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Una piccola enciclopedia sulla parola “dignità”, dall’Antica Grecia a oggi. Oggi la parola “dignità” rischia di assumere una funzione tutta ed esclusivamente “cosmetica”. Di fronte a tale scempio semantico e culturale non resta che mettersi a ripercorre la storia di questa parola, attraverso i terreni della storia, della filosofia, della politica, della letteratura, della religione e del diritto. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale. Così recita l’articolo 3 della nostra Costituzione. Eppure nella Atene antica il termine nulla aveva a che fare con il campo dei diritti personali da tutelare. Il concetto di dignità ha subito nel corso dei secoli numerosi cambiamenti. Associato all’idea di città in età greca, poi di impero in età romana, ancora di città al tempo dei comuni italiani e del Rinascimento, è diventato infine un concetto universalistico nell’età dei Lumi. E poi, ancora, approda al centro delle rivoluzioni americana e francese fino al nostro Risorgimento e, al suo interno, alla dialettica tra costruzioni sovranazionali e Stati nazionali. Infine, arriva ad intrecciarsi sempre più inestricabilmente con la sfera dei diritti. Casaburi mette in ordine questa storia individuando i punti di snodo più significativi. Cosa si intende allora oggi per “dignità”? Nel suo profilo passivo, è il diritto di ognuno al rispetto integrale della propria libertà e, più in generale, della propria “persona”. Nel suo profilo attivo, invece, è esercizio delle virtù personali nel rispetto e nella difesa della libertà e, più in generale, della propria e altrui “persona”.
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Il libro propone una rilettura degli atti dell’Assemblea Costituente relativi alle norme lavoristiche della Costituzione, tentando di capire perché si arrivò proprio a quel testo, le alternative che furono proposte, le parti politiche e le ideologie che scesero in campo e, infine, gli scenari che si sarebbero potuti aprire se la norma “vera” fosse stata un’altra. I contributi, di taglio ricostruttivo, ridanno così voce ai costituenti, riscoprendo idee, obiettivi, passioni, aspettative. Dal 2013 nessuno di essi è più in vita. Questo libro è anche un tributo alla loro attività, portato con il dovuto rispetto ma con altrettanto dovuta attenzione scientifica. Facendoli tornare a parlare, dai più illustri “padri della Patria” ai tanti giovani che poi sarebbero diventati famosi, fino ai tantissimi sconosciuti che ora hanno al più una strada intitolata al loro paese, emerge un diritto del lavoro come non lo abbiamo mai visto, fatto di incertezze ma anche di speranze, di conflitti ideologici e politici ma anche di spinte al “compromesso” per un Paese da costruire, che si voleva consegnare solido alle generazioni future, scrivendo una Carta fondamentale in grado di resistere alle insidie del tempo. Gli autori, tutti legati – nel passato o nel presente – alle cattedre di Diritto del lavoro dell’Università di Siena, sono: F. Borgogelli, G. Calvellini, N. Castelli, S. Chellini, A. Ebreo, C. Faleri, B. Fiorai, L. Gaeta, A. Giovannelli, F.Z. Khouribech, L. Lazzeroni, A. Loffredo, M. Lombardi, S. Naimoli, G. Orlandini, P. Passaniti, L. Pelliccia, M.D. Santos Fernández, F. Siotto, A. Tandoi, M. Tufo.
