• Oggi i giovani di origine italiana in Svizzera vengono considerati largamente inseriti professionalmente e socialmente. Questo è il primo risultato dell'indagine raccolta nel volume che smentisce la tesi secondo la quale la transizione al lavoro dei figli degli emigrati italiani è contraddistinta da difficoltà generalizzate. L'indagine coglie inoltre i primi segni di un nuovo movimento immigratorio dall'Italia: si tratta di persone con un bagaglio formativo superiore rispetto all'immigrazione degli anni sessanta, i cui livelli di inserimento professionale sono però spesso contraddistinti dalla precarietà, a conferma delle difficoltà si trasferimento delle competenze da un paese all'altro. I giovani oggetto dell'analisi non vengono poi considerati nella dimensione della «seconda generazione» dell'immigrazione, bensì in quella di giovani di ascendenza italiana di cui si esplorano le reti sociali, l'universo valoriale, il rapporto con la realtà sociale e politica del paese di residenza nonché con quella del paese di «origine». Il quadro che emerge dallo studio ha tratti ben decisi e per alcuni aspetti «preoccupanti»: si va infatti dal forte ancoraggio alle reti familiari ad una socialità che resta iscritta prevalentemente nella comunità italiana, dallo sviluppo di orientamenti materialistici ad un ostentato disinteresse e rifiuto per l'impegno politico e sociale.
  • Il populismo oggi appare, ancor prima che un’ideologia precisa, un repertorio di stili di azione e di comunicazione a cui è difficile per qualunque soggetto politico non fare ricorso. Anche perché, nelle diverse democrazie occidentali, diventa sempre più significativa la linea di frattura che oppone la classe politica tradizionale alla protesta anti-establishment. Una frattura che si intreccia con i temi della globalizzazione neoliberale, per cui se da una parte ci sono i «globalisti», ovvero i sostenitori delle élite (politiche, economiche, culturali, mediatiche) che ne governano i processi, dall’altra monta la rabbia dei «perdenti della globalizzazione», ovvero di quegli strati sociali che hanno maturato un distacco sempre più ampio rispetto alle élite, al loro linguaggio e alle loro politiche, incapaci di porre rimedio all’impoverimento dei ceti medi e all’aumento delle diseguaglianze. Si tratta di cambiamenti che incidono profondamente nel modificare «l’offerta» politica in senso, appunto, populista. In questa chiave è interessante chiedersi quale incontro si possa verificare tra offerta e domanda, in particolare rispetto a un segmento specifico della domanda, ovvero i giovani, che rappresentano l’avanguardia del cambiamento sociale. Obiettivo di questo contributo è quindi quello di rintracciare possibili contiguità e differenziazioni tra questione populista e cultura politica dei giovani.
  • La letteratura sul corporativismo e il tema della concertazione tendono a fondere insieme una serie di domande che dovrebbero essere tenute separate. 1) Perché i governi vogliono (o non vogliono) condividere le loro prerogative decisionali con attori privati (generalmente sindacati e associazioni dei datori di lavoro), non solo in maniera informale ma anche in maniera formale, avviando apertamente negoziati con loro? 2) Una volta che il governo ha espresso la sua volontà di «organizzare un tavolo negoziale» o di delegare la regolazione alle «parti sociali», in quali condizioni si realizza...
  • Attraverso la tecnica degli interrogativi e delle risposte, il libro fornisce una informazione compiuta della"questione kurda", rintracciandone le radici storiche, politiche, culturali, e correggendo le molte distorsioni che anche il difficile reperimento di fonti affidabili è venuto via via producendo. La ricostruzione della storia politica del Kurdistan - assieme alla disamina della sua geografia, della sua economia, dell’origine del popolo kurdo, della sua lingua e della sua cultura - conduce così al bivio oggi più che mai aperto per la questione kurda: la realizzazione dell’indipendenza nazionale o, in alternativa, la continuazione del dominio turco, persiano e arabo su quel popolo e sul suo territorio diviso. Eppure dalla soluzione della questione kurda passa anche la realizzazione di molte delle condizioni necessarie per restituire stabilità e pace all’intero Medio Oriente, e per dare risposta a grandi problemi concreti dell’intera regione, come quelli relativi al crescente contrasto sulle fonti idriche rispetto al quale il Kurdistan, da dove scaturiscono i principali corsi d’acqua, ha un’importanza strategica. Questa esigenza appare oggi più avvertita in primo luogo fra le forze politiche dell’Europa, e molti sono anche i fattori nuovi, interni alla regione kurda e internazionali, che premono - com’è negli auspici dell’autore - per il rispetto dell’identità nazionale del popolo kurdo e del suo diritto all’autodeterminazione, per la realizzazione di un sistema politico democratico e pluralista di base e garanzia alla costituzione di uno Stato kurdo sovrano e indipendente.
  • In Italia, come nella maggior parte dei paesi industrializzati, si è registrato l’allungamento della speranza di vita e contemporaneamente l’abbassamento dell’età di uscita dall’occupazione, determinando quello che è stato definito il «paradosso dell’invecchiamento funzionale in società demograficamente senescenti» (Carrera, Mirabile, 2000, p, 14). Nel corso degli anni no- vanta questo fenomeno è stato affrontato dal lato previdenziale con interventi prevalentemente mirati all’innalzamento dell’età per il pensionamento, mentre minore attenzione è stata data ai meccanismi...
