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Tav o No Tav: la sicurezza lavorativa in un contesto socialmente critico
Il tema proposto dalla ricerca, di cui questo saggio è parte integrante, è relativo all’analisi comportamentale dei soggetti che svolgono lavori ad alto rischio in cantieri socialmente sensibili blindati – come quello dell’Alta Velocità della Val di Susa. Il saggio, oltre a far «conoscere» i lavoratori applicati nel cantiere, analizza sia il grado di relazioni esistenti con la popolazione della vallata, avversa all’opera, sia il rapporto con le forze dell’ordine e i media. Emerge ad esempio, una contrapposizione tra il valore attribuito all’opera dal movimento NoTav e quello dato dai lavoratori. In sintesi: il senso, il valore il contenuto per un’opera che la popolazione non vuole in quanto costosa, non utile e devastante per l’ambiente contrapposto alla necessità di reddito per i lavoratori applicati alla costruzione della Tav. Una contrapposizione che ha portato alla militarizzazione del cantiere, a militarizzare il lavoro. Il saggio cerca di rispondere anche a una domanda: perché nessuno parla di questi lavoratori? e anche: perché il loro silenzio? e come leggere la mancanza del racconto della comunità del lavoro del cantiere? Si può considerare il cantiere della Val di Susa simile ad altri cantieri edili e di conseguenza «chiuderlo e leggerlo» solamente nel perimetro contrattuale; oppure il cantiere Tav rappresenta un paradigma, quello dell’attuale sviluppo basato sulle grandi opere che divide l’opinione pubblica, e quindi si sta da una parte o dall’altra. Un vero conflitto pertanto che impedisce una possibile saldatura tra due diverse comunità.
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Dieci anni vissuti pericolosamente. La Confederazione internazionale dei sindacati nella grande crisi globale. Parte II
Dieci anni fa, a Vienna, nasceva la Confederazione internazionale dei sindacati (Csi), dalla fusione delle precedenti Cisl internazionale e Cmt. Pochi mesi dopo cominciava la grande crisi globale, che tuttora attanaglia l’economia mondiale, con il suo portato di disoccupazione, diseguaglianze, ulteriore spinta a politiche neoliberiste contrarie ai diritti sociali e del lavoro. Come ha operato, in questi dieci anni, la Csi? Il presente lavoro – suddiviso in due parti – cerca di dare una panoramica dell’azione della Csi, soprattutto nei confronti delle istituzioni internazionali e della «leadership» globale, facendo la cronaca delle sue posizioni e dei suoi rapporti verso Ilo, G8-G20, Fmi e Banca mondiale, Ocse, Omc.
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La partecipazione impallidita: cooperative, lavoratori e sindacati
Il saggio illustra lo stato di salute della partecipazione dei soci e dei lavoratori in alcune a- ziende cooperative. La crisi economica della prima metà di questo decennio ha colpito pe- santemente le imprese cooperative, causando rilevanti danni alla loro capacità competitiva. La crisi ha pesato anche sulla partecipazione: in molti casi, amministratori e management hanno creduto di poter affrontare le difficoltà riducendo gli spazi della partecipazione, e in qualche caso perfino nascondendo la gravità delle situazioni critiche. Le procedure parteci- pative sono state formalmente rispettate, ma è stata sottovalutata la risorsa che la partecipa- zione può rappresentare proprio nei momenti difficili per imprese che hanno la partecipa- zione nel loro dna fondativo. Il saggio si conclude con alcune osservazioni e proposte sulle modalità per rivitalizzare la partecipazione dei soci e dei lavoratori, e alcune osservazioni sul ruolo giocato dai sindacati.
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Le riforme nelle relazioni industriali: leggere, incisive, portatrici di maggiori certezze. Presentazione
Mimmo Carrieri è docente di Sociologia economica presso l’Università di Roma «Sapienza».
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Come la contrattazione aiuta la produttività
Durante gli ultimi tre decenni è profondamente mutato il quadro normativo nazionale italiano della contrattazione collettiva. Il contratto nazionale ha visto ridurre i suoi confini a favore di un decentramento di secondo livello di natura aziendale, settoriale e territoriale. Nel presente lavoro ripercorriamo i tratti salienti di questa trasformazione e analizziamo le conseguenze economiche di tale mutamento. Dai dati aggregati emerge un impatto complessivamente negativo della deregolamentazione del mercato del lavoro su produttività, accumulazione e progresso tecnologico.
