• Ispirata al duplice obiettivo di favorire l’interdipendenza economica e promuovere la stabilizzazione sociale, negli anni fra le due guerre l’Organizzazione Internazionale del Lavoro elaborò una propria posizione sui problemi della cooperazione economica europea. Una posizione che le esperienze della crisi e della guerra contribuirono poi a definire, e che alla fine del conflitto apparve perfettamente in linea con gli obiettivi d’integrazione del vecchio continente sostenuti dagli Stati Uniti e con i principi di collaborazione di classe a questi regolarmente affiancati. Tale sintonia, assieme alle sue solide competenze sui temi sociali e del lavoro, fu alla base della collaborazione dell’OIL con gli organismi di cooperazione economica creati in Europa Occidentale a partire dal 1948, come l’OECE, la CECA e la CEE, alla cui attività essa diede un prezioso contributo. Un contributo che si sostanziò sia in un’intensa azione di assistenza tecnica, mirata innanzitutto a promuovere la mobilità della manodopera a livello continentale, sia in un vero e proprio sostegno teorico alle concezioni generali che ispirarono i primi passi del processo d’integrazione, i cui tratti generali caratterizzano tutt’oggi l’assetto socio-economico europeo.
  • Perché gli uomini pagano per il sesso? Il mercato del sesso del nuovo millennio rivela l’esistenza di una domanda crescente, formata da numeri impressionanti di uomini in tutti i paesi occidentali. Colpire questa domanda per contrastare la proliferazione dei mercati sessuali è oggi, dopo secoli di silenzio e di rimozione della responsabilità dei clienti, l’idea guida dell’intervento pubblico anti-prostituzione. Ma gli scandali sessuali che hanno riguardato uomini di potere, come Silvio Berlusconi e Dominique Strauss-Kahn, mostrano che le pratiche maschili di scambio sesso-denaro arrivano a insinuarsi anche nelle stanze della politica. Questo libro è un percorso di esplorazione nel territorio pieno di ombre e di silenzi degli uomini che pagano le donne, fino ad oggi in Italia poco studiati e meno ancora compresi. Analizzando e criticando gli approcci che fanno del sesso a pagamento una patologia di pochi, offre invece uno sguardo ampio sulla cultura contemporanea, che, in ambiti sempre più estesi del vivere, produce la commercializzazione della vita intima e della sessualità. E in questa cultura il libro cerca le radici di potere e impotenza maschile, desiderio e repulsione verso la prostituzione, apertura di spazi virtuali e vessazione delle sex worker migranti. Il cliente emerge così come la figura maschile che interpreta nei suoi esiti più radicali e contraddittori l’ingiunzione contemporanea al consumo sessuale.
  • Questo romanzo è un piccolo capolavoro fuori dagli schemi abituali della narrativa. Intanto perché ha una sua storia nella storia. L’autore, noto giornalista e storico dei comunismi, l’aveva scritto nel 1998. Un apologo morale, portato a termine tra un saggio storico e l’altro, rimasto a lungo «imprigionato» nella memoria di un hard disk da dove è riemerso solo dopo la morte del suo autore, avvenuta nei primi giorni del 2011, grazie all’amore della sua donna. È un originale racconto, non privo d’ironia, che parla dei protagonisti della battaglia culturale dei comunisti italiani, delle loro illusioni, delle loro speranze mal riposte, della loro fiducia nella cultura e nell’uomo, e della loro «Waterloo». Eppure – è la conclusione del romanzo – non tutto questo retaggio va cancellato. Il passato non può essere messo da parte se si vuole costruire un futuro perché, come insegna la talpa della storia, è scavando «nel passato e nel presente, anche nei giorni e nei luoghi delle sconfitte e dei crolli» che si possono porre le premesse per la storia a venire.
