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Un Patto sociale tra produttori appare una chimera. Invocato da molti, per frenare il declino ventennale dell’economia italiana, trova nella politica nazionale e nei fautori dell’«austerità espansiva» in Europa i principali «sabotatori». Gli economisti avanzano varie proposte, le parti sociali sembrano almeno in parte disponibili al confronto, ma gli scenari possibili non sembrano prospettare soluzioni praticabili. Nel frattempo la quota del reddito da lavoro continua a diminuire: dal 1990 il lavoro ha perso circa 10 punti percentuali, la crescita della produttività è rallentata da metà anni ’90 e si è arrestata dal 2000, il gap tra produttività e salario reale è cresciuto; negli anni dell’euro ha prevalso la stazionarietà per salari e produttività, mentre è cresciuta l’occupazione precaria e mal retribuita. Ancora purtroppo si intende proseguire lungo una politica di flessibilità del mercato del lavoro. Occorre invece un cambiamento, in Italia e in Europa, ed investire su lavoro stabile, retribuzioni e innovazione,ntecnologica ed organizzativa, i principali fattori che possono far ripartire la crescita.
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È il mondo delle voci e dei suoni, con al centro la radio, l’oggetto di questo libro eccentrico quanto può esserlo la prospettiva dell’ascolto. Una cronaca in due tempi dove convergono elementi diversi per raccontare trasformazioni e possibilità di uno strumento alleato della complessità e delle domande dell’uomo, capace di formare comunità, inventarle, distruggerle, consolarle. Un primo movimento in studio, negli ambienti fantasmatici delle sale di registrazione, riflette sul senso dell’ascolto, oggi, in Occidente, a partire dall’esplorazione sonora del paesaggio italiano a opera dei maggiori scrittori delle ultime generazioni, per approdare alle scene di un radiodramma vivente incontrato negli scompartimenti di un treno o nell’istallazione sonora di un albergo dove rivive lo splendore acustico del passato. La seconda parte in viaggio, quando dalla provincia italiana l’autore allarga la sua esplorazione fino alle strade della Bosnia, agli slum di Nairobi, all’India dei musicisti itineranti. Come se allontanandosi, ci avverte, andando in luoghi dove l’ascolto è meno corrotto, tutto diventi più evidente e possa venire a depositarsi sui fondali del nostro desiderio di capire in maniera permanente. La scrittura di Pavolini, concentrata sulla ritmica discreta dell’ascolto, trae sostanza e forma proprio nello smarcarsi dall’autocompiacimento, tenendo però fermo il punto di partenza autobiografico e interiore. Questo è avvenuto per Accanto alla tigre, poi nel memoir Tre fratelli magri, e ora in questo nuovo libro dove ricuce intorno ad alcune esperienze del suo lavoro quotidiano ai programmi di Radio3 il destino più ampio dei mestieri intellettuali: «Un impasto in cui sembrano fondersi senza sforzo la finezza dei vecchi letterati con l’acribia dell’analisi e della documentazione» come scrive Goffredo Fofi nella postfazione.
