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L’articolo si focalizza sui percorsi professionali a fine carriera, in relazione alle diverse esperienze di protezione sociale, occupazione, disoccupazione, inattività e pensionamento a partire dai risultati di un’analisi condotta su dati statistici di fonte Inps relativi all’evoluzione annuale della condizione lavorativa di due «generazioni» di lavoratori over 50 beneficiari dell’indennità di mobilità all’anno 2000 e all’anno 2005. Lo studio descrive e analizza comparativamente i percorsi professionali osservati negli otto anni seguenti l’evento che ha portato all’accesso all’indennità di mobilità, focalizzandosi sulla differente evoluzione della condizione lavorativa per coorte, per classe d’età. I risultati di questa analisi sono poi inquadrati all’interno di una più ampia interpretazione di Political Economy of Ageing che tiene conto delle trasformazioni del contesto di regolazione istituzionale.
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Al centro della strategia del welfare state come investimento sociale (Siws nell’acronimo inglese) c’è l’assunto secondo il quale le politiche sociali possono essere uno strumento per sostenere la competitività nei mercati globali della forza lavoro delle economie avanzate, attraverso il miglioramento delle sue capacità e delle sue competenze professionali. Dominano la discussione tre aree di intervento: istruzione, politiche attive del mercato del lavoro e politiche per la famiglia. L’efficacia della Siws non è comprovata dall’esperienza maturata finora. Si è però dimostrata capace di incoraggiare lo sviluppo costante delle politiche, specie nei paesi che devono migliorare i loro livelli di qualificazione professionale e incrementare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro.
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L’articolo concentra l’attenzione sui processi di dualizzazione nel mercato del lavoro della cura. Il lavoro nella cura e nei servizi di welfare è costantemente cresciuto in questi anni. Di fatto rappresenta uno dei settori che più stanno contribuendo a creare occupazione. Questa crescita è messa tuttavia sotto tensione dall’acuirsi di divari sociali e vincoli istituzionali che tendono a limitare l’azione delle organizzazioni di rappresentanza. L’articolo sottolinea come nell’analizzare la segmentazione, la dualizzazione, o più in generale le disuguaglianze nei mercati del lavoro, sia indispensabile valutare gli effetti dei divari sociali distinguendo in modo sistematico tra il livello macro delle politiche del mercato del lavoro, le relazioni industriali e gli istituti del welfare e il livello micro (e meso) legato alle condizioni di lavoro, ai diritti sociali dei lavoratori e alle strategie degli attori sociali, compresi i sindacati. Nella prima parte l’articolo prende le mosse da alcune considerazioni critiche sull’attuale dibattito socio-economico e sociopolitico in tema di segmentazione e dualizzazione. Prosegue fornendo le motivazioni che sono alla base della proposta di un approccio combinato macro-micro e micromacro. Nel concludere, propone alcune riflessioni metodologiche basate su un’analisi dei rapporti tra macro e micro-livelli.
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Il contributo analizza lo stato delle politiche di tutela della non autosufficienza (Ltc) in Italia, focalizzando l’attenzione sulla principale misura di sostegno ai bisogni di cura delle persone non autosufficienti: l’indennità di accompagnamento (IdA). Pur configurandosi come misura universalistica, l’IdA presenta diversi elementi di criticità, che investono la dimensione dei diritti sociali per come si sono sviluppati nel caso italiano. Nelle conclusioni, vengono individuati quattro punti centrali per una riforma dell’IdA che tenda ad un maggiore allineamento di questa misura ai principali schemi europei di Ltc.
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I cambiamenti tecnologici in corso hanno un impatto significativo (sia quantitativo che qualitativo) sul lavoro e sulla struttura socio-economica, che influenzano conseguentemente i sistemi di welfare. Dopo aver affrontato la questione di ciò che si intende con il termine «digitalizzazione», viene esaminata in primo luogo la letteratura internazionale sugli effetti di tali cambiamenti sul mercato del lavoro e sulla qualità del lavoro e, in secondo luogo, anche la letteratura sull’impatto di tale trasformazione sulla struttura socio-economica e la «riduzione della classe media». Infine, si analizza il ruolo dell’approccio degli investimenti sociali nel rispondere a questi cambiamenti, evidenziando forze e debolezze.
