• Lo Stato come datore di lavoro di ultima istanza torna come ipotesi nel dibattito politico e accademico. Negli Stati Uniti le proposte di Lavoro garantito pubblico e il Green New Deal, che prevede lavoro garantito pubblico, hanno suscitato grande interesse. Di cosa parliamo? Della possibilità e necessità di intervenire, creando lavoro, in ambiti quali l’adattamento e la lotta al cambiamento climatico e il lavoro di cura in società avanzate e complesse come quelle occidentali. Si tratta di ipotesi sensate? Ce ne sarebbe bisogno negli Stati Uniti? E nell’Italia del «Reddito di cittadinanza»? Forse, se è vero che in tutto l’Oc cidente aumentano le diseguaglianze e il lavoro viene pagato sempre meno. Lavorare tutti? ricostruisce le proposte americane di lavoro ga ran tito e il dibattito accademico e politico che hanno suscitato, ricorda le esperienze precedenti dal New Deal in poi, offre una fotografia della società americana, delle sue diseguaglianze, dei suoi ritardi, dei milioni rimasti indietro. Divisioni e diseguaglianze spiegano tanto la vittoria di Trump quanto la popolarità di figure come Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez. Spostando poi il fuoco sulla situazione italiana, il volume, arricchito da una introduzione teorica di Laura Pennacchi, prova a fare alcune ipotesi su un’idea di lavoro garantito a partire da un quadro del mercato del lavoro e dei bisogni insoddisfatti del nostro paese.
  • RPS N. 2/2019

    22.00 
    Politiche migratorie in un ambiente ostile
  • Il nesso tra istruzione e cittadinanza evidenzia come la crisi dell’istruzione sia strettamente connessa con la crisi della rappresentanza e la presa del populismo, vecchio e nuovo, sulle istituzioni politiche. Tramite una lettura critica dell’evoluzione della disciplina del sistema dell’istruzione in Italia attraverso varie riforme, fino alla legge sulla «Buona scuola» e alle iniziative che propongono la regionalizzazione dell’istruzione, l’autrice riflette sulle torsioni subite dalla scuola e dal concetto stesso di istruzione. Il tentativo di trasformare la scuola in impresa e di applicarle criteri mercatistici sembra aver prodotto criticità e disservizi, con l’accentuarsi delle diseguaglianze tra diversi ambiti sociali e territoriali. Un tassello centrale di questa vicenda è rappresentato dalla condizione dei docenti, soggetti ad una modificazione dello status giuridico che ne ha compresso i diritti, nonché all’abuso dei contratti a tempo determinato, che è stato alla base di un ampio contenzioso europeo ed interno. Nel lavoro, che prende avvio dalla riflessione sul disegno costituzionale del diritto all’istruzione, questo classico diritto sociale assume una coloritura più ricca valorizzando al suo interno contenuti di libertà, che ne sottolineano il legame con lo sviluppo della persona e la creazione di una cittadinanza consapevole. L’esame di dispositivi introdotti nella recente legislazione, come test INVALSI, alternanza scuola lavoro, obblighi vaccinali, è poi l’occasione per una riflessione sul significato odierno del diritto-dovere all’istruzione nel contesto della riflessione sui doveri costituzionali.
