• Il volume, che raccoglie relazioni e contributi di due specifiche giornate di studio, indaga il rapporto che si sta costituendo tra il capitalismo finanziario globale e la democrazia in Europa, agendo in un campo di ricerca che si può definire sia in negativo che in positivo. In negativo: esso si colloca fuori e contro la lettura del rapporto tra democrazia, economia e società alimentata dall’ideologia dominante, che ha potuto proporre una scissione tra i diritti individuali, considerati formalmente come inalienabili, e i diritti sociali che, invece, dovrebbero farsi dipendenti dall’andamento dell’economia della concorrenza e della competitività. Da qui, la predisposizione ad un assetto post-democratico e al ritorno al primato delle élites in nome della governabilità. Si potrebbe parlare di una costituzionalizzazione del neo-liberismo. In positivo: la ricerca intende disvelare il rapporto distruttivo tra la natura specifica di questo capitalismo finanziario e la democrazia, non negando l’esistenza di una relazione tra la democrazia, i diritti e l’economia, bensì contestando in radice il carattere storicamente necessitato del dominio di questo tipo di economia sui diritti e la democrazia e mettendo in luce la sua possibile reversibilità. Si intende così riprendere il lascito più consistente del pensiero politico che ha ispirato le Costituzioni democratiche nate in Europa e dei padri costituenti italiani, nei quali è stata esplicita l’esigenza di superare l’orizzonte delle pur grandi Costituzioni liberali per approdare a una concezione programmatica che delineasse un’idea di società aperta ma ispirata all’eguaglianza, affidandone il perseguimento alla stessa Repubblica. Contributi di: Mario Agostinelli, Amos Andreoni, Silvano Andriani, Etienne Balibar, Andrea Baranes, Riccardo Bellofiore, Sergio Bellucci, Marco Berlinguer, Fausto Bertinotti, Heinz Bierbaum, Raffaella Bolini, Federico Bonadonna, Salvatore Bonadonna, Aldo Bonomi, Emiliano Brancaccio, Giuseppe Bronzini, Alberto Burgio, Emilio Carnevali, Walter Cerfeda, Enrico Cisnetto, Pier Virgilio Dastoli, Monica Di Sisto, Emmanuele Emanuele, Luigi Ferrajoli, Carlo Formenti, Maurizio Franzini, Andrea Fumagalli, James Kenneth Galbraight, Francesco Garibaldo, Catia Eliana Gentilucci, Vladimiro Giacchè, Alfonso Gianni, Claudio Gnesutta, Nicola Grasso, Enrico Grazzini, Giorgio La Malfa, Maurizio Landini, Laura Marchetti, Giacomo Marramao, Roberto Musacchio, Monica Pasquino, Laura Pennacchi, Tonino Perna, Franco Piperno, Nicoletta Pirotta, Felice Roberto Pizzuti, Ilaria Possenti, Marco Revelli, Gianni Rinaldini, Maurizia Russo Spena, Mario Sai, Anna Simone, Giovanna Vertova, Guido Viale.
  • Esodati

    10.00 
    Il governo Monti, il sessantunesimo governo della Repubblica Italiana, difficilmente verrà dimenticato da migliaia di famiglie che hanno visto svanire i sacrifici di una vita. Il decreto «Salva Italia» doveva servire a far ripartire il paese, a fornire la benzina necessaria per riaccendere i motori. In realtà ha fatto precipitare la situazione economica di moltissime persone. Con la riforma delle pensioni nasce una nuova figura: l’esodato. Lavoratori lasciati nel limbo del senza stipendio/senza pensione, a causa di un «errore di valutazione» del governo. Nonostante siano trascorsi ben due anni dalla riforma, non si è ancora posto concretamente rimedio al problema degli esodati. Sin dai primi mesi successivi alla riforma Monti-Fornero la CGIL di Monza e Brianza ha messo in campo diverse iniziative di carattere politico-tecnico e strumenti di supporto psicologico agli esodati che vivono una situazione di profonda incertezza e disorientamento, un abbassamento dell’autostima, un diffuso senso di sfiducia verso gli artefici di un cambiamento considerato iniquo e, soprattutto, vicende personali spesso drammatiche. Questo il frutto avvelenato di una norma di salvaguardia pensata dal legislatore per escludere e non per includere coloro che avevano perso un lavoro, un ginepraio di decreti ricco di cavilli e paradossi che hanno portato il Patronato INCA CGIL di Monza a patrocinare i primi ricorsi dinanzi al TAR. Tante le persone che hanno condiviso il loro disagio nei gruppi di mutuo aiuto creati presso la CGIL di Monza. Diverse le storie che hanno raccontato agli psicologi che si sono trovati a dover gestire un nuovo fenomeno sociale.
