• Se non ci fossero state le donne, in questa nostra Repubblica, se non ci fossero state le loro tenaci battaglie di emancipazione e liberazione – condotte attraverso un intreccio fecondo di iniziative delle associazioni, dei movimenti, dei partiti, delle istituzioni –, l’Italia sarebbe oggi un Paese molto più arretrato e molti articoli della Costituzione non sarebbero stati applicati. Questo debito che l’Italia ha nei confronti delle donne lo racconta in modo inedito questo libro scritto e curato dalle volontarie della Fondazione Nilde Iotti. Lo fa illustrando in modo rigoroso e semplice le tappe e i contenuti delle conquiste legislative dall’inizio della Repubblica alla conclusione dell’ultima legislatura, che hanno cambiato la vita delle donne e l’assetto economico, sociale e culturale del nostro Paese. Il libro rammenta la battaglia per il diritto di voto e le «madri della nostra Repubblica», le donne elette nell’Assemblea Costituente, che diedero un contributo rilevante alla stesura della Costituzione. Sono citati gli articoli che più hanno favorito il cambiamento nella vita delle donne. Segue poi il racconto delle leggi con uno schema che ne indica la scansione in ordine cronologico dal 1950 al 2018, a cui si connettono le schede che ne illustrano i contenuti. Lo sguardo della battaglia delle donne è oggi e sempre più sarà quello europeo. Per questo il libro LE AUTRICI Roberta Agostini | Sesa Amici | Rosy Bindi | Paola Binetti | Paola Boldrini | Maria Elena Boschi | Chiara Braga | Daniela Carlà | Andrea Catizone | Susanna Cenni | Monica Cirinnà | Marina Costa | Emilia De Biasi | Titti Di Salvo | Marilena Fabbri | Graziella Falconi | Emma Fattorini | Valeria Fedeli | Donatella Ferranti | Elena Ferrara | Anna Finocchiaro | Maria Chiara Gadda | Paola Gaiotti De Biase | Maria Pia Garavaglia | Maria Grazia Gatti | Anna Giacobbe | Irene Giacobbe | Fabrizia Giuliani | Vanda Giuliano | Maria Luisa Gnecchi | Donata Gottardi | Chiara Gribaudo | Grazia Labate | Donata Lenzi | Doris Lo Moro | Marianna Madia | Marisa Malagoli Togliatti | Raffaella Mariani | Elena Marinucci | Alessandra Moretti | Delia Murer | Vaifra Palanca | Rita Palanza | Anna Maria Parente | Francesca Puglisi | Lia Quartapelle | Francesca Russo | Rosa Russo Jervolino | Marina Sereni | Fulvia Signani | Alessandra Tazza | Livia Turco | Esmeralda Tyli | Sandra Zampa
  • Nel Centenario della nascita del PCI, l’autore – per quattro legislature deputato e stretto collaboratore di Enrico Berlinguer – ci regala, sotto forma di memoriale, la ricostruzione dettagliata della sua esperienza maturata quando giovanissimo, non ancora inquadrato in ruoli di funzionariato politico, viene chiamato dal partito a trasferirsi a Mosca – dove rimane dall’aprile 1958 alla fine del 1964 – per frequentare dei corsi di formazione (alla Scuola superiore di partito e poi all’Accademia di scienze sociali).  Un’esperienza intensa, fatta di luci e di ombre e, sul piano politico, di conferme e di frustrazioni, che Rubbi condivide con una delegazione di giovani militanti italiani (tra cui un simpatico «spilungone milanese», un poco più che ventenne Antonio Pizzinato, destinato a diventare quasi trent’anni più tardi segretario generale della CGIL) e che sarà in quegli anni vissuta, altrettanto intensamente, da diverse migliaia di ragazzi provenienti da tutto il mondo – in particolare dai tanti paesi del pianeta dove erano in corso guerre d’indipendenza anti-coloniali – tutti o quasi accomunati da esistenze segnate da ristrettezze e povertà e dall’impossibilità, da parte delle famiglie di provenienza, di provvedere ai loro studi universitari. Un’esperienza certo non agevole – studi così severi ad una certa età, scrive Rubbi, «quando ormai più che allo studio ci si insegna a come costruirsi una vita» – e che, dopo alterni episodi (a cominciare dal matrimonio contratto nel 1963 con una ragazza moscovita), volgerà al termine, affrettando il rientro in Italia, a seguito di un avvenimento di politica interna sovietica giunto «inatteso e scioccante» a metà ottobre ’64: la brusca liquidazione dai vertici del Cremlino di Nikita Chruščëv. I miei anni a Mosca è indirizzato da Antonio Rubbi ai suoi nipoti americani Giacomo e Giulia, da cui, malgrado l’enorme affetto, si sente doppiamente separato: dal l’immenso Oceano Atlantico e dalla lingua; ma a trarne beneficio siamo anche noi lettori, affascinati dal racconto di dense vicende personali, capaci nello stesso tempo di assumere un valore storico e politico generale.

