• Nel 1895 i fratelli Lumière filmano l’uscita degli operai dalla loro fabbrica a Lione. Il cinema inizia dal lavoro. Negli ultimi anni è tornato a descriverlo: nel Duemila, e in particolare dal 2008 con lo scoppio della crisi economica, i registi italiani, europei e americani ricominciano a riflettere su questo grande tema. I licenziamenti, la disoccupazione, la difficoltà di trovare un nuovo impiego. Le figure deboli come le donne e i precari. Il libro è una mappa del cinema sul lavoro nei nostri anni: da Ken Loach a Laurent Cantet, dai fratelli Dardenne a Lars von Trier, fa il punto su come i registi di oggi trattano il lavoro e il lavoro che non c’è. Da film manifesto come Full Monty alle provocazioni estreme come Il grande capo, passando per la strada italiana di Smetto quando voglio. In sei capitoli divisi per temi La dissolvenza del lavoro analizza oltre cinquanta titoli, decifrando lo stile degli autori: dal realismo sociale di Loach al cinema hollywoodiano de Il diavolo veste Prada. Dalla commedia alla tragedia, dal lieto fine al pugno nello stomaco. Una bussola per orientarsi nel cinema del nostro tempo difficile: colpito dalla di soccupazione, ma illuminato da grandi opere. I capitoli sono seguiti da una scheda tematica a cura di uno studioso dell’argomento.
  • Ingrao mi riceve in un salottino, attorno a un tavolinetto basso. Lui mi sta seduto di fronte, in poltrona. Dialogando con lui sulla sua esperienza di pensare e fare il Comunismo avevo l’impressione che quel che diceva fosse meno di quel che pensava e viveva. Sentivo una passione a monte del suo discorso, che il discorso smorzava e riduceva a semplici parole. Sto dicendo che, in un certo senso, chi ha vissuto tutta una vita per fare il comunismo, contrae un’esperienza che in un tempo non comunista non è dicibile e non è comunicabile. C’è tanto d’incomunicabile, al fondo di Ingrao, e forse per questo lui ha tentato le vie della poesia: la poesia suppliva all’impotenza della politica. Anche lui deve aver sentito la sperequazione fra ciò che voleva e doveva dirmi, e ciò che effettivamente diceva. Non ne era contento. Finiti gl’incontri, questa insoddisfazione lo spinse a chiedermi che non fossero pubblicati. (dalla Premessa di Ferdinando Camon)
  • Il volume analizza i cambiamen ti nei rapporti tra i sindacati e i partiti intervenuti negli ultimi trent’anni nei principali paesi dell’Europa Occidentale. Ven go no individuate tendenze e processi che si sono verificati in Francia, Germania e Gran Bretagna, ma nel lo stesso tempo il focus si concentra intorno alle più importanti vicende italiane: le quali attraversano la fuoriuscita dai vecchi partiti di massa (e in particolar modo dal Pci), lo scontro D’Alema-Cofferati, e arrivano al tentativo di disintermediazione operato da Renzi. Per quanto lo sguardo sia generale l’attenzione prevalente è dedicata al principale partito della sinistra (nelle sue diverse configurazioni storiche post-Pci), e al principale sindacato (la Cgil). Il legame tra questi attori, che è stato molto stretto nella tra dizione del movimen to operaio, è diventato nel corso degli ultimi decenni progressivamente più esile e incerto. Il punto di arrivo attuale consiste nel forte ridimensionamen to di una comune base di identi fi ca zione, dovuto alla crescen te collocazione del partito al di fuori dell’orbita laburista, cosa che ha coinciso con lo smarrimento del suo ruolo centrale nella elaborazione della cultura politica di riferimento comune. A questa caduta identitaria si è accompagnato anche il venir meno delle relazioni organizzative formali, specie in ambito nazionale e centrale. Il volume intende esplorare le cause di questo fenomeno, si interroga intorno alla sua reversibilità, e indaga inoltre sulle piste intorno a cui possono prendere forma gli scenari e le strategie del futuro.
  • Sulla questione generazionale si scontrano da sempre letture diverse; e ciò non sorprende in un tema che rimanda a quasi tutto: la rivoluzione demografica, l’indebolimento dei sistemi di welfare del secondo dopoguerra, il declassamento dei titoli di studio, la scolarizzazione e l’ingresso delle donne nel mercato del lavoro, e quanto si lega ad uno o all’altro di questi processi. Ovvio perciò che le spiegazioni differiscano, approdando a volte a conclusioni fra loro opposte. Molte, troppe, le variabili in campo. Né aiuta annaspare in cerca di appigli nel campionario della storia del pensiero e della manualistica sociologica ed economica corrente. Perché la prima cosa che s’impone a un’analisi non pregiudiziale del problema dei rapporti tra le generazioni è che si abbia a che fare con una materia completamente inedita: qualcosa che richiede e impone categorie concettuali, dati e informazioni nuovi, una conversione dello sguardo dal presente e dal passato verso il futuro, per il quale le scienze sociali non sono particolarmente attrezzate.
  • Nei paesi del Sud Europa, tradizionalmente, la distribuzione della spesa sociale tendeva a essere significativamente sbilanciata a favore degli anziani. L’articolo introduce la nozione di ricalibratura intergenerazionale allo scopo di individuare, e di analizzare, le riforme volte a ri-bilanciare il profilo generazionale del welfare state italiano attraverso l’espansione degli schemi di assistenza sociale – sia in termini di servizi che di trasferimenti monetari – e di riforme sottrattive nel settore pensionistico. In seguito, compara le traiettorie di policy in questi due settori-chiave rispettivamente per i «genitori» e per i «figli» nel periodo che va dalla metà degli anni novanta al 2016. L’analisi porta in primo luogo a sottolineare come l’investimento a favore dei «figli» non abbia sufficientemente bilanciato i tagli e le sottrazioni nel settore pensionistico e, in secondo, a mettere in discussione sia l’idea che gli incentivi di politica interna volti a espandere le misure a favore dei figli siano necessariamente deboli sia il ruolo «facilitante» delle pressioni esterne rispetto alla ricalibratura intergenerazionale.
  • L’articolo considera i cambiamenti tra coorti nelle traiettorie d’ingresso nel mercato del lavoro in Italia, considerando complessità vs linearità e standardizzazione vs destandardizzazione. L’evoluzione di questi due indicatori è connessa alle opportunità di stabilizzazione per le generazioni di lavoratori entrate in attività prima, durante e dopo le riforme volte ad aumentare la flessibilizzazione. Utilizzando dati longitudinali Inps sugli episodi lavorativi per il campione italiano Eu-Silc 2005, l’analisi delle sequenze sui primi sette anni di partecipazione mostra che la complessità aumenta maggiormente per i lavoratori meno istruiti e in particolare per le donne. La crescente destandardizzazione interessa specialmente le donne, soprattutto se laureate.
  • Estratto articolo 1
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