• Cosa è stato il femminismo sindacale in Italia? Come è nato? Quali erano i temi che premevano in una società in trasformazione? Ma soprattutto: come lo hanno vissuto e interpretato le protagoniste dell’epoca? Il volume, che attinge a fonti documentarie e orali, offre un approfondimento di quell’importante momento storico e civile, per riproporre alla riflessione e alla discussione dell’oggi una stagione che ha dato un apporto decisivo all’evoluzione di una grande «organizzazione di donne e di uomini», la CGIL. Come ben sintetizza Anna Rossi-Doria, «...i Coordinamenti donne della FLM conducono una lotta per un obiettivo così arduo da rivelarsi alla fine irraggiungibile: affermare autonomamente i bisogni delle donne, trasformandoli in diritti, dentro al sindacato e allo stesso tempo trasformare quest’ultimo sulla base della nuova idea della politica che dalle assemblee e dai gruppi di sole donne era nata. Anche se si dimostrerà impossibile, quella sfida, come questi lavori dimostrano, consentirà, proprio per la sua altezza e carica utopica, lo sviluppo di idee ed esperienze ricche di insegnamenti per il futuro». Il libro, che raccoglie le tesi di laurea di tre giovani autrici, costituisce un significativo contributo offerto alla conoscenza della storia sindacale e della memoria del paese.
  • Trenta interviste ad altrettante personalità prestigiose del nostro Paese, accompagnate da un disegno di ciascun intervistato. Tra gli altri: Zavattini, Garin. Fortini, Monicelli, Hack, Binni, Scola, Pivano, Tabucchi, Lizzani, Luzi, Pontiggia, Maraini, Merini, Roversi, Revelli. Eugenio Manca ha conversato con decine di intellettuali: poeti, scrittori, scienziati, registi cinematografici. Da quegli incontri è venuto fuori uno spaccato dell’Italia e dell’Europa che impressiona per la sua stringente attualità. E che, soprattutto, ha prefigurato tutti i complessi problemi delle nostre società al giorno d’oggi. Quegli intellettuali, una parte del serbatoio di ricchezza del Paese, avevano lanciato un allarme. Ma non è stato ascoltato. Per questa ragione il titolo del libro è Non li abbiamo ascoltati, Peggio per noi. Le interviste a personalità di spicco sono di qualche anno fa, eppure straordinariamente attuali. Una fotografia puntuale del periodo che stiamo vivendo. Sono conversazioni svolte tra la fine del Novecento e l’inizio del Duemila: discussioni su poesia, libri, pittura, e riflessioni sullo stato dell’Europa e dell’Italia dal punto di vista politico, sociale, morale. E previsioni sul futuro. Nel quale oggi siamo tutti caduti senza tenere in conto gli allarmi lanciati da voci che sarebbe stato meglio sentire. Non sono stati ascoltati quegli interlocutori. E le conseguenze sono davanti agli occhi: il mondo è in subbuglio, l’Europa è quasi inerte, l’Italia galleggia, senza una classe dirigente all’altezza del compito, non esiste un progetto, il futuro è buio. Le angosce di tutti: lo stato incerto dell’economia, i biblici flussi migratori, il terrorismo. Il monito dei «vecchi intellettuali» è stato snobbato. E i «nuovi intellettuali» sono quasi orgogliosamente lontani dalla politica, se ne tengono alla larga. Tra politica e cultura è stato scavato un solco profondo e si capisce, dunque, perché si fa fatica a venir fuori da situazioni complesse e drammatiche.
  • "C'è dunque un problema che riguarda noi più forte e peculiare rispetto agli altri paesi europei. Ce lo conferma tutti i giorni il numero delle crisi aziendali che cresce in ogni settore. Ce lo dice l'estensione della cassa integrazione, della richiesta di mobilità dei lavoratori, la precarietà del lavoro che aumenta, le tantissime vertenze aziendali in corso ove è a rischio un numero ormai impressionante di posti di lavoro, l'emarginazione delle alleanze internazionali senza le quali non c'è futuro per molte imprese. Per questo l'obiettivo di fermare il declino, indicando le politiche che possono riconsegnare competitività al sistema per superare la grave crisi industriale e riorientare attività e specializzazioni, è la sfida decisiva per il paese, per i lavoratori e per il sindacato". Così Guglielmo Epifani, nella presentazione del volume, commenta l'approccio e il compito che la Cgil si propone per affrontare la grave crisi di competitività che da troppo tempo investe l'industria italiana. La sua profondità è analizzata dettagliatamente sia a livello settoriale, sia per ciascuna delle regioni e per alcuni territori rilevanti, ed è questa la base su cui Epifani e Carla Cantone delineano direzioni e contenuti dell'impegno che la Confederazione ne deriva in primo luogo per il confronto nazionale. Analisi dettagliate e concrete indicazioni di merito per tutti i settori coinvolti e per tutte le regioni del paese vengono fornite dai segretari generali delle Federazioni nazionali di categoria e delle Cgil regionali. Completano il volume i quadri analitici elaborati dall'Osservatorio sulle crisi aziendali del Dipartimento settori produttivi della Cgil e il testo degli accordi e dei protocolli nazionali, regionali e di territorio stipulati fra le forze sociali e con le istituzioni, a partire da quello del 19 giugno 2003 fra Cgil, Cisl, Uil e Confindustria.
