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Come saremo nel 2030? La risposta a questa domanda dipenderà anche da come avremo esercitato il nostro ruolo in questi dieci anni, dal coraggio, dalla determinazione e dallo sforzo di immaginazione che avremo messo in campo. La sfida è economica, sociale e democratica e chiama in causa il ruolo del sindacato e della contrattazione. Bisogna mettere in discussione un modello di sviluppo basato sullo sfruttamento, sia dell’uomo che dell’ambiente. Se il mondo si trasforma, il sindacato si confronta con il mondo e propone modelli sociali ed economici imperniati sulla giustizia, basati sui diritti del lavoro e sui diritti universali della persona, con un ruolo centrale degli investimenti e della governance pubblica. I dieci anni delle transizioni, ecologica e digitale, potrebbero cambiare il mondo e necessitano di conoscenza, programmazione e audacia: su questo si misurano, in uno sforzo corale, esperti, docenti, categorie e confederazione.
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La pubblicazione dal titolo: Europa digitale. La sfida di un continente, nasce da una collaborazione tra l’Area delle politiche europee ed internazionali e l’Ufficio Progetto Lavoro 4.0, per realizzare un testo di raccolta dell’estesa normazione sul digitale da parte dell’Unione europea. Gli articoli, redatti da vari autori, spiegano brevemente e commentano i contenuti delle norme che negli ultimi anni hanno regolato la trasformazione digitale.
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Questa pubblicazione raccoglie i preziosi contributi che i diversi relatori hanno portato alla giornata di discussione promossa dalla CGIL il 20 gennaio 2023, dal titolo Tra autonomia differenziata e presidenzialismo, per un’altra idea di Repubblica fondata sul lavoro e la coesione sociale. Un titolo che fa sintesi dei tre pilastri, profondamente connessi tra loro, su cui si è voluta focalizzare la discussione: l’attuazione dell’art. 116, terzo comma della Costituzione – meglio nota come autonomia differenziata –, le ipotesi di presidenzialismo, semi-presidenzialismo o premierato – su cui la ministra per le Riforme istituzionali ha avviato confronti con tutte le forze politiche –, e la coesione sociale che verrebbe minata dall’attuazione di entrambe le proposte con il ridisegno di una Repubblica ben lontana da quella democratica fondata sul lavoro e garante dei diritti sociali fondamentali, nata con la Costituzione del 1948, che la CGIL intende difendere.
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Il libro Welfare: attualità e prospettive restituisce in modo completo e competente un quadro sull’attuale stato del nostro sistema di protezione sociale e sanitaria e allo stesso tempo porta il lettore a condividere la necessità che oggi occorra avviare una sua profonda riforma per renderlo più adeguato alle necessità dell’oggi, non solo come ambito di tutela e promozione dei diritti delle persone più fragili o in difficoltà, ma come presupposto stesso per lo sviluppo giusto del paese. In questa chiave l’articolo nella prima parte rafforza tale impostazione, anche mettendo in evidenza alcune direzioni di fondo su cui provare a declinare il percorso di rilancio e di riforma del sistema di welfare, mentre nella seconda parte, anche a partire dall’esperienza dell’autore, approfondisce il ruolo che la cooperazione sociale può giocare per partecipare in modo attivo e positivo a tale processo, rimarcando le sue capacità e per alcuni versi il suo essere indispensabile oggi nella garanzia delle pari opportunità di accesso ai servizi per tutte le persone. Ma, allo stesso tempo, esprimendo anche una severa autocritica alle derive che in questi anni hanno depotenziato e a volte svilito il ruolo stesso delle cooperative.
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L’Italia, come ben noto, è un paese ad elevato tasso di invecchiamento demografico che crescerà ancora nei prossimi decenni. Ciò nonostante, nel Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) (Next generation Eu) non sono presenti obiettivi specifici di invecchia-mento attivo. L’articolo, pertanto, si propone di analizzare la coerenza strategica tra il Pnrr italiano e la più generale politica europea per l’invecchiamento attivo. L’interpreta-zione del testo del Pnrr, in particolare, è stata realizzata attraverso l’analisi del discorso, impiegando uno schema analitico derivato dall’impostazione teorico-concettuale dell’Ue Active ageing index (Aai). I risultati di questa analisi, in conclusione, sono discussi in relazione alle possibili implicazioni per la pianificazione attuativa del Pnrr.
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Il contributo offre alcuni spunti di riflessione e azione in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Ci si sofferma sulle riforme necessarie per rendere il lavoro più sicuro sottolineando come occorra anzitutto affrontare la frammentazione dei diritti e delle condizioni, superando la logica della precarietà e del massimo ribasso, tenendo sotto controllo la catena degli appalti e dei subappalti nel pubblico ma anche nel privato. Ma occorre anche restituire ai soggetti pubblici la funzione di prevenzione, di sostegno alle azioni e di controllo che i tagli di questi ultimi decenni hanno sottratto.