    Ora, miei cari Giacomo e Giulia, vorrei che mi accompagnaste nel viaggio a Mosca dove, impegnato negli studi, trascorrerò poco meno di sette anni […] io allora ero partito per un viaggio del quale neanche conoscevo l’itinerario e con… mezzo passaporto! […]  Per noi che eravamo destinati alla Scuola superiore di partito (VPŠ) il riserbo era una condizione imposta e voluta sin dall’inizio per non offrire ai nostri avversari politici ulteriori pretesti per alimentare la campagna propagandistica, già senza questo assai nutrita, sulla nostra presunta sudditanza ideologica al comunismo di marca sovietica.

  • Una narrazione storico-culturale che ripercorre i maggiori naufragi di migranti avvenuti dal 1990 al 2020 attraverso le tracce lasciate nelle culture pubbliche. Di fronte a un potere politico neoliberista che tende a governare il fenomeno migratorio espellendo e respingendo, emergono le storie di chi nel mare si perde, di chi al viaggio sopravvive, di chi nelle terre lambite da quel mare vive. Quale archivio abbiamo per i nostri sentimenti verso tali eventi? Attraverso testimonianze, film, romanzi, rappresentazioni teatrali, reportage, documentari, saggi storici e sociologici, l’autrice ricostruisce il contesto contemporaneo, interrogandosi su come le stragi di migranti entrano a far parte dello spazio pubblico, in che modo gli affetti legati a queste tragedie segnano l’immaginario e il contesto politico, nel quale troppo spesso le risposte governative rivelano, dietro un esibito cordoglio, un prevalente approccio securitario e razzismo istituzionale. Gli archivi dell’acqua salata si configurano come un archivio non convenzionale, corporeo, emozionale, politico, un archivio in divenire, interdisciplinare, incompleto. I frammenti che lo compongono permettono di evocare racconti personali, storie di vita che rimangono al di fuori della Storia, brandelli che compongono una memoria performante e inclusiva delle soggettività e dei loro sentimenti. Una narrazione di storia del presente che riguarda tutte e tutti.
  • Profondo lago

    20.00 
    Nel 1980 inizia la ristrutturazione delle grandi industrie italiane. La Fiat per prima, la Montedison e il resto della chimica subito dopo. All’improvviso sparisce un mondo di certezze sindacali e anche politiche. Il racconto di Gaetano Sateriale (che è anche una ricostruzione storica) descrive la fine dell’autunno caldo, quando il sindacato deve decidere se contrattare le ristrutturazioni oppure restare a sventolare le vecchie bandiere. I chimici di Cgil, Cisl e Uil scelgono di affrontare la sfida e negoziare, sporcandosi le mani, la riorganizzazione del settore e le riduzioni occupazionali. A Ferrara, le lotte in difesa del Petrolchimico, fino a una nuova crescita anche occupazionale, durano anni. Esperienza di forte unità interna e di litigi con il mondo politico e istituzionale esterno, anche dopo il 1984, con la crisi di San Valentino, la morte di Berlinguer e la rottura definitiva dell’unità sindacale. Il libro descrive nei particolari il complesso mondo, spesso ignorato, delle relazioni tra sindacato e imprese.
  • Dopo 17 anni di pubblicazione, il Rapporto sui diritti globali cresce ed evolve, con l’edizione principale che diventa internazionale, viene pubblicata anche in lingua inglese e si focalizza sui diritti umani e sulla lotta contro l’impunità, a partire dalla collaborazione con l’Association Against Impunity and for Transitional Justice (AITJ), che lo promuove.
