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Sistemi di decisione algoritmica e disuguaglianze sociali: le evidenze della ricerca, il ruolo della politica
Aziende e pubbliche amministrazioni usano con sempre più frequenza algoritmi per prendere decisioni sulle vite di clienti, cittadini, utenti e pazienti. Numerosi studi hanno dimostrato che i sistemi di decisione automatizzata possono generare, e soprattutto amplificare, le disuguaglianze sociali. Con questo articolo si intende promuovere la consapevolezza dei rischi associati ad un uso acritico degli algoritmi, ma allo stesso tempo, incoraggiare all’impiego informato dei sistemi di decisione automatizzata. L’obiettivo principale è di portare evidenze empiriche riguardo al funzionamento degli algoritmi e delle loro conseguenze sulla società. Successivamente, si individuano delle tecniche di ricerca sociale che possono essere impiegate per effettuare audit di algoritmi. Infine, si focalizzano delle soluzioni politiche per mitigare gli effetti degli algoritmi sulle disuguaglianze: la costituzione di organismi di sorveglianza in raccordo con altre autorità garanti (es. comunicazione e privacy), l’alfabetizzazione della popolazione alla privacy dei dati e al coding, la formazione di figure interdisciplinari altamente specializzate capaci di valutare la qualità degli algoritmi e i loro effetti. La ricerca sociale e l’istituzione di organismi di controllo sono gli strumenti principali per governare l’autorità algoritmica e per evitare che si producano nuove, e sempre più complesse, forme di disuguaglianza sociale.
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Sistemi scolastici regionali e capacità di sviluppo delle competenze. I divari nelle indagini Pirls e Pisa
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Slittamento ed evoluzioni nella regolazione sociale
C’è ancora uno spazio per la concertazione sociale, feticcio positivo e demone negativo nei dibattiti scientifici e politici di tanti anni, nella regolazione delle economie avanzate? Questo è un tema che rinvia a tante questioni intrecciate: la partecipazione di attori privati alle politiche pubbliche, il ruolo dei sindacati verso le istituzioni e il sistema politico, il compromesso sociale come metodo per affrontare i nodi dello sviluppo economico. ...
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Socialismo europeo: declino e permanenza del suo ruolo storico
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Società civile, movimenti, democrazia rappresentativa. Il populismo nei partiti di sinistra
Lo scritto mette in relazione il populismo sviluppatosi in Europa negli ultimi anni non solo con l’acuta crisi dei partiti politici, ma anche con la straordinaria mutazione della struttura psichica degli individui che è in corso nel mondo occidentale (la perversione del legame sociale). Definito il populismo come il rifiuto del fatto che in una democrazia, fondata sul principio della sovranità popolare, l’unico principio generatore della politica nazionale è il concorso/conflitto – come realmente si svolge tra le forze date – dei cittadini tra di loro e attraverso i partiti politici, e dunque che è estranea a tale principio la rappresentanza carismatica della bontà originaria del popolo, vengono ricondotti nell’alveo del populismo anche il neogiusnaturalismo e il costituzionalismo fondato sulla retorica dei diritti. Viene infine esaminato il possibile rapporto tra la critica al populismo e la «questione morale», intesa come superamento della distinzione/alterità, tipica del pensiero moderno, tra politica e morale.
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Società e istituzioni negli anni novanta
9.30
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Gli anni novanta in Italia costituiscono un periodo di riforme istituzionali, rese necessarie in seguito alla crisi del sistema politico. Tale crisi ha posto in luce tre questioni fondamentali: la necessaria rideterminazione dei rapporti tra rappresentanza e governo; l’esigenza di ridefinire l’assetto istituzionale, al fine di ridurre la ridondanza politico-amministrativa; l’importanza, infine, di ristabilire i rapporti tra dimensione politica e dimensione sociale e in particolare tra sistema politico e sistema sindacale, definendo un’essenziale riforma lavoristica specie nel settore privato. Data la parzialità e la mancata realizzazione di tutte le riforme prefigurate, i nodi da sciogliere rimangono molti. Come si può affrontare la questione della formazione della rappresentanza politica e del governo? Come si può ridurre la ridondanza istituzionale in termini di posti politici che continua a essere inefficiente e costosa e che necessita di una riforma del Parlamento in senso federale? Come si può ridefinire la dimensione sociale del nuovo assetto istituzionale in termini di regolamentazione della rappresentanza sindacale e dei rapporti tra sistema sindacale e sistema politico istituzionale? Come si può affrontare il progetto di riforma costituzionale presentato dal governo di centrodestra? Questi sono i principali temi e i principali interrogativi affrontati e approfonditi nel saggio di Luigi Mariucci e nei contributi presenti nel testo. Contributi di: Ettore Combattente, Michele Gentile, Giampaolo Patta, Bruno Pierozzi.