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La pandemia si è abbattuta su economie nazionali già indebolite dalle crisi precedenti e attraversate da profonde disuguaglianze. Lo shock pandemico ha determinato tuttavia anche uno scatto in avanti delle istituzioni senza precedenti. Per la prima volta dopo anni di tagli e attacchi ideologici alla sfera pubblica, è tornata al centro del discorso politico l’importanza dello stato sociale, della sanità pubblica e degli interventi redistributivi in favore delle fasce più colpite dalla recessione. Per il sistema di welfare italiano il Pnrr rappresenta un’occasione di modernizzazione in linea con i principali obiettivi posti alla base dell’Agenda sociale europea, sintetizzati nell’approccio dell’Investimento sociale. Vi sono tuttavia delle criticità da considerare che riguardano, da un lato, la sua esportabilità in contesti territoriali condizionati da una bassa e stagnante domanda di lavoro, dall’altro le spaccature sempre più evidenti che, anche nei contesti nazionali più avanzati, tendono a contrapporre le fasce più qualificate del mercato del lavoro e quelle più deboli, spesso in-trappolate in lavori precari a bassi salari, come fatto strutturale. In questo articolo vengono analizzati i principali cambiamenti delle politiche di welfare in considerazione della neces-sità di assicurare un intervento più forte dello Stato non solo nella promozione del lavoro a più alte qualificazioni, ma anche nella creazione diretta di nuova occupazione, laddove beneficiari di sussidi e categorie deboli rischiano di rimanere intrappolati o nel lavoro povero o nei circuiti dell’assistenza workfarista.
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Nonostante il progressivo miglioramento del tasso di occupazione femminile registrato negli ultimi anni, il mercato del lavoro italiano è a tutt’oggi caratterizzato da profondi squilibri di genere. La differente struttura dell’occupazione maschile e femminile, con la forte segregazione orizzontale e verticale delle donne, ha effetti sulle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro. Uomini e donne hanno differenti probabilità di infortunarsi, di sviluppare problemi di salute lavoro-correlati e di essere esposti a fattori di rischio per la salute sia fisica sia psicologica. L’analisi dei dati del modulo ad hoc «Salute e sicurezza sul lavoro» della Rilevazione sulle Forze di lavoro del 2020, secondo una lettura di genere, consente di mettere in luce i contesti lavorativi e i tipi di professioni più esposti, soprattutto quelli particolarmente colpiti nell’anno della pandemia, primo fra tutti quelli della sanità.
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La guerra di Putin contro l’Ucraina ha radicalmente modificato il quadro geostrategico nel quale l’Europa sarà chiamata a muoversi nei prossimi anni. L’obiettivo di un pas-saggio massiccio alle energie rinnovabili, dettato prima della guerra da esigenze legate alla decarbonizzazione, riveste ora un significato politico ancora più marcato, giacché in gioco è l’autonomia energetica dell’Europa. La risposta fornita con il piano REPowerEU va indubbiamente nella giusta direzione per quanto riguarda gli obiettivi che esso pone, ma rischia di sottostimare gravemente i vincoli tecnologici e finanziari con cui il piano deve invece fare i conti. Il presente contributo offre un’analisi del piano REPowerEU dal punto di vista dei vincoli che l’Europa deve imparare ad affrontare, senza imboccare scorciatoie puramente ideologiche.
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Il contributo evidenzia come l’aggressione russa all’Ucraina sia da leggere come parte di una strategia più ampia, e che per comprendere questa guerra va compresa la radice dot-trinale della politica estera della Russia post-sovietica. La nuova contrapposizione oggi non si gioca più tra comunismo e liberal-democrazie come nel corso della Guerra Fredda, ma tra democrazia liberale e democrazie illiberali e autoritarie. Quest’ultimo modello, largamente maggioritario nel mondo contemporaneo, trova ampio consenso politico anche facendo leva sulla palese difficoltà delle democrazie occidentali a dare risposte adeguate alle diseguaglianze derivanti dalle recenti crisi economiche. Si sottolinea infine come gli anni a venire rischino di essere caratterizzati da forte instabilità sul piano internazionale e da una profonda crisi della democrazia.
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Guerra e speculazione sui prezzi delle fonti energetiche non rinnovabili rischiano di avere un pesantissimo impatto sulle condizioni economiche, sociali, produttive dei diversi paesi europei. Insieme a un aumento delle tensioni sui mercati dell’energia e delle materie prime il conflitto in corso sta portando infatti a una drastica contrazione della crescita. Nel contributo si rimarca come ciò imponga di ripensare i criteri e i parametri dello sviluppo. D’altra parte, l’iniziativa per costruire la pace e per affermare un diverso modello di sviluppo fondato sulla cooperazione tra i popoli, sulla centralità del lavoro e sulla qualità delle produzioni vanno di pari passo. E da questo punto di vista il sindacato europeo è chiamato a svolgere con determinazione un grande compito.