• Il volume racconta il lavoro nei call centres in una prospettiva comparativa europea. Il quadro che emerge è certo più complesso di quello presentato dalle cronache dei giornali. Sono presenti infatti in questo segmento di mercato del lavoro un’ampia varietà di skills, forme organizzative, pratiche di lavoro, forme contrattuali. Anche i diversi profili professionali mutano in relazione alle attività svolte nel call centre: "numeroverdisti", intervistatori telefonici, televenditori, addetti all’assistenza clienti, addetti al recupero crediti, consulenti finanziari e, in prospettiva, sempre più web call centres operators. Sebbene i numerosi call centres diffusi nei diversi paesi europei presentino un alto tasso di diversificazione, alcune problematiche e aspetti critici mostrano una non casuale ricorrenza. Dall’alto indice di presenza femminile che rischia di configurare una nuova forma di segregazione femminile, all’uso di una flessibilità sfrenata, a un elevato turn over. La serialità del lavoro, lo stress e l’assenza di prospettive di carriera sono i motivi che, più frequentemente, spingono i lavoratori ad andarsene, rendendo ancora più difficile la presenza e l’esercizio di azioni di tutela da parte del sindacato. La complessità di tale contesto di riferimento offre l’occasione per proporre delle linee guida che orientino l’azione del sindacato all’interno di questi ambienti di lavoro. Se ne deduce così che il sindacato dovrebbe adottare strategie innovative che, combinando le tecniche tradizionali con i moderni strumenti di marketing, possano rispondere alle esigenze dei lavoratori delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
  • La Costituzione italiana ripudia la guerra. Eppure nell’ultimo decennio i conflitti bellici, ai quali l’Italia ha preso parte, sono aumentati con ritmo crescente. Fino alla recente missione militare in Afghanistan. Quali sono le ragioni dell’eclissi del dettato costituzionale? Come vengono prese le decisioni che hanno consentito in questi anni la partecipazione italiana alle nuove guerre? I bombardamenti americani possono essere considerati un’azione di legittima difesa? Quale sarà la sorte dei diritti costituzionali, oggi messi duramente alla prova dalle politiche di emergenza adottate in molti paesi occidentali? Che cosa è avvenuto a Guantanamo? Perché l’Onu è in crisi? Riproponendo i principali percorsi di riflessione del pensiero giuridico, il libro ricostruisce i vincoli posti dal diritto costituzionale interno e internazionale all’uso della forza, per poi affrontare alcuni nodi di carattere teorico indispensabili per comprendere la controversa natura delle nuove guerre: il richiamo alla guerra giusta, il rapporto tra guerra e diritti, il concetto di impero, il confronto tra la civitas maxima di Kelsen e il mondo pluriverso di Schmitt.
  • Attraverso la tecnica degli interrogativi e delle risposte, il libro fornisce una informazione compiuta della"questione kurda", rintracciandone le radici storiche, politiche, culturali, e correggendo le molte distorsioni che anche il difficile reperimento di fonti affidabili è venuto via via producendo. La ricostruzione della storia politica del Kurdistan - assieme alla disamina della sua geografia, della sua economia, dell’origine del popolo kurdo, della sua lingua e della sua cultura - conduce così al bivio oggi più che mai aperto per la questione kurda: la realizzazione dell’indipendenza nazionale o, in alternativa, la continuazione del dominio turco, persiano e arabo su quel popolo e sul suo territorio diviso. Eppure dalla soluzione della questione kurda passa anche la realizzazione di molte delle condizioni necessarie per restituire stabilità e pace all’intero Medio Oriente, e per dare risposta a grandi problemi concreti dell’intera regione, come quelli relativi al crescente contrasto sulle fonti idriche rispetto al quale il Kurdistan, da dove scaturiscono i principali corsi d’acqua, ha un’importanza strategica. Questa esigenza appare oggi più avvertita in primo luogo fra le forze politiche dell’Europa, e molti sono anche i fattori nuovi, interni alla regione kurda e internazionali, che premono - com’è negli auspici dell’autore - per il rispetto dell’identità nazionale del popolo kurdo e del suo diritto all’autodeterminazione, per la realizzazione di un sistema politico democratico e pluralista di base e garanzia alla costituzione di uno Stato kurdo sovrano e indipendente.