  • Lontana e vicina, dentro e fuori di noi, la Cina continua ancora, nel mondo occidentale e nel mostro paese, a provocare sentimenti di inquietudine, ad essere percepita come una minaccia oscura, o quantomeno come un concorrente pericoloso. Pregiudizi e stereotipi che l’analisi di Vincenzo Comito si incarica di ribaltare in un saggio agile e denso che fa «parlare» i numeri dell’impetuosa crescita cinese (non solo quelli del Pil) e la molecolare influenza che essa sta avendo sui destini del suo popolo e dell’intero mondo.
  • La vita di Bruno Trentin, dalla nascita in Francia dove la sua famiglia era in esilio a causa della dittatura fascista, alla guerra partigiana nelle file di «Giustizia e Libertà» (il partigiano Leone), alla CGIL e all’iscrizione al PCI provenendo dal Partito d’Azione, attraversa larga parte del Novecento. Segretario della FIOM e della FLM e principale protagonista dei Consigli di fabbrica durante l’autunno caldo, segretario generale della CGIL nei primi anni Novanta, ha lasciato un segno profondo nella cultura sindacale e politica. Ariemma mette in luce il carattere originale e innovativo del suo pensiero: la sua ricerca permanente non dogmatica e non ideologica della realtà, a partire dal capitalismo e dal fordismo; la sua visione eretica della democrazia e del socialismo, non statale e critico verso il modello sovietico fin dal 1956, una democrazia e un socialismo come processo, come rivoluzione dal basso, a partire dai luoghi produttivi. La politica per Trentin deve avere al centro il lavoro e il lavoro deve avere al centro la libertà e l’autorealizzazione della persona umana. Non esita a definire il suo messaggio utopia, un’utopia però non massimalista, ma concreta, sperimentale, tesa alla trasformazione della vita quotidiana a partire da chi il lavoro non ce l’ha o è precario, e quindi non è libero, oppure ha un lavoro alienante, opprimente, reificato. Nell’ultimo periodo della sua vita si è battuto, anche come parlamentare europeo, per gli Stati Uniti d’Europa, e per avviare una nuova civiltà che avesse a fondamento il lavoro e la conoscenza.
  • Il 20 marzo 1963 Palmiro Togliatti tiene a Bergamo un discorso che ha come titolo Il destino dell’uomo. È in corso la campagna elettorale, ma il segretario del Pci si tiene lontano dalle schermaglie tattiche del momento, e si impegna in una operazione politica di altissimo livello, cercando di costruire il terreno per una collaborazione tra il movimento operaio e il mondo cattolico sui grandi temi del nostro tempo, a partire dalla necessità di salvare l’umanità dalla minaccia della guerra nucleare. Bergamo è una città di fortissima tradizione cattolica, ed è anche la terra d’origine di papa Giovanni XXIII. È dunque chiaro l’intento di costruire un ponte con tutto il movimento riformatore che sta cambiando in profondità gli orizzonti culturali della Chiesa cattolica, con l’impulso decisivo del pontefice, che segna davvero una «svolta» nella storia della Chiesa. Dopo pochi giorni, l’11 aprile, viene promulgata l’enciclica Pacem in terris, nella quale giungono a piena maturazione i nuovi orientamenti dottrinali della Chiesa cattolica, con un impatto fortissimo sulla società italiana e sull’intera comunità internazionale. A cinquant’anni da questi due eventi il volume propone una riflessione storica sull’attualità di Togliatti e di Giovanni XXIII e sulla loro convergenza di metodo e di approccio. Il libro pone l’accento non tanto sulle ideologie, quanto sulle forze reali e sulle possibilità di un incontro che avvenne sul terreno della comune condizione umana, di fronte alle emergenze del loro e del nostro tempo. Completano il volume due appendici in cui si riproducono una testimonianza e una lettera di monsignor Capovilla, il di scorso di Togliatti e l’enciclica di papa Giovanni.
