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Il volume propone una selezione di vignette tratte dal periodico del la Cgil «Lavoro» dal 1949 al 1955, in gran parte pubblicate nella rubrica satirico-umoristica «Tra l’incudine e il martello». Dall’antologia, attraverso una chiave di lettura satirico-iconografica, emerge una rappresentazione a tratti inedita del difficile percorso di ricostruzione prima e sviluppo poi del Paese, veicolata da una rivista che si impone nel panorama editoriale di quegli anni per lo sguardo innovativo con cui affronta le tematiche legate al lavoro. È una storia narrata dal «basso», da militanti e attivisti sindacali spesso autori delle vignette, ma anche una forma di comunicazione politica e diretta in cui, come sottolinea Michele Serra nella prefazione, «non c’è tempo né spazio per il dubbio. Ci sono i buoni e ci sono i cattivi, ci sono gli sfruttati e gli sfruttatori. C’è la Dc che è il partito dei padroni, ovviamente foraggiato dall’imperialismo americano. Ci sono i crumiri, il sindacato giallo, i cento espedienti (che vanno dai manganelli di Scelba a svariate leggi truffaldine) messi in campo per fermare l’irresistibile ascesa del movimento operaio». Il volume, che si vale di due saggi introduttivi delle autrici sull’evoluzione storica della satira di «Lavoro», si chiude con una ricca appendice fotografica.
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Cos’è il lavoro pubblico nel nostro paese? Come lo conoscono i cittadini, le donne e gli uomini che hanno bisogno di incontrare un’amministrazione pubblica? E i lavoratori dei servizi pubblici come si vivono, quale rapporto hanno con il proprio lavoro, quale ruolo immaginano nella società? La risposta a queste domande sta nel fatto che oggi i lavoratori pubblici si sentono costretti tra la spada di cittadini arrabbiati nei confronti di istituzioni non vissute come proprie e anzi avvertite come ostili, da una parte, e dall’altra la sordità e il muro della dirigenza e della politica. Federica Di Rosa ed Elisa Roson hanno compiuto un viaggio attraverso il lavoro pubblico incontrando operatori ecologici, agenti di polizia penitenziaria, infermieri e medici, cancellieri di tribunali e vigili del fuoco, educatrici di asili nido e impiegati dello sportello di un ufficio immigrati. Questi si sono raccontati con autoironia ma anche con una grande capacità critica sul proprio lavorare e sul funzionamento della macchina pubblica che, in preda all’eccessiva burocrazia, allo stratificato sovrapporsi di leggi e decreti contraddittori e generici, ostacola l’azione e costringe il lavoratore a diventare un funambolo che si muove continuamente su una linea sottile, in bilico tra le richieste del pubblico e la legge. Il volume si compone di 8 atti unici (+1) raccontando, in chiave metaforica, la condizione kafkiana che inserisce nello stesso meccanismo lavoratori e utenti dei servizi, che si rivelano, al contempo, eroi e vittime. Il libro è un contributo al più generale dibattito intorno ai temi del lavoro e della sua identità, della sua capacità di autorappresentazione. Uno sguardo dall’interno come stimolo a riconsiderare il valore primario del lavoro pubblico in quanto lavoro di persone che si occupano di altre persone.
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Come organizzare il genio, premiare il merito, riconoscere il talento? Definire percorsi e strategie, adottare buone pratiche per sostenere la ricerca scientifica e l’innovazione? Sviluppare reti e relazioni virtuose tra università, istituzioni di ricerca, sistemi di impresa? Apprendere da esperienze e modelli di successo in Europa e nel mondo? E ancora. Sono i processi attivati dalle persone con le loro idee, il loro talento, il loro lavoro, la qualità e la quantità delle loro relazioni, connessioni, interazioni, a determinare la storia e il carattere, i successi e i fallimenti...
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In questo libro vengono raccolti quattro saggi che cercano di dare risposta alla seguente domanda: come si ridefinisce la sinistra in rapporto ad un mondo che pone al suo centro la destra? Nella prima parte, l’autore affronta il problema delle due comunità, la vecchia questione di Gramsci, e di come sia oggi possibile tornare a collocarsi tra di esse per ricomporre quella divaricazione tra élite e popolo, tra settori protetti e settori non protetti della società, che è alle origini della crisi della sinistra. Con quale filosofia, con quale antropologia è possibile avviare tale processo? Intorno a queste domande ruota la seconda parte del libro, nella quale viene difeso il pragmatismo di Marx, in un’analisi che però lo trascina nelle immediate vicinanze delle sue insufficienze, e questo perché, secondo l’autore, ci si può davvero collocare tra le due comunità solo se si esce dalla problematica antropologica di Marx, in quanto una reale interdipendenza delle soggettività può darsi solo quando si incomincia ad avere un altro rapporto con il mondo e con gli altri. Solo così, forse, si potrebbe rompere, oggi, l’egemonia della destra, una egemonia non congiunturale ma strutturalmente fragile, perché chi cerca a destra una qualche sicurezza, spesso non la incontra, dal momento che non ci può essere sicurezza in un mondo monocromico che apre solo a un destino privo di speranza.