  • Poche discipline hanno avuto uno sviluppo rapido come quello della biologia contemporanea. La conseguenza è che si è compresa in pochi anni la natura del materiale genetico che determina l’essenza di tutti gli organismi viventi: il Dna. Ne conosciamo, quasi all’improvviso, la struttura, l’organizzazione, i meccanismi di autoriproduzione. Ne abbiamo compresa la qualità essenziale: quella di essere allo stesso tempo materia chimica inerte e materia vivente (il Dna si riproduce, si accresce, muore). La rapidità di queste scoperte ci ha impedito di acquisire fino in fondo consapevolezza che la natura degli organismi (e quella dell’organismo che ci interessa di più, l’Homo sapiens) è natura autocodificata, autogenita, autoreplicante. La lezione di libertà esistenziale che ne deriva, lungi dall’essere diventata patrimonio della cultura comune, non è ancora filtrata attraverso le coscienze. Entrambi i fatti (la autocodificazione e la mancanza di coscienza di questa autocodificazione) meritano una riflessione. Merita anche attenzione il fatto che, una volta decifrato il codice e capito come questo codice è fisicamente organizzato, l’Homo sapiens ha immediatamente iniziato a manipolarlo. Guardandoli con un minimo di prospettiva, suggerisce il libro, i dubbi, le moratorie, le proibizioni sembrano destinati a durare poco.
  • Con il II Rapporto, l’Ires conferma l’impegno di procedere al costante monitoraggio sugli scenari e le dinamiche del lavoro e dell’impresa nel Mezzogiorno. Quest’area, pur sperimentando nel corso della seconda metà degli anni novanta una spinta propulsiva in grado di innescare una favorevole dinamica del Pil, non è riuscita a eliminare i fattori di debolezza strutturale che la caratterizzano (gravi carenze infrastrutturali, un insufficiente assetto produttivo, un minor grado di apertura al commercio internazionale e interno, una significativa presenza della criminalità organizzata e così via). La ripresa risulta oggi frenata sia da una congiuntura economica sfavorevole, sia dall’incapacità da parte dell’attuale governo di attuare una strategia in grado di produrre una svolta di qualità nel governo dell’economia. Nel realizzare il presente Rapporto l’autore si è posto due differenti obiettivi: da un lato, fornire un quadro sintetico delle principali tendenze economiche che hanno interessato il Mezzogiorno nel corso degli ultimi anni; dall’altro, fotografare - con l’ausilio dei principali dati statistici disponibili - l’assetto economico-produttivo attraverso il quale il Sud si dispone ad affrontare la sfida dell’ampliamento dell’Unione europea.
  • Nei metalmeccanici fiorentini, lungo i decenni del dopoguerra e attraverso le diverse modalità produttive del territorio, si sono intrecciati in vario modo mito e realtà della categoria, mestiere e sindacato, identità professionale, cittadina e territoriale, politica e culturale. Il convegno promosso a Firenze dalla Fiom Cgil e dall’Associazione Biondi Bartolini, l’8 ottobre 2001, sul tema "Metalmeccanici fiorentini del dopoguerra" ricostruisce un complesso tessuto di relazioni industriali in aziende grandi, piccole e medie, e illustra un’ampia articolazione generazionale, sindacale e politica della figura operaia e tecnica, ripercorrendo la memoria storica sia con un approccio classico sia attraverso testimonianze altamente significative di quadri e di protagonisti delle diverse stagioni contrattuali. L’esame dell’attività della Fiom (ma anche della Fim e della Uilm) e delle sue radici storiche, ideali e d’identità, che si incentra sui casi della Galileo e della Pignone, particolarmente collegati alla storia fiorentina e alla vicenda nazionale, si estende al tessuto metropolitano rivelandone la vitalità storica. L’equilibrio tra coscienza operaia, identità sindacale e militanza politica, animato da una grande dialettica tra le varie componenti politiche e ideologiche - aree "di sinistra", partiti tradizionali, sindacato "di classe", Acli, altri sindacalismi cattolici e laici - ruota soprattutto intorno a un asse, il principio dell’autonomia sindacale in un possibile contesto unitario.