     
    Quella dei diritti umani e dell’impunità è questione oggi resa più centrale dalla crisi del multilateralismo e dal dilagare aggressivo di nazionalismi e populismi, che stanno implicando un progressivo svuotamento della democrazia e dei suoi istituti, un indebolimento del diritto internazionale e dei suoi strumenti, pericolosi disequilibri a livello globale. Ne è derivato, e lo vediamo tragicamente tutti i giorni, un dilagare di crimini di guerra, di aggressioni territoriali, di violazioni sistematiche dei diritti fondamentali della persona, di repressioni sempre più generalizzate e ingiustificate nei confronti di cittadini e di interi popoli, spesso nell’impotenza di istituzioni sovranazionali. Assieme, vediamo approfonditi altri crimini che violano e compromettono diverse sfere di diritti altrettanto fondamentali, che riguardano le comunità e non solo gli individui, come quelli ambientali, economici, sociali. Crimini di sistema, dei quali nessuno si sente responsabile, ma che sono invece prodotti da precise scelte politiche, economiche, di governo.
     
    Il 2020, con la pandemia di Covid-19, ha portato e sta residuando un drastico peggioramento nei diritti e nelle libertà, così come nella condizione sociale ed economica di milioni di cittadini in molte parti del mondo e ha mostrato con maggior evidenza la pericolosa vulnerabilità del sistema democratico e dello Stato di diritto. La necessità di profondi cambiamenti e di radicali inversioni di rotta è ora più urgente e deve riuscire a imporsi, costruendo maggiore consapevolezza sociale e responsabilità pubblica. Il Rapporto sullo Stato dell’impunità nel mondo è un contributo in questa direzione vitale per le persone e per l’intero Pianeta, per realizzare giustizia e costruire diritti globali.
  • Guerre e terrorismo globali, il lavoro e le sue trasformazioni, il quadro economico e il caso Parmalat, gli anziani, le pensioni e gli infortuni sul lavoro, le politiche sociali e la crisi del welfare, le nuove povertà e il diritto alla salute, lo sfruttamento dei bambini, le problematiche giovanili e la riforma scolastica, il volontariato e l’economia solidale, i nuovi movimenti e la globalizzazione, i diritti umani e le discriminazioni nel mondo, l’Europa politica e quella sociale, lo stato del pianeta e l’ambiente in Italia: sono alcuni dei tanti temi trattati nell’edizione 2004 del Rapporto sui diritti globali. Il Rapporto, curato dall’Associazione SocietàINformazione, è promosso dalla CGIL nazionale in collaborazione con il Coordinamento nazionale delle Comunità di accoglienza (CNCA), con ARCI, Legambiente e Antigone, vale a dire con le associazioni italiane tra le più autorevoli, rappresentative e territorialmente diffuse che sono impegnate sulle problematiche trattate dal Rapporto. Fotografa lo stato dei diritti e analizza le politiche per una loro maggiore affermazione a livello locale e globale, italiano e mondiale. È diviso in quattro sezioni, Diritti economico-sindacali; Diritti sociali; Diritti umani, civili e politici; Diritti globali ed ecologico-ambientali, articolate in 18 capitoli. In ognuno dei capitoli viene analizzato e definito il punto della situazione e vengono delineate le prospettive del 2004. L’analisi e la ricerca sono corredate da ampie cronologie dei fatti, da approfondite schede tematiche, dai dati statistici più aggiornati, da un accurato glossario, dai riferimenti bibliografici e web e dall’indice dei nomi citati. Il Rapporto, unico nel suo genere, è uno strumento fondamentale per arricchire la formazione e supportare l’attività quotidiana di quanti operano nella scuola, nell’informazione, nella politica, nel mondo del lavoro, delle professioni sociali, del volontariato e del non profit. Contributi di: Antigone, Arci, Cgil, CnCa, Legambiente.