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Il viaggiatore affascinato torna più volte in un luogo facendone una seconda patria. È ciò che è successo all’autore di Alfabeto brasileiro, storico e saggista di fama, di ritorno da un viaggio di studi in Brasile. Così Angelo d’Orsi, non nuovo ai modi di una scrittura non accademica, senza rinunciare agli strumenti di una riflessione storica, politica, linguistica e di costume, affida la complessità dell’esplorazione di questo paese a un alfabeto discorsivo ed eccentrico che cresce per voci, incrocia luoghi, personaggi e tradizioni della cultura brasiliana, tra vecchi e nuovi immaginari. In queste 26 parole chiave (da água a futebol, da jovens a universidade…), disposte rigidamente dalla A alla Z, la scrittura mescola, con grazia, arguzia e ironia, informazioni e suggestioni, notazioni e racconto orale e, naturalmente, fonti documentarie preziose. In questo modo quel grande paese diventa il concentrato di tutte le contraddizioni del mondo: grande e ricco, povero e desolato, sulla via della crescita e immobile, industriale e rurale, il paese della bellezza, non solo femminile, ma anche dell’obesità all’americana; il luogo dell’«uomo cordiale» che ti chiede «tudo bem?», ma anche della ferocia di una criminalità diffusa e della violenza delle forze di polizia. È America, ma è Africa, Europa, ed è pure la «terza nazione», delle comunità indigene sterminate dalla «conquista», ancora oggi sotto attacco, spesso da parte delle stes se autorità o delle grandi multinazionali che devastano le loro terre. La metafora «Brasile» serve quindi a una riflessione sui mali e i pericoli delle società contemporanee, per ridare un senso alla nostra esistenza, nella compassione per i deboli, nel rispetto dell’altro e in quella lotta capace di cancellare le ingiustizie sociali e salvare nella natura il futuro nostro, quello delle terre che abitiamo. Arricchiscono il volume le suggestive immagini scattate da Eloisa, figlia di Angelo, fotoreporter e viaggiatrice, e un suo personale reportage.
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Dai giornali mazziniani, internazionalisti e anarchici ai volantini diffusi nel 1890 allorché ebbe inizio la tradizione del Primo maggio; dalle vecchie e rare tessere socialiste e sindacali ai preziosi manoscritti di Andrea Costa, Enrico Ferri, Argentina Altobelli, Ugo Ojetti e Gaetano Salvemini; dai verbali delle riunioni in Cgil nelle calde giornate del 1948, quando si consumò la scissione sindacale, al telegramma di solidarietà inviato da Italo Calvino a Giuseppe Di Vittorio per la posizione assunta sui fatti d’Ungheria. Inediti, rarità e pezzi unici, custoditi da tre importanti archivi storici della Cgil, arricchiscono le pagine di questo volume che offre una suggestiva rappresentazione visuale della vicenda del mondo del lavoro in Italia dalla fine del diciannovesimo secolo agli anni Ottanta del secolo successivo. Con la collaborazione di Ilaria Romeo.
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Entrare in quel gran cantiere mai chiuso che è la vita di Pietro Ingrao è atto temerario, ma pure necessario, se si vuol cogliere il senso di molte cose italiane. Ricorro alla parola «vita», e non «scritti» o «opera», perché davvero vi è un tutt’uno di azione politica e di riflessione teorica, di curiosità intellettuale e di introspezione poetica. Per esperienza diretta, posso aggiungere che proprio questo sfaccettarsi, questo arricchire ininterrottamente esperienza e presenza pubblica, ha indotto più d’uno, nelle occasioni più diverse, a costruirsi un «suo» Ingrao. Cosa che, per un verso, può divenire o apparire come una incapacità di fare i conti con una figura complessa; ma, al tempo stesso, esprime pure un bisogno di identificazione, al di là di quelli che possono essere dissensi o distanze. Questo libro propone un Ingrao che non s’interroga soltanto sul lavoro, ma da qui parte per riconoscere e ricostruire un insieme di nessi che, indicati appunto dalla dimensione del lavoro, impongono poi di guardare alla collocazione sociale della persona, e alla sua stessa vita. Il lessico è rivelatore, non abituale negli anni in cui questi scritti comparvero: basta l’insistito riferirsi alla dignità. (dal saggio di Stefano Rodotà) C’era un tempo nel quale a sinistra il lavoro veniva sempre prima di tutto senza che ciò suscitasse clamore o divisione. Anzi, il lavoro è sempre stato un valore specifico e unitario di tutta la sinistra, una sua ragion d’essere. In Italia, a partire dal dopoguerra, il lavoro e i lavoratori hanno visto crescere il loro peso grazie all’aumento dei salari, dei diritti, del welfare, della democrazia sostanziale. Con l’affermarsi del neoliberismo, però, dalla fine degli anni Settanta, il lavoro, con tutte le sue implicazioni, viene pesantemente sconfitto. Questo volume raccoglie le riflessioni di Pietro Ingrao sul tema del lavoro proprio in quest’epoca. A partire dal famoso discorso pronunciato da Presidente della Camera alle Acciaierie di Terni, per i trent’anni della Costituzione, fino alle trasformazioni che hanno caratterizzato il lavoro a fine secolo, passando per lo sciopero della FIAT nel 1980 e gli anni del riflusso, l’insieme di scritti e discorsi di Pietro Ingrao qui presentati, a distanza di anni, mostra ancora tutta la sua valenza analitica e anche profetica.