  • In questo libro vengono raccolti alcuni scritti di Mario Tronti, dedicati specificamente al problema della sinistra e della ricostruzione della sua cultura politica. Perché, scrive Tronti, «non sarà il coro dei pentiti, degli atei devoti, dei borghesi laici, dei padroni illuminati a cancellare questa storia del grande Novecento». Anzi, «è venuto il momento di porci l’obiettivo di chiudere il dopo ’89, per superare la diaspora che ha diviso la sinistra a partire da quella data e ricomporla unitariamente, in grande, in avanti».
  • Una lettura critica della tesi di Baccaro e Howell sulla “convergenza neoliberale” nelle relazioni industriali europee. Il problema teorico del rapporto fra varietà dei capitalismi e tendenze funzionali alla convergenza: punti di forza e di debolezza in ciascuno di questi approcci. Una contestazione della lettura troppo unilateralmente critica dei mutamenti in atto, non sempre leggibili in chiave di mero adattamento ai diktat neoliberali. Ad esempio nei casi nordici, ma anche in quello francese e tedesco. La logica dell’adattamento al mercato, conclude l’A., ha sempre connotato i sistemi di r.
  • Uguaglianza di opportunità e contrasto alla povertà sono, in questi ultimi decenni, diventati i due valori più invocati nella discussione pubblica sulla giustizia distributiva. Il contrasto alle disuguaglianze di reddito occupa, invece, un ruolo marginale, quando non è addirittura bollato come mera espressione d’invidia o come porta d’ingresso a un inevitabile livellamento delle condizioni individuali, nella violazione dei meriti e delle libertà. Obiettivo dell’articolo è mettere in discussione tali posizioni, riportando in primo piano l’urgenza, sotto il profilo della giustizia distributiva, di occuparsi delle disuguaglianze di reddito. Da un lato, le disuguaglianze di reddito potrebbero mettere a repentaglio la realizzazione stessa dell’uguaglianza di opportunità e il contrasto alla povertà. Da un altro lato, le disuguaglianze di reddito potrebbero compromettere sia la soddisfazione di bisogni fondamentali, anche per chi non è povero, sia la condivisione di una comune uguaglianza morale fondamentale. Da ultimo, non occuparsi di disuguaglianze di reddito rischia di comportare la legittimazione d’ingiustizie nei processi stessi di formazione del reddito.
  • La singolare vicenda umana, sindacale e politica di Giuseppe Di Vittorio (Cerignola, 1892 - Lecco, 1957) si muove intera nella rivendicazione del diritto al lavoro e sul lavoro. La prematura morte del padre che lo fa bracciante per necessità a sette anni e lo costringe a lasciare la scuola gli mostra il massacrante lavoro dei braccianti, sotto il sole dall’alba al tramonto, senza diritti e maltrattati; servi, più che lavoratori. E comprende che il riscatto dei contadini (più avanti di tutti i lavoratori) attraversa eccome il sentiero della rivendicazione ma meglio percorre la via, più nascosta, della consapevolezza. Il testo teatrale qui pubblicato è azione scenico musicale in un atto tutta incentrata sulla necessità di tale consapevolezza. Tre i livelli di drammatizzazione: la recitazione in prosa, l’inchiesta giornalistica e le canzoni. Essi si intersecano senza apparentemente toccarsi, intrecciati su diverso spazio temporale. Il primo è affidato al racconto popolare e popolano della lotta bracciantile; il secondo all’illustrazione giornalistica del-l’azione sindacale; infine le canzoni, in chiave autobiografica, non vissute nel ricordo poetico ma nel pre-sente degli anni raccontati. Dieci i brani che raccoglie il CD musicale alloggiato in terza di copertina; appositamente composti per l’incastonatura nella rappresentazione teatrale, si plasmano - in vernacolo e in lingua - in matrici melodiche della tradizione popolare del Sud Italia, riavvolte in più moderne sonorità con raffinatezza dagli Jurnatér, compagine folk di stanza a Milano ma per buona parte d’italico meridione.
  • Trieste, marzo 1989. Due giovani universitari si incontrano durante l’occupazione della facoltà. Si innamorano, si fidanzano, si sposano… ma lui si rivela autoritario, instabile e dedito alla droga. Un rapporto progressivamente sempre più difficile e claustrofobico, stretto fra l’ostinata convinzione di poter cambiare il destino ed un crescendo di menzogne, minacce e violenza, fino al tragico epilogo. Tratto dalla vicenda autobiografica di uno degli autori, il libro si presenta come una testimonianza «autentica» del distorsivo rapporto uomo/donna che, con agghiacciante frequenza ai giorni nostri, trova sbocco nel dramma del «femminicidio».