• In questo saggio si percorre un terreno di confine, poco esplorato e spesso osteggiato dall’ufficialità sindacale e della sinistra, con l’intento di offrire nuove linee interpretative del «secolo del lavoro». Sfidando la tradizione di pensiero, economicistica e deterministica, che ha da sempre dominato tra i dirigenti e gli intellettuali del movimento operaio, si vuole qui aprire una riflessione e un confronto sulle idee, sui valori, sulle visioni del mondo che il mondo del lavoro ha espresso nel secolo industriale.
  • Mimmo Carrieri e Serafino Negrelli recensiscono il recento volume di Guido Baglioni, intitolato "L'accerchiamento" e dedicato ai temi della crisi sindacale nell'epoca della globalizzazione e del post-fordismo.
    • Dal mondo dei posti all’universo dei lavori
    • La digitalizzazione nei servizi
    • Il sindacalismo pubblico in tempi difficili
    • Il capitalismo della sorveglianza
  • Il saggio ripercorre gli studi di Aris Accornero sui rapporti di lavoro negli anni Cinquanta alla Fiat, sia gli scritti coevi stesi nel caldo delle polemiche politiche, sia le successive opere mature con le quali, a più riprese, è tornato su quel periodo, riproponendo la riflessione su materiali di ricerca allora prodotti, a dimostrazione di un interesse mai venuto meno. Al centro delle sue analisi sono le motivazioni degli attivisti, i limiti della loro azione, le caratteristiche della classe operaia, le cause della sconfitta subita dall’organizzazione dei lavoratori in quegli anni, in un approccio di critica militante alla ricerca dei limiti e delle potenzialità dell’azione sindacale.
  • L’articolo è dedicato a un periodo della vita di Aris Accornero, gli anni Cinquanta, in cui in Italia operava la Commissione Parlamentare di Inchiesta sulle Condizioni dei Lavoratori. Racconta dei costruttori, gli operai specializzati e qualificati che nel dopoguerra avevano contribuito a ricostruire le fabbriche e dell’avvento dei nuovi arrivati gli operai comuni, in gran parte immigrati. Da un lato il disincanto su un’idea di classe operaia composta da operai militanti, molti di loro qualificati, quelli delle sue prime esperienze politiche e sindacali, che si erano alimentati di momenti «eroici» della cultura di quegli anni. Dall’altro l’organizzazione scientifica del lavoro e il racconto dei nuovi operai, quelli del «compromesso fordista» (sicurezza in cambio di ubbidienza), che per le società occidentali ha corrisposto al periodo storico in cui si è creata maggiore ricchezza e insieme si sono riconosciuti nuovi diritti e abbassate le disuguaglianze all’interno di tali società.
  • Nel 1979-80 il Partito Comunista Italiano promosse un’ampia ricerca su orientamenti e atteggiamenti, politici e culturali, di operai occupati in 36 stabilimenti della Fiat, situati in diverse regioni italiane. Lo stesso avvenne, con un diverso questionario, per i lavoratori non manuali in 19 unità produttive. Torino e l’Italia vivevano allora un periodo turbolento, caratterizzato da disordini sociali ed eventi terroristici. I risultati della ricerca fecero molto scalpore nei media nazionali e internazionali. Essi permisero di descrivere una realtà, quella dei lavoratori dell’automobile, assai poco conosciuta e mal valutata. Essi anticiparono in qualche modo l’esito della vertenza tra sindacati e azienda nell’autunno 1980, che si concluse con un’azione collettiva di quadri e capi squadra (la cosiddetta «marcia dei quarantamila») e la sconfitta del sindacato metalmeccanico. Questo articolo descrive le operazioni di ricerca (popolazioni interessate, campionamento, modalità di distribuzione dei questionari, ecc.), le reazioni dei media, e i principali risultati della ricerca. Emerse una chiara differenziazione sociale, politica e morale dei lavoratori Fiat e il tramonto di una concezione tradizionale della classe operaia come soggetto sociale antagonista rispetto alla proprietà e al management della maggiore impresa industriale in Italia.
  • Il saggio ricostruisce il contesto e la committenza politica e culturale della ricerca di massa sui lavoratori Fiat, descrive le controversie suscitate, presenta il quadro di ricerche militanti di cui è stata parte e stimolo, offre una spiegazione del contesto avverso allo sviluppo di relazioni industriali e della particolarità del caso torinese dell’epoca, richiamando anche tesi di Aris Accornero.
