• Mentre il fenomeno del disagio lavorativo risulta in continua e forte crescita nelle aziende sia pubbliche sia private, su di esso si è andata invece registrando una progressiva e preoccupante caduta dell’attenzione generale. Sempre meno se ne discute nei convegni, non se ne occupano quasi più i mezzi di informazione e la stessa opinione pubblica sembra diventata pressoché indifferente. Tutto ciò mentre il mondo del lavoro in questi anni è cambiato profondamente e quasi sempre in peggio per la condizione dei lavoratori, con un corrispondente aumento anche delle patologie fisiche e psichiche correlate al disagio lavorativo. L’autore, studioso da sempre impegnato su queste tematiche, in questo nuovo volume amplia e approfondisce la trattazione della materia, soprattutto aggiornandola sulla base della mutata realtà e dei numerosi innovativi sviluppi normativi, giurisprudenziali e dottrinali avutisi in questi ultimi anni. Vengono inoltre riportati nel volume degli utilissimi «Quadri riassuntivi» delle varie partizioni del testo, che hanno peraltro una propria valenza autonoma in quanto, letti in successione, costituiscono essi stessi un testo più snello, adatto in particolare ai lavoratori per riconoscere il mobbing, lo straining e lo stress lavoro-correlato e sapere come comportarsi. Testo d’altra parte utile agli stessi «addetti ai lavori» per una ricapitolazione veloce della materia.
  • L’androgino è uno degli archetipi che hanno formato la storia dell’umanità; il libro indaga sulla figurazione attuale di un mito che ha attraversato i secoli e le culture più diverse. Il tema dell’androgino oggi descrive una tendenza che, nelle sue più differenti espressioni, si sta rivelando molto presente. Le autrici e gli autori del libro colgono l’androginia nelle sue esplicite presenze, nella politica, nella moda, nello spettacolo, nei differenti linguaggi culturali, letteratura, arte, cinema e altro ancora, ma anche negli stili di vita, nelle scelte personali, relazionali e culturali. L’androgino è tra noi: immagini tradizionali di femminilità e maschilità vengono continuamente erose e nello stesso tempo esasperate, esibite, proposte a modello; le vite di donne e uomini si avvicinano, condividono spazi e tempi in forme impensabili per il passato; si moltiplicano le ricerche di identità sessuali, che rifiutano ogni stabile definizione, propongono l’ambiguità o l’ambivalenza come scelte di vita, mescolano ironicamente i modelli, si mostrano ormai refrattarie a ogni integrazione univoca e binaria. E al contempo viene messa in discussione una possibile onnipotenza dell’androgino sul proprio corpo. Differenti punti di vista si confrontano con queste tendenze: dal pensiero femminista, alle nuove riflessioni maschili, al pensiero lesbico, gay e queer.
  • Gli stupri di massa e le violenze sessuali nei conflitti armati sono stati e sono tuttora una potente e strategica arma di guerra per terrorizzare e distruggere il nemico – o l’‘etnia’ considerata ‘nemica’ – violando, umiliando, annientando ‘le donne del nemico’ e la comunità di appartenenza. Le autrici e gli autori del libro affrontano il tema con un approccio interdisciplinare e di genere. Solo dopo le guerre nella ex Jugoslavia e in Rwanda il reato viene definito ‘crimine contro l’umanità’: nel libro si analizzano gli statuti e la giurisprudenza dei tribunali penali internazionali, dei sistemi regionali di tutela dei diritti umani e l’esperienza della Corte penale internazionale. Se ne ripercorre la storia fino alla ‘terrificante modernità’ dell’oggi: dalle dominazioni coloniali al genocidio armeno, alle ‘marocchinate’ e alle ‘mongolate’ nell’Italia della Seconda Guerra Mondiale; e poi la ex Jugoslavia, il Rwanda, la Palestina, la Somalia, la Nigeria, l’India, la Birmania, il Darfur e le terre curde occupate dall’ISIS; l’America Latina. Ed anche gli ‘stupri di pace’ ad opera delle cosiddette forze di peacekeeping. Si considerano le teorie scientifiche e di ‘senso comune’, le conseguenze psico-sociali e sanitarie, le metafore nella storia dell’arte e delle immagini. Le iniziative di riscatto e di denuncia delle donne colpite e dei movimenti femministi. Vengono sintetizzati i risultati del progetto Lungo la Linea Gustav: le vittime delle violenze e dell’oblio – del quale la pubblicazione è parte integrante – e gli elaborati degli studenti e delle studentesse che vi hanno partecipato. Autrici e autori: Giusi Ambrosio, Pauline Aweto, Fabrizio Battistelli, Sabrina Bettoni, Ilaria Boiano, Patrizia Cecconi, Francesca Declich, Laura Fano Morrissey, Marcello Flores, Marina Forti, Daria Frezza, Maria Grazia Galantino, Francesca Romana Koch, Flavia Lattanzi, Nicolette Mandarano, Paolina Massidda, Arin Milano, Valentina Muià, Monica Musri, Patrizia Salierno, Ozlem Tanrikulu, Gianni Tognoni, Vittoria Tola, Chiara Valentini. All’interno immagine dell’opera Tormento di Giuliano Giuliani realizzata per il progetto. CON IL PATROCINIO DEI COMUNI DI AMASENO, VALLECORSA E VILLA SANTO STEFANO.
