesse continuare ad acuire le diseguaglianze sociali, potrebbe essere a rischio la coesione sociale nei paesi avanzati e destabilizzarne i sistemi democratici.
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Promuovere la solidarietà di classe in tempi difficili: il ruolo dei sindacati nel contesto dell’avanzata dei partiti della destra radicale populista
La ricerca elettorale indica che i partiti della destra radicale sono riusciti a ottenere un consenso significativo fra i lavoratori. Si tratta di un segnale allarmante per il movimento sindacale, perché la destra radicale è stata il suo nemico peggiore nella storia e la sua agenda politica è ancora diametralmente opposta a quella del movimento sindacale. In questo articolo si sostiene che i sindacati svolgano un ruolo importante nel controbilanciare l’influenza dei partiti della destra radicale tra i lavoratori. Nel promuovere un messaggio di solidarietà di classe tra i lavoratori, i sindacati rappresentano la forza più importante che possa allontanare lavoratrici e lavoratori dal messaggio dei partiti della destra radicale populista. Analizzando i risultati elettorali dal 2009 al 2015 in undici paesi dell’Europa occidentale, l’articolo dimostra come le probabilità che gli iscritti ai sindacati divengano sostenitori della destra radicale siano significativamente inferiori rispetto a quelle di un campione comparabile di persone non iscritte ai sindacati.
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I sindacati come agenti di socializzazione politica? Orientamenti ideologici e comportamenti di voto dei lavoratori sindacalizzati in Italia
I sindacati possono contribuire alla formazione degli orientamenti ideologici e delle preferenze politiche dei loro associati? Questo tema non è mai stato esaminato nel nostro paese con l’utilizzo di dati di sondaggio concernenti l’intero universo dei cittadini elettori. Il presente articolo è un piccolo contributo mirante a colmare la carenza di studi sull’argomento. La rilevazione empirica è stata effettuata con l’esame degli orientamenti politici e dei comportamenti di voto degli iscritti ai sindacati italiani utilizzando i dati ricavati da tre round delle survey biennali promosse dal consorzio inter-universitario European Social Survey (Ess), con riferimento agli anni 2001, 2006 e 2013, gli unici finora disponibili relativamente al caso italiano. In particolare sono stati esaminati gli orientamenti della membership sindacale nei confronti della democrazia e delle istituzioni democratiche. È stato, poi, controllato il grado di fiducia che gli iscritti ai sindacati ripongono nei confronti del ceto politico e dei partiti italiani; e quanto interesse mostrano nei confronti della politica. Abbiamo, inoltre, interrogato i sindacalizzati sul tema sensibile della immigrazione. In ultimo, abbiamo affrontato l’esame della autocollocazione politica e dei comportamenti di voto dei lavoratori sindacalizzati. In una sezione conclusiva sono state tirate le somme sui risultati emersi dall’analisi.
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