• Il bambino con le braccia larghe

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    Con una scrittura molto intensa e partecipata, questo libro racconta la storia di una famiglia alle prese con la malattia mentale e riassume in modo esemplare il trattamento della psicopatologia, l’impatto devastante degli psicofarmaci, gli effetti della legge 180 anche nella sfera privata, dalla sua prima applicazione ai tempi di Franco Basaglia fino a oggi, passando per tutte le esperienze intermedie (padiglioni aperti, chiusura del manicomio, comunità terapeutica, casa-famiglia, fino alla Residenza sanitaria assistita). Da osservatore direttamente coinvolto l’autore ricostruisce la vicenda personale di suo fratello Paolo – Il bambino con le braccia larghe –, sin dalla pubertà affetto da schizofrenia e morto nell’aprile del 2009 all’età di 59 anni, e nel contempo lascia emergere dallo sfondo il ritratto di un’epoca. Lo fa senza velleità di scrittore, né di scienziato o di sociologo, ma con la rigorosa puntualità del testimone. La scrittura è sobria, scarna e colloquiale, e in virtù di questa sua apparente semplicità diventa prensile e complice in un libro che può essere letto anche come un romanzo di formazione, esistenziale e politica, che il narratore vive dentro una famiglia della borghesia italiana, di cui vengono rievocati rapporti e dinamiche. Carlo Gnetti scrive senza risparmiarsi. Narra perché non può spiegare un mondo a molti di noi ignoto, di sofferenza e dolore. Prima di viverlo sulla sua pelle neppure lui poteva sapere che «nascere folle, aprire le zolle potesse scatenar tempesta», come ci ha testimoniato in forma lirica la poetessa Alda Merini.
  • La riflessione sull’autunno caldo,e in generale sul1969 comprensiva della complessa gestazione e del varo dello Statuto dei Lavoratori nella primavera del1970può gio-varsi, oggi, sia delle analisi ad esso coeve di sociologi, economisti, giuristi, sia di alcuni studi più recenti che hanno provato a storicizzare questo periodo. Il riferimento aque-sta nuova e fertile stagione di studi sull’Italia repubblicana–vista e letta dal punto di vista delle trasformazioni del lavoro e delle relazioni sindacali–si rivela particolar-mente utile perché, inserendo all’interno di una prospettiva storica più ampia la vicen-da del 1969 e dell’autunno caldo, pone una domandasull’insieme di fenomeni econo-mico-sociali e politico-istituzionali precipitati nello shock del 1969 e che coinvolgono frontalmenteil sindacato.
  • Il Bilancio di Competenze, praticato in Francia come un diritto dei lavoratori, nel nostro paese si sta diffondendo presso i servizi del lavoro come percorso di orientamento flessibile che comporta la relazione di aiuto e la riattivazione delle risorse personali per la definizione di progetti lavorativi individuali soddisfacenti. L’introduzione delle tecniche orientative specialistiche nei servizi per l’impiego risulta infatti indispensabile per favorire l’inserimento in un mercato del lavoro in continua mutazione che richiede competitività, formazione, specializzazione e competenze. La Guida, completata da un glossario e dal testo della legge francese sul Bilancio, si presenta come opuscolo di facile lettura, utile per comprendere un processo complesso di accompagnamento per uomini e donne disoccupati o in transizione lavorativa. L’illustrazione di un’esperienza pilota di Bilancio di Competenze, attuata nei Centri per l’impiego di Frosinone, Cassino, Sora e Anagni, contribuisce a chiarire il funzionamento di questo importante strumento di inserimento al lavoro.
  • Il bilancio sociale è lo strumento attraverso il quale le imprese danno conto agli stakeholder del livello della loro responsabilità sociale. Per molti è un documento che risponde a una necessità di comunicazione e punta a costruire una buona immagine dell’azienda, per altri serve a migliorare la gestione interna rendendola più consapevole e trasparente intorno alle finalità da raggiungere, per altri ancora è un modo per misurare la coerenza del proprio operato rispetto alla mission che ci si è data. Il sindacato, stakeholder che rappresenta alcuni tra i destinatari principali della rendicontazione sociale (i dipendenti dell’impresa ma anche la comunità più in generale), dopo una fase di iniziale cautela sull’argomento, ha scoperto tutte le potenzialità del bilancio sociale e moltiplicato le occasioni di studio e discussione. Il testo – più volte citato nella letteratura delle discipline economico-aziendali italiane ed utilizzato in diverse università e corsi formativi – illustra i concetti fondamentali della responsabilità sociale e dell’accountability, approfondisce la teoria degli stakeholder, ricapitola i passaggi essenziali della storia del bilancio sociale, in particolare in Italia dove nell’ultimo decennio ha conosciuto un positivo e forse inatteso sviluppo. E suggerisce come il sindacato possa farne un uso corretto, sia per arricchire i contenuti della propria contrattazione sia per rendicontare ai propri stakeholder (gli iscritti e tutti i lavoratori) la propria missione, gli obiettivi assegnati, l’attività realizzata, i risultati raggiunti.