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Solo il lavoro congiunto del pensiero liberale, del pensiero socialista e di quello dei cattolici democratici può fondare una moderna prospettiva liberalsocialista capace di far rinascere il paese. «Ci siamo cosi condannati ad avere paura di ogni trasgressione all’ordine esistente, non solo sul piano economico ma anche in quello istituzionale: argine democratico contro lo sfascio, ma non più motore di innovazione culturale e sociale». È in corso un cambiamento epocale negli assetti produttivi e sociali del mondo, con effetti asimmetrici tra Oriente e Occidente. La sinistra italiana ed europea ne è uscita fortemente indebolita, perdendo la capacità di guidare il cambiamento, perché bloccata nella difesa doverosa ma impotente dell’esistente. La via d’uscita è il passaggio all’economia della conoscenza che promuova un nuovo rapporto tra impresa, lavoro e sapere: passaggio obbligato per dare un futuro al Paese e a quello dei giovani. Secondo l’autore bisogna oggi promuovere un clima di patriottismo repubblicano in cui le forze democratiche del lavoro e del capitale, della cultura e della scienza, diano vita a coalizioni per l’innovazione, lo sviluppo e la democrazia partecipata. Il libro si articola in tre parti: la prima racconta i tratti più significativi dell’esperienza sindacale e istituzionale dell’autore; la seconda ragiona sulle cause dell’afasia della sinistra italiana ed europea e avanza idee e proposte per il suo superamento; la terza ripubblica, oltre al testo del protocollo IRI che nel 1984 ha aperto una via italiana alla partecipazione strategica dei lavoratori alla gestione delle imprese, due saggi dell’autore sulla metamorfosi delle professioni intellettuali e sul conflitto di interessi.
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Quello della rappresentanza è ormai e sempre più un vero e proprio paradosso. Nel momento in cui il lavoro è più frastagliato e spezzettato, in cui è difficile trovare un’occupazione e chi lavora subisce pesanti condizionamenti, il sindacato è più in difficoltà: non viene ascoltato dalla politica, non riesce a intercettare i giovani. Eppure il sindacato è stato fra i primi a denunciare le storture del neoliberismo e dell’austerità. E alla denuncia ha accompagnato la proposta di politiche diametralmente opposte volte al rilancio degli investimenti e alla creazione di nuovo lavoro. Questo però non sembra che basti. Il fatto è che molti dei problemi di CGIL, CISL e UIL stanno al loro interno. Anche per via di una vera e propria controinformazione sulle loro posizioni, i sindacati sono percepiti come strutture vecchie, arroccate nella difesa dei presunti «garantiti» e incapaci di fare gli interessi dei giovani. Per affrontare efficacemente queste sfide, è la tesi dell’autore, l’unica strada che il sindacato può seguire è quella del suo completo rinnovamento, svecchiando struttura, metodi e dirigenza, proponendo un progetto in grado di riunificare il mondo del lavoro, raccogliendo giovani e precari, partite IVA, lavoratori parasubordinati e autonomi. L’analisi svolta nel volume viene completata con interviste sul tema ai segretari generali delle tre maggiori confederazioni (Camusso, Furlan e Barbagallo), a sociologi (Bonomi, De Rita, Gallino) e a lavoratori Valentina, Bruno, Giulia).
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La contrattazione collettiva o negoziazione sindacale può essere definita come un processo molto complesso che si propone di produrre degli accordi per migliorare le condizioni di lavoro, ridistribuire le risorse a disposizione e anche ridurre i conflitti nei luoghi di lavoro. Piero Pessa ci consegna un vero e proprio manuale di formazione per le RSU su metodi e tecniche di conduzione del negoziato sindacale: dal sistema di regole alla preparazione delle trattative; dalla definizione della piattaforma ai luoghi e ai soggetti della trattativa; dalle strategie di comunicazione alla gestione del conflitto. L’autore delinea i contorni del “mestiere” del negoziatore fornendo strumenti utili alle rappresentanze sindacali chiamate a contrattare.
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Un saggio sulla crisi finanziaria, sulla crisi della finanza e sulla crisi a causa della finanza. Bellucci propone un’analisi dei nuovi strumenti di finanza derivata partendo da lontano: dalla «bolla dei tulipani olandesi» del Seicento alla «grande bolla» del 1929 arrivando fino alla «bolla di Internet» e a quella dei mutui sub-prime. L’appiattimento interpretativo in cui è incorsa tanta parte dell’analisi economica degli ultimi importanti fenomeni speculativi ha messo in ombra le cause di fondo e ha impedito finora di trovare una via d’uscita dalla crisi. In molti infatti cercano la soluzione nello spostamento dalla spesa pubblica ai mercati. Ma l’autore ci ricorda che è giunto il momento di invertire la rotta perché anche i mercati inizino a funzionare in modo diverso e ci chiama a riflettere su una finanza diversa, al servizio dei cittadini.