  • "Dalle pagine del libro emerge l’enorme patrimonio di valori comunitari, di culture antropologiche e professionali, di correnti ideali e politiche che questo comparto del mondo del lavoro ha espresso per oltre un secolo. La ricerca evidenzia inoltre il ruolo del sindacato nella definizione, nella difesa e nello sviluppo di un forte senso di appartenenza e di una radicata identità territoriale, fondata sui princìpi della giustizia sociale, dell’uguaglianza, della libertà: in sintesi sui princìpi della democrazia" (Sergio Cofferati). "L’antifascismo intransigente e le culture libertarie sono elementi ben presenti in questa ricerca, in considerazione del fatto che hanno fortemente influenzato la stessa vicenda sindacale. Donne e uomini delle miniere hanno immolato la loro vita nella lotta e nel lavoro, o sono caduti vittime innocenti delle stragi, nelle prigioni fasciste. Qualcuno è morto in paesi lontani, oppure combattendo per la libertà di altri popoli" (Enzo Brogi). "Dall’analisi storica emerge una realtà complessa, segnata da intense lotte e da conflitti di classe aspri, che però non annullano, anzi producono le mediazioni e i compromessi che danno origine ai primi concordati e allo sviluppo della contrattazione collettiva; emerge inoltre un vero e proprio "modello" di sindacato, molto conflittuale, a volte estremo, ma sempre portatore di ideali egualitari, solidaristici, di riscatto e di giustizia sociale" (Adolfo Pepe).
  • Sono trascorsi più di vent’anni dall’epoca della guerra "sucia" perpetrata in Argentina dal 1976 al 1983. La dittatura militare, in nome della "Dottrina della sicurezza nazionale", predispose nei minimi particolari le forme di violenza e annientamento, anche psicologico, di un’intera generazione di giovani, studenti, operatori sociali, sindacalisti, giornalisti, religiosi, insegnanti, che si ricordano come i "desaparecidos", un termine emblematico che individua 30 mila esseri umani scomparsi nel nulla solo in Argentina. Senza contare quelli del Cile e di altri paesi che utilizzarono sistemi repressivi del tutto simili in un silenzio coperto da interessi e complicità multinazionali. Appellandosi all’articolo 8 del codice penale, dopo anni di denunce, indagini e inchieste della magistratura, dei parenti delle vittime e di molta stampa, finalmente nel 1998, con il parere positivo del Ministero di Grazia e giustizia, lo Stato italiano si è costituito parte civile e il 21 ottobre del 1999 si è, perciò, potuto avviare a Roma il processo in contumacia contro sette militari argentini accusati della morte di otto persone di origine italiana. Fra le vittime vi erano anche dei sindacalisti. Cgil, Cisl e Uil si sono costituite fra le parti civili del processo a sostegno dei parenti delle vittime. La sentenza del 6 dicembre del 2000 ha condannato i generali Carlos Suarez Mason e Santiago Omar Riveros all’ergastolo e a ventiquattro anni gli altri cinque militari. Il volume attiva un confronto a partire dai commenti del pubblico ministero Francesco Caporale, del penalista Giancarlo Maniga, dei rappresentanti di Amnesty Italia - attraversando i ricordi drammatici di tanti testimoni (fra cui Italo Moretti, le Madri e le Nonne di Plaza de Mayo, alcuni sindacalisti argentini) - per aprire, con i contributi di Sergio Cofferati, Emilio Gabaglio, Cesare Damiano, Enrico Calamai, Julio Godio, Antonio Papisca, Horacio Verbitsky, Gianni Tognoni e altri esperti, un ragionamento di prospettiva sulla globalizzazione dei diritti umani e sull’importanza di realizzare concretamente al più presto organismi transnazionali di giustizia internazionale. Nel libro vengono anche pubblicati integralmente i testi della sentenza italiana del 6 dicembre 2000 e del documento "Nunca mas", insieme ai riferimenti ai provvedimenti argentini dell’obediencia debida e dell’indulto.