  • Fare parte della «generazione senza» significa non potersi permettere progetti di vita, non avere diritti elementari, stare peggio dei propri genitori pur avendo studiato di più. Si vive ai margini del mercato del lavoro vedendosi negata una parte importante della propria identità. Precarietà, dequalificazione, disoccupazione, scoraggiamento formano oggi una miscela esplosiva in cui è avviluppata un’intera generazione di giovani dai 20 ai 35 anni. L’indagine - promossa da Cgil e Smile, in collaborazione con la rivista Internazionale - aiuta a capire meglio l’«arcipelago della precarietà» attraverso la raccolta e l’analisi di quasi 500 storie di lavoratori e lavoratrici atipici. La ricerca riordina tutte le varie tipologie di precariato ma soprattutto dà voce a chi la precarietà la vive tutti i giorni sulla propria pelle: posizioni, profili, percorsi, vicissitudini, atteggiamenti, contesto familiare, linguaggio. Sono questi gli elementi che aiutano davvero a capire cosa voglia dire essere precario oggi. Per cambiare questa situazione non basta una buona legge: bisogna ripensare la cittadinanza sociale e il welfare, in modo che sia garantito un futuro ai lavoratori, a prescindere dal contratto che hanno stipulato. Il sindacato per lungo tempo è stato assente e molti dei precari intervistati lamentano la delusione e la lontananza da ogni possibile sistema di rappresentanza. È giunto allora il momento di fare autocritica e di intraprendere un nuovo percorso.
  • Esigete!

    6.00 
    Semplice, chiaro, efficace. Hessel e Jacquard rendono attuale un tema che pare scomparso addirittura dall’immaginario pacifista e lo coniugano con l’attuale necessità di parlare ai giovani di cosa occorra cambiare perché il nostro pianeta possa vivere e sopravvivere. Hessel ci insegna a ripartire dalle nostre esperienze, dal cercare e praticare la democrazia e la pace, assicurando vita e futuro alle nuove generazioni e difendendo spazi che l’umanità ha l’obbligo di conservare anziché distruggere. Nato a Berlino nel 1917 da una famiglia ebraica, protagonista della Resistenza francese e uno dei principali redattori della Dichiarazione universale dei diritti umani, dopo aver pubblicato il pamphlet Indignatevi! si è rivolto soprattutto ai giovani invitandoli ad esigere l’abbandono del nucleare. Tra i temi trattati nel volume, l’uso e i costi delle armi nucleari, il Trattato di non-proliferazione, il ruolo politico delle armi nucleari, il nucleare civile, le strategie per il futuro. I curatori del libro aggiornano il pamphlet di Hessel e Jacquard alla situazione attuale, con un focus particolare sul contesto italiano. L’opposizione popolare e il referendum nel nostro paese hanno tagliato le gambe agli impianti “civili”, che avrebbero prodotto e accumulato quantità di uranio arricchito e plutonio sufficiente alla realizzazione di diverse bombe. Ma il nucleare militare riprende drammatica attualità attraverso l’aggiornamento delle bombe nucleari Usa nelle basi di Ghedi e Aviano. Sono le nuove B61 che verranno rese trasportabili entro il 2020 sui cacciabombardieri F35.