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Sociologia storica e spiegazione causale
12.00
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In questo testo ci si chiede se sia possibile perseguire, anche nel campo delle scienze sociali, non soltanto una «comprensione intuitiva» o «interpretativa», ma – come accade per le scienze fisiche o naturali – una «spiegazione causale» dei processi storico-sociali osservati. Per questo riteniamo che questo testo possa essere utile nell’insegnamento delle scienze umane e sociali nel nostro paese. Nel primo capitolo si discute dell’impianto metodologico di vari autori come Elias, Bendix e Wallerstein, nessuno dei quali tuttavia mostra di utilizzare metodi in grado di raggiungere una spiegazione causale. È solo nel secondo capitolo, dedicato a Max Weber, che si vede come questo autore, tramite l’analisi storica comparata e la tecnica narrativa e «iterativa» cui egli ricorre, sia invece in grado di raggiungere una spiegazione causale, con riferimento, in particolare, alle origini del capitalismo in Occidente. Weber dimostra infatti il ruolo autonomo e innovativo rilevante che possono svolgere determinati soggetti dotati di forti convinzioni etiche (come i profeti giudaici o gli imprenditori protestanti), nell’indurre mutamenti importanti nei canoni sociali e morali dominanti. Il terzo e ultimo capitolo offre poi un riepilogo delle caratteristiche dell’analisi storica comparata, mentre nell’appendice si mostra come la concezione del «capo carismatico» di Weber muti negli ultimi anni della sua vita e come questo mutamento si comprenda meglio «storicizzando» Weber, cioè situandolo nella temperie della crisi politica e sociale della Germania di Weimar.
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Sociologia storica e spiegazione causale
12.00
€
In questo testo ci si chiede se sia possibile perseguire, anche nel campo delle scienze sociali, non soltanto una «comprensione intuitiva» o «interpretativa», ma – come ac cade per le scienze fisiche o naturali – una «spiegazione causale» dei processi storico-sociali osservati. Per questo riteniamo che questo testo possa essere utile nell’insegnamento delle scienze umane e sociali nel nostro paese. Nel primo capitolo si discute dell’impianto metodologico di vari autori come Elias, Bendix e Wallerstein, nessuno dei quali tuttavia mostra di utilizzare metodi in gra do di raggiungere una spiegazione causale. È solo nel secondo capitolo, dedicato a Max Weber, che si vede come questo autore, tramite l’analisi storica comparata e la tecnica narrativa e «iterativa» cui egli ricorre, sia invece in grado di raggiungere una spiegazione causale, con riferimento, in particolare, alle origini del capitalismo in Occidente. Weber dimostra infatti il ruolo autonomo e innovativo rilevante che possono svolgere determinati soggetti dotati di forti convinzioni etiche (come i profeti giudaici o gli imprenditori protestanti), nell’indurre mutamenti importanti nei canoni sociali e morali dominanti. Il terzo e ultimo capitolo offre poi un riepilogo delle caratteristiche dell’analisi storica comparata, mentre nell’appendice si mostra come la concezione del «capo carismatico» di Weber muti negli ultimi anni della sua vita e come questo mutamento si comprenda meglio «storicizzando» Weber, cioè situandolo nella temperie della crisi politica e sociale della Germania di Weimar.
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Soddisfatti? Il benessere soggettivo in Europa
L’approccio multidisciplinare allo studio del benessere ha permesso di affiancare al Pil nuovi strumenti per stabilire quanto stiamo bene. Il concetto di qualità della vita, in particolare, ha arricchito l’analisi del benessere attraverso l’utilizzo di un’ampia gamma di indicatori sociali, consentendo un’osservazione non solo oggettiva ma anche soggettiva del fenomeno. Su questo approccio innovativo è basato il focus dell’articolo, che presenta un’analisi del benessere soggettivo in Europa, delle sue determinanti principali, e un approfondimento sul rapporto tra ricchezza e benessere. L’obiettivo è evidenziare il contributo che lo studio soggettivo aggiunge alle informazioni di carattere oggettivo per le politiche sociali.
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Soddisfazione e ritorno economico nelle professioni sanitarie della riabilitazione: gli effetti della differenziazione interna al settore
Le trasformazioni che hanno interessato il settore sanitario hanno comportato un importante peggioramento delle condizioni di lavoro con una progressiva diminuzione di tutele, reddito, riconoscimento e soddisfazione. In particolare, rispetto alle professioni sanitarie della riabilitazione, se, da un lato, il massiccio ricorso al lavoro autonomo ha ampliato le chance occupazionali permettendo però alle aziende sanitarie di scaricare il costo sui lavoratori, dall’altro l’aumento dei soggetti coinvolti nella governance dei servizi ha fortemente segmentato le condizioni di lavoro creando forti spaccature e disuguaglianze tra i professionisti. A partire da queste evidenze il contributo si concentra sulle professioni sanitarie della riabilitazione presentando i risultati di una survey che ha coinvolto oltre 14 mila professionisti. Il primo obiettivo è l’analisi delle condizioni professionali, il secondo è analizzare come e in che modo la fortissima frammentazione in termini di organizzazione in cui si esercita la professione impatta a livello di reddito, condizioni di lavoro e soddisfazione. I risultati confermano la crescente fragilità di questi professionisti con importanti segregazioni di genere e generazionali, oltre a forti polarizzazioni tra ambito professionale e tipologia di datore di lavoro.
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