  • Il libro prende in esame l’azione politica delle donne comuniste, all’interno del PCI e dell’UDI, dal 1944 al 1956, in uno dei territori più «fascistizzati» d’Italia: la provincia di Latina. Rileggendo la Resistenza pontina come «Resistenza impossibile», l’autrice ripercorre in tre capitoli la difficile strutturazione del «partito nuovo» nell’area pontina, mettendo in luce, di conseguenza, le motivazioni della mancata realizzazione del «partito nuovo» al femminile nel territorio. La storia parallela dei due generi, maschile e femminile, all’interno del PCI, spesso conflittuale, rivela l’ancestrale maschilismo dei compagni del partito, che non facilita l’ingresso delle donne nella politica. Di qui si snoda il complesso rapporto tra UDI e PCI e il problema della doppia militanza femminile. Muovendosi tra la «tradizionale» storia politica e la storia di genere, l’autrice svela una microstoria che ricalca i temi della storia politica nazionale.
  • Contromano

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    Sul filo della memoria, Marco Calamai scava nella sua infanzia e adolescenza in Italia e nella Spagna franchista, segnate dal contrasto sofferto tra identità diverse. Suo padre, ufficiale di Marina, spesso assente, ha delegato alla madre, nobildonna spagnola, l’educazione dei figli in coerenza con il cattolicesimo integralista tipico della destra franchista. Lentamente l’autore si avvicina ai valori della democrazia e della giustizia sociale. Nel 1968 Bruno Trentin gli propone di entrare nella Fiom. Una svolta decisiva per la sua vita. Si sviluppa un’intensa esperienza politica e umana ricordata con passione. Marco Calamai diviene l’uomo ponte tra la Cgil e le Commissioni operaie, un movimento «socio-politico» che apre spazi di libertà sotto il regime di Franco. Nel 1976 entra a «Rinascita», dove resta tre anni scrivendo su questioni internazionali e incontrando personaggi di primo piano della sinistra europea. Emarginato dal Pci per via delle sue critiche al socialismo sovietico e alla inadeguata evoluzione dei partiti comunisti occidentali, torna in Cgil e si allontana in silenzio dal partito. Passaggi ricordati con episodi singolari e vissuti in prima persona. Gli ultimi anni raccontati nel libro si soffermano sul «ruolo cruciale» della classe operaia nella lotta per la libertà dalla Spagna franchista al Cile di Pinochet, dal Brasile dei militari alla Polonia comunista.
  • Gabriele Polo, taccuino in mano e occhio allenato alla realtà dei fatti, tra il giugno e il novembre del 2012 fa un viaggio nell’Italia del lavoro per il quotidiano di cui è stato anche direttore, il manifesto, proprio mentre il tarlo della crisi sta erodendo il tessuto economico e sociale del paese. Va nella Torino orfana «non dichiarata» della Fiat, visita i luoghi della ex locomotiva produttiva del Nord-Est con i suoi distretti in rapida trasformazione, referta le crisi d’identità delle province lombarde e la mutazione genetica delle cooperative emiliane, esplora infine le «difficili continuità» di un Sud sempre in bilico tra sviluppo e regressione. Ma racconta soprattutto storie di donne e uomini al lavoro, o da questo espulsi, che provano a resistere, a volte anche a immaginare un futuro positivo che possa offrire nuove occasioni. Lavoratori più o meno «garantiti» o «invisibili» nelle cui esperienze, percezioni e azioni, il bisogno si mescola con l’identità. Oggi la memoria del suo viaggio è raccolta in questo libro, ed è il ritratto impietoso del paese visto nelle terre del benessere economico ora in declino, lacerate in profondità dal trionfo del liberismo in economia e del berlusconismo in politica; di un paese che nel celebrare i suoi 150 anni ha visto, in questa drammatica congiuntura politico-economica, riaffiorare tutti i nodi irrisolti della sua storia.