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Il sogno di un lavoro stabile che si infrange contro una malattia e poi il lutto dei familiari. È il filo che unisce le storie raccolte in questo libro dedicato alle vittime del lavoro. Ronchetto e Rossi, entrambi giornalisti, ci raccontano le storie di lavoratori che hanno perso la propria vita sul lavoro. Gianni, entrato in acciaieria da ragazzino, come saldatore. Carlo, tipografo che ha vissuto il passaggio dal piombo al computer; Fiorenzo, vetraio. E ancora, Pietro, dipendente aziendale; Salvatore, vigile del fuoco; Daniele, operaio. Un racconto intenso che è un omaggio alle tante vittime del lavoro e un monito per tutti perché si lavori di più sul fronte della prevenzione.
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La storia locale, superando il carattere erudito che l’ha caratterizzata a lungo, è diventata negli ultimi decenni un terreno molto frequentato e produttivo. Permette infatti di concentrarsi su realtà specifiche, spesso ritenute secondarie, con il risultato di costruire tessere preziose della narrazione storica nazionale ed internazionale. Inoltre, si è di frequente incrociata con l’ambito della memoria favorendo il recupero e la valorizzazione di identità collettive e, anche, la comunicazione tra generazioni differenti. Crotone ha un rilievo particolare perché attraverso la sua storia, che è insieme agricola e industriale, è possibile leggere le trasformazioni del Mezzogiorno soprattutto in età repubblicana. Questo libro ci restituisce dunque un pezzo di storia locale che è anche una storia del nostro Sud e dell’Italia intera.
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La nozione di risorsa umana è diventata centrale per definire la «forma-impresa» che caratterizza il capitalismo di stampo neoliberale. Di che cosa è sintomo l’inflazione di questa nozione all’interno dei luoghi di lavoro e non solo? In che modo l’«umano» è diventato oggi la «risorsa» principale dell’economia capitalistica? In questo libro - attraverso una digressione che parte dalla disciplina di fabbrica novecentesca, si sofferma sull’invenzione del management moderno e arriva fino a oggi – si sostiene che la «risorsa umana», lungi dal segnalare l’avvento del lavoro infine umanizzato, è piuttosto il correlato di una tecnologia di potere che si situa all’incrocio fra il governo politico degli individui e l’organizzazione del lavoro. Ciò che sembra una nozione tecnica o neutrale proviene in realtà da un campo di conflitti e di lotte, e rappresenta l’esito attuale di una lunga storia di tentativi di addomesticare quella che Marx chiamava la «mano ribelle del lavoro».
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Quando ha proposto a SeNonOraQuando-Factory di avviare un serio dibattito pubblico sulla Costituzione Italiana, Mariella Gramaglia ha scritto: «A noi, donne, la Costituzione, il nostro contratto sociale della contemporaneità democratica, interessa. E molto. Non solo perché ricordiamo con commozione e deferenza le 21 pioniere che hanno contribuito a scriverla e sobbalziamo ogni volta che qualcuno parla di “padri costituenti”, ma perché pensiamo che, benché redatto da una schiacciante maggioranza di uomini, questo contratto ci riguardi, segni dei perimetri di diritto che ci stanno a cuore, che almeno parzialmente ci includono». Da questa idea di Mariella Gramaglia ha preso corpo l’iniziativa «In contropiede. Le donne rileggono la Costituzione» che vuole esprimere l’esigenza, ormai urgente, di rileggere il testo fondativo della nostra vita civile a partire da un nuovo punto prospettico: la vita delle donne. La Costituzione italiana è stata scritta quasi 70 anni fa. Da allora il Paese è cambiato, soprattutto le donne sono molto cambiate. Contributi di Alessandra Bocchetti, Giulia Bongiorno, Francesca Comencini, Marisa D’Amico, Michela Marzano, Lea Melandri, Luisa Muraro, Lidia Ravera.