  • Roma negata

    15.00 
    Libia, Somalia, Eritrea, Etiopia: quali sono le tracce dell’avventura coloniale italiana a Roma? Roma negata è un viaggio attraverso la città per recuperare dall’oblio un passato coloniale disconosciuto e dare voce a chi proviene da quell’Africa che l’Italia ha prima invaso e poi dimenticato. Igiaba Scego racconta i luoghi simbolo di quel passato coloniale; Rino Bianchi li fotografa, assieme agli eredi di quella storia. Il risultato è una costruzione narrativa e visiva di un’Italia decolonizzata, multiculturale, inclusiva, dove ogni cittadino possa essere finalmente se stesso. Negli anni trenta del secolo scorso Asmara, Mogadiscio, Macallè, Tripoli, Adua erano nomi familiari agli italiani. La propaganda per l’impero voluta da Benito Mussolini era stata battente e ossessiva. Dai giochi dell’oca ai quaderni scolastici, per non parlare delle parate, tutto profumava di colonie. Di quella storia ora si sa poco o niente, anche se in Italia è forte la presenza di chi proviene da quelle terre d’Africa colonizzate: ci sono eritrei, libici, somali, etiopi. Il libro riprende la materia dell’oblio coloniale e la tematizza attraverso alcuni luoghi di Roma che portano le tracce di quel passato dimenticato. I monumenti infatti, più di altre cose, ci parlano di questa storia, dove le ombre sono più delle luci. Prende vita così un’analisi emozionale dei luoghi voluti a celebrazione del colonialismo italiano, attraverso un testo narrativo e delle fotografie. In ogni foto insieme al monumento viene ritratta anche una persona appartenente a quell’Africa che fu colonia dell’Italia. Scego e Bianchi costruiscono così un percorso di riappropriazione della storia da parte di chi è stato subalterno. «Volevamo partire dal Corno D’Africa, dall’umiliazione di quel colonialismo crudele e straccione, perché di fatto era in quel passato che si annidava la xenofobia del presente (…) Da Roma negata emerge quel Corno d’Africa che oggi sta morendo nel Mediterraneo, disconosciuto da tutti e soprattutto da chi un tempo l’aveva sfruttato». Gli autori
  • I 65 anni di storia della FISAC CGIL, qui trattati, sono strettamente e inevitabilmente intrecciati con la storia del nostro Paese. Ad essa hanno contribuito le lavoratrici e i lavoratori del credito e delle assicurazioni, con le passioni e le ragioni delle loro battaglie per la democrazia e l’emancipazione. Evocarne la storia non ha voluto essere un esercizio di memoria commemorativa, né tanto meno nostalgica. Ha voluto invece essere un forte richiamo a un patrimonio di valori ricco ed importante, cui i giovani, semplici iscritti o già attivisti sindacali, possano essere motivati ad attingere a piene mani. La memoria infatti va intesa come ponte che unisce passato, presente e futuro, come valore rispettato e custodito, come chiave di interpretazione fondamentale delle vicende umane. C’è un filo rosso che lega queste pagine ed è il valore sociale del lavoro. Non poteva essere diversamente. L’articolo 1 della Costituzione recita: «L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro...». Il lavoro vi è assunto, cioè, come valore costituzionale essenziale, inteso e tutelato: come valore economico, ossia mezzo di soddisfazione dei bisogni umani; come valore sociale, cioè ambito nel quale contribuire al bene comune e ottenere un riconoscimento sociale; come valore personale, cioè spazio per la valorizzazione del talento individuale.
  • Giunto alla sua settima edizione, il rapporto Ires-Cgil analizza il fenomeno immigrazione attraverso tre concetti chiave: il lavoro, la cittadinanza e la rappresentanza. L’immigrazione non può essere considerata un evento casuale da gestire in modo «emergenziale» ma va interpretata e affrontata come un fenomeno strutturale complesso, tanto sul piano nazionale che su quello europeo. Tra gli argomenti trattati: il mercato del lavoro immigrato negli anni della crisi, le condizioni di lavoro degli stranieri, la presenza degli immigrati nella Cgil, le azioni a tutela dei lavoratori immigrati, la partecipazione politica degli immigrati e il ruolo delle seconde generazioni e, infine, le politiche per l’immigrazione e la cittadinanza, in Italia e in Europa.
