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Il cavaliere e le tasse
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Dietro le discussioni sul fisco ci sono, oltre ad interessi contrapposti e ad aspetti pratici, visioni ideologiche e concettuali che riguardano un rapporto più profondo: quello tra proprietà, individuo e Stato. Avere un quadro delle scelte valoriali è, quindi, fondamentale per comprendere l’effettiva portata delle diverse politiche fiscali. Ciò, secondo Beniamino Lapadula, responsabile del Dipartimento economico della Cgil, è tanto più importante nel momento in cui il sindacato con la piattaforma «per valorizzare il lavoro e far crescere il paese» ha sollevato con forza la necessità di rimettere mano al sistema fiscale. Occorre, infatti, ridare respiro ai salari, oggi fortemente compressi anche a causa dell’eccessivo carico tributario, e mettere a punto incentivi fiscali per favorire lo sviluppo della contrattazione di secondo livello. Bisogna pertanto riaprire il cantiere delle riforme fiscali, un cantiere che ha lavorato alacremente nel corso degli ultimi dieci anni con risultati però deludenti. La base imponibile Irpef resta troppo ristretta e riferita, nei fatti, quasi esclusivamente ai redditi da lavoro dipendente e da pensione, mentre il suo gettito è troppo elevato rispetto a quello dell’Iva. Il governo della destra, fino ad oggi, non sembra disponibile ad avviare un dialogo sociale costruttivo e a confrontarsi in modo aperto con le proposte delle grandi confederazioni sindacali. Berlusconi rischia così di ripetere l’esperienza del passato, quella cioè di una conflittualità sociale che potrebbe metterlo in serie difficoltà.
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Il centenario della Prima guerra mondiale
La Prima guerra mondiale rappresenta un evento centrale nella storia contemporanea e in occasione dei cento anni dalla deflagrazione del conflitto in Italia, la Fondazione Giuseppe Di Vittorio ha deciso di dedicare una considerevole parte della propria attività del prossimo triennio, 2015-2018, all’approfondimento dei temi legati alla Grande guerra. Il saggio, a partire dai risultati raggiunti dalla storiografia, sintetizza i principali filoni di ricerca avviati dalla Fondazione sul tema legati all’evoluzione della storia sindacale in quegli anni, ma anche alla crisi verticale che investì il socialismo europeo incapace di dar seguito ai propri propositi internazionalisti e pacifisti. Infatti, obiettivo della Fondazione è, in collaborazione con altri centri culturali, di aprirsi ai nuovi temi di ricerca concernenti la storia sociale con particolare riferimento a: la crisi politica del socialismo europeo del 1914; il ruolo dei sindacati e l’esperienza del mondo del lavoro contadino e industriale negli anni della guerra; il ruolo delle donne.
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Il circuito della democrazia interpretato da gruppi e organizzazioni
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Il coltello e la rete
12.00
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Perché la conoscenza, come l’arte, accade. Accade quando spieghi a ragazzini di una quinta elementare di Ponticelli che cos’è la «lookdown generation» e quando chiedi loro se sono contenti di essere chiamati così ti rispondono con un «Nooo» che ti riempie il cuore. Accade quando ti ritrovi a progettare un videogioco con i ragazzi di prima di un istituto tecnico di Scampia. Accade quando i «credit hunter» del corso di Cultura digitale di una università napoletana diventano studenti e poi autori del loro percorso di apprendimento. Quattro strutture: la Fondazione Giuseppe Di Vittorio, l’Ic Marino Santa Rosa, l’Iti Galileo Ferraris e l’Università Suor Orsola Benincasa. Tre classi impegnate nel primo anno di sperimentazione: una quinta elementare, una prima Iti, un corso universitario. Oltre cento studenti, dai dieci ai quarant’anni. Tutti assieme, appassionatamente, alla scoperta di quanto è più bella la tecnologia quando viene usata in maniera consapevole
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Il comandante Bulow
14.00
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Il libro di Edmondo Montali, con prefazione del presidente dell’ANPI Carlo Smuraglia e introduzione del professor Adolfo Pepe, ricostruisce la vicenda resistenziale, politica e parlamentare di Arrigo Boldrini, il comandante Bulow. Boldrini è stato un grande comandante partigiano alla guida della 28a Brigata Mario Gordini che operò nella provincia di Ravenna e poi in Veneto durante la guerra di Liberazione. Il suo nome rimase per sempre legato alla pianurizzazione della Resistenza con la quale il ravennate Bulow spostò la guerra partigiana dal suo terreno naturale, la montagna, alle campagne della Bassa, inventando un tipo di guerra partigiana che non si riteneva possibile. Ma Boldrini, medaglia d’oro al valore militare, non è stato solo un comandante partigiano. Membro della Consulta e della Costituente, è stato un parlamentare di lungo corso, vicepresidente della Camera dal 1968 al 1976, poi senatore della Repubblica fino al 1994, dirigente di primo piano del Partito comunista italiano e presidente dell’ANPI, l’Associazione nazionale partigiani, fino al XIV Congresso del 2006, due anni prima della sua morte. Il libro cerca di restituire la ricchezza del suo poliedrico contributo alla storia, per molti versi difficile e complessa, della Repubblica italiana di cui fu, a pieno titolo, un padre fondatore.