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In questo articolo ci si interroga su come dare maggiore incisività alla governance dell’Agenda sociale europea e maggiore «socializzazione» all’attuale strategia verso gli obiettivi di Europa 2020. Le autrici sostengono che le carenze del Metodo aperto di coordinamento europeo sono legate alla vaghezza del legame tra obiettivi e politiche degli Stati membri. In questo quadro il coordinamento sociale europeo si riduce a programmi di lavoro tecnici senza un fattivo collegamento con gli input delle politiche. Come primo passo in questa direzione la proposta delle autrici è quella di integrare i cosiddetti «indicatori ausiliari di risultato (output)» con i relativi «indicatori di input». L’inserimento di input di questo tipo consentirebbe alla governance europea di emanare raccomandazioni più equilibrate e coerenti, sostenendo gli sforzi dei paesi membri nell’elevare gli standard delle politiche di contrasto della povertà.
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RPS Reddito minimo nel Sud Europa. Quali sviluppi con la Grande Recessione? Marcello Natili Tradizionalmente gli schemi di reddito minimo costituivano gli strumenti di politica sociale meno sviluppati tra i paesi appartenenti al cosiddetto modello Sud europeo di welfare. La Grande Recessione ha tuttavia portato con sé riforme che hanno contribuito a modificare – e in alcuni casi a erodere drasticamente – i sistemi di protezione sociale in questi paesi. Il presente contributo mira a verificare se questi eventi sono seguiti da un rafforzamento delle reti di sicurezza di ultima istanza, e se questo sia avvenuto in maniera simile in Grecia, Italia, Portogallo e Spagna.
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Il presente articolo lega la drastica e diffusa diminuzione dell’investimento pubblico al «nuovo consenso» che in economia si è imposto a partire dagli anni ottanta, centrato sull’efficienza dei mercati e su un ruolo limitato della politica economica. Il consenso ha influito in particolare sulle politiche condotte in Europa, dove ha anche plasmato le istituzioni per la governance economica. La crisi del consenso consente di riflettere su riforme che permettano alla politica economica di riprendere il ruolo di motore dello sviluppo di lungo periodo che aveva nel secondo dopoguerra. Si propone una «regola d’oro aumentata» di bilancio che consenta ai governi e alle istituzioni europee di coordinarsi su investimenti (materiali e immateriali) forieri di sviluppo economico a lungo termine. Tale regola consentirebbe di recuperare una «politica industriale» europea, troppo a lungo assente, e di riaffermare la democraticità del processo decisionale.
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L’articolo si focalizza sugli strumenti di finanziamento a lungo termine per le infrastrutture sociali. Nel quadro di una riorganizzazione generale delle leve di finanza pubblica per le infrastrutture e in ragione del rilancio degli investimenti per la crescita vengono passate in rassegna alcune tra le principali alternative di finanziamento non pubblico per il welfare, con una particolare attenzione alla finanza di progetto (Ppp). Nella seconda parte l’articolo concentra la sua attenzione sul ruolo degli investitori istituzionali e dello Stato all’interno di piani di investimento a lungo termine per le infrastrutture sociali. Alla luce dell’analisi svolta, nella parte finale vengono avanzate proposte di rilancio degli investimenti, pubblici e privati, a sostegno dell’Agenda sociale europea.
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Dopo anni di politiche di austerity in Europa, che hanno prodotto effetti negativi sull’occupazione e sugli standard del lavoro e sociali, è evidente la necessità di rilanciare il modello sociale europeo, nonché di imprimere un cambio di marcia e di impostazione nel campo delle politiche sociali e della contrattazione collettiva e dei salari. L’occasione per farlo è offerta dalla procedura di aggiornamento del Pilastro europeo dei diritti sociali promosso dalla Commissione europea. L’articolo dà conto della posizione assunta dalla Confederazione europea dei sindacati che, insieme alle organizzazioni sindacali nazionali, è impegnata in una iniziativa di pressione sui governi e di stimolo verso la Commissione. L’azione sul Pilastro permetterà di verificare se esso diventerà effettivamente un punto di partenza per far avanzare l’Agenda sociale dell’Unione europea, oppure se resterà un catalogo di buone intenzioni senza la forza di invertire le politiche seguite nel corso degli ultimi anni.