  • Due professoresse e tre professori di Diritto del lavoro, una giudice del lavoro, una dottoranda e una studentessa: donne e uomini che partono dalla loro differenza sessuale per raccontarsi al lavoro e avanzare proposte, narrandoci le loro capacità e competenze, nonché affetti, parole, socialità e attenzione per gli altri. Relazioni da cui ricavare felicità ma anche disagio, piccole vittorie, acquisizione di consapevolezza di sé. Ci addentriamo così nelle contraddizioni che nascono dal portare un corpo al lavoro, senza separare la sfera relazionale da quella professionale, come propone anche il Manifesto «Immagina che il lavoro», scritto dal Gruppo lavoro della Libreria delle donne di Milano, con il quale si apre un dialogo da parte di alcuni giuslavoristi, continuando una fruttuosa – e difficile – discussione che «inquina» il lavoro e il diritto con la vita.
  • Debito e colpa

    14.00 
    «Austerità» è stata la parola d’ordine che ha prevalso nelle politiche economiche europee degli ultimi anni guidate dal «modello tedesco», promotore di una visione «colpevolizzante» dei paesi indebitati. Ma cos'è il debito? Uno strumento della governance globale. Il debito generalizzato non è altro che la manifestazione di una forma di potere capillare, non solo coercitivo e repressivo, fondato su un sistema di esclusione in cui Stato e mercato sono coimplicati. «L’indebitamento non è semplicemente una condizione da emendare. È uno stato che viene continuamente riprodotto e alimentato perché è ciò su cui è possibile investire unicamente oggi. Un debito infinito che proviene da forme ossessive di consumo». La questione del debito è sempre più di scottante attualità. Elettra Stimilli intende mettere a nudo i nodi teorici contenuti nella relazione semantica tra “debito” e “colpa”, attraverso un confronto con i più recenti studi sul debito. Seguendo la scia di ricerche già note – come quella classica di Max Weber o quella più recente di Michel Foucault – e ritornando sulle profetiche parole di un frammento di Walter Benjamin sul capitalismo come «culto indebitante», questo lavoro intende collocare il problema del debito in un contesto più articolato rispetto a quello strettamente tecnico della scienza economica, nel tentativo di condurre un’indagine in cui l’economia riacquisti il respiro più ampio che le spetta. Le forme di consumo illimitato basate sull’indebitamento privato sono diventate per lungo tempo il motore principale dell’economia americana, e non solo. Dal 2009, quando la crisi aveva ormai chiaramente coinvolto l’economia globale, si è poi assistito a una progressiva e gigantesca trasformazione: i problemi inizialmente legati a un inedito aumento del debito privato hanno coinvolto il debito pubblico di molti paesi economicamente avanzati. Fino ad arrivare ai debiti sovrani, l’ultimo stadio della “militarizzazione del capitalismo”. Se una forma di indebitamento planetario risulta alla base degli ingranaggi dell’economia mondiale, vale allora la pena chiedersi che cosa è in gioco in essa e perché la figura centrale che emerge ai nostri giorni è diventata quella del debito come colpa. Secondo l’autrice il paradigma del debito non è altro che un sistema in cui le soggettività vengono totalmente coinvolte: un dispositivo attraverso cui si esercita il potere neoliberista. La finanziarizzazione della vita quotidiana, ovvero la “democratizzazione” del credito, ha prodotto uno stato di indebitamento generalizzato che non è altro che il segno più evidente della violenza perpetrata da un sistema di potere e di esclusione. Ognuno è diventato “imprenditore di sé”, sia come lavoratore - o “risorsa umana” - sia come consumatore, diventando, così, debitore all’interno di un sistema che alimenta il potere assoluto del mercato. Il capitalismo è un culto che non consente espiazione, bensì produce colpa e debito (WALTER BENJAMIN 1921)
