• Oggetto dell’articolo è la deregolamentazione delle aperture dei negozi e il processo che ne è a monte. La ricerca empirica che ha portato a tali riflessioni ha lo scopo di indagare le trasformazioni dei tempi e dei ritmi del lavoro nel retail, oggi prevalentemente su turni, domenicale e festivo, nella vendita diretta in due note vie commerciali europee: Oxford Street a Londra e Corso Buenos Aires a Milano. La deregolamentazione delle aperture influenza la vita quotidiana e la rappresentazione del futuro di lavoratori e lavoratrici. È pertanto importante analizzare il processo di liberalizzazione del lavoro così come del consumo da un punto di vista sociologico: due facce della stessa medaglia e due gruppi di interesse connessi e portatori di istanze conflittuali.
  • Lavoratrici e lavoratori domestici e assistenti familiari sono un esercito. Presidiano le case di moltissime famiglie, garantendo che siano pulite e accoglienti. Assicurano assistenza ad anziani e portatori di handicap. Tappano i buchi di un sistema di welfare carente. Fanno da zeppa a equilibri di coppia messi in crisi dalla difficoltà di ridefinire i ruoli di donne e uomini nella sfera familiare al crescere della partecipazione femminile al mercato del lavoro. Ma di quali diritti godono queste lavoratrici e questi lavoratori tanto importanti per il funzionamento della vita quotidiana? Frutto della collaborazione di studiosi con competenze diverse, questo libro ricostruisce il percorso che ha portato le lavoratrici e i lavoratori domestici a vedersi riconosciuti, seppur in ritardo e in modo parziale, diritti come ferie, tredicesima, contrattazione collettiva, ecc.: conquiste comunque importanti, alle quali pare però aver fatto spesso da contraltare l’allargarsi del ‘lavoro nero’. In questo scenario, gioca naturalmente un ruolo di rilievo la crescente presenza di immigrati. Il tema dei diritti di domestici e assistenti familiari sempre più s’intreccia, infatti, con quello dei diritti dei migranti. Ma si intreccia anche con il tema del welfare e dei diritti di chi, per trovare risposta al proprio bisogno di cura e assistenza, si avvale del loro lavoro. Il libro s’interroga, pertanto, su una possibile diversa organizzazione del lavoro domestico e di cura che assicuri maggiori diritti a colf e assistenti familiari e migliori prestazioni alle famiglie.
  • La transizione alla sostenibilità non è un processo indolore. Affermare che essa sarà possibile solo se si trasformeranno i sistemi di produzione e di consumo significa rimettere in discussione modelli culturali e sociali, equilibri economici e politici di enorme vastità e profondità. Non cogliere le implicazioni dirompenti di una simile affermazione può far comodo solo a quelle forze che non ne vogliono fare nulla. La Cgil, il sindacato italiano, non è tra questi. A dimostrarlo è la sua storia, dalla quale emerge la tensione sempre presente nel vivere il rapporto tra ambiente e lavoro. Una tensione, non priva di contraddizioni, che ha portato il sindacato ad avvicinarsi progressivamente, partendo dalle prime lotte per il diritto alla sicurezza nei luoghi di lavoro, passando attraverso l’odioso ricatto «O ambiente o lavoro», a un’idea di sicurezza più generale, tale da coinvolgere i luoghi delle attività produttive e il territorio, i lavoratori e i cittadini, come un fatto unitario e integrato. Per giungere infine a maturare l’orientamento che la qualità dello sviluppo, la sua sostenibilità, si misura con la capacità di garantire la sicurezza non solo ai lavoratori nei luoghi di lavoro, ma anche a tutti i cittadini nell’ambiente naturale. È questo un approdo che carica il sindacato di ulteriori responsabilità perché sarebbe ipocrita ignorare la strada che rimane ancora da fare per tradurre un indirizzo politico generale in una pratica quotidiana, condivisa e responsabile, di milioni di lavoratori e lavoratrici.
  • Se per un certo periodo il tema delle politiche di attivazione ha guardato principalmente all’integrazione con i servizi sociali, con la cura e conciliazione, con la formazione continua e professionale, oggi occorre allargare lo sguardo anche a quelle politiche che sono in grado di incidere sulla creazione diretta di occupazione per creare il giusto mix per il welfare di domani
  • L’articolo propone una parziale ricognizione della letteratura sui «lavoratori cognitivi». In assenza di una definizione univoca, molte sono le criticità ancora aperte, soprattutto per una più solida collocazione delle professionalità «cognitive» sul mercato del lavoro. Gli approcci considerati evidenziano le implicazioni che contrappongono le interpretazioni del fenomeno e le possibili strategie. Cercare di sottrarre il concetto di conoscenza e le aree semantiche contigue (immateriale, intangibile, innovazione e creatività) all’ambivalenza potrebbe contribuire a una più rigorosa sistematizzazione teorica.