  • Negli ultimi anni si assiste a un fenomeno sempre più «innaturale»: la comparsa di un feroce ritardo delle giovani generazioni italiane nei percorsi di transizione all’età adulta. Le tappe tradizionali che definivano tale passaggio sono saltate: nuove istanze di libertà e cittadinanza premono per avere legittimazione e diritti. Nello stesso tempo si sono erose le condizioni di benessere dei giovani. La generazione maggiormente colpita sembra essere quella degli young-adults nati tra il 1975 e il 1985. Si ipotizza che le politiche pubbliche messe in atto a partire dalla seconda metà degli anni settanta abbiano contribuito ad alimentare tale «ritardo». Politiche economiche e del lavoro discriminanti; politiche abitative assenti; politiche familiari ridotte; una struttura del mercato del lavoro inadeguata ad assorbire high skills. Tutto parla di un’inversione di rotta all’alba del secondo ciclo dello Stato sociale. Le generazioni non sono attori neutri, esse rappresentano tempi sociali che immettono nuove strutture. I giovani vanno dunque inscritti dentro precise collocazioni storico-sociali. Le politiche di empowerment condotte negli ultimi anni non hanno tenuto conto di questo approccio, promuovendo una visione idealizzata delle giovani generazioni: choosy, bamboccioni o risorse attive, tutto ha parlato di loro come di soggetti totalmente dematerializzati. Le politiche, in quanto strumenti che danno forma al Futuro, hanno il dovere di volgere lo sguardo verso il recupero delle prerogative materiali che determinano, o meno, i percorsi di autonomia. Non vi può essere attivazione senza emancipazione sociale.
  • All’inizio della terza edizione di Ci ragiono e canto, registrata nel 1973 dal la Rai, Dario Fo spiega che le canzoni popolari che parlano del lavoro derivano direttamente, in tempi, lunghezze dei versi e delle strofe, dinamiche e ritmi, dalle operazioni del lavoro. Accompagnavano l’attività lavorativa mentre la si svolgeva e su di essa erano misurate. Ma non tutte le canzoni di lavoro sono inquadrabili in questa prima definizione, come ci avverte Roberto Leydi. Il mondo del canto popolare ispirato al lavoro è molto più ampio e variegato. Giulia Giannini ci offre in questo volume, evocativo fin dal titolo, Mi ricordo e canto, un panorama più ricco, sia dal punto di vista storico che da quello tematico, delle canzoni legate al lavoro. Nella sua esposizione si può seguire l’evolversi del tema del lavoro nelle varie condizioni economiche e sociali, influenzate anche dalla nascita di un movimento operaio organizzato. In origine prevale la denuncia delle condizioni di lavoro «nei campi e nelle officine». Dello sfruttamento, in termini di orari e fatica e di rischi per la salute e per la vita. Successivamente le canzoni di lavoro diventano canti di emancipazione e di lotta, in cui alle difficili condizioni individuali si affiancano i richiami alla battaglia dei lavoratori o le proteste per le tragedie collettive.
  • Questa terza indagine sui lavoratori si è svolta mentre è alle porte la rivoluzione digitale. I lavoratori italiani si mostrano preoccupati per gli effetti dell’introduzione delle nuove tecnologie, ma ancora di più appaiono insicuri e ansiosi per i problemi che stanno affrontando «ora»: in particolare per la tenuta dei loro redditi e per la stabilità dei posti di lavoro. Il ritratto che emerge dai dati dell’indagine costituisce un catalogo molto ampio delle diverse facce dei cambiamenti in atto tra i lavoratori italiani. Esso conferma alcuni aspetti noti ed importanti, come il buon livello di soddisfazione espresso da questi verso il loro lavoro e l’apprezzamento diffuso verso i miglioramenti ergonomici introdotti dentro l’organizzazione produttiva. Nello stesso tempo si manifesta nella percezione dei lavoratori il rafforzamento di alcuni problemi ormai cronici. Primo tra tutti quello dei bassi salari, che sovente diventano bassissimi, e che attecchiscono sempre più anche tra i lavoratori autonomi (ai quali viene per la prima volta dedicato un focus approfondito e di grande interesse). L’indagine ritrae – attraverso dati drammatici – anche un grande cambiamento in atto da tempo, che viene definito come «evaporazione della politica»: l’aumento della distanza tra lavoratori e politica e il loro sentimento crescente di essere trascurati e non rappresentati adeguatamente nel la sfera pubblica. Un mondo del lavoro insicuro e bisognoso di nuove garanzie: che rivela però, insieme alle sue preoccupazioni, anche una inedita e rilevante domanda di nuovi beni pubblici e di riforme di grande spessore.
