• Tre Camere del lavoro della Cgil (Ferrara, Mantova e Verona), sostenute dai rispettivi segretari organizzativi regionali e accompagnate operativamente da Ires Veneto, hanno avviato nel 2007 un’ampia ricerca sui propri funzionari, tesa a indagare le caratteristiche socio-anagrafiche, l’articolazione delle attività e i conseguenti livelli di soddisfazione/insoddisfazione lavorativa, le competenze e l’evoluzione professionale dei sindacalisti. Sono stati raccolti 303 questionari (90 per cento del totale distribuito) e si sono svolte 36 interviste semi-strutturate al personale politico...
  • Nato originariamente come relazione morale e finanziaria per il III Congresso nazionale della FIOM (Bologna, 1907), I metallurgici d’Italia nel loro sindacato costituisce - come afferma nell’ampio saggio introduttivo Maurizio Antonioli, tra i massimi esperti della storia del movimento sindacale italiano - una fonte essenziale per la conoscenza dei primi anni di vita della FIOM, nonché una efficace sintesi del pensiero del sindacalismo di matrice riformista, i cui principali esponenti, da Rinaldo Rigola ad Angiolo Cabrini, da Felice Quaglino a Fausto Pagliari, furono protagonisti della fondazione della CGdL nell’ottobre 1906. Tra questi nomi si deve annoverare, in una posizione di primo piano, anche quello di Ernesto Verzi, primo segretario della FIOM, fondata a Livorno nel 1901. I metallurgici d’Italia nel loro sindacato offre quindi una testimonianza diretta sulle origini dell’organizzazione dei lavoratori metalmeccanici, ricostruendo inoltre la vicenda sindacale in stretto rapporto con lo sviluppo dell’industria meccanica e siderurgica nei primi anni del XX secolo e ripercorrendo le vicende organizzative e contrattuali (il primo contratto collettivo nell’industria italiana fu siglato dalla FIOM con l’azienda automobilistica torinese Itala, nel 1906) di quella che è stata, fin dai suoi primi passi, una delle più importanti realtà nella storia del movimento operaio italiano. Il volume è a cura di Maurizio Antonioli.
  • Nel Centenario della nascita del PCI, l’autore – per quattro legislature deputato e stretto collaboratore di Enrico Berlinguer – ci regala, sotto forma di memoriale, la ricostruzione dettagliata della sua esperienza maturata quando giovanissimo, non ancora inquadrato in ruoli di funzionariato politico, viene chiamato dal partito a trasferirsi a Mosca – dove rimane dall’aprile 1958 alla fine del 1964 – per frequentare dei corsi di formazione (alla Scuola superiore di partito e poi all’Accademia di scienze sociali).  Un’esperienza intensa, fatta di luci e di ombre e, sul piano politico, di conferme e di frustrazioni, che Rubbi condivide con una delegazione di giovani militanti italiani (tra cui un simpatico «spilungone milanese», un poco più che ventenne Antonio Pizzinato, destinato a diventare quasi trent’anni più tardi segretario generale della CGIL) e che sarà in quegli anni vissuta, altrettanto intensamente, da diverse migliaia di ragazzi provenienti da tutto il mondo – in particolare dai tanti paesi del pianeta dove erano in corso guerre d’indipendenza anti-coloniali – tutti o quasi accomunati da esistenze segnate da ristrettezze e povertà e dall’impossibilità, da parte delle famiglie di provenienza, di provvedere ai loro studi universitari. Un’esperienza certo non agevole – studi così severi ad una certa età, scrive Rubbi, «quando ormai più che allo studio ci si insegna a come costruirsi una vita» – e che, dopo alterni episodi (a cominciare dal matrimonio contratto nel 1963 con una ragazza moscovita), volgerà al termine, affrettando il rientro in Italia, a seguito di un avvenimento di politica interna sovietica giunto «inatteso e scioccante» a metà ottobre ’64: la brusca liquidazione dai vertici del Cremlino di Nikita Chruščëv. I miei anni a Mosca è indirizzato da Antonio Rubbi ai suoi nipoti americani Giacomo e Giulia, da cui, malgrado l’enorme affetto, si sente doppiamente separato: dal l’immenso Oceano Atlantico e dalla lingua; ma a trarne beneficio siamo anche noi lettori, affascinati dal racconto di dense vicende personali, capaci nello stesso tempo di assumere un valore storico e politico generale.

    Ora, miei cari Giacomo e Giulia, vorrei che mi accompagnaste nel viaggio a Mosca dove, impegnato negli studi, trascorrerò poco meno di sette anni […] io allora ero partito per un viaggio del quale neanche conoscevo l’itinerario e con… mezzo passaporto! […]  Per noi che eravamo destinati alla Scuola superiore di partito (VPŠ) il riserbo era una condizione imposta e voluta sin dall’inizio per non offrire ai nostri avversari politici ulteriori pretesti per alimentare la campagna propagandistica, già senza questo assai nutrita, sulla nostra presunta sudditanza ideologica al comunismo di marca sovietica.

  • Il saggio ricostruisce i caratteri e la trasformazione del modello organizzativo della Cgil a partire dalle sue origini passando attraverso lo spartiacque degli anni cinquanta in cui si dà avvio alla costruzione del «sindacato moderno». In particolare, l’Autore, all’interno di una comparazione più ampia con i modelli europei, si sofferma sulla centralità che nell’Italia del dopoguerra ha rivestito il sindacalismo industriale.
  • In una intervista con A. Braga il Segretario organizzativo della Cgil illustra le sfide che investono oggi il sindacato. Le risposte che si sono messe in campo per farvi fronte. I progetti per il reinsediamento. La formazione sindacale dei nuovi quadri e dei delegati. Il ruolo dei servizi. L'identità e le culture della Cgil.
  • Un ricordo di Sergio Garavini. Alcuni stralci di un’intervista realizzata nel 1994 nell’ambito di un’appassionata ricerca di Aris Accornero sulla lotta delle maestranze del Cotonificio Valle Susa; una lotta lunga, cominciata nei primi anni sessanta, aspra, diversa. I ricordi, le parole, le frasi riportate, oltre a offrire uno spaccato emozionante della vicenda, aiutano a conoscere meglio una figura straordinaria del movimento sindacale e della sinistra italiana.
  • Attraverso il racconto e l’analisi di molte esperienze del Sistema degli archivi storici, biblioteche e centri di documentazione della CGIL il volume esamina diversi aspetti come il rapporto tra la cultura e il mondo del lavoro con le relative metamorfosi delle strutture interne, degli apparati e dei dirigenti; la crescente attenzione verso la soggettività e la dimensione privata delle persone protagoniste della storia e dell’identità collettiva della CGIL; la ricerca di percorsi conservativi utili a fare emergere sia i fatti sia ciò che è invisibile del mondo del lavoro, a partire dalle speranze degli uomini e delle donne. Gli archivi storici, le biblioteche e i centri di documentazione della CGIL sparsi in tutto il territorio nazionale non sono musei e non si limitano a proporre il «patrimonio culturale» della Confederazione, ma sono contemporaneamente istituzioni di cultura e di garanzia che contribuiscono al benessere locale e alla convivenza. Fondare, organizzare e sostenere archivi storici, biblioteche e centri di documentazione è «come ammassare riserve» per affrontare il «duro inverno» del pensiero, come ci ricorda Marguerite Yourcenar in Memorie di Adriano, ed è utile per comprendere e migliorare il presente.