• Gli stupri di massa e le violenze sessuali nei conflitti armati sono stati e sono tuttora una potente e strategica arma di guerra per terrorizzare e distruggere il nemico – o l’‘etnia’ considerata ‘nemica’ – violando, umiliando, annientando ‘le donne del nemico’ e la comunità di appartenenza. Le autrici e gli autori del libro affrontano il tema con un approccio interdisciplinare e di genere. Solo dopo le guerre nella ex Jugoslavia e in Rwanda il reato viene definito ‘crimine contro l’umanità’: nel libro si analizzano gli statuti e la giurisprudenza dei tribunali penali internazionali, dei sistemi regionali di tutela dei diritti umani e l’esperienza della Corte penale internazionale. Se ne ripercorre la storia fino alla ‘terrificante modernità’ dell’oggi: dalle dominazioni coloniali al genocidio armeno, alle ‘marocchinate’ e alle ‘mongolate’ nell’Italia della Seconda Guerra Mondiale; e poi la ex Jugoslavia, il Rwanda, la Palestina, la Somalia, la Nigeria, l’India, la Birmania, il Darfur e le terre curde occupate dall’ISIS; l’America Latina. Ed anche gli ‘stupri di pace’ ad opera delle cosiddette forze di peacekeeping. Si considerano le teorie scientifiche e di ‘senso comune’, le conseguenze psico-sociali e sanitarie, le metafore nella storia dell’arte e delle immagini. Le iniziative di riscatto e di denuncia delle donne colpite e dei movimenti femministi. Vengono sintetizzati i risultati del progetto Lungo la Linea Gustav: le vittime delle violenze e dell’oblio – del quale la pubblicazione è parte integrante – e gli elaborati degli studenti e delle studentesse che vi hanno partecipato. Autrici e autori: Giusi Ambrosio, Pauline Aweto, Fabrizio Battistelli, Sabrina Bettoni, Ilaria Boiano, Patrizia Cecconi, Francesca Declich, Laura Fano Morrissey, Marcello Flores, Marina Forti, Daria Frezza, Maria Grazia Galantino, Francesca Romana Koch, Flavia Lattanzi, Nicolette Mandarano, Paolina Massidda, Arin Milano, Valentina Muià, Monica Musri, Patrizia Salierno, Ozlem Tanrikulu, Gianni Tognoni, Vittoria Tola, Chiara Valentini. All’interno immagine dell’opera Tormento di Giuliano Giuliani realizzata per il progetto. CON IL PATROCINIO DEI COMUNI DI AMASENO, VALLECORSA E VILLA SANTO STEFANO.
  • Di fronte alla nascita di nuove forme di lavoro, la tradizionale distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo non è più netta come in passato. Il volume tratta innanzitutto della subordinazione e dei criteri che la contraddistinguono, individuati dalla giurisprudenza nel corso degli anni. Viene poi esaminata la parasubordinazione che, pur rimanendo classificata all’interno del lavoro autonomo, condivide alcuni tratti identificativi con il lavoro subordinato, dal quale tuttavia si differenzia per importanti aspetti. Infine le ultime due sezioni sono dedicate a forme di lavoro che spesso dalla giurisprudenza sono state annoverate fra le collaborazioni coordinate e continuative, ma che si distinguono nettamente sia dal lavoro subordinato sia dal lavoro autonomo o per l’antitetica struttura contrattuale (come nel caso dei rapporti associativi) o per la diversa destinazione del risultato della prestazione di lavoro (come nel caso dei cosiddetti non lavori).
  • L’autore inserisce la crisi del Mezzogiorno nel dibattito sull’austerità in Europa. E compie una vera narrazione del Masterplan per il Sud. Smentisce il laburista olandese Jeroen Dijsselbloem, presidente dell’Eurogruppo, secondo cui, i meridionali europei dilapidano i prestiti "in donne e alcool". Per esempio, il Fondo Sviluppo e Coesione è un fondo italiano destinato per l’80% al Mezzogiorno. L’Italia, con la «manovra» 2017, aumenta la dotazione del Fondo da 38 a 46 miliardi: nel contempo rinvia la spesa di 35 (di quei 46) miliardi a dopo il 2020. Un rinvio uguale a un taglio per il Sud. Perché? Per raggiungere il pareggio strutturale di bilancio nel 2019. Volendo risalire alla genesi, il volume ripercorre la storia dell’austerità dal 1992 ad oggi con l’attuale versione del Patto di Stabilità: dopo il suo irrigidimento nel 2011-2012 tramite il Fiscal Compact, il Two Pack e il Six Pack, il Patto ha ridotto la possibilità di indebitarsi per investire. L'austerità teutone allarga il divario Nord-Sud. Il Governo inaugura la variante di valico dell’A1 ma non completa le tre ferrovie principali al Sud: la Napoli-Bari-Lecce-Taranto, la Salerno-Reggio Calabria e la Messina-Catania-Palermo. L’austerità blocca gli investimenti e favorisce l’abbandono del Mezzogiorno. La classe dirigente meridionale investe poco e male gli unici soldi disponibili. Fino al 2023 il Meridione avrà 93 miliardi: come auspicato da Adriano Giannola nel dialogo conclusivo, occorre investirli in un Piano di sviluppo che crei lavoro vero. Nel segno di Giuseppe Di Vittorio.
