• La crisi più lunga dal dopoguerra ha cambiato l’economia italiana, il lavoro e le re lazioni tra sindacati e imprese. L’innovazione tecnologica in corso può essere una opportunità per il lavoro e le competenze, specie dei giovani, ma anche uno stru mento di discriminazione che produce nuove disuguaglianze sociali, economiche, territoriali e maggiore disoccupazione. La fine dell’intermediazione tra politica e società, i social media che sostituiscono il confronto diretto con le persone, il lea derismo che non ha bisogno di radicamento sul territorio hanno tentato di relegare le organizzazioni sociali e il lavoro ai margini del dibattito. Ma il lavoro è tornato di recente al centro della discussione: la pretesa supremazia della politica non ha funzionato. In questo libro-intervista Susanna Camusso risponde ai quesiti di Massimo Mascini e descrive con orgoglio un sindacato che vuole rinnovare la propria funzione senza rinunciare a essere una organizzazione generale, inclusiva delle diversità del lavoro, plurima e democratica. Ne sono esempi la battaglia per nuovi diritti e il Piano del lavoro, rivolto soprattutto ai giovani. Un bilancio di quello che è stato fatto negli ultimi anni e i sentieri possibili di una nuova democrazia partecipata.
  • Le dimensioni complessive del sistema italiano di welfare non sfigurano nel confronto internazionale, ma i servizi sociali, programmati a livello regionale e operati a livello locale, mostrano un’evidente arretratezza e una forte disomogeneità territoriale. Se, in generale, fanno fatica a offrire adeguate risposte a coloro che si trovano in stato di bisogno, in alcune aree del paese la probabilità di non ricevere aiuto è elevata, il che alimenta le diseguaglianze. Di fatto, i servizi sociali hanno assunto un ruolo marginale nelle politiche nazionali, sono diventati bersaglio di tagli di spesa e non sono riusciti a legittimarsi come sistema di protezione. Anche quando la crisi economica e l’aumento della domanda sociale hanno imposto di dare maggiore attenzione agli strumenti di contrasto alla povertà e all’inclusione sociale, le politiche si sono focalizzate prevalentemente sui trasferimenti monetari, piuttosto che sul potenziamento della rete dei servizi.
  • I floppy disk e la tv satellitare hanno fatto cadere il Muro di Berlino; il consumismo (s)personalizzante, i cui beni divengono potenzialmente accessibili in ogni luogo e in ogni tempo, ha messo ai margini le grandi religioni rivelate (producendo integralismi di ritorno in molte parti del mondo); lo stato-nazione non è più in grado di governare i processi di trasformazione e ha lasciato spazio all’unico sistema realmente universale: il mercato; la filosofia contemporanea ha aggiunto il prefisso post a tutto quello che conoscevamo (post-nazione, post-fordismo, post-politica). ...
  • Il saggio illustra alcuni aspetti dell'esperienza dell'autore come negoziatore nell'ambito delle relazioni industriali del settore pubblico. In particolare, esamina i rapporti tra il negoziatore e gli imprenditori, i collaboratori e i sindacalisti. Inoltre illustra alcuni aspetti del processo negoziale e le procedure formali e informali della contrattazione collettiva in Italia. Nella prima parte del saggio si esaminano le caratteristiche dei datori di lavoro e i loro rapporti con i negoziatori, non sempre caratterizzato dalla collaborazione. Successivamente si analizzano le caratteristiche dei rappresentati sindacali, le loro strategie, la composizione delle delegazioni al tavolo delle trattative. L’autore sottolinea la necessità che il leader della delegazione conosca bene tutti gli aspetti del negoziato, sia leale e pretenda dagli interlocutori un comportamento leale.
  • Il tema proposto dalla ricerca, di cui questo saggio è parte integrante, è relativo all’analisi comportamentale dei soggetti che svolgono lavori ad alto rischio in cantieri socialmente sensibili blindati – come quello dell’Alta Velocità della Val di Susa. Il saggio, oltre a far «conoscere» i lavoratori applicati nel cantiere, analizza sia il grado di relazioni esistenti con la popolazione della vallata, avversa all’opera, sia il rapporto con le forze dell’ordine e i media. Emerge ad esempio, una contrapposizione tra il valore attribuito all’opera dal movimento NoTav e quello dato dai lavoratori. In sintesi: il senso, il valore il contenuto per un’opera che la popolazione non vuole in quanto costosa, non utile e devastante per l’ambiente contrapposto alla necessità di reddito per i lavoratori applicati alla costruzione della Tav. Una contrapposizione che ha portato alla militarizzazione del cantiere, a militarizzare il lavoro. Il saggio cerca di rispondere anche a una domanda: perché nessuno parla di questi lavoratori? e anche: perché il loro silenzio? e come leggere la mancanza del racconto della comunità del lavoro del cantiere? Si può considerare il cantiere della Val di Susa simile ad altri cantieri edili e di conseguenza «chiuderlo e leggerlo» solamente nel perimetro contrattuale; oppure il cantiere Tav rappresenta un paradigma, quello dell’attuale sviluppo basato sulle grandi opere che divide l’opinione pubblica, e quindi si sta da una parte o dall’altra. Un vero conflitto pertanto che impedisce una possibile saldatura tra due diverse comunità.
  • Carlo Ghezzi - La Fondazione Di Vittorio ha l’onore di avere questa sera Joseph E. Stiglitz come suo ospite. È la seconda volta che abbiamo questa opportunità, già tre anni fa Stiglitz ha partecipato a una discussione da noi organizzata. Questa sera il Premio Nobel per l’Economia, già esperto di economia nell’amministrazione Clinton, vice presidente della Banca Mondiale e uno dei tre garanti, con Jacques Delors, della Fondazione Di Vittorio, si confronta con Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil. Il titolo della nostra tavola rotonda è: «Per una globalizzazione equa». ...
  • Un team di sociologi ha monitorato per un anno la sperimentazione di telelavoro avviata all’interno del Servizio Info12 di Telecom Italia su duecento telelavoratori (saliti oggi a più di cinquecento), assunti a modello di un fenomeno che interessa oltre 10 milioni di europei e circa 20 milioni di americani, ed è in continua espansione. Oltre ai benefici per i lavoratori (riduzione del pendolarismo, equilibrio più soddisfacente tra vita lavorativa e sfera familiare e personale), l’indagine conferma i vantaggi per l’azienda: aumento della produttività dei lavoratori da casa, miglioramento dei rapporti con i capi, maggiore fidelizzazione all’azienda dei telelavoratori. Non va sottovalutato poi l’impatto positivo che il telelavoro ha avuto sul piano ambientale: ben il 60 per cento dei telelavoratori ha smesso di utilizzare l’auto per recarsi in ufficio, contribuendo in modo rilevante al benessere dell’ambiente. Ma, benché il telelavoro sia giudicato un’innovazione positiva anche dai manager, emergono segnali di incertezza dati da un sistema organizzativo - tipico di molte grandi aziende - ancora fondato su criteri di management tradizionali. L’intervista a un manager di Telecom Italia chiarisce come l’azienda è arrivata, superando questo tipo di resistenze, alla decisione di utilizzare il telelavoro, illustra le regole che sono state contrattate con il sindacato, anticipa le opzioni per il futuro.