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Lo sviluppo diseguale che ha caratterizzato l’Unione europea ha determinato una vulnerabilità strutturale dell’intera Europa agli shock esterni che le crisi economiche innescate dalla pandemia di Covid-19 e dalla guerra hanno aggravato. La guerra segna anche un punto di svolta per l’ordine geopolitico globale. La globalizzazione, già colpita dal conflitto commerciale tra Stati Uniti e Cina e dalle perturbazioni seguite alla pandemia, sembra in ritirata e potremmo assistere alla polarizzazione dell’economia mondiale in due blocchi incentrati su Stati Uniti e Cina. In un mondo che sta frammentandosi, anteporre gli interessi nazionali a quelli comuni potrebbe rivelarsi suicida per l’Ue nel suo complesso e per i singoli paesi membri. Dopo aver ricordato brevemente i molteplici canali attraverso i quali il modello di crescita dell’Ue ha aumentato la dipendenza e alimentato la divergenza tra centro e periferia, si discute la probabilità che possano emergere nuove divisioni interne all’Ue nel nuovo contesto globale. Si conclude con un’analisi del ruolo che le politiche macroeconomiche e industriali possono svolgere per accelerare il processo di trasformazione strutturale e ridurre il divario tra i paesi membri e al loro interno.
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Nel cuore degli anni Settanta, il duello a sinistra tra comunisti e socialisti non riguardò solamente le possibili direttrici di una riforma istituzionale e dello Stato, o l’approccio gramsciano e togliattiano al socialismo giudicato dai socialisti irreversibilmente compromesso dalla strutturale disattenzione neiconfronti del pluralismo e dalla doppiezza, ritenuta strumentale, nei confronti del metodo democratico. Il confronto teo-rico-politico tra i due partiti storici della sinistra italiana riguardò anche l’atteggia-mento nei confronti del movimento consiliare sorto sulla scia del 1969 e delle concrete forme attraverso cui strutturare e rendere stabile l’obiettivo della democrazia industriale nel contesto italiano. Il contributo mira a ricostruire i termini di questo dibattito, passandoin rassegna i diversi modelli di democrazia industriale avanzati da Pci e Psi, e mettendoli in relazione con la rispettiva cultura politica, colta nella sua evoluzione.
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La legge delega n. 421/1993 sulla "contrattualizzazione del lavoro pubblico": un bilancio vent'anni dopo. Un excursus fra gli antefatti, il progetto, l'applicazione, gli ostacoli, l'attualità. "La sensazione oggi - scrive l'A. - è che ci troviamo di fronte a un passaggio assai difficile, tra l'eredità che quelle scelte e quelle vicende ci hanno consegnato e la necessità di individuare strade e soluzioni nuove, e che cominciare a riflettere, sia pure brevemente, sul tracciato percorso, possa aiutare a dipanare l'intricata matassa che abbiamo davanti".
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La pandemia nel sistema penitenziario è stata solo in parte (e forse in minima parte) una questione di salute. Nel discorso pubblico e negli «atti» del decisore politico essa è stata trattata anche e soprattutto come una questione di sicurezza e ordine pubblico, ribadendo, di fatto, la subalternità del diritto alla salute rispetto alle istanze securitarie. La pandemia non ha prodotto nessun cambio di paradigma, ma significativi cambiamenti sul piano micro che possono durare anche nel lungo periodo.
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Il volume raccoglie gli articoli scritti, nel corso degli ultimi decenni, dal premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi (per lo più per il manifesto). Dal nucleare all’Aids, dall’affidabilità dell’omeopatia alla morte di Nicola Cabibbo, passando per i deficit della politica italiana in materia di ricerca e i tagli della Gelmini. Con un tratto comune: la scienza e la ricerca non sono mai neutrali, ma, poiché svolgono un ruolo fondamentale per lo sviluppo e la crescita civile di una società, implicano sempre un discorso politico. Lo studioso che emerge da queste pagine, dunque, non è mai super partes e per questo è chiamato a esprimersi e a rendere pubblica la propria opinione sui temi che di volta in volta risultano vitali per quella collettività di cui lui stesso fa parte.
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Il volume raccoglie gli articoli scritti, nel corso degli ultimi decenni, dal premio Nobel per la fisica Giorgio Parisi (per lo più per il manifesto). Dal nucleare all’Aids, dall’affidabilità dell’omeopatia alla morte di Nicola Cabibbo, passando per i deficit della politica italiana in materia di ricerca e i tagli della Gelmini. Con un tratto comune: la scienza e la ricerca non sono mai neutrali, ma, poiché svolgono un ruolo fondamentale per lo sviluppo e la crescita civile di una società, implicano sempre un discorso politico. Lo studioso che emerge da queste pagine, dunque, non è mai super partes e per questo è chiamato a esprimersi e a rendere pubblica la propria opinione sui temi che di volta in volta risultano vitali per quella collettività di cui lui stesso fa parte.
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Attraverso un ampio lavoro di ricognizione e mappatura delle realtà associative di stampo mutualistico operanti in Sicilia tra l’Unità e i primi del Novecento, il volume offre una panoramica sulla natura, l’attività e il ruolo esercitati da questi sodalizi nel contesto isolano. Nonostante un generale ritardo nella diffusione delle Società di Mutuo Soccorso rispetto ad altre regioni del Nord e del Centro del Paese, la crescita di questa forma di associazionismo popolare in Sicilia fu costante nel corso degli ultimi decenni dell’Ottocento, fondandosi su una tradizione risorgimentale sempre viva, nelle versioni sia democratica che liberale, su cui si andarono ad innestare successivamente la componente socialista e quella cattolica. Partendo dal quadro di riferimento nazionale, l’indagine si è focalizzata sul caso regionale secondo un’articolazione per provincia o incentrata su quelle realtà territoriali specificamente connotate nell’area siciliana. Dalle forme di assistenza erogata alle pratiche e rituali socializzanti (feste, banchetti, uso di simboli e bandiere) agli aspetti organizzativi, normativi e finanziari, l’esame del fenomeno mutualistico si rivela un’utile chiave di lettura per valutare dinamiche politiche e socio-economiche più complessive legate allo sviluppo del movimento dei lavoratori in Sicilia in età liberale.