• Per buona parte della sua storia moderna e contemporanea la Polonia è stata un oggetto, non un soggetto geopolitico. La stessa Polonia attuale deve le sue frontiere alle decisioni, e alle indecisioni, dei massimi leader della coalizione antihitleriana, fra il 1943 e il 1945. Anche per loro i polacchi erano pedine da spostare sulla scacchiera continentale sulla base della somma algebrica dei rispettivi interessi. Bisognerà attendere il 1989 perché i polacchi riprendano in mano il loro destino, sulla scia della rivoluzione di Solidarnosc. La Polonia di cui trattiamo oggi è finalmente un coprotagonista della scena europea. Nella storia sono esistite molte Polonie, alcune più grandi dell’attuale, tutte più orientali. Perché questa Polonia possa esistere e prosperare la scelta euroatlantica è condizione necessaria ma non sufficiente. Decisivo sarà anche il rapporto con la Russia e con gli altri vicini orientali, Ucraina in testa. È di questa Polonia che tratta il libro, i cui testi illuminano in prospettiva il suo ruolo nell’Unione Europea e nella Nato, procedendo a ritroso dal 2006 al 1989. Sono soprattutto i diciassette anni trascorsi dalla caduta del comunismo all’ingresso della Polonia nell’Unione Europea che vengono qui raccontati con alcune mirate incursioni nel passato remoto per meglio spiegare quello recente.
  • Popolo chi?

    14.00 
    Il libro presenta e analizza i risultati di una ricerca condotta fra ottobre 2017 e ottobre 2018 nelle periferie di quattro città italiane: Milano, Firenze, Roma e Cosenza. Attraverso 60 interviste in profondità, il gruppo di ricerca – composto da accademici e accademiche, attivisti e attiviste – ha cercato di portare alla luce tre grandi questioni: le condizioni sociali dei quartieri popolari, il rapporto delle persone intervistate con la politica (sia quella istituzionale sia la partecipazione dal basso) e il rapporto con i media e l’informazione. La ricerca ha voluto in primo luogo chiedere alle cosiddette «classi popolari», di cui spesso politici e partiti pretendono di essere portavoce, di prendere parola sulle esigenze, speranze e difficoltà della loro vita quotidiana. In secondo luogo si è cercato di capire quali rappresentazioni diffuse ci siano della politica e delle classi di rigenti. Ciò che è emerso traccia uno scenario molto più complesso di quello dipinto nelle narrazioni mainstream, difficilmente riconducibile alle etichette di «populismo», «razzismo» o «euroscetticismo» e che ci costringe a ripensare le categorie analitiche con le quali interpretiamo i fenomeni contemporanei. La ricerca è stata ideata e condotta dal Cantiere delle Idee, rete nazionale di ricercatori e attivisti. Insieme ai tre curatori, sono autori del volume Francesco Campolongo, Riccardo Emilio Chesta, Lorenzo Cini, Michele Sorice, Valeria Tarditi, Tommaso Vitale, Davide Vittori.
  • L’articolo ha come oggetto il tema del populismo che negli ultimi anni si è manifestato nei paesi europei e del suo rapporto con le politiche sociali. Dopo un’analisi del nuovo rapporto fra leader e partiti, l’articolo si concentra sul profilo dei leader populisti e sugli argomenti che comunicano. Popolo, confini, globalizzazione ed élite: l’antipluralismo espresso da molti presenta coordinate precise, originate dalla perdurante crisi economica e da temi trascurati dalla politica tradizionale. Al punto che le politiche di welfare, qualora lasciate nelle mani dei leader populisti, rischiano seriamente di trasformarsi in strumenti per destabilizzare le democrazie liberali. Nelle considerazioni conclusive viene articolata una prima risposta alle questioni affrontate nel contributo.