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Questo libro a più voci sulla storia del porto di Genova intreccia diverse componenti di racconto: il cantiere, i suoi uomini e le sue navi, le politiche governative e la legislazione, le scelte imprenditoriali, ma anche le tante trasformazioni dell’Italia nell’arco di un secolo. Scritto con lucidità e passione documentaria e civile, Uomini e navi aggrega più registri: cronaca giornalistica, notazione politico-economica, reportage, racconto sociale, dando voce ai lavoratori portuali che sono stati i veri protagonisti di queste vicende, sin dai tempi dei fondatori del cantiere Taylor e Prandi a metà Ottocento. Con un’ampia partitura composta dalle testimonianze dei protagonisti, ognuno dei quali narra e fotografa un’epoca – da Amleto Valenti, assunto negli anni trenta e delegato sindacale della Fiom, al beatnik Pietro Apostoli, diventato comunista alla Fincantieri, fino a Eugenio Restani, cassaintegrato che racconta la crisi e il declino industriale –, Alessandra Fava ricostruisce un pezzo di storia della cantieristica italiana, tra epica novecentesca, memorialistica operaia e disincanto del presente. «Quando la “Costa Magica” si è scostata dal bacino ho provato, per la prima volta nella mia vita lavorativa, una punta di orgoglio e mi sono sentito accomunato a tut te le generazioni di costruttori di navi che mi avevano preceduto. Io appartengono al secolo scorso, la mia speranza è per i più giovani, per i loro sogni e perché possano costruire le navi più belle del mondo». (Eugenio)
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Il volume raccoglie cinque lezioni magistrali tenute dagli autori, tra il 2006 e il 2013, su invito del Centro per la riforma dello Stato nel giorno natale di Ingrao. Gli argomenti trattati riguardano temi e questioni che illuminano aspetti interessanti ed attuali della complessa figura e dell’opera di Ingrao, affrontati nel più ampio orizzonte della cultura e delle vicende di mezzo secolo. Mentre Camilleri e Olivetti approfondiscono tratti eminenti della personalità di Ingrao – Camilleri il suo ricorso al dubbio come metodo, Olivetti gli anni della sua formazione e la rilevanza della sua ricerca poetica – Sanguineti si interroga su «Come si diventa materialisti storici», Barcellona riflette su «L’epoca del postumano» e Tronti svolge una intensa meditazione su «Persona e politica». Il libro, nella variazione delle voci diverse e nello spirito d’una appassionata apertura intellettuale, contribuisce a precisare e indicare situazioni e problemi che assumono consistente rilevanza nel contesto dell’attuale dibattito politico e culturale.
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Il volume presenta i risultati delle ricerche svolte nell’ambito di un più ampio progetto che la Fondazione Lelio e Lisli Basso - ISSOCO ha realizzato con la Comissão de Anistia del Ministero della Giustizia del Brasile e in collaborazione con l’Università federale del Paraíba (UFPB). Collegato al lavoro delle Commissioni di Verità, costituitesi in Brasile e in altri paesi dell’America Latina, il progetto ha inteso offrire un contributo al percorso della giustizia di transizione, volto ad accertare e a rendere pubbliche le violazioni dei diritti umani perpetrate negli anni dei regimi repressivi. Proprio uno degli obiettivi che si propose Lelio Basso quando, all’inizio degli anni settanta, elaborò, istruì e diede vita al Tribunale Russell II sulla repressione in Brasile, Cile e America Latina il cui Fondo archivistico rappresenta, nell’ambito del progetto, il corpus principale della documentazione trattata e delle fonti utilizzate per le ricerche. La Fondazione Basso, ente morale dal 1974, offre un servizio continuativo con l’apertura della biblioteca e dell’archivio storico (consultabili anche online). La Biblioteca (circa 100.000 volumi e 5.000 testate di periodici) possiede fondi molto rari, a partire dal XVI secolo, sulla storia della democrazia e dei movimenti di massa in Europa, oltre a un importante fondo sull’America Latina, l’Africa e l’Asia. L’archivio storico, accanto ai fondi novecenteschi, conserva manoscritti e documenti sin dall’epoca della Rivoluzione francese. L’intensa attività scientifica e culturale si articola in ricerche, corsi di formazione, seminari, convegni, pubblicazioni e mostre, nei settori della ricerca storica, della cultura delle fonti, della teoria politica e del diritto. Contributi di: Davide Conti, Simona Fraudatario, Lúcia de Fátima Guerra Ferreira, Paulo Giovani Antonino. Nunes, Enrico Pugliese.
