Rosso rosso
Dopo "Mannaggia la miseràa" e "Graziemila" si conclude con questo libro la trilogia sui lavoratori della Piana del Sele.
A cura di:
Giugno 2012
160 pag
ISBN: 88-230-1676-7
Collana: Carta bianca
lavoratori stagionaliletteraturaMezzogiornooperaisindacatoSud
Descrizione
Dopo il fortunato esordio narrativo Mannaggia la miserìa, che denunciava le condizioni di lavoro e di sfruttamento della comunità marocchina del ghetto di San Nicola Varco di Eboli molto prima dello sgombero, e il successivo Graziemila, che racconta dal di dentro i tormenti degli ottocento braccianti africani cacciati con violenza dalla polizia, Anselmo Botte chiude con Rosso rosso la sua trilogia nelle terre dove Levi scrisse il suo memoriale civile. Anche questo nuovo libro, che ha la forma del romanzo, usa lo stesso travestimento formale, dove l’autore utilizza le storie e l’esperienza sul campo di sindacalista per raccontare la condizione umana delle operaie stagionali del pomodoro, quelle 12.000 donne che «come formiche, correvano verso un nuovo giorno di lavoro, in molteplici fabbriche dell’Agro Nocerino-Sarnese, sotto il Vesuvio, a due passi da Salerno». Nella capitale mondiale del pomodoro pelato, terra di caporali e caporale, in una fabbrica dove si spettegola e si lotta per la sopravvivenza quotidiana, vive e racconta in un registro a volte comico-grottesco, in altre sentimentale, la protagonista-narratrice di Rosso rosso, cioè l’operaia Lucia. Parla e straparla del suo bell’Antonio e dell’amore nella terra dei pommarolari, spietati padroni avvezzi a rapporti di lavoro feudali, dove «la mezzadria e la colonia apparivano gli unici criteri di valutazione dell’economia», nel contesto desolato e barbarico della Statale 18, territorio di pomodori e camorra. È proprio lì che il suo amore, nato in quelle fabbriche, diventa metaforicamente esistenziale «come il pomodoro: quando è fresco ti offre tutta la sua fragranza e il suo profumo ti inebria, quando viene conservato nei barattoli, scade inesorabilmente dopo qualche anno e se lo assapori ti inguai la vita per sempre».
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