  • Le trasformazioni del mercato del lavoro nel passaggio dalla fase fordista a quella comunemente nota come post-fordista hanno rappresentato negli ultimi anni il tema principale attorno al quale si è concentrata l’indagine sociologica e non solo. Uno dei principali limiti, tuttavia, di questa copiosa e interessante attività di ricerca è rintracciabile, almeno in Italia, nello squilibrio territoriale che l’ha caratterizzata. Alla vasta letteratura sul tema che ormai da anni accompagna il lavoro che cambia nelle regioni del centro e soprattutto del nord...
  • Questo libro nasce per celebrare i 100 anni del Sindacato ferrovieri italiani (Sfi), che venne fondato al congresso di Roma tenuto dal 26 aprile al 1° maggio 1907, unificando le precedenti organizzazioni della categoria. Dipendenti prima da poche grandi compagnie, poi, dopo il 1905, dall’azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, i ferrovieri erano lavoratori nuovi, addetti al progresso tecnologico e inquadrati in un ambiente «paramilitare» rigidamente gerarchico, rimasto quasi immutato negli anni e ben percepibile dai berretti gallonati in uso fino a poco tempo fa. Tutti questi aspetti contribuirono a sviluppare un forte sentimento di corpo e a legare i lavoratori alla loro organizzazione sindacale, caratterizzata da una gelosa autonomia dai partiti, ma al tempo stesso espressione di un settore molto politicizzato. Confluito nel 1980 in una più ampia Federazione lavoratori dei trasporti (Filt), lo Sfi nel corso della sua storia è stato sempre contrassegnato dal collegamento tra l’azione sindacale e l’identità professionale della categoria, divisa in un centinaio di qualifiche ma unita dalla comune appartenenza a una «grande famiglia». Il rapporto stretto tra la consapevolezza del valore del lavoro, l’identità del mestiere e le più vaste lotte del movimento operaio ha rappresentato una costante nei lunghi e vivaci decenni di vita sindacale dei ferrovieri, analizzati nei saggi del volume dagli antefatti ottocenteschi fino ai giorni nostri.
  • Perché l’enorme crescita di produttività nell’ultimo secolo non si è tradotta in un significativo aumento del tempo libero per gli esseri umani, e nel paese più ricco del mondo, gli Stati Uniti, si registrano addirittura negli ultimi decenni quantità più elevate di ore lavorate? Perché in Francia e in Germania leggi e accordi collettivi sugli orari di lavoro sono diventati carta straccia nel tentativo disperato di far fronte alla nuova competizione globale, mentre il lavoro straordinario continua la sua «crescita secolare», anche nelle più aggressive economie asiatiche?...
  • I saggi raccolti in questo volume riflettono su una problematica oggi assai dibattuta, a livello mediatico come accademico e istituzionale, ma poco indagata in modo approfondito: la relazione tra innovazione e occupazione. L’obiettivo della «piena e buona occupazione», questa la tesi di fondo del volume, va rilanciato proprio quando tanta incertezza grava sulle conseguenze della rivoluzione tecnologica in atto, mentre il capitalismo, lasciato a se stesso, si acconcerebbe alla jobless society, la «società senza lavoro». Si ripropone dunque la crucialità del tema degli investimenti e, insieme, del nuovo modello di sviluppo. La profondità della trasformazione è enorme e, di conseguenza, è decisiva la qualità delle istituzioni pubbliche che dovrebbero dirigerla. L’innovazione può e deve essere guidata, nei suoi indirizzi di fondo, dalla collettività, anche perché la diffusione delle nuove tecnologie coincide con un approfondimento delle diseguaglianze e una polarizzazione del potere senza precedenti. Si tratta anche di cogliere le straordinarie potenzialità che, tra tante difficoltà, la fase presenta. Le nuove tecnologie racchiudono forti istanze cooperative e aprono eccezionali «finestre di opportunità» che, anziché essere lasciate al solo capitalismo animato dalla volontà di consolidare i tradizionali rapporti di forza, possono essere attivate da una nuova politica industriale e, in generale, una nuova economia pubblica – così come pensata anche nel Piano del Lavoro – nonché utilizzate dal sindacato, intenzionato a rinnovare la rappresentanza sociale, la contrattazione, la partecipazione dei lavoratori, rilanciando un progetto di democrazia economica.