  • Il terzo numero degli Annali della Fondazione Giuseppe Di Vittorio si propone di discutere il rapporto tra diffusione delle nuove povertà e garanzia dei diritti di cittadinanza, con l’obiettivo di mettere a fuoco esigenze e contenuti utili alla rielaborazione di nuove tutele in grado di favorire più compiuti e ordinati livelli di inclusione sociale. Il volume, dopo gli interventi sul tema di John Monks e di Guglielmo Epifani, apre la sua riflessione con un ampio saggio di Chiara Saraceno che traccia il quadro delle povertà e delle politiche contro la povertà in Europa, discutendo in questa chiave promesse e limiti dell’Agenda di Lisbona, con la quale nel 2000 erano stati fissati avanzati traguardi sociali per l’Unione Europea. I saggi di Bruno Amoroso, Herman Schmid, Thomas Blanke, Juan Gorelli Hernandez, Christian Tilly e Heater Boushey, compongono poi l’analisi con cui, nella seconda sezione degli Annali, si approfondisce la situazione specifica dei paesi scandinavi, dell’Inghilterra, della Spagna e degli Stati Uniti. In altre due sezioni del volume si propongono, rispettivamente, un saggio di Ilaria Del Biondo sugli anni del Fronte Popolare in Francia e sugli accordi Matignon, e sei saggi di altrettanti autori su aspetti diversi della condizione sociale e del lavoro in Italia, Francia, Germania e Spagna. Infine l’Annale rende omaggio a Bruno Trentin con un ricordo di Carlo Ghezzi, che ne rievoca la figura di grande sindacalista, un saggio di Adolfo Pepe dal titolo «La lezione di Giuseppe Di Vittorio nel pensiero politico di Bruno Trentin», e un saggio dello stesso Trentin dedicato alla lettura dei due bienni rossi del Novecento.
  • Per buona parte della sua storia moderna e contemporanea la Polonia è stata un oggetto, non un soggetto geopolitico. La stessa Polonia attuale deve le sue frontiere alle decisioni, e alle indecisioni, dei massimi leader della coalizione antihitleriana, fra il 1943 e il 1945. Anche per loro i polacchi erano pedine da spostare sulla scacchiera continentale sulla base della somma algebrica dei rispettivi interessi. Bisognerà attendere il 1989 perché i polacchi riprendano in mano il loro destino, sulla scia della rivoluzione di Solidarnosc. La Polonia di cui trattiamo oggi è finalmente un coprotagonista della scena europea. Nella storia sono esistite molte Polonie, alcune più grandi dell’attuale, tutte più orientali. Perché questa Polonia possa esistere e prosperare la scelta euroatlantica è condizione necessaria ma non sufficiente. Decisivo sarà anche il rapporto con la Russia e con gli altri vicini orientali, Ucraina in testa. È di questa Polonia che tratta il libro, i cui testi illuminano in prospettiva il suo ruolo nell’Unione Europea e nella Nato, procedendo a ritroso dal 2006 al 1989. Sono soprattutto i diciassette anni trascorsi dalla caduta del comunismo all’ingresso della Polonia nell’Unione Europea che vengono qui raccontati con alcune mirate incursioni nel passato remoto per meglio spiegare quello recente.
  • Questa antologia attinge al ricchissimo patrimonio della poesia italiana degli ultimi cento anni al tempo stesso con grande amore e grande libertà. Poeti «impegnati» e poeti «puri»; giganti solitari e poeti «di scuola»; poeti celebrati e poeti dimenticati; poeti «reazionari» e poeti «rivoluzionari» (ammesso e non concesso che simili definizioni abbiano un senso in ambito artistico): ci sono tutti, a comporre la foto di gruppo di una società letteraria multiforme e vivacissima. Ma la raccolta ha un’ambizione più grande: quella di impiegare la lingua della poesia per parlare della storia italiana del secolo appena trascorso, in modo insolito, spesso inedito, a volte addirittura ironico e divertente. Scorrono nelle pagine, quasi fossero i fotogrammi di un vecchio cinegiornale o di un vecchio film in bianco e nero, luoghi, oggetti, eventi, tic e «caratteri» di quell’avventura complessa, spesso tragica, a volte anche grottesca, che chiamiamo Modernità, Progresso, eccetera. Nel quadro accennato particolare rilievo è stato dato alle vicende del mondo del lavoro: dai primi scioperi alle repressioni padronali e poliziesche, alle grandi conquiste degli anni sessanta e settanta, fino ai giorni d’oggi in cui si presentano nuove sfide: immigrazione, precarietà, marginalizzazione sociale e culturale.