  • Il «ponte» è quella struttura architettonica che collega due sponde opposte, pressoché parallele, destinate a non incontrarsi mai. Ebbene, la politica somiglia ad un ponte, che mette in relazione le persone, chi governa e i cittadini, il potere e i popoli; e i ponti vanno salvaguardati, per evitarne il crollo, perché, una volta distrutti, tutto diventa molto più difficile. Questo libro nasce come tentativo di salvaguardare dei ponti e costruirne, se possibile, di nuovi. La «cultura politica», componente non particolarmente ampia ma di straordinario significato della Cultura Generale, è da tempo irrimediabilmente defunta. La cultura, per poter estendere i propri benèfici effetti, abbisogna di diverse virtù – tra le quali memorie, sedimenti, riflessioni. Virtù non coltivate da tempo, ed anzi da tempo osteggiate e negate. Ma se la cultura politica si è fatalmente liquefatta e quella generale è in gravi condizioni, da dove ha origine la malattia, la metastasi? Si ritorna così al problema della cultura politica e della sua rifondazione. In piccolo – molto in piccolo, ma con onestà di intenti – abbiamo cercato qualche inizio di riflessione e qualche tentativo di risposta. Lo abbiamo fatto immaginando il territorio – questo luogo dove le persone coabitano, intersecano le proprie vite, esprimono sentimenti, speranze e illusioni – come il luogo di partenza di una possibile nuova cultura politica. Con l’idea che per questo si debba ripartire dal basso, dal verificabile e dal controllabile, assegnando un ruolo centrale al «fare» delle istituzioni e dei governi locali. Un’ipotesi sulla quale abbiamo chiamato a discutere testimoni degli ambiti più direttamente coinvolti in questo processo, e più interessati a un rilancio dei contenuti etici della politica: quelli del lavoro, delle istituzioni locali e dell’università. Il nostro auspicio – ma giudicherà il lettore – è che questi materiali, così eterogenei ma così liberi, e pur partendo dal piccolo e dal basso, possano dare qualche slancio creativo a questo urgente processo di rinnovamento della cultura politica. Gigi Falossi
  • Il 13 ottobre 2014 il libro di Luca Mariani vince il premio Matteotti promosso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Ecco le motivazioni. "Luca Mariani ha ricostruito il contesto e il contenuto della strage di giovani laburisti europei perpetrata da Anders Behring Breivik il 22 luglio del 2011. Un massacro, che Mariani in questo volume ricostruisce, mettendo a fuoco la precisione feroce con cui l'assassino ha scelto le sue giovani vittime, e apre uno squarcio su un episodio che ha trovato qualche impunito estimatore in una Europa oscura, minoritaria e violenta. Su queste correnti e idee Mariani fa luce, mostrando con il rigore della sua inchiesta la qualita' di vigilanza richiesta alle coscienze democratiche che hanno unificato e pacificato il continente, nel segno di una fratellanza europea la cui difesa dal fanatismo e' il fondo di questa analisi, meritando il premio Matteotti". Norvegia, 22 luglio 2011, Anders Behring Breivik scatena l’inferno. Otto morti con un’autobomba a Oslo e 69 ragazzi laburisti uccisi uno a uno nell’isola di Utøya, il ‘paradiso nordico’ da decenni sede di campeggi estivi dei socialisti di tutto il mondo. L’assassino, vestito da poliziotto, è spietato: «Venite, sono qui per proteggervi». E poi uccide. È la caccia all’uomo più efferata nell’Europa occidentale dai tempi della seconda guerra mondiale. Un’azione studiata per anni nei minimi dettagli. L’obiettivo? Distruggere il Partito Laburista alla radice. Le motivazioni? L’odio contro gli immigrati e contro la politica multiculturalista. Gli effetti? Nei media prima si avvalora a gran voce la pista islamica. Poi, quando emergono i fatti, gradualmente cala il silenzio sui giovani laburisti giustiziati per le loro idee. In Italia la strage cade presto nel dimenticatoio. ‘Il Giornale’ titola: «Quei giovani incapaci di reagire». Alla Camera solo un breve dibattito: i deputati riescono nell’impresa di non pronunciare mai in aula le parole ‘socialista’ o ‘laburista’. Breivik, dichiarato sano di mente, è finora l’unico condannato. Ma quali furono i suoi contatti? Come si procurò armi ed esplosivo? C’è in Europa una rete di estrema destra nazionalista, violenta e xenofoba? Come agisce? Chi la sostiene, chi la finanzia? E gli uomini arrestati in Polonia e in Gran Bretagna ebbero contatti con il killer? In Italia il pluriomicida ha degli estimatori: il leghista Mario Borghezio definisce «in qualche caso ottime» le sue idee. Il libro si addentra nel mondo di chi vuole che gli immigrati tornino a casa loro. A qualsiasi costo...
