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Le ragioni per un Patto Sociale
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Le ragioni strutturali che giustificano la contrattazione nazionale
Semplificando, la contrattazione nazionale è parte della politica macroeconomica: serve a evitare che il naturale egoismo delle imprese, volto a massimizzare il profitto, e dei lavoratori, volti a massimizzare il salario, distrugga l’economia, l’occupazione, lo standard di vita. La contrattazione decentrata è invece politica microeconomica, perché anche applicata a un gran numero di imprese e di territori non implica nulla per l’economia nel suo complesso. Il declino della prima non serve a fare della seconda un successo, anche perché, in tempi di crisi, il prodotto per addetto, se cresce ora qui ora lì nella geografia imprenditoriale, in media non cresce: perciò non cresceranno nemmeno i salari. Il terreno è quello giusto per l’intervento dello Stato, ma ciò può avvenire solo se si riesce a battere il mercantilismo dei paesi nordici dell’Eurozona.
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Le rappresentanze e i diritti sindacali in azienda
25.00
€
L’attuale volume di Mario Meucci – già docente di Diritto del lavoro e di Relazioni industriali, con dirette esperienze direttive aziendali – tratta, in maniera aggiornata a tutt’oggi, le tematiche e le problematiche afferenti alla costituzione delle Rappresentanze sindacali in azienda, nella iniziale previsione Statutaria in forma di R.s.a. e nel successivo assetto delle R.s.u., costituitesi a seguito dell’Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 tra Confindustria e Intersind, da un lato, e Cgil, Cisl, Uil, dall’altro. Passando in rassegna quasi quarant’anni di giurisprudenza e riferendo le posizioni della dottrina, il libro si occupa, oltreché della costituzione degli organismi sindacali e di rappresentanza della base dei lavoratori nelle unità produttive – riconducibili all’art. 19 dello Statuto dei lavoratori, nella modifica discendente dal
referendum
popolare del 1995 –, dei relativi diritti, prerogative ed agibilità conferiti dal legislatore alle R.s.a. e, dalle Parti sociali in via pattizia, alle subentrate R.s.u. e ai loro dirigenti o componenti. Diritti ancora attuali che il legislatore codificò nel Titolo III della legge n. 300/70 (
Dell’attività sindacale
) e residualmente nel Titolo IV. L’autore evidenzia comeil processo di sostituzione delle R.s.a. con le R.s.u. abbia purtroppo mancato, in buona parte, l’obiettivo che i sottoscrittori dell’Accordo interconfederale del 20 dicembre 1993 si erano riproposti di conseguire. La concorrenzialità e gli antagonismi tra i promotori delle liste per l’elezione dei componenti della R.s.u. da parte della base dei lavoratori dell’unità produttiva sono purtroppo proseguiti e da ciò è disceso il nutrito contenzioso di cui viene dettagliatamente dato conto nel libro.
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Le rappresentanze sociali nell’era neo-populista. Organizzare la democrazia per organizzare la rappresentanza
Tutti i soggetti di rappresentanza collettiva sono scossi da una diffusa insoddisfazione di stampo populista, ma anche dall’emergere di nuove reti di auto-organizzazione. Mentre si accentua la crisi sociale dei partiti, i sindacati sembrano in grado di fronteggiare meglio le nuove sfide. Nel caso italiano essi ottengono migliori risultati sul piano della membership, che si consolida nonostante la crisi economica. Essi si sono mostrati anche più sensibili ad allargare strumenti di democrazia, anche partecipativa, come dimostrano i recenti accordi interconfederali (2011-2014). Ma per essere all’altezza della situazione debbono diventare più efficaci sul terreno dell’offerta di rappresentanza per i settori crescenti e meno protetti del mercato del lavoro.
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Le recenti riforme scolastiche e dell’università in Italia: uno sguardo critico
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Le regioni dell’egoismo
16.00
€
Quando si parla di «autonomia differenziata», tornata di stretta attualità dopo la vittoria della destra alle elezioni politiche del 25 settembre 2022, ci si riferisce alla possibilità – prevista dall’articolo 116 della Costituzione – di trasferire alle Regioni che lo richiedano, sottraendole allo Stato, potestà legislative e funzioni amministrative. Sulla base di questa norma Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna hanno rivendicato a partire dal 2017 l’attribuzione a sé stesse di maggiore autonomia nell’ambito di un numero esorbitante di materie tra quelle indicate nell’articolo 117 della Costituzione (istruzione e tutela della salute comprese), «con la garanzia – come spiega Maria Cecilia Guerra nel suo contributo al libro – di poter gestire quote crescenti di gettito erariale senza vincoli di solidarietà». «Un autentico shopping istituzionale», lo definisce il curatore del volume Mauro Sentimenti, tramite il quale in modo ideologico «si chiede solo perché è possibile chiedere», spesso senza alcuna valida giustificazione di merito. Il volume, composto dai contributi di diversi autori (Mauro Sentimenti, Maria Cecilia Guerra, Francesco Pallante, Francesco Sinopoli, Massimo Villone) propone una critica dettagliata alle richieste presentate dalle tre Regioni – ritenute in grado di colpire l’unità della Repubblica e aggravare le diseguaglianze territoriali – indicando come possibile via d’uscita una riforma degli articoli 116 e 117 della Costituzione.