  • Questa biografia ci restituisce tutta la complessità e la vitalità della parabola umana e politica di Sergio Garavini, uno dei sindacalisti più importanti della CGIL e del Novecento italiano, […] tra le figure principali di quel «sindacalismo della classe», più autonomo, democratico e unitario di altre culture sindacali, affermatosi trasversalmente nel 1968-69 e che rappresentò una sfida importante alla linea tradizionale del sindacato […]. Per questo trovo molto appropriata la definizione di «sindacalista politico». Garavini, cioè, interpretò in modo fruttuoso ed esemplare la nuova «missione» del sindacalista, costretto proprio dal suo mestiere, e dunque dal confronto quotidiano con i bisogni materiali delle persone, a misurarsi costantemente su questioni «politiche», riguardanti la dignità e i diritti delle persone, lo Stato sociale, il ruolo della «mano pubblica»; un sindacalista che conosce la storia e apprende da essa, che si misura su terreni che sono insieme locali e globali, che studia con attenzione le mosse delle controparti istituzionali e imprenditoriali; un sindacalista […] che considera l’organizzazione uno strumento non solo di difesa ma anche di «potere», per cambiare la società attraverso l’autodeterminazione individuale e collettiva delle condizioni di vita e di lavoro. (Dalla Prefazione di Guglielmo Epifani)
  • Il volume ripercorre l’evoluzione normativa e contrattuale promossa dal sindacato del tessile-abbigliamento in tema di orario di lavoro e analizza i problemi che tale evoluzione ha determinato nel rapporto tra tempi di lavoro e tempi di vita. La ricostruzione storica, integrata da un’ampia appendice documentaria (legislativa e contrattuale), dimostra come l’esperienza del «sistema moda» sia stata all’avanguardia su questi temi, affrontando senza timore l’esigenza di una maggiore flessibilità nell’utilizzo degli impianti. È accaduto, così, che proprio in questo campo si sia manifestata in modo evidente la «cultura contrattuale» della categoria, fatta di sperimentazione e anticipazione di soluzioni innovative, di rifiuto dell’unilateralismo industriale e di impegno nella negoziazione a tutti i livelli (sul piano nazionale e di settore, aziendale e territoriale); una cultura fondata sulla possibilità del sindacato di intervenire nelle politiche d’impresa: il tutto in un clima di reciproca correttezza e lealtà, disponibilità e responsabilità collettiva, secondo un modello da tempo praticato nel settore. In un quadro siffatto la «questione femminile» continua ad occupare un posto decisivo. Insieme al diritto al lavoro e alla parità salariale, infatti, un’efficace gestione del tempo di lavoro, in equilibrio con i tempi di vita, vale ancora di più per le lavoratrici, che sono sempre le prime a pagare in tempo di crisi, che soffrono maggiormente la condizione di precarietà crescente, che devono difendersi da un’organizzazione sociale, da una mentalità e da una struttura familiare, fortemente radicate nella società italiana, che tendono costantemente a penalizzarle.
  • La nozione di «sfera pubblica» e il suo ruolo nella formazione e nello sviluppo della democrazia; il rapporto tra democrazia rappresentativa e democrazia diretta; i «dilemmi» della democrazia accentuati in un mondo globale; la de-territorializzazione dei diritti e la necessità di ripensare le politiche sociali oltre i confini nazionali: queste alcune delle grandi tematiche affrontate nei primi due anni di attività della «Scuola per la buona politica» istituita a Roma dalla Fondazione Lelio e Lisli Basso. Il volume raccoglie le lezioni tenute da prestigiosi studiosi e studiose nel biennio 2007-2008 e dà conto dell’ispirazione di fondo, dell’ambizione della Scuola: favorire la crescita di maturità e consapevolezza politica, stimolare un dibattito informato, contribuire cioè a invertire il trend di deculturalizzazione che minaccia le democrazie occidentali e quella italiana in particolare. Il volume è a cura di Catia Papa.