  • La grande manifestazione a Barcellona per l’indipendenza del l’11 settembre 2012 rappresenta uno spartiacque nella relazione tra la Catalogna e la Spagna. Un evento che segna l’avvio di un processo democratico e pacifico che mette in discussione l’attuale assetto statuale e fa i conti non solo con una forte e antica identità culturale, ma anche con la drammaticità della crisi economica, la qualità del modello sociale, la dimensione europea. Attraverso una serie di interviste a rappresentanti catalani del mondo della cultura, della politica, dell’associazionismo, delle istituzioni, e all’indomani delle elezioni catalane, emergono i desideri, le speranze, i dubbi, le preoccupazioni di un popolo che si sente nazione e che aspira a ridefinirsi nel rapporto con la Spagna e col resto d’Europa. L’autrice intervista Muriel Casals, Joan Carles Gallego, David Garrofé, Jordi Giró, Oriol Homs, Francesc Morata, Montserrat Tura.
  • Il teatro contemporaneo non è soltanto il prodotto della millenaria storia del teatro, ma è anche l’espressione di una società che, grazie alle nuove tecnologie, si teatralizza in tutte le sue manifestazioni. In questo volume, dopo un accurato percorso dalle origi ni fino alle soglie del secolo passato, l’autore intraprende il viaggio nella storia contemporanea del teatro fino a quello più recente, con un corposo spaccato sulla scena italiana e un quadro aggiornato delle ultime tendenze. Un’attenzione particolare è riservata all’aspetto sociale di quest’arte, alle dispute politiche tra le varie correnti, alle polemiche religiose e alle questioni economiche che ne hanno talvolta segnato il destino. Il lettore, soprattutto quel lo non abituato a frequentare i teatri, potrà avvalersi così di una piccola guida in grado di orientarlo nelle sue scelte critiche, fornendogli strumenti indispensabili, una buona dose di informazioni e stimoli per intraprendere e sviluppare la propria esperienza teatrale.
  • Gli accordi transnazionali di gruppo (TCA nell’acronimo inglese) sono oggi considerati come una delle forme più interessanti e promettenti di quel difficile, e per alcuni aspetti controverso, processo che va sotto il nome di internazionalizzazione o europeizzazione delle relazioni industriali. Una nuova prassi sociale, in grado di istituire inediti spazi negoziali a livello sovranazionale, dinanzi al clamoroso gap di governance che oggi si apre fra il carattere sempre più globale e svincolato dell’economia e la natura sostanzialmente territorializzata dell’azione sindacale. Di questi testi se ne contano oggi 225, per un totale di 150 imprese e un numero complessivo di addetti interessati stimato in oltre 10 milioni. Il loro ambito applicativo varia tra scala internazionale ed europea; il loro contenuto spazia fra l’affermazione del valore e del rispetto di alcuni principi e diritti fondamentali, fino all’assunzione di impegni più circostanziati e vincolanti, come in alcuni accordi – più comuni del settore auto – che trattano di ristrutturazioni. In assenza di norme internazionali specifiche a cui richiamarsi, i TCA rappresentano una sottospecie di quegli accordi “liberi” o autonomi previsti dal diritto europeo, la cui implementazione rinvia “alle procedure e alle prassi specifiche degli stati membri”. Una forma di soft law che, se da un lato ha consentito il superamento dell’ostilità del mondo datoriale (ma anche di una parte del sindacalismo europeo) verso accordi collettivi sovranazionali più formalizzati, dall’altro rivela i limiti in cui un tale “volontarismo” inevitabilmente incorre in termini di effettività e uniformità in fase di trasposizione, oltre che di esigibilità e trasparenza, del processo negoziale. Questo volume, che scaturisce da un progetto europeo di ricerca (EUROACTA) promosso e coordinato dall’IRES- Cgil in partenariato con istituti accademici e sindacali di 7 diversi paesi, raccoglie i contributi di alcuni fra i maggiori esperti di questa materia. Grazie ad essi si va da una concettualizzazione socio-giuridica di questi accordi, a una loro mappatura tipologica; li si legge in rapporto al diritto sociale europeo e a quello delle relazioni industriali nazionali; se ne confrontano i contenuti e, in un paio di casi (Volkswagen e ArcelorMittal), se ne indaga l’effettiva implementazione, vagliandone empiricamente la tenuta in una fase di crisi acuta come l’attuale. Ci si interroga soprattutto su quali possano essere i modi per favorire una maggiore estensione ed effettività dei TCA, secondo le fonti e la strumentazione regolativa offerte dal diritto dell’Unione. Un contributo particolarmente utile per quanti, mossi da interessi di studio e/o dall’impegno diretto nella pratica del confronto negoziale, fanno oggi i conti con la globalizzazione e coi suoi insidiosi riflessi sul terreno dei diritti sociali e delle pratiche collettive.