  • Il contributo offre alcuni spunti di riflessione e azione in tema di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Ci si sofferma sulle riforme necessarie per rendere il lavoro più sicuro sottolineando come occorra anzitutto affrontare la frammentazione dei diritti e delle condizioni, superando la logica della precarietà e del massimo ribasso, tenendo sotto controllo la catena degli appalti e dei subappalti nel pubblico ma anche nel privato. Ma occorre anche restituire ai soggetti pubblici la funzione di prevenzione, di sostegno alle azioni e di controllo che i tagli di questi ultimi decenni hanno sottratto.
  • Nel sessantacinquesimo anniversario della strage di Portella della Ginestra, per iniziativa dell’Archivio di Stato di Viterbo, dell’Università della Tuscia e della Fondazione Di Vittorio, si è tenuta a Viterbo una giornata di studio sul tema che ha fornito anche il titolo del volume. La ricostruzione degli avvenimenti del 1° maggio 1947 e il dibattito storiografico sulla strage di Portella sono stati posti in connessione con la storia dell’Italia repubblicana, senza trascurare il mondo della cultura e delle arti, la memoria del sindacato e le celebrazioni ufficiali. Il panorama degli studi raccolti nel volume è stato articolato dall’analisi delle reazioni del mondo politico e sindacale, dalla rassegna sul processo di Viterbo nei rotocalchi italiani e da una densa ricognizione sui lavori della Commissione Antimafia, con risultati che attestano l’efficacia di una indagine a tutto campo tra politica, memoria e uso pubblico della storia. Gli approfondimenti sulle rappresentazioni di Portella della Ginestra elaborate dalla letteratura, dalle arti visive, dal cinema e dalla televisione completano il quadro, con il ricorso sistematico a fonti iconografiche e audiovisive. In sintonia con l’approccio interdisciplinare della giornata di studio al volume è unito il Dvd della Mostra multimediale «Portella della Ginestra: politica, memoria, uso pubblico della storia (1947-2012)». Nello spirito delle parole pronunciate dal Presidente della Repubblica a Portella della Ginestra, il proposito che ispira il volume è quello di affrontare con gli strumenti del «mestiere di storico» le pagine più tormentate dell’Italia repubblicana, oltre le deformazioni della polemica politica più contingente.
  • Francesco Renda, che avrebbe dovuto tenere il comizio a Portella quel 1° Maggio del ’47, racconta, da testimone e da protagonista, la vicenda drammatica della strage di Portella della Ginestra per opera della banda di Salvatore Giuliano. Nella forma piana e avvincente della conversazione, a cui è sotteso tutto il rigore del grande studioso, egli sviluppa una chiave di lettura della strage che la colloca nella dimensione internazionale della «guerra fredda», mettendo in luce come, nell’intreccio perverso tra politica, mafia e banditismo, impegnati nella difesa degli interessi economici e politici degli agrari, all’indomani della grande avanzata del Blocco del Popolo nelle elezioni siciliane del 20 aprile 1947, al fondo della strage si inserisca l’esigenza imprescindibile degli Stati Uniti di esautorare le sinistre dai governi nazionali e regionali delle aree strategicamente rilevanti. Da Portella il racconto passa ai cento anni di storia della Cgil siciliana, che affonda le sue radici nel movimento dei Fasci dei lavoratori e che da lì è venuta poi tessendo per tutto un secolo una trama di lotte e di conquiste che hanno collocato la Sicilia e il popolo siciliano, come dice Renda, «sul davanti della storia nazionale e internazionale». Scenario questo che si è reso possibile anche perché quelle lotte sono state illuminate da grandi utopie che, pur non realizzandosi pienamente, hanno permesso di raggiungere risultati importanti. Terzo e conclusivo momento è quello dedicato all’Autonomia della Sicilia e al suo Statuto. A sessant’anni di distanza, conclude Renda, è innegabile che l’Autonomia abbia dato alla Sicilia un’identità che prima non aveva; è pure vero il fatto che alcune sue caratteristiche, come l’esclusività legislativa, sono all’origine di una pregiudizievole condizione di separatezza della vita dell’isola dal resto del paese.