  • Gli scritti di Pietro Ingrao parlano una lingua viva, in grado di evocare, in modo diretto – e perfino sorprendente dopo venticinque anni – quei nessi con il presente che, su piani e in direzioni diverse, a seconda degli interessi e delle curiosità del lettore attento, fanno la trama dell’attuale e dell’inattuale. Diversi per genere, forma e destinazione, la maggior parte degli scritti raccolti in questo volume affronta i temi e le vicende che si svilupparono a partire dalla «svolta dell’Ottantanove», come venne allora chiamata, e che aprì ad anni densi di avvenimenti: dall’implosione dell’URSS alla guerra del Golfo, all’unificazione tedesca, sul piano internazionale; dalla fine del PCI alle inchieste giudiziarie sulla corruzione politica e agli effetti che esse ebbero nella scomposizione e ricomposizione dei partiti e del sistema politico italiano, all’affermazione del neoliberismo in ambito economico-sociale. Gli argomenti del libro – e specialmente le valutazioni sulla fine del Partito comunista italiano – sollevano questioni tuttora controverse sia in ambito di giudizio politico, sia riguardo a una valutazione di ordine storico e culturale.
  • Ci sono tante storie, dentro la storia dell’Alfasud di Pomigliano d’Arco. Il breve sogno industriale di Nicola Romeo, ma soprattutto la parabola dell’intervento pubblico in Italia: dalla nascita dell’IRI alla fine delle Partecipazioni statali, e poi ancora fino alla grande stagione delle privatizzazioni. Ci sono i tanti sforzi – e i tanti errori – per modernizzare il Mezzogiorno. C’è un secolo di industria e di politica: di tayloristi e fordisti, da Gobbato a Luraghi; di democristiani e comunisti, da Leone a Moro, da Berlinguer a Prodi. C’è un secolo di società italiana: dal grande boom al conflitto operaio, dal liberismo all’italiana fino all’ultima grande crisi. Questo saggio prova per la prima volta a tracciare un profilo complessivo della storia di Pomigliano, che non può essere ricostruito solo attraverso documenti d’archivio. Il dibattito che accompagna da sempre questa grande fabbrica del Mezzogiorno impone infatti di sfogliare cronache e studi, ascoltare protagonisti del mondo operaio e dell’industria, della politica e del sindacato. Per capire che questa non è una storia «meridionale», ma una grande storia italiana; e che riguarda il futuro, molto più del passato.
  • Il bilancio sociale è lo strumento attraverso il quale le imprese danno conto agli stakeholder del livello della loro responsabilità sociale. Per molti è un documento che risponde a una necessità di comunicazione e punta a costruire una buona immagine dell’azienda, per altri serve a migliorare la gestione interna rendendola più consapevole e trasparente intorno alle finalità da raggiungere, per altri ancora è un modo per misurare la coerenza del proprio operato rispetto alla mission che ci si è data. Il sindacato, stakeholder che rappresenta alcuni tra i destinatari principali della rendicontazione sociale (i dipendenti dell’impresa ma anche la comunità più in generale), dopo una fase di iniziale cautela sull’argomento, ha scoperto tutte le potenzialità del bilancio sociale e moltiplicato le occasioni di studio e discussione. Il testo – più volte citato nella letteratura delle discipline economico-aziendali italiane ed utilizzato in diverse università e corsi formativi – illustra i concetti fondamentali della responsabilità sociale e dell’accountability, approfondisce la teoria degli stakeholder, ricapitola i passaggi essenziali della storia del bilancio sociale, in particolare in Italia dove nell’ultimo decennio ha conosciuto un positivo e forse inatteso sviluppo. E suggerisce come il sindacato possa farne un uso corretto, sia per arricchire i contenuti della propria contrattazione sia per rendicontare ai propri stakeholder (gli iscritti e tutti i lavoratori) la propria missione, gli obiettivi assegnati, l’attività realizzata, i risultati raggiunti.