  • La crisi, eccezionalmente lunga e profonda, cambia i paradigmi stessi dell’attuale modello di sviluppo, con riflessi ancora più pesanti per un paese come l’Italia, caratterizzato da specifici e gravi problemi nella struttura economica, produttiva e sociale. Di fronte a ciò la CGIL ha avvertito l’esigenza di un Piano del Lavoro, a cui il Forum dell’Economia della CGIL (un gruppo di economisti, ricercatori e sindacalisti che intende rendere permanente e fruibile per la Confederazione una discussione plurale sugli avvenimenti dell’economia e del lavoro) ha pensato di contribuire con una estesa e innovativa riflessione collettiva volta a promuovere una nuova «Grande trasformazione». • Da questa scelta nasce il Libro bianco per il Piano del Lavoro, un testo articolato in tre parti: una prima contiene contributi di analisi generale sulla crisi, le sue origini e cause, le proposte e le innovazioni necessarie per riorganizzare il modello di sviluppo, per contrastare la depressione e per promuovere la creazione di lavoro; una seconda approfondisce, per progetti e filiere, le esigenze del «sistema Italia» e indica percorsi di intervento per le politiche future; una terza presenta una «simulazione di impatto macroeconomico», con il merito, in particolare, di evidenziare che esistono alternative efficaci e praticabili alle politiche imposte da un pensiero e da interessi ormai inadeguati ad affrontare la crisi, ma ancora prevalenti nel «senso comune», economico e politico. • Ne è risultato un testo rigoroso, stimolante, non conformista, perché, citando Keynes, si sente «la necessità di una nuova saggezza per una nuova era, nella quale dobbiamo apparire disubbidienti, pericolosi a quelli che ci hanno preceduto». Le autrici e gli autori: Silvano Andriani; Cristiano Antonelli; Teresa Barbieri; Patrizio Bianchi; Paolo Borioni; Rita Borioni; Amaía Buján Otero; Nicola Cacace; Susanna Camusso; Mimmo Carrieri; Giovanni Caudo; Daniele Checchi; Andrea Ciarini; Lorenzo Ciccarese; Massimiliano D’Alessio; Fabrizio Dacrema; Paolo De Ioanna; Claudio Falasca; Fausto Felli; Ermanno Felli; Sergio Ferrari; Maurizio Franzini; Petya G. Garalova; Gianni Geroldi; Marco Gozzelino; Elena Granaglia; Paolo Leon; Salvo Leonardi; Stefano Lucarelli; Carlo Milani; Giacinto Militello; Alessandro Montebugnoli; Simone Ombuen; Massimo Paci; Ruggero Palladini; Daniela Palma; Laura Pennacchi; Davide Pettenella; Giuseppe Pisauro; Michele Raitano; Edoardo Reviglio; Gilberto Ricci; Roberto Romano; Lorenzo Sacconi; Riccardo Sanna; Oriella Savoldi; Annamaria Simonazzi; Walter Tocci; Leonello Tronti; Alessandra Untolini. Con il coordinamento del Dipartimento economico della CGIL.