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Il decentramento contrattuale: vecchi problemi e ipotesi di riforma
Nella prima parte l’articolo analizza la contraddizione presente nel sistema italiano di con- trattazione collettiva tra, da un lato, l’incentivazione del decentramento, che implica una sempre più ampia devoluzione di competenze dal contratto di categoria al secondo livello negoziale e indebolisce la funzione dei contratti nazionali sia di definire i minimi di trat- tamento economico e normativo, sia di coordinare la contrattazione decentrata; e, dall’altro lato, la limitata estensione di questa contrattazione, soprattutto di ambito aziendale. In questa luce l’articolo esamina, poi, il documento Un moderno sistema di relazioni indu- striali, presentato da Cgil, Cisl e Uil il 14 gennaio 2016, per valutare se le modifiche in materia di struttura della contrattazione collettiva in esso proposte siano o meno idonee a risolverne i problemi preservando, però, il modello di sistema contrattuale finora prevalente in Italia: quello del decentramento organizzato e coordinato dal centro.
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Autoregolazione e legge nella disciplina delle relazioni sindacali
Il saggio analizza le recenti forme di autoregolazione concordate fra le parti collettive su te- mi centrali delle relazioni industriali, rappresentatività sindacale a livello nazionale, rap- presentanze aziendali, rapporti fra i livelli contrattuali, formazione ed effetti degli accordi aziendali, e discute dei possibili interventi legislativi su questi temi. Si sostiene la possibilità di un rinvio legislativo ai criteri di rappresentatività concordati dalle parti nel T.U. del gennaio 2014 e di un simile rinvio all’autoregolazione anche riguardo alla configurazione delle rappresentanze sindacali aziendali e alla formazione degli accordi aziendali. Sono invece rilevati limiti alla possibile regolazione per legge dei rapporti fra di- versi livelli della contrattazione collettiva e dell’efficacia generale dei contratti nazionali. In- fine si esaminano le norme della legge di stabilità 2016 che incentivano i premi di produt- tività e il welfare aziendale e prevedono incentivi aumentati in presenza di forme di parte- cipazione dei lavoratori.
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Modello contrattuale, produttività del lavoro e crescita economica
Il lavoro propone un’analisi storico-economica del ruolo dell’applicazione incompleta e di- storta del modello contrattuale del Protocollo ’93 nel declino dell’economia italiana. Oltre all’abbandono del primo pilastro (la concertazione della politica economica) e alla totale di- sapplicazione del quarto (la modernizzazione delle imprese e il potenziamento del lavoro), il mancato sviluppo della contrattazione decentrata ha comportato la sistematica rottura della «regola d’oro» dei salari (crescita dei salari reali nella stessa misura della produttività del lavoro), costituendo un’insostenibile tutela de facto dei profitti al di là dei meriti di mercato, che ha frenato i consumi delle famiglie e rallentato l’ammodernamento delle im- prese. Una quantificazione controfattuale della redistribuzione dai salari ai profitti operata dal «Protocollo più che dimezzato» stima in 1.069 miliardi di euro a prezzi 2005 l’importo totale del flusso dal 1993 al 2012. Da allora le parti sociali, e soprattutto il sindacato con- federale, hanno fatto significativi passi avanti per recuperare alle relazioni industriali un ruolo propulsivo dello sviluppo, ma sono necessarie ancora importanti riforme in linea con il documento sindacale unitario del 25 gennaio 2016. Anzitutto ristabilire una forma di coordinamento tra la contrattazione e gli obiettivi di politica economica del governo; poi contrattare l’ammodernamento e riorganizzare i luoghi di lavoro; programmare obiettivi di crescita del valore aggiunto e dei salari reali; contrattare l’entità della quota del lavoro nel valore aggiunto; diffondere la contrattazione decentrata, soprattutto sviluppando la contrat- tazione territoriale.