  • L’articolo discute l’analisi di Aris Accornero su tre questioni presenti nei suoi scritti: la tutela nell’epoca dei lavori differenziati; la cooperazione, il conflitto e la partecipazione nella fase della produzione postfordista; l’unità sindacale nel periodo del tramonto delle tradizionali sicurezze sociali. Sulla tutela del lavoro Accornero sostiene la tesi che si debba passare da un tutela livellatrice ad una tutela basata su cornici normative più comprensive, differenziate e solide di quelle del passato. Sull’autonoma partecipazione dei lavoratori nelle imprese postfordiste Accornero osserva che essa sarà il risultato di un complesso e anche aspro processo di negoziazione e conflitto tra i diversi attori proprio perché la posta in gioco è il potere gestionale. Sulla disunione sindacale Accornero ritiene che sia stata generata da cause «interne» più che «esterne» al sindacato, le quali sono state a loro volta originate da eventi positivi più che negativi.
  • L’articolo presenta i principali risultati di una ricerca sulla contrattazione di secondo livello realizzata a Bologna nel triennio della ripresa economica, tra il 2015 e il 2017. Lo studio si basa sull’analisi di 150 contratti di natura acquisitiva e di alcune variabili economiche tratte dai bilanci aziendali delle imprese firmatarie. L’obiettivo della ricerca è stato quello di individuare possibili relazioni della contrattazione non solo con aspetti strutturali delle imprese firmatarie ma anche con variabili di performance economiche. Dalla ricerca emerge come il modello «classico» di contratto integrativo aziendale, mono o più spesso pluri-tematico, rinnovato ogni tre anni è stato progressivamente affiancato da un nuovo stile negoziale caratterizzato dalla presenza di un contratto «madre» da cui discendono una serie di accordi più piccoli, di natura gestionale, che disciplinano argomenti specifici. In seconda battuta, la ricerca evidenzia che la capacità dei contratti di includere più materie non si estende in modo lineare, ovvero con l’aggiunta di una materia alla volta, ma si caratterizza per «salti di qualità» contrattuale dove le materie più rare ed avanzate si presentano più frequentemente insieme e vengono gestite sinergicamente. Infine, struttura e performance aziendale sono correlate a caratteristiche contrattuali differenti: nelle imprese di maggiori dimensioni è più probabile trovare contratti più ricchi dal punto di vista delle materie e con tetti massimi del premio più elevati mentre affinché il premio di risultato esista assume maggiore importanza aver registrato buone performance economiche sul lungo periodo.
  • In questo lavoro sono analizzate le modalità di reclutamento e formazione dei dipendenti adottate all’interno delle piccole e medie imprese italiane. È evidenziato come tali attività siano realizzate seguendo un approccio soprattutto di tipo informale, contrariamente a quanto avviene nelle grandi imprese nelle quali il Management delle Risorse Umane si bassa su processi formali e sistematici.
  • A partire da un’analisi dei concetti di fondo e delle dinamiche socio-economiche ad essi collegati, questo lavoro prova a comprendere quali possano essere i nuovi strumenti che i sindacati dovrebbero mettere in campo per affrontare la sfida dei processi di ristrutturazione collegati alla cosiddetta rottura digitale (digital disruption). La rottura digitale è quel processo, indotto dall’innovazione digitale, di erosione di confini e approcci che in precedenza servivano da base per organizzare la produzione e l’acquisizione di valore (Karimi, Walter 2015; Weill, Rauch et al. 2016). La ristrutturazione continua indotta da tale impatto colpisce in modo sempre maggiore il settore dei servizi, a prescindere dal posizionamento all’interno della catena di valore globale di una determinata attività economica. Il lavoro si basa su oltre 50 interviste a dirigenti sindacali europei selezionati per la loro esperienza di ristrutturazioni digitali nel settore dei servizi. Sulla base di queste interviste abbiamo successivamente enucleato i fabbisogni formativi dei sindacalisti e le indicazioni di nuovi modelli di contrattazione sindacale sia nazionali che europei. Dalle interviste emerge infatti la necessità di aggiornare metodi e competenze per consentire ai rappresentanti dei diritti dei lavoratori di affrontare il carattere continuo della ristrutturazione digitale in una fase in cui, oltre alle tendenze di lungo periodo, occorrerà confrontarsi anche con l’accelerazione imposta ai processi di digitalizzazione dalle nuove modalità di approccio al lavoro che si stanno imponendo a seguito della pandemia di Sars-Cov-2.
  • Il pubblico impiego rappresenta una caso di studio particolarmente interessante perché è uno dei pochi settori in cui i sindacati mantengono una forte membership e sono in grado di contrastare le politiche di riforma del settore. In questo lavoro, dopo un inquadramento teorico e qualche cenno ai tentativi di riforma del governo Renzi, si presentano una serie di evidenze empiriche sulle trasformazioni socio-demografiche del pubblico impiego negli anni duemila, sulla sindacalizzazione, sul consenso elettorale nelle elezioni dei delegati sindacali, nonostante l’adozione di strategie contrattuali di tipo moderato. Nella parte conclusiva si descrive lo specifico modello di offerta sindacale dell’Italia, osservando che l’assetto confederale, pluralistico e multitasking di Cgil, Cisl e Uil costituiscono i fattori principali che ne spiegano il (relativo) successo.