  • L’articolo prende spunto dalla presentazione del rapporto commissionato dal primo ministro francese a un gruppo di esperti al fine di indicare un percorso di riforma della contrattazione collettiva volto a rendere più dinamica tale forma di regolazione sociale rispetto alla complessità delle nuove sfide economico-sociali. Malgrado le differenze strutturali, le sfide con cui i sistemi di contrattazione collettiva francese e italiano si confrontano nei due paesi sono simili: l’analisi delle criticità rilevate e le proposte avanzate in quel contesto possono quindi fornire alcune indicazioni utili anche per la riforma del sistema contrattuale nel nostro paese.
  • L’articolo prende spunto dalla presentazione del rapporto commissionato dal primo ministro francese a un gruppo di esperti al fine di indicare un percorso di riforma della contrattazione collettiva volto a rendere più dinamica tale forma di regolazione sociale rispetto alla complessità delle nuove sfide economico-sociali. Malgrado le differenze strutturali, le sfide con cui i sistemi di contrattazione collettiva francese e italiano si confrontano nei due paesi sono simili: l’analisi delle criticità rilevate e le proposte avanzate in quel contesto possono quindi fornire alcune indicazioni utili anche per la riforma del sistema contrattuale nel nostro paese.
  • Il Piano del Lavoro della CGIL – proposto nell’ottobre 1949 da Giuseppe Di Vittorio durante il Congresso nazionale di Genova, definito con i lavori della Conferenza di Roma del febbraio 1950 e ulteriormente precisato nel corso del Convegno di Milano del giugno 1950 – rappresentò per alcuni mesi uno dei temi più discussi nell’agenda politica italiana. • Come dimostra la presente antologia, che raccoglie una ricca selezione di articoli, editoriali e saggi, sul Piano del Lavoro intervennero uomini di governo e di partito, della maggioranza e dell’opposizione, imprenditori e sindacalisti, studiosi e intellettuali, giornalisti e opinionisti, che si interrogarono sulle cause che lo avevano determinato e sugli effetti che avrebbe procurato, sui contenuti che lo caratterizzavano e sulle modalità di finanziamento che ne avrebbero permesso la realizzazione. • Il saggio storico di Fabrizio Loreto introduce alla lettura dei testi, analizzando le diverse e molteplici posizioni in campo: di sostegno, di chiusura, di disponibilità al confronto.
  • Lotta per l’uguaglianza e liberazione del lavoro dalla condizione di merce sono le issue che hanno identificato la sinistra; la seconda rimane ora nell’ombra. Non è possibile definire il ruolo del lavoro nella società senza elaborare una teoria dell’impresa. La visione dell’impresa è mutata nel tempo in relazione al prevalere di politiche riformiste o politiche liberiste. Le teorie alternative alla shareholder value, dominante negli ultimi decenni, sono state elaborate in tempo reale, ma non hanno avuto voce nel dibattito politico a causa della subalternità culturale della sinistra. La rivoluzione tecnologica e l’emergere dell’economia della conoscenza, anche se non hanno finora intaccato il potere del capitale finanziario, nella governance delle imprese costituiscono una base oggettiva per ritematizzare il ruolo del lavoro nella prospettiva di definire le forme della partecipazione creativa all’attività produttiva e le forme di codeterminazione nella governance in imprese multistakeholder. Il limite dell’approccio marxiano sta in una sottovalutazione della funzione imprenditoriale intesa come distinta dalla proprietà. La sinistra deve elaborare una sua teoria positiva della funzione imprenditoriale.
  • Partendo dalla constatazione che oggi sempre più lavoro transita attraverso il web, l'Autore si interroga sulla possibilità di individuare nella Rete gruppi diversi di lavoratori digitali portatori di interessi collettivi, in grado di organizzarsi e di generare conflitti col fine di raggiungere, o per lo meno di intraprendere, percorsi di autotutela collettiva. In particolare nel saggio ci si domanda se, in qual misura e con quali modalità sia possibile riconoscere, alla luce dell'ordinamento costituzionale ed europeo, anche ai lavoratori che operano mediante piattaforme digitali un nucleo protettivo irrinunciabile di diritti collettivi, comprensivo della libertà di organizzazione, di associazione e di conflitto collettivo, necessario per assicurare a tali soggetti la possibilità di autodeterminarsi e di realizzarsi nel lavoro. Il fine dell'analisi è quello di comprendere quale latitudine possa assumere l'azione collettiva intesa come vettore di istanze protettive di nuovi attori del mercato del lavoro contrassegnati da condizioni di debolezza contrattuale e/o socio-economica.