  • Nel Lazio sono stati raccolti circa 650 questionari, soprattutto nel settore terziario (che copre nella provincia di Roma circa il 70 per cento dell’intero campione) e, in particolare, nell’amministrazione pubblica (in cui sono state realizzate circa un terzo delle interviste). Coerentemente con i dati relativi alla vocazione produttiva della regione, una quota significativa di interviste – circa un terzo – sono state invece realizzate nel settore dell’industria e delle costruzioni. ...
  • La terziarizzazione del sistema produttivo e la continua destrutturazione del welfare pubblico hanno indubbiamente trasformato il mercato del lavoro italiano, incrementando la domanda di lavoro nell’amplissimo bacino dei servizi. In particolare il nostro paese ha seguito una strada che ha portato alla concentrazione della domanda di lavoro in quello che viene comunemente definito come il terziario povero o arretrato. Lavori e mestieri umili, con poca prospettiva di crescita e spesso sottopagati, ma decisivi per la tenuta del nostro sistema di produzione così come del nostro modello di welfare. La FILCAMS, da sempre, rappresenta soprattutto questa parte del mondo del lavoro. I lavoratori che aderiscono a questa sigla operano nel commercio, nella ristorazione, nel settore alberghiero, nelle multiservizi industriali, ma anche nel lavoro domestico e di cura. La presenza dei lavoratori immigrati, ormai diventata strutturale, ha coperto una parte significativa di questa domanda di manodopera ed è coinvolta soprattutto nei lavori e nelle posizioni meno appetibili per la componente autoctona. Il volume, che intende fornire un utile strumento di analisi e approfondimento non solo alla FILCAMS ma a tutti gli operatori dei settori coinvolti, raccoglie nella prima sezione un’analisi statistica sulle caratteristiche della componente immigrata nell’articolato e complesso quadro del comparto; la seconda sezione riporta i risultati emersi da un’indagine ad hoc realizzata dall’Associazione Bruno Trentin sui lavoratori migranti occupati nei McDonald’s di Milano.
  • Quello del capitale sociale è un concetto complesso che vede un forte investimento in risorse finanziarie e umane di diverse istituzioni nazionali e internazionali per il suo rapporto con lo sviluppo economico. Anche nel nostro Paese sono presenti numerosi strumenti di promozione dello sviluppolocale, che hanno assunto il principio secondo cui sarebbe possibile produrre forme di valorizzazione intenzionale del capitale sociale attraverso dispositivi «artificiali» (tavoli negoziali, partenariati, accordi, Patti territoriali, Pit, Gal, Gac). L’idea di fondo è quella di stimolare l’organizzazione degli operatori economici e delle comunità locali attraverso la mobilitazione sociale e la concertazione tra attori, nella speranza che, una volta compresi i vantaggi del «fare insieme», la logica collaborativa venga reiterata e progressivamente interiorizzata, accrescendo così il livello di capitale sociale utile allo sviluppo. Ma il capitale sociale è sempre in grado di stimolare percorsi virtuosi di sviluppo locale? Il volume in primo luogo presenta con un taglio critico e comparativo alcuni dei principali approcci al capitale sociale presenti in letteratura e mira ad indicarne le relazioni con gli studi di sviluppo locale. Il testo prosegue poi nella descrizione del proficuo utilizzo della social network analysis per l’analisi del capitale sociale all’interno degli studi di sviluppo locale: descrive alcuni dei più importanti approcci di network chiarendo il loro utilizzo e alcuni dei risultati a cui si può tendere. Il fine ultimo del volume è quello di provare a dipanare le dinamiche più intime del modus operandi del capitale sociale e offrire maggiore chiarezza teorico-metodologica su un concetto indubbiamente complesso.
  • Gli autori prendono spunto dalle modifiche introdotte alla legge 223 del 1991 dal decreto legislativo 8 aprile 2004, n. 110 attuativo della Direttiva 98/59/CE - che ha parzialmente esteso l’applicazione della normativa anche ai soggetti non imprenditori - per compiere un’ampia e aggiornata panoramica sulla materia dei licenziamenti collettivi e della collocazione in mobilità del personale ritenuto in esubero. Nell’opera si dà conto di tutte le posizioni espresse dalla dottrina e delle decisioni assunte dalla magistratura di merito e di legittimità, in quasi tre lustri di applicazione della legge. È significativo che la legge 223 del 1991, contrariamente alla legge sui licenziamenti individuali - e in particolare all’articolo 18 della legge 300/1971 - non sia stata oggetto di attacchi da parte del «partito della flessibilità» nonostante che l’ultimo decennio sia stato caratterizzato da profonde modifiche negli assetti produttivi delle imprese, che hanno comportato ampie ristrutturazioni, trasferimenti di rami d’azienda, delocalizzazioni. La sua tenuta sta evidentemente a dimostrare che le parti sociali la considerano ancora un utile strumento di governo della mobilità: di qui l’importanza, per tutti gli operatori giuridici e sindacali, di una conoscenza approfondita e aggiornata della materia.