  • Ora il racconto giusto c’è. Quello che manca è un paese capace di leggerlo, una politica in grado di tradurlo in soluzioni concrete, raccogliere la sfida di questi operai senza più classe e senza partito brutalizzati da un capitalismo selvaggio. Nicola, Michele, Giovanni, Nicolangelo, Antonio e Carlo. Sono gli operai dell’Isochimica di Avellino a cui Anselmo Botte dà voce in questo libro. Con loro ripercorriamo la storia dell’azienda di Elio Graziano che negli anni ottanta, in una terra da poco terremotata e con molti disoccupati, l’Irpinia, scoibentò circa tremila carrozze per conto delle Ferrovie dello Stato e realizzò la più grande bonifica da amianto in Europa. Come? Con una «stecca» per grattare e dell’acido per rimuovere il catrame, niente di più. Nessuna protezione, nessuna tutela. L’azienda colpevole, lo Stato silente. Oggi, a trent’anni di distanza, dopo aver lavorato soltanto con un fazzoletto sul naso «come i banditi del farwest», gli operai dell’Isochimica raccontano il proprio dramma. «Elio Graziano, condannato per l’affaire delle “lenzuola d’oro”, era solito dire agli operai che faceva male più la coca cola che l’amianto. L’imprenditore trattava direttamente con le maestranze, senza il sindacato, per imporre di più e meglio le sue regole, per aumentare i profitti senza preoccuparsi delle vite umane. Gli operai l’amianto lo toccavano e lo inalavano, finiva nei panini che mangiavano, tornava nelle loro case nelle polveri finite nelle tute, segnando per sempre il loro destino. Per quell’incuria, la colpevole e criminale negligenza, alcuni di loro sono già morti, altri si sono ammalati, altri ancora stanno incubando quella terribile malattia che si chiama mesotelioma, vivono quotidianamente nel terrore, insieme alla rabbia di essere stati ingannati allora e di non riuscire a trovare giustizia oggi» (dalla prefazione di Angelo Ferracuti) «Ti dico che quella polvere prendeva il volo. Hai presente la lanugine primaverile dei pioppi? Ecco, era così, poteva fare chilometri. Noi lo chiamavamo amianto blu. Ma l’abbiamo scoperto molto dopo. Quando è iniziata la bonifica, le carrozze erano alla stazione di Avellino, su due binari morti e venivano demolite a cielo aperto - in mezzo al popoloso Rione Ferrovia - con la fiamma ossidrica, tagliate a pezzi, e i pezzi erano pieni di amianto». (Antonio)
  • Il volume, promosso dalla Fondazione Argentina Bonetti Altobelli, propone un contributo storico al dibattito politico e sindacale sulla riforma del sistema italiano di welfare. I saggi contenuti all’interno tracciano, con precisione storica e linguaggio accessibile, la nascita e lo sviluppo del welfare state collocandoli nel contesto europeo. Partendo dalla stagione post-risorgimentale, durante la quale nacquero le prime società di mutuo soccorso come forme di autodifesa contro i rischi del mondo del lavoro, e attraversando il periodo tra le due grandi guerre, si giunge a descrivere l’origine del sistema di welfare universalistico volto a garantire a tutti i cittadini l’esercizio dei diritti universali. Lungo questo percorso, nel quale si svilupparono, in Europa, esempi diversi di protezione sociale, in Italia prese forma, non senza contraddizioni, un sistema non riconducibile ad altri modelli europei quali quello scandinavo, tedesco o anglosassone. Accanto a questo excursus storico vengono approfonditi temi specifici come igiene, sanità e diritto dell’abitare, istruzione ed educazione, il sorgere della cooperazione e del welfare locale, l’esperienza delle colonie fasciste, la tutela della salute nei luoghi di lavoro e la nascita delle prime «politiche di genere», declinandoli nella particolare realtà emiliano-romagnola.