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Applicare gli accordi in tutti i luoghi di lavoro: la democrazia e la partecipazione come regola
Qualsiasi riflessione sui temi della democrazia e della partecipazione in tutti i luoghi di la- voro necessita di un’analisi dell’intreccio tra l’art. 39 della Costituzione, l’art. 19 dello Sta- tuto dei lavoratori e il ruolo della rappresentanza e della rappresentatività oggi. I padri costituenti conferirono al lavoro un «valore fondativo per tutto l’assetto costituzio- nale italiano». La Costituzione repubblicana tutela il lavoro, lo sostiene come diritto indi- viduale e collettivo e ne afferma il diritto per ciascun cittadino ad averlo e l’obbligo per le istituzioni di tutelarlo. È emersa in questi anni una Costituzione «materiale» attraverso un’attuazione di fatto della norma che riconosceva una rappresentanza unitaria assunta co- me paritetica di Cgil-Cisl-Uil, considerata attraverso il principio della maggiore rappresen- tatività, investita dell’autorità e del potere di stipulare non solo contratti ma anche accordi con imprese e governo validi per tutti i lavoratori. In questa fase particolare si registra un passaggio dalla contrattazione collettiva a quella in- dividuale, una cancellazione del conflitto sociale e delle forme collettive di governo nel con- flitto stesso e una riproposizione del rapporto individuale tra lavoratore e datore, tipico degli albori dello Stato liberale. Per queste ragioni non è più rinviabile l’applicazione dell’art. 39 della Costituzione se si vuole ritenere ancora il lavoro un valore e uno strumento centrale per l’affermazione della promessa di eguaglianza della Costituzione. La risposta delle parti sociali (endo-sindacale) è quella del Testo unico sottoscritto da Confin- dustria e Cgil, Cisl e Uil, e successive analoghe intese con Confservizi-Cispel, Alleanza coo- perative e Confcommercio per porre fine alla «extratteritorialità democratica».
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La rappresentanza sociale fattore di democrazia
È in gioco una concezione della democrazia che emargina i «corpi intermedi» attraverso il rapporto diretto tra il governo (o chi lo presiede) e i cittadini. Una prassi che evoca il mo- dello peronista nel rivolgersi direttamente al popolo e quello thatcheriano nel non riconoscere il ruolo della rappresentanza sociale. Il sindacato può essere preso come riferimento di de- mocrazia: non è il solo voto congressuale che legittima un dirigente eletto. Esiste, infatti, un processo costante di confronto, di dibattito e di verifica: ad esempio, i percorsi di costruzione e approvazione dei contratti collettivi ai vari livelli o l’articolazione della rappresentanza che arriva fino ai livelli aziendali (Rsu e Rsa). Il ruolo delle parti sociali, del dialogo sociale e della contrattazione è essenziale. Un arretramento su questo terreno ci colloca fuori dal dettato costituzionale e ci allontana dal modello sociale europeo. L’accordo del 10 gennaio 2014 (Testo unico sulla Rappresentanza) tra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria e il documento unitario per un moderno sistema di relazioni industriali – presentato il 14 gennaio 2016 – stabiliscono regole per l’esercizio della rappresentanza e della contrattazione come fattori di democrazia e di crescita.
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Cornici generali di una riforma per rafforzare la partecipazione
Nel saggio vengono prese in esame le attuali iniziative volte a rafforzare la partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, allo scopo di valutare la conformità delle soluzioni proposte con l’attuale cornice normativa. L’Autore esamina innanzitutto la possibile intro- duzione di forme di partecipazione cd. «strategica» che prevedano la nomina da parte dei lavoratori di uno o più membri degli organi di controllo o di gestione delle società di capitali di maggiori dimensioni, sulla scia del modello tedesco. In secondo luogo, vengono esplorate le potenzialità di un collegamento tra decentramento contrattuale, produttività e partecipazione cd. «organizzativa» in grado di costituire il prologo per lo sviluppo in futuro di forme partecipative anche in ambito gestionale. In seguito, l’Autore si interroga sul tipo di intervento maggiormente in linea con il quadro normativo, come pure sulle sue eventuali ricadute sistemiche, dedicando le riflessioni conclusive alle caratteristiche e alla posizione della forza lavoro che da più parti si vorrebbe vedere maggiormente coinvolta nelle scelte azien- dali all’interno dell’attuale mercato del lavoro.
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Il diritto del lavoro nella crisi europea. A proposito di un recente volume
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