• L’autore parte da una considerazione assai positiva del lavoro di Colin Crouch, specie per quanto riguarda la serie di argomentazioni che confutano la superiorità della varietà di capitalismo nordamericana e anglosassone rispetto a quella europea influenzata da sindacati forti e partiti di estrazione socialista democratica. L’autore poi rileva che Crouch, però, non trae dal suo ragionamento tutte le conseguenze utili per la sinistra democratica europea. Ad esempio, Crouch sembra postulare che, anche se la sinistra europea deve liberarsi dell’eredità blairiana, essa è ormai comunque neoliberale (anche se progressista). L’autore elenca una serie di ragioni storico-critiche, teoriche e metodologiche per cui invece è vitale riprendere il cammino del socialismo europeo. Per quanto in modo ovviamente fortemente rinnovato.
  • La trasformazione dei sistemi economici più avanzati da economie industriali basate sulle industrie manifatturiere ad economie della conoscenza impone una revisione radicale dei fondamenti della politica industriale. Il carattere della conoscenza come bene collettivo e il ruolo pervasivo e tuttavia aleatorio delle complementarità e delle esternalità, indispensabili alla sua generazione, richiedono interventi di politica industriale volti a favorire l’organizzazione della complessità, attraverso il sostegno all’emergenza di coalizioni di innovatori.
  • La partecipazione dei lavoratori e la democrazia industriale, nonostante i tentativi del passato, costituiscono un nodo irrisolto dentro il sistema italiano di democrazia industriale. Per questa ragione nell’articolo viene proposta una nozione di «partecipazione incisiva», che prevede, a livello d’impresa, un sistema decisionale centrato su vari elementi di regolazione bilaterale. La tesi degli autori è che questa ipotesi sia rilevante non solo per ragioni di democrazia o di giustizia sociale, ma anche perché essa coincide con gli interessi degli imprenditori a migliorare la competitività, e più in generale con gli interessi dell’intero sistema economico a vedere accresciuta la sua capacità di innovazione.
  • Nelle pagine che seguono proveremo a impostare un discorso – sicuramente parziale – sull’intervento dello Stato in economia e la natura del welfare state. Discuteremo, in particolare, le proposte di introduzione di un reddito di esistenza e di riduzione di orario di lavoro, mettendole a confronto con una prospettiva incentrata invece sulla socializzazione dell’investimento e su un piano del lavoro, in un’ottica orientata ad una piena occupazione degna di questo nome. Nel nostro ragionamento, che muoverà sullo sfondo della dinamica capitalistica dal «fordismo» al neoliberismo e alla crisi attuale, ci muoveremo integrando la questione di classe con quella di genere.
  • Il testo approfondisce quattro temi: Quale è la caratteristica tecnica generale della governance fiscale europea? Quale è il ruolo della visione tedesca in questa governance? Quali è la natura e quali i limiti di una regola fiscale, esterna (al processo democratico) e di natura numerica? Come si presenta in questo momento il focus della costruzione europea? In conclusione, l’autore ripropone i punti cruciali sui quali, a suo avviso, far leva per costruire un nuovo focus idoneo a ridare prospettiva e respiro al progetto europeo: la banca centrale europea deve essere pronta ad agire come prestatore di ultima istanza, quando il panico degli investitori mette a rischio il funzionamento dei mercati finanziari; il Fiscal compact deve essere modificato, compattando le politiche di bilancio su una nuova linea che tenga fuori dall’equilibrio di bilancio le spese di investimento, cofinanziate e comunitariamente certificate, e le nettizzi dal calcolo del pareggio strutturale (Mto).