  • Questa memoria è la mia storia di militante comunista intrecciata con la storia del PCI, attraverso i leader che ho conosciuto più da vicino e che più mi hanno coinvolto per la loro personalità e originalità. Ho scelto di raccontare il partito attraverso i suoi leader maggiori come li ho visti io, i rapporti, anche critici, che ho avuto con loro, le suggestioni, i pensieri e, perché no, gli insegnamenti che mi hanno dato. Ne ho scelti dodici, quelli che, secondo me, hanno pesato di più nella vita del partito e soprattutto nella mia vita. La loro peculiarità era la serietà e persino la severità verso se stessi, prima che con gli altri e con il partito. Il che comportava una notevole autodisciplina e coerenza nei comportamenti e prima di tutto nel lavoro e nello studio. Non ignoro che vi era anche una punta di compiacenza elitaria... In tutti c’era un tratto comune che, a mio parere, era il collante principale, che, pur nel confronto più acceso, determinava la coesione e l’unità del gruppo dirigente: la ricerca di un comunismo democratico, prefigurazione viva e concreta della società del domani, in cui tutti, anche i più deboli e più umili, si sentissero utili e valorizzati. Inoltre un rapporto di verità con gli strati popolari fondato sulla coerenza tra parole e fatti: cercare di fare esattamente quello che si dice e di dire esattamente quello che si può fare. L’esatto opposto dell’odierno populismo.
  • Esiste una vasta letteratura sulla vita e sull’attività politica di Pio La Torre, a cominciare dal suo Comunisti e movimento contadino in Sicilia. Fondamentalmente, però, è tutta incentrata sul La Torre politico, che ha profondamente innovato la legislazione antimafia e si è battuto per la pace e contro la base missilistica di Comiso. Su La Torre sindacalista, dirigente della più grande organizzazione sindacale d’Italia, la CGIL, solo pochi e fugaci accenni. Eppure senza la sua lunga esperienza sindacale (1947-1962) Pio La Torre non sarebbe stato l’efficace legislatore antimafia che conosciamo e nemmeno quel costruttore di pace che seppe tessere il filo di vaste alleanze ed entusiasmare migliaia di giovani. Questo libro, voluto fortemente dalla Camera del lavoro di Palermo, vuole essere un contributo per conoscere meglio gli anni della formazione di Pio La Torre, i suoi primi incontri con i braccianti e i contadini poveri delle borgate palermitane e dei comuni della provincia. Ma, negli anni in cui guidò la Camera del lavoro di Palermo, Pio La Torre imparò a conoscere anche gli operai della città, in particolare la classe operaia per antonomasia, quella dei Cantieri navali. E teorizzò e praticò l’unità tra gli operai della città e i contadini delle campagne da contrapporre all’unità tra gli agrari meridionali e la borghesia industriale del nord. Il libro si ferma alla fine degli anni Cinquanta. Su Pio La Torre segretario regionale della CGIL viene scritto un breve epilogo, lasciando aperte le porte per successive e più approfondite ricerche.
  • Sono in atto nel mondo grandi mutamenti legati alle innovazioni nelle tecnologie digitali. Essi sono governati essenzialmente da una decina di grandi gruppi globali, statunitensi e cinesi, che perseguono i loro stretti interessi a spese dei cittadini e delle comunità, possedendo un potere di mercato immenso, mentre l’Europa sembra tagliata fuori da questi sviluppi. Si pongono in proposito enormi problemi in vari campi, con la conseguente necessità di portare avanti processi di controllo del settore da parte dei pubblici poteri, in particolare, oltre che sul fronte della politica del lavoro, questione particolarmente toccata da questi sviluppi, sul piano dell’antitrust, della protezione dei dati dei cittadini (tema messo in rilievo di recente dallo scandalo Facebook), delle questioni fiscali, della diffusione delle notizie sensibili, della dimensione etica delle scelte, dell’influenza esercitata da tali grup pi anche sui comportamenti e le decisioni politiche in vari paesi.