  • Pubblichiamo lo scambio di riflessioni tra Adolfo Pepe e Iginio Ariemma sui Diari e sugli spunti in essi contenuti, non solo sul pensiero di Trentin, ma anche sulle importanti chiavi di lettura che, da questo suo sofferto testo, aprono un inedito e interessante squarcio su quel passaggio storico decisivo che si snoda a cavallo dei primi anni Novanta. Con questa occasione intendiamo rendere omaggio all’appassionato e criticamente ineccepibile lavoro che Iginio Ariemma ha dedicato alla figura e agli scritti di Bruno Trentin. Come è possibile leggere da questo scambio, che è tra le ultime occasioni di una lunga e comune riflessione sulla storia e sull’attualità del mondo del lavoro e della sinistra politica in Italia, emerge la lucidità del pensiero di Ariemma, un uomo e un dirigente politico che ha saputo mantenere viva l’attenzione per il movimento sindacale e per i problemi collegati alle trasformazioni del lavoro. Ed è da questa sintonia che è nata una comunanza di studio e di riflessione, animate dalla Fondazione Giuseppe Di Vittorio, tra Iginio Ariemma, Adolfo Pepe, Carlo Ghezzi e in generale i giovani studiosi che hanno avuto la possibilità di arricchire il loro percorso intellettuale e di ricerca.
  • Per un complesso di motivi, le relazioni interpersonali possono logorarsi o collassare. Causa frequente è l’aumento delle diseguaglianze. Nelle società disuguali gli individui hanno condizioni di lavoro, redditi, stili di vita, alloggi, gusti e consumi diversi. Anche la mobilità geografica e sociale impoverisce i legami di altruismo e solidarietà non consentendo alle persone di vivere l’una accanto all’altra il tempo necessario perché quelle disposizioni maturino. Così anche le trasformazioni del mondo del lavoro e dell’economia, che agiscono sia sulla «distanza dalle necessità» sia differenziando luoghi, tempi di vita, occasioni d’incontro, pratiche di consumo, opinioni politiche, che contribuiscono ad accrescere le disomogeneità e le «smagliature» del tessuto sociale. Altri due motivi sono causa di rarefazione e logoramento dei legami sociali: il problema delle generazioni e la crisi del mondo giovanile (crescita delle povertà materiali, prolungamento dell’accesso all’indipendenza economica, alle scelte di vita, alla riproduzione) e la crescita delle forme di solitudine e isolamento.
  • La crisi del dispositivo della cittadinanza, in corso da alcune decadi, è indiscutibilmente connessa all’indebolimento dei legami sociali che si registra da tempo con preoccupazione, e ne costituisce anzi un fattore rilevante. D’altro canto, proprio a seguito di questa crisi sono in corso profondi, per quanto incerti, processi di trasformazione della cittadinanza stessa che hanno luogo in diverse dimensioni e contesti. Una di queste dimensioni è quella urbana, dove è anzitutto la residenza a costituire una base della sua ridefinizione e dove emergono pratiche di cittadinanza non previste, ma che concorrono a costruire o ricostruire legami sociali. Per approfondire la osservazione di queste trasformazioni e la loro connessione con il tema dei legami sociali vengono utilizzati gli articoli che la rubrica del quotidiano «la Repubblica» intitolata «La città che resiste» ha dedicato nel 2019 alle iniziative di reazione all’abbandono della città. L’analisi riguarda sia le iniziative dei cittadini che la loro rappresentazione da parte del quotidiano.
  • Negli ultimi anni il tema della tutela ambientale è stato al centro nel dibattito politico nazionale e internazionale. Vi sono oggi regolamentazioni precise per fronteggiare i cambiamenti climatici, in un’ottica di trasformazione dei sistemi di produzione dell’energia, di salvaguardia del territorio e di sensibilizzazione della popolazione. Ed è in questo contesto che si osserva lo sviluppo di movimenti impegnati nella cura e protezione dell’ambiente: a livello locale, si tratta di associazioni e di comitati di quartiere sempre più attivi e sensibili a questa tematica. Un fenomeno interessante, perché si inserisce in un clima sociale e politico del tutto particolare, tra una società sempre più «individualizzata» (Bauman, 2001) e un sistema politico incapace di ridurre la distanza tra cittadini e istituzioni. Di qui l’emergere di un rinnovato senso comunitario, che cerca di opporsi al logoramento dei legami sociali attraverso nuove forme di impegno dei cittadini. Questo articolo si propone descrivere queste nuove forme di partecipazione orientate alla cura e alla protezione dell’ambiente; lo scopo è quello di riflettere sul loro modus operandi, di far emergere la loro capacità di promuovere la coesione sociale, nonché di ridisegnare il rapporto tra istituzioni e cittadini, compensando le carenze dell’intervento pubblico con la creazione di nuovi legami e reti di cooperazione a livello locale.