  • Bruno Buozzi

    20.00 
    Vincitore del Premio Fiuggi Storia 2014, sezione Biografie 4 giugno 1944. E’ il giorno della Liberazione di Roma ma anche dell’eccidio de La Storta. Ora un libro ricostruisce la vicenda e fa luce sui colpevoli. Un inedito e sorprendente pezzo di storia d’Italia. A settant’anni dalla morte, Mammarella ricostruisce la vicenda politica di una delle più importanti figure della storia italiana del Novecento. Ma non si tratta di una semplice biografia perché nel volume compaiono documenti fino a oggi sconosciuti e rivelatori di una storia ignota, ricchissima di sorprese e di rivelazioni. Il volume ci restituisce ricostruzioni inedite di molti avvenimenti cruciali. Tra quelle più interessanti, la complessa vicenda dell’eccidio de La Storta del 4 giugno 1944. L’autore formula nuovi elementi di sospetto sulla strage, evidenziando un dato finora passato inosservato: la presenza quanto mai sospetta di Kappler e Priebke nella stessa area della strage. Dal libro emerge chiaramente che fu proprio Priebke a orchestrare la cattura di Buozzi, poi giustiziato senza apparente motivo. E ancora, un Mussolini inedito che, timoroso dell'occupazione delle fabbriche ordinata da Buozzi, si reca dal capo sindacale prostrandosi nel tentativo di non essere spazzato via dalla scena politica. Una storia sindacale e politica, dunque, che è anche e soprattutto una storia dell’Italia del Novecento. Al nome di Bruno Buozzi (1881-1944) sono legati eventi unici e irripetibili. Operaio autodidatta riesce in breve ad affermarsi come leader sindacale diventando l’artefice di lotte operaie plateali e dirompenti come l’occupazione delle fabbriche. Convinto socialista, respinge la violenza come mezzo di lotta e abbraccia l’idea riformista della gradualità delle conquiste sociali. Tra i suoi primati si contano numerose conquiste sindacali, prima fra tutte la giornata lavorativa di 8 ore. Antifascista e avversario di ogni estremismo politico, socialdemocratico convinto che la democrazia debba essere in primo luogo nelle fabbriche. Buozzi muore nel giugno del 1944 per mano dei nazifascisti.
  • Poveri salari

    14.00 
    Il salario è certo uno strumento di riconoscimento del lavoro, ma ha anche un valore equitativo e redistributivo, per cui una di seguale distribuzione dei redditi e della ricchezza costituisce, oltre che una inaccettabile ingiustizia, anche un freno per lo sviluppo. Per questi motivi nel libro si analizza, a partire dai primi anni duemila fino ad oggi, la dinamica delle retribuzioni lorde e nette in rapporto all’inflazione, alla produttività e più in generale ai principali aggregati economici che caratterizzano il sistema economico-produttivo italiano. Tale arco temporale evidenzia le debolezze strutturali del sistema Italia, a causa delle quali la crisi globale ha esercitato effetti pesantemente negativi sulla crescita, l’occupazione, la produttività, i salari e l’avanzo primario accumulati negli anni precedenti. Le radici della crisi globale affondano infatti nelle scelte compiute negli anni passati dai paesi più industrializzati e nell’impostazione teorica alla base di quelle scelte. È da lì dunque che occorre ripartire per riequilibrare e riformare il modello di sviluppo. Ma benché le cause siano chiare, le contromisure strutturali volte a regolare la finanza, sanare gli squilibri globali e favorire l’uguaglianza attraverso il salario per rilanciare una solida ripresa e un nuovo sviluppo non sono ancora state intraprese. In Italia come nel resto dei paesi europei il ritorno alla crescita, allo sviluppo responsabile, ad una più forte democrazia, per una società più equa, può venire solo dal lavoro a partire dalle giovani generazioni.
  • Il governo conservatore di Orbán, al potere dal 2010, rappresenta una preoccupazione per le istituzioni europee. Il primo gennaio del 2012 sono entrate in vigore una nuova Costituzione di stampo nazionalista, conservatore e autoritario e una legge sulla stampa che ha portato all’istituzione di un