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Il comico della politica
5.99
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15.00
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Fascia di prezzo: da 5.99 € a 15.00 €
Nella comunicazione politica di Berlusconi ha assunto una funzione sempre più prevalente il momento retorico del comico. Non solo figure, situazioni, immagini e argomenti comici entrano a far parte del suo discorso politico, così spesso
sui generis
sul piano dei contenuti, dello stile, della
recitatio
. Ma, quando parla in pubblico, assorbe egli stesso, nella sua
actio
, movenze comiche e atteggiamenti attoriali che sembrano annullare irreparabilmente la specificità della comunicazione politica. Scherza, gesticola, imita, corre per strada inseguito dalle telecamere e rivolge una raffica di domande retoriche alla folla ricevendo sempre le risposte prefissate secondo un copione. Svuotata di ogni senso la politica ridotta a chiacchiericcio del tutto irriflessivo, per il ritrovamento dei significati pubblici bisogna rivolgersi altrove, al mondo dell’azienda, del denaro, degli interessi particolari. Il nichilismo del comico, che sbeffeggia la rappresentanza politica tradizionale, evoca dunque l’aziendalismo di un imprenditore che si propone agli elettori come il supremo decisore monocratico infastidito dagli stanchi riti della separazione dei poteri.
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Il commercio al dettaglio in Europa: via alta o salari bassi?
Il commercio al dettaglio costituisce ormai una componente principale di tutte le economie occidentali. Nel 2002 questo settore copriva il 9 per cento del totale della forza lavoro nell’Unione Europea a 25; negli Stati Uniti, nel 2005, la quota era pari al 13,4 per cento dell’occupazione del settore privato. Nei cinque paesi che sono stati oggetto dello studio internazionale, di cui qui riepiloghiamo i risultati, il Regno Unito aveva la percentuale più alta, col 10,5 (dati 2002), seguito da Olanda (8,8 per cento), Germania (8,6), Danimarca (7,1) e Francia (6,4). ...
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Il conflitto nel lavoro in Italia dal 1994 al 2021: l’ipotesi del Social Movement Unionism
Questo studio si concentra sull’analisi della mobilitazione sindacale in Italia negli ultimi tre decenni utilizzando la metodologia Protest Event Analysis (Pea), alla luce del concetto di Social Movement Unionism emerso dalla contaminazione del campo delle relazioni industriali con quello dei movimenti sociali. I risultati indicano che i sindacati tendono a impegnarsi in un lavoro di ridefinizione dell’identità collettiva, includendo attori sociali marginali, adottando nuove forme di espressione collettive e ampliando il loro frame al di là delle questioni lavorative e dei confini nazionali, quando coordinano la loro protesta in coalizione con altri attori sociali. In particolare, i sindacati di base sono più propensi a catalizzare il Social Movement Unionism più dei sindacati confederali. Questa discrepanza ha implicazioni significative per l’inclusività sociale delle proteste e per la rivitalizzazione dell’identità sindacale.
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Il conflitto sociale
15.00
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Per millenni ogni forma di discordia è stata considerata una patologia del «corpo politico». Ma attraverso il conflitto sociale i soggetti discriminati e subalterni hanno espresso i propri bisogni e le proprie istanze, rivendicando libertà, inclusione, uguaglianza, riconoscimento delle proprie identità. Nel corso del Novecento la società si è divisa in campi separati dalla loro posizione nell’ambito della produzione e lungo questa linea si sono articolate le differenti dimensioni del conflitto, che si è rivelato fattore di coesione sociale, condizione della democrazia e dei diritti.
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Il conflitto sociale in India. Mobilitazione sindacale e movimento anti-neoliberista
Negli ultimi due anni un’ondata di conflitti sindacali ha investito il subcontinente indiano. Gli scioperi generali nazionali che si sono tenuti nel febbraio 2012, e un anno dopo nello stesso mese del 2013, hanno visto la partecipazione di circa 100 milioni di lavoratori in ambedue le occasioni. Si è trattato, secondo molti osservatori, degli scioperi più grandi mai registrati nella storia del movimento operaio. Alle origini del conflitto ci sono le politiche neoliberiste seguite dai governi negli ultimi venti anni, che hanno portato a uno sviluppo economico che ha favorito solo una parte minoritaria della popolazione, seguito da una crisi che in tempi recenti ha fortemente danneggiato tanto il ceto medio quanto la classe operaia e gli agricoltori. Il saggio ricostruisce i mutamenti avvenuti nel sistema di relazioni industriali e nella negoziazione collettiva in India, e le modalità con cui si sono tenuti gli imponenti scioperi generali dell’ultimo biennio, a partire da una piattaforma rivendicativa sindacale di ispirazione decisamente antineoliberista.
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Il conflitto sociale [EBOOK]
11.99
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Per millenni ogni forma di discordia è stata considerata una patologia del «corpo politico». Ma attraverso il conflitto sociale i soggetti discriminati e subalterni hanno espresso i propri bisogni e le proprie istanze, rivendicando libertà, inclusione, uguaglianza, riconoscimento delle proprie identità. Nel corso del Novecento la società si è divisa in campi separati dalla loro posizione nell’ambito della produzione e lungo questa linea si sono articolate le differenti dimensioni del conflitto, che si è rivelato fattore di coesione sociale, condizione della democrazia e dei diritti.
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Il confronto tra i cittadini come condizione e misura di progresso e coesione sociale. L’esperienza del Consiglio d’Europa
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