• Possono, donne e uomini, darsi uno spazio circoscritto ma pubblico – quindi politico – in cui ragionare di politica con metodo discorsivo e dialogico, partendo dal corpo e mettendo «in questione» stereotipi e sessismi? Possono, donne e uomini, che la storia ha diviso in ruoli separati e spesso ostili, fra corpi negati, posseduti, «silenziati» – ma oggi frequentemente visibili in inedite e inaudite pratiche performative, spesso fondate su nuovi stereotipi sessisti – ritrovarsi in uno spazio comune, relazionale e discorsivo? Per quanto sia una pratica ancora rara, questo volume, realizzato con l’Associazione Femminile Maschile Plurale, conserva e presenta un esperimento inusuale: viaggiando fra storia, filosofia, antropologia, politica e scienza, testimoni di saperi disciplinari specifici, femministe, donne e uomini di quotidiana «passione politica» e uomini dell’Associazione Maschile Plurale hanno dato vita a un laboratorio che ha scandito – in due fasi successive, attraverso dialoghi intensi e periodici – un’accademia non platonica, mettendo al centro il corpo. È possibile dunque dare vita a nuove pratiche che potrebbero essere «fondative» di un’altra idea di città, fatta di corpi mai solo naturali, mai solo culturali, che sono politici se parlanti, nella convinzione che le pluralità di genere, politiche e sessuate, potrebbero essere il tessuto di cui è fatta la nuova polis? È possibile perché ne abbiamo fatto esperienza e di questa il libro dà testimonianza. Questi i contenuti: Il corpo: presenze e assenze nei femminismi del passaggio di secolo. Il corpo vissuto delle donne e il corpo amministrato dalla medicina. Scienza, biotecnologie e corpo. Il corpo nell’arte contemporanea. Il corpo e la legge. Femminile e maschile fra Ottocento e Novecento. I sessi sono cinque, almeno. La scissione originaria. Il corpo maschile. Contributi di: Bellassai, Boccia, Castelli, Ciccone, Del Grosso, Domenichini, Ferruzzi, Gambi, Gasparini, Golfera, Guerra, Grossi, Liverani, Melandri, Morini, Nobili, Patuelli, Pensa, Piaia, Ponti, Radi, Rossi, Santarelli, Schiffrer, Simoni, Spaolonzi.
  • Trent’anni dall’omicidio di Pier Paolo Pasolini e già si sente il rullare dei tamburi intorno a lui, alla sua tragica morte, al suo lavoro di poeta e di regista, alla sua appassionata capacità di intervento sui temi più acuti non solo italiani. È un rullare che spesso è soffocato dai toni sinistri e scandalistici delle cronache postume sulle circostanze della morte e da una difficoltà a chiarire molti aspetti della triste vicenda avvenuta il 2 novembre del 1975, ancora avvolta da dubbi e da sospetti. È una vicenda che resta aperta in attesa di parole serie e definitive, mentre la Tv, dando voce al suo assassino Pelosi, ha rilanciato l’ipotesi di un agguato omicida perpetrato da più persone. Ma chi era, anzi chi è, Pier Paolo Pasolini? Italo Moscati, che ha già studiato e raccontato il grande personaggio - amato soprattutto dai giovani senza distinzioni ideologiche, ma anche odiato e vilipeso da chi non gli perdona di avere sempre ubbidito al forte bisogno di cercare una parola di verità su cui discutere senza pregiudizi -, torna ad occuparsene, proponendosi di cogliere la lezione pasoliniana. Una lezione che consiste nel continuare a interrogarsi e a interrogare, senza rinunciare a prendere posizione. Quante volte, pensando a Pasolini, ci si è chiesti e ci si chiede: cosa penserebbe lui, lui autore dei mordenti «scritti corsari», della vita di oggi, dei temi della clonazione, della crisi della politica, del terrorismo internazionale, della guerra, anzi delle guerre, e così via. Avvolta da brume cupe, la storia del poeta e del regista diventa trasparente se la si esamina con il distacco del tempo e con l’onestà di riconsiderare e approfondire il personaggio e la sua storia.