  • Uomini e navi

    12.00 
    Questo libro a più voci sulla storia del porto di Genova intreccia diverse componenti di racconto: il cantiere, i suoi uomini e le sue navi, le politiche governative e la legislazione, le scelte imprenditoriali, ma anche le tante trasformazioni dell’Italia nell’arco di un secolo. Scritto con lucidità e passione documentaria e civile, Uomini e navi aggrega più registri: cronaca giornalistica, notazione politico-economica, reportage, racconto sociale, dando voce ai lavoratori portuali che sono stati i veri protagonisti di queste vicende, sin dai tempi dei fondatori del cantiere Taylor e Prandi a metà Ottocento. Con un’ampia partitura composta dalle testimonianze dei protagonisti, ognuno dei quali narra e fotografa un’epoca – da Amleto Valenti, assunto negli anni trenta e delegato sindacale della Fiom, al beatnik Pietro Apostoli, diventato comunista alla Fincantieri, fino a Eugenio Restani, cassaintegrato che racconta la crisi e il declino industriale –, Alessandra Fava ricostruisce un pezzo di storia della cantieristica italiana, tra epica novecentesca, memorialistica operaia e disincanto del presente. «Quando la “Costa Magica” si è scostata dal bacino ho provato, per la prima volta nella mia vita lavorativa, una punta di orgoglio e mi sono sentito accomunato a tut te le generazioni di costruttori di navi che mi avevano preceduto. Io appartengono al secolo scorso, la mia speranza è per i più giovani, per i loro sogni e perché possano costruire le navi più belle del mondo». (Eugenio)
  • La governance

    12.00 
    Il libro è risultato tra i finalisti del Premio Nazionale di Editoria Universitaria 2016 Dalla governance globale a quella dell’università, dal la governance d’impresa alla governance dei servizi pubblici, il dibattito politico è ormai segnato dal persistente riferimento a un oggetto oscuro e sfuggente che lascia nell’ombra il «chi» governa «cosa» e «come». Quando si usa la parola governance, sembra si voglia intendere che le cose devono governarsi da sé, magari per favorire un processo di riduzione del ruolo dello Stato e del peso della dimensione pubblica. In questo libro sono tratteggiate le caratteristiche di un «discorso politico» che non solo descrive alcune importanti trasformazioni della forma dello Stato e della relazione tra pubblico e privato, ma propone modalità nuove di governo e di autogoverno delle comunità umane. Collocata nell’odierno dibattito intorno al rapporto tra politica ed economia, la governance che emerge dai documenti istituzionali internazionali svela il volto oscuro di un inedito primato dell’economia sulla politica.
  • I Fondi Interprofessionali svolgono un ruolo fondamentale nella governance della formazione continua, nel favorire la crescita della domanda di formazione non solo in termini quantitativi ma soprattutto qualitativi. Il testo ripercorre i principali snodi che, in alcuni Paesi europei (Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito), hanno costituito la base per la costruzione di un sistema di formazione continua, differenziandosi a seconda di vari fattori, quali: l’assetto istituzionale e la struttura del sistema di istruzione e formazione; l’approccio al mercato, all’organizzazione del lavoro e alle risorse umane; il ruolo e la forza delle organizzazioni di rappresentanza, evidenziando il ruolo delle parti sociali. A partire dai dati riportati nel XIII Rapporto ISFOL sulla formazione continua vengono evidenziati alcuni punti utili per orientare l’attività di contrattazione della formazione, in termini di accesso alla stessa, di definizione dell’idea di sviluppo economico, sociale e professionale che intende contribuire a generare, di superamento delle disuguaglianze sociali. Viene inoltre ripercorso il lavoro svolto dall’Unione Europea nell’incentivare l’impulso alla formazione continua e quello svolto dai sindacati italiani, in particolare la CGIL, nel promuovere progetti tesi a diffondere una cultura della formazione, anche attraverso gli accordi che hanno condotto alla costituzione dei Fondi Interprofessionali. Dal quadro presentato emergono delle linee di indirizzo utili per pianificare interventi volti allo sviluppo dei saperi professionali. Emerge, inoltre, l’urgenza di una riflessione su come, nel riconoscimento degli apprendimenti in esito da percorsi di formazione finanziata, i Fondi Interprofessionali si raccorderanno coi sistemi di certificazione regionali, nazionali ed europei.