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Il libro è risultato tra i finalisti del Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica 2014 Quali sono le dinamiche dei mercati finanziari? Che vogliono dire default e spread ? E, soprattutto, quali rischi comportano gli strumenti finanziari (azioni, obbligazioni, derivati…) che ci vengono proposti? Comprendere i concetti base della finanza ed entrare nei suoi meccanismi essenziali è il primo passo per prendere decisioni consapevoli quando ci troviamo di fronte a scelte che coinvolgono le nostre esi genze finanziarie, come la gestione dei nostri risparmi, il cui risultato è incerto e si rivelerà soltanto a posteriori. Spesso trascurati, i rischi finanziari hanno invece avuto negli ultimi anni un impatto devastante sui redditi individuali e sui bilanci degli Stati. È importante quindi disporre di un bagaglio minimo di conoscenze per affrontare la complessità dei diversi prodotti finanziari. L’obiettivo di questo volume è offrire, anche ai lettori digiuni di nozioni economiche, un’introduzione ai concetti chiave del funzionamento degli strumenti di base e dell’universo della finanza.
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Il libro è risultato tra i finalisti del Premio Nazionale di Editoria Universitaria 2016 Dalla governance globale a quella dell’università, dal la governance d’impresa alla governance dei servizi pubblici, il dibattito politico è ormai segnato dal persistente riferimento a un oggetto oscuro e sfuggente che lascia nell’ombra il «chi» governa «cosa» e «come». Quando si usa la parola governance, sembra si voglia intendere che le cose devono governarsi da sé, magari per favorire un processo di riduzione del ruolo dello Stato e del peso della dimensione pubblica. In questo libro sono tratteggiate le caratteristiche di un «discorso politico» che non solo descrive alcune importanti trasformazioni della forma dello Stato e della relazione tra pubblico e privato, ma propone modalità nuove di governo e di autogoverno delle comunità umane. Collocata nell’odierno dibattito intorno al rapporto tra politica ed economia, la governance che emerge dai documenti istituzionali internazionali svela il volto oscuro di un inedito primato dell’economia sulla politica.
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La ricerca da cui il volume trae origine ha documentato le condizioni di vita e di lavoro dei braccianti stranieri nell’agricoltura meridionale non solo facendo luce sulle situazioni più gravi ma mostrando anche come interi segmenti dell’agricoltura ricca del Mezzogiorno (sono pochi gli immigrati che lavorano nell’agricoltura marginale appenninica) si fondino in modo strutturale sul lavoro sfruttato dei braccianti stranieri. Nel volume viene anche indagata la vita quotidiana dei lavoratori immigrati nelle baraccopoli che nascono durante i periodi delle grandi raccolte cercando di mostrare come in queste «comunità stagionali» si ricreino spazi di convivenza comunitaria in condizioni di vita estreme dove, nonostante tutto, resistono legami di solidarietà umana e di mutuo aiuto. Contributi di Elena De Filippo, Daniele De Stefano, Federica Dolente, Andrea Morniroli, Luca Oliviero, Lucio Pisacane, Enrico Pugliese.