  • Massimo Paci, professore emerito di Sociologia economica alla Sapienza, già presidente dell’Inps, autore di studi pionieristici nell'ambito della sociologia del mercato del lavoro, si racconta in questo libro e, raccontando di sé e della sua esperienza fuori dall’università, ci restituisce un ritratto della politica e dell’amministrazione pubblica italiana, per poi aprirsi a uno sguardo più intimo sul mondo che ci circonda. Si raccontano qui tre stagioni della vita del protagonista: le prime due (L’autunno della politica e L’inverno della burocrazia) costituiscono nel loro insieme un «Diario pubblico» mentre la terza (L’estate interiore) è propriamente un «Diario privato». I fatti narrati nel «Diario pubblico» si situano tra gli ultimi mesi del governo Prodi e i primi di quello Berlusconi, quando si consuma il tentativo di governo del paese da parte della sinistra. Il protagonista, muovendosi su questo sfondo, incrocia eventi e personaggi significativi, ma resta per sua scelta ai margini delle vicende narrate: è attratto dalla politica, alla quale non vuole rinunciare, ma nel contempo se ne ritrae perché teme di restarne deluso. Anche quando si risolve ad assumere una carica ufficiale alla guida di un grande ente pubblico nazionale, pur vivendo questa esperienza fino in fondo, con i suoi successi e suoi fallimenti, mantiene finché può verso di essa un atteggiamento interiore di distacco. Le vicende narrate nel «Diario privato», invece, si svolgono ai tempi nostri, quando il protagonista raggiunge quella pace con se stesso che gli era a lungo mancata e che accompagna adesso la sua incipiente vecchiaia. Le sue ansie e le sue incertezze infine si placano ed egli scopre dentro di sé, aiutato da una serie di messaggi inattesi provenienti «da altrove», che esistono nuove e importanti vie alla conoscenza del mondo intorno a noi. «Più tardi, in treno, sulla via del ritorno, ripensò a quelle parole e si chiese se la via dell’università l’avesse veramente “salvato” o non l’avesse cacciato invece proprio in quel ruolo ambivalente, tra impegno politico ed esilio intellettuale, che adesso soffriva e che lo faceva sentire, a volte, estraneo a se stesso… […] Sperimentò l’asprezza e la delusione che la responsabilità amministrativa pubblica (come quella politica) porta spesso con sé. Una esperienza questa che egli aveva a lungo , ma inutilmente, sperato di evitare» […] Quella sera, però ripensandoci si rese conto del senso della sua esistenza, quel suo sguardo estetico verso i fatti della vita, quella distanza dal mondo che lo segnava fin dalla gioventù».
  • 4 novembre 2008, l’attesa che il mondo riserva all’elezione del nuovo presidente degli Stati Uniti e l’entusiasmo per la vittoria di Barack Hussein Obama sono senza precedenti. Chi è il «messia nero» che ha vinto promettendo un cambiamento, e che cos’è l’aspettativa messianica che scatena? «Il cambio è niente altro che un cambio di leadership, nel tentativo di riacchiappare un’egemonia che scappa», scrive Mario Tronti nella sua «lettera provocatoria», realista e disincantata, ai collaboratori del Centro studi per la riforma dello Stato. Ma il realismo è la chiave giusta, o l’unica, per interpretare cause ed effetti del «passaggio Obama» negli Stati Uniti e nel mondo globale? Nella comunità dei collaboratori del Crs nasce una discussione appassionata, senza censure e senza diplomatismi, che questo libro riproduce. Ordine politico e ordine simbolico, disincanto e entusiasmo, mito democratico e derive autoritarie, «american dream» e sinistra europea, impero e globalizzazione: il «passaggio Obama» parla anche di noi. Testi e interventi di Mario Tronti, Rita di Leo, Ida Dominijanni, Mattia Diletti, Luisa Valeriani, Stefano Rizzo, Roberto Ciccarelli.
  • ... l’identità è fatta da due pezzi... Tutte e due sono importanti per l’emigrante, ce l’hai cucite addosso. Le due cose sono mescolate e sono una cosa sola... La Campania ce l’hai sempre nella capa tuia... Come quando cambi le marce alla macchina che lo fai senza più pensare tanto. Metti la prima e sei campano, poi metti la seconda e sei di qua. Quando c’è il cambio automatico tutti i pensieri vanno e vengono e sono di quello e quell’altro posto... È come il cappuccino: né più caffè, né più latte... L’identità campana e italiana la scopri quando torni al paese. È quella che vedi quando vedi la tua faccia quando cammini nel paese di nascita... Ho camminato al corso e vedevo le facce come quella mia. Come allo specchio della mattina... Vedi delle facce che sintetizzano un po’ tutti i tuoi parenti... È come avere il cuore diviso e la testa divisa. Ma questa divisione non reca conflitto. È come qualcosa di naturale... ... tutte le domeniche andavamo alla casa di un paesano perché stava costruendo la sua casa. Allora tutti i paesani andavamo ad aiutarlo... Poi quando finivamo quella casa tutti andavamo alla casa di un altro... quando qualcuno aveva bisogno di gettare i solai, di alzare i muri, di fare le porte, le finestre, i pavimenti della casa, andavamo tutti a lavorare; piccoli, donne... questi facevano la pasta a mano, le tagliatelle e i spaghetti, mentre gli uomini mettevano la calce o alzavano i muri. Poi si mangiava insieme...