  • 1° maggio 1947 verso le dieci del mattino, è la strage di Portella della Ginestra, trentotto tra morti e feriti, tra essi donne e bambini. La vicenda è nota: il Primo maggio, per la festa dei lavoratori, gli abitanti di tre paesi siciliani avevano l’abitudine di riunirsi nell’ampio pianoro tra le montagne dell’interno: qualcuno sparò sulla folla inerme e uccise. Il pianoro, di una rara bellezza naturale, era un punto di confluenza perfetto per fare ritrovare la gente dei paesi limitrofi. In quegli anni in Sicilia c’era stata l’occupazione delle terre e nelle campagna si respirava un’aria di festa, di liberazione, i siciliani con le loro lotte si schieravano sempre di più per il rispetto dei loro diritti, per il lavoro e la libertà. La strage, insieme al massacro di ottanta sindacalisti, segna per quegli anni la fine di ogni speranza. La Sicilia, lasciata alla mafia, ripiomba nella prigionia, nell’abbandono e comincia la grande emigrazione che impoverirà l’isola. A poco a poco la strage di Portella della Ginestra diventa per i siciliani un racconto del mito, una sorta di avventura del dolore fuori dal tempo e da ogni luogo, segna la caduta. Ed è questo sentimento di sconfitta che il poema di Beatrice Monroy, palermitana e scrittrice di teatro, ripropone nel tentativo di riprendere in mano una storia i cui mandanti sono ancora ufficialmente ignoti. Alcune foto realizzate dall’autrice vogliono segnare come pagine di un diario il volto attuale della Sicilia.
  • Girolamo Li Causi è stato per lungo tempo il leader dei comunisti siciliani e uno tra i più autorevoli dirigenti nazionali del PCI. A partire dal secondo dopoguerra lavorò alacremente nella sua terra per ricostituire le organizzazioni politiche e sindacali del movimento contadino e per guidare le lotte bracciantili contro il latifondo. Segretario regionale del partito, deputato nell’Assemblea Costituente, senatore, fu vicepresidente della prima Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno mafioso. La lotta alla mafia fu il tratto distintivo del suo impegno politico e istituzionale. La vicenda della strage di Portella della Ginestra, avvenuta il 1° maggio 1947 per opera della banda di Salvatore Giuliano, è da questo punto di vista emblematica. Nel libro sono raccolti gli interventi pubblici di Li Causi sul drammatico episodio: interventi nell’Assemblea Costituente, nell’Assemblea regionale siciliana, in Parlamento e articoli sulla stampa locale e nazionale. Il volume è introdotto da un saggio dello storico Francesco Renda, all’epoca giovane dirigente del movimento sindacale siciliano, che avrebbe dovuto tenere il comizio a Portella quel 1° maggio del ’47. Renda, ripercorrendo la parabola biografica di Li Causi, caratterizzata dalla passione civile e dal coraggio col quale egli sfidò i soprusi dei grandi proprietari terrieri e la violenza della criminalità organizzata, evidenzia come, nell’intreccio perverso tra politica, mafia e banditismo, impegnati insieme nella difesa degli interessi economici e politici degli agrari, si inserisca anche l’esigenza imprescindibile degli Stati Uniti di esautorare le sinistre dai governi nazionali e regionali delle aree strategicamente rilevanti.
  • Il contributo presente in appendice è estratto dal volume di Giuseppe Amari (a cura di) "In difesa dello Stato, al servizio del paese. La battaglia di Giorgio Ambrosoli, Paolo Baffi, Silvio Novembre, Mario Sarcinelli e di Tina Anselmi, Ediesse, Roma, 2010.
  • La grave crisi in cui versa il Servizio sanitario nazionale pone in discussione la tutela stessa della salute, nonché i princìpi di universalità, uguaglianza ed equità su cui si fonda. Il contributo si sofferma sui correttivi necessari per rilanciare il Servizio sanitario pubblico e universale, sottolineando la necessità di una radicale inversione di rotta in termini di spesa pubblica con l’obiettivo di una maggiore valorizzazione, qualificazione e incremento del personale sanitario, della promozione dell’assistenza territoriale, della realizzazione dell’integrazione socio-sanitaria, a partire dalla piena attuazione del Pnrr.