  • Il bilancio sociale è lo strumento attraverso il quale le imprese danno conto agli stakeholder del livello della loro responsabilità sociale. Per molti è un documento che risponde a una necessità di comunicazione e punta a costruire una buona immagine dell’azienda, per altri serve a migliorare la gestione interna rendendola più consapevole e trasparente intorno alle finalità da raggiungere, per altri ancora è un modo per misurare la coerenza del proprio operato rispetto alla mission che ci si è data. Il sindacato, stakeholder che rappresenta alcuni tra i destinatari principali della rendicontazione sociale (i dipendenti dell’impresa ma anche la comunità più in generale), finora piuttosto cauto sull’argomento, sta scoprendo tutte le potenzialità del bilancio sociale e moltiplica le occasioni di studio e discussione. Il libro illustra i concetti fondamentali della responsabilità sociale e dell’accountability, approfondisce la teoria degli stakeholder, ricapitola i passaggi essenziali della storia del bilancio sociale, in particolare in Italia dove si è affermato solo di recente. E suggerisce come il sindacato possa farne un uso corretto, sia per arricchire i contenuti della propria contrattazione sia, muovendo da un esperimento compiuto in ambito sindacale, per rendicontare ai propri stakeholder (gli iscritti e tutti i lavoratori) la propria missione, gli obiettivi assegnati, l’attività realizzata, i risultati raggiunti.
  • Il brevetto

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    Grazie al brevetto, un’invenzione cessa di essere un bene comune per diventare una merce da scambiare sul mercato. Secondo alcuni, il brevetto rappresenta uno stimolo fondamentale all’attività di innovazione tecnologica, ma, come tutti i monopoli, esso limita la competizione tra le idee innovative e può rallentare la diffusione del progresso. Per farsi un’opinione sui brevetti, dunque, occorre esaminarne costi e benefici sulla base di dati oggettivi e senza pregiudizi ideologici. Il dibattito sul brevetto dura sin dal Rinascimento e ha visto prevalere ora l’una ora l’altra posizione. Le nazioni e i gruppi sociali che dai brevetti traggono vantaggio o ne subiscono le conseguenze mutano continuamente. Gli Stati Uniti, l’Europa e il Giappone, che hanno scritto le regole del sistema brevettuale globale, devono ora fronteggiare la competizione della Cina, dell’India e degli altri paesi emergenti, che chiedono regole nuove. Gli sviluppi della tecnologia, dall’informatica alla genetica, spingono questo dibattito in territori finora sconosciuti e pongono nuove domande alla politica, al diritto e all’economia.
  • Nel corso degli ultimi anni, il tema della sicurezza sul lavoro è stato caratterizzato da una pluralità di interventi normativi - derivanti, per lo più, dal recepimento, all’interno del nostro ordinamento, di direttive comunitarie - tra i quali il dlgs n. 626 del 1994 costituisce il caposaldo. Proprio a causa di una legislazione frantumata e non sempre intelligibile, l’analisi giuridica delle problematiche in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro si rivela in tutta la sua complessità, soprattutto per le difficoltà interpretative che la caratterizzano. L’importanza del tema e di una sua attenta considerazione rimane però confermata dalla circostanza che in un sistema economico come quello italiano, dove il peso del sommerso è più rilevante che altrove e dove è tuttora diffuso il costume di perseguire il massimo profitto con i minori costi di sicurezza, una parte consistente degli incidenti sul lavoro e delle malattie professionali è dovuta proprio alla disapplicazione della normativa antinfortunistica. Se in questa materia comunque gli interventi normativi sono numerosi, altrettanto non può dirsi di due temi peculiari, molestie sessuali e mobbing, ai quali è stato perciò dedicato uno spazio autonomo, a chiusura della trattazione.
  • A dispetto di perduranti differenze istituzionali, i sistemi nazionali tendono a convergere in direzione di policies neoliberiste. Sotto l'assedio della globalizzazione, i sindacati perdono iscritti, la contrattazione collettiva si decentra, il conflitto industriale crolla. Pur dove i mutamenti sono stati meno intensi e drammatici (tipo GB e USA), vi è stata una 'conversione istituzionale' e funzionale dei vecchi assetti garantisti. Così in Germania, Svezia o Italia, dove concession bargaining, decentramento e individualizzazione stanno lentamente erodendo il potere sindacale.
  • Una piccola enciclopedia sulla parola “dignità”, dall’Antica Grecia a oggi. Oggi la parola “dignità” rischia di assumere una funzione tutta ed esclusivamente “cosmetica”. Di fronte a tale scempio semantico e culturale non resta che mettersi a ripercorre la storia di questa parola, attraverso i terreni della storia, della filosofia, della politica, della letteratura, della religione e del diritto. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale. Così recita l’articolo 3 della nostra Costituzione. Eppure nella Atene antica il termine nulla aveva a che fare con il campo dei diritti personali da tutelare. Il concetto di dignità ha subito nel corso dei secoli numerosi cambiamenti. Associato all’idea di città in età greca, poi di impero in età romana, ancora di città al tempo dei comuni italiani e del Rinascimento, è diventato infine un concetto universalistico nell’età dei Lumi. E poi, ancora, approda al centro delle rivoluzioni americana e francese fino al nostro Risorgimento e, al suo interno, alla dialettica tra costruzioni sovranazionali e Stati nazionali. Infine, arriva ad intrecciarsi sempre più inestricabilmente con la sfera dei diritti. Casaburi mette in ordine questa storia individuando i punti di snodo più significativi. Cosa si intende allora oggi per “dignità”? Nel suo profilo passivo, è il diritto di ognuno al rispetto integrale della propria libertà e, più in generale, della propria “persona”. Nel suo profilo attivo, invece, è esercizio delle virtù personali nel rispetto e nella difesa della libertà e, più in generale, della propria e altrui “persona”.