  • Un team di sociologi ha monitorato per un anno la sperimentazione di telelavoro avviata all’interno del Servizio Info12 di Telecom Italia su duecento telelavoratori (saliti oggi a più di cinquecento), assunti a modello di un fenomeno che interessa oltre 10 milioni di europei e circa 20 milioni di americani, ed è in continua espansione. Oltre ai benefici per i lavoratori (riduzione del pendolarismo, equilibrio più soddisfacente tra vita lavorativa e sfera familiare e personale), l’indagine conferma i vantaggi per l’azienda: aumento della produttività dei lavoratori da casa, miglioramento dei rapporti con i capi, maggiore fidelizzazione all’azienda dei telelavoratori. Non va sottovalutato poi l’impatto positivo che il telelavoro ha avuto sul piano ambientale: ben il 60 per cento dei telelavoratori ha smesso di utilizzare l’auto per recarsi in ufficio, contribuendo in modo rilevante al benessere dell’ambiente. Ma, benché il telelavoro sia giudicato un’innovazione positiva anche dai manager, emergono segnali di incertezza dati da un sistema organizzativo - tipico di molte grandi aziende - ancora fondato su criteri di management tradizionali. L’intervista a un manager di Telecom Italia chiarisce come l’azienda è arrivata, superando questo tipo di resistenze, alla decisione di utilizzare il telelavoro, illustra le regole che sono state contrattate con il sindacato, anticipa le opzioni per il futuro.
  • Una sera di maggio del 2002, al Piccolo Teatro Paolo Grassi di Milano, è stata messa in scena una serata di memoria: la vita dei quattro fratelli Venegoni, che hanno rappresentato l’anima del movimento operaio e della Resistenza nell’intera Valle Olona. Nati a Legnano da famiglia proletaria ai primi del Novecento, operai in giovanissima età, impegnati nella costruzione del Partito comunista e della Confederazione generale del lavoro, perseguitati dai fascisti, partigiani, nella loro esistenza si riassume mezzo secolo di storia italiana nel periodo più tumultuoso e ricco di rivolgimenti, a cui Carlo, Mauro, Piero e Guido parteciparono sempre in prima linea. La loro vicenda esemplare è stata adattata per il teatro da Paola Cereda, con le musiche di Giampiero Marazza, e narrata da due interpreti d’eccezione: Moni Ovadia e Sergio Cofferati. La cassetta con la registrazione della serata è accompagnata dal testo della sceneggiatura, arricchita da immagini e foto d’epoca e introdotta da Moni Ovadia.
  • Oggi i concetti di giusta causa, giustificato motivo, licenziamento illegittimo, reintegrazione nel posto di lavoro sono frequentemente richiamati nei discorsi dei commentatori e degli uomini politici, ma non sempre con una conoscenza piena del loro significato. Il volume si propone di far acquisire, a chi voglia approfondire tali argomenti, una competenza su tutte le tematiche collegate al problema dell’estinzione del rapporto di lavoro - alla luce della più recente normativa e delle ultime interpretazioni da parte della giurisprudenza - comprese le deroghe all’articolo 18 previste dalla legge delega e dal Patto per l’Italia del 5 luglio 2002. Pur essendo rivolto, in particolare, a funzionari e delegati sindacali (nonché agli operatori giuridici e ai funzionari delle direzioni provinciali del lavoro), esso può quindi essere consultato anche dai semplici lavoratori, i quali - grazie a un linguaggio che si è voluto rendere il meno tecnico possibile - potranno ricavare dal testo le nozioni fondamentali in materia, eventualmente tralasciando le quasi cinquecento note dedicate invece a quanti vorranno verificare, confrontare e citare le fonti, nell’esercizio della propria specifica attività.
  • La disciplina dell’orario di lavoro, rimasta sostanzialmente immutata per oltre settant’anni, è stata oggetto di ripetuti interventi legislativi nell’ultimo quinquennio, a cominciare dalla riduzione dell’orario settimanale a quaranta ore e dalla nuova disciplina del lavoro straordinario e notturno. In precedenza il legislatore aveva introdotto sul piano pratico «forme nuove» di orario o di rapporto di lavoro (contratto di solidarietà, lavoro a tempo parziale), ma non aveva contribuito a cambiare le forme tradizionali, che si sono invece evolute attraverso lo strumento della contrattazione collettiva (nazionale e di secondo livello). L’opera propone un’analisi critica della disciplina positiva (nazionale e comunitaria) in materia di orario di lavoro e riposi, con particolare attenzione all’evoluzione della giurisprudenza.