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Le regole delle relazioni industriali: test per l’autoriforma
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Le relazioni industriali europee dopo la crisi. Verso un interventismo regolatorio post-democratico?
L’attuale programma di liberalizzazioni europee sta minando il consenso sociale che era alla base dell’integrazione europea. Le ripercussioni gravissime sui sistemi sociali e di r.i. nei paesi più in difficoltà. Il carattere a-democratico di queste politiche. La previsione, e la speranza, di un periodo di crescenti conflitti sociali contro questa politica di austerità, in grado di scardinare definitivamente il modello sociale europeo.
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Le relazioni industriali in Italia dopo l’autunno caldo tra cambiamenti epocali e occasioni mancate
L'autunno caldo segna uno spartiacque fondamentali nella storia delle relazioni industriali italiane. Pur avendo registrato un insieme di cambiamenti epocali destinati a segnare per circa un decennio i rapporti di forza nei luoghi di lavoro, non si stabilizzeranno mai in modo compiuto e non riuscirono a raggiungere standard europei. Gli esiti dell’autunno caldo – la stagione che più di tutte ha rafforzato la democrazia e la partecipazione nel nostro Paese – avrebbero potuto essere decisamente migliori
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Le relazioni industriali italiane e il modello mediterraneo
Analogie e differenze del sistema italiano delle relazioni industriali rispetto a quello dei maesi mediterranei. La mancanza di regole formalizzate come nostro tratto peculiare. Il forte riconoscimento, sia pure informale, di cui godono i nostri sindacato nell'arena politica e concertativa. Modelli di rappresentanza e contrattazione a confronto. Il caso Fiat e le trasformazioni degli assetti italiani. Quali prospettive comuni?
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Le relazioni industriali nell’Europa a 25 Stati
8.00
€
L'ingresso di dieci nuovi Stati nell'Unione europea e la prossima adesione di altri paesi dell'Europa centro - orientale sollecitano riflessioni sulla "tenuta" del modello sociale europeo. A tal fine sono utili analisi e comparazioni degli ordinamenti giuslavoristici e dei sistemi di relazioni industriali sia dei paesi di più antica tradizione comunitaria che di quelli di più recente e di prossima adesione all'UE. -Nel volume vengono analizzati e tra loro comparati gli aspetti più importanti dei sistemi di relazioni industriali dei quindici Stati già membri dell'Unione Europea e dei dieci che da poco vi hanno fatto il loro ingresso. -Nella prima parte si approfondiscono in particolare le differenti modalità di organizzazione delle parti sociali, la contrattazione collettiva e le forme di partecipazione dei lavoratori. Nella seconda parte vengono esaminati i cambiamenti intervenuti negli ordinamenti nazionali del lavoro nei diversi paesi, con particolare attenzione ai profili collettivi del rapporto di lavoro e alla disciplina del mercato del lavoro. -Insieme a quella che si manifesta tra i quindici Stati precedenti e i dieci recenti membri dell'Unione Europea, un'ulteriore distinzione appare in questo secondo gruppo fra i paesi dell'Europa centrale già a governo comunista e la diversa situazione di Cipro, Malta e Turchia, della quale ultima anche vengono esaminate le normative insieme a quelle degli altri paesi di prossima adesione.
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Le relazioni industriali: alcune questioni aperte
L’articolo sviluppa il dibattito sulle possibili riforme delle relazioni industriali in Italia in tre distinte ma collegate aree di discussione: la struttura della contrattazione collettiva, le modalità di partecipazione diretta dei lavoratori alle decisioni riguardanti l’organizzazione del lavoro in azienda, e il sistema di rappresentanza, collegato alla validità erga omnes dei contratti nazionali e aziendali. L’articolo sviluppa proposte in ciascuno di questi campi di indagine. Innanzitutto mostra come sia possibile riformare il sistema di contrattazione collettiva, lasciando al contratto nazionale il ruolo di determinare i salari minimi, con il contratto aziendale che determina invece la dinamica dei salari di fatto. In secondo luogo si auspica l’applicazione di un metodo di partecipazione diretta dei lavoratori all’organizzazione del lavoro che in qualche modo ricalca il modello duale tedesco, con la contrattazione che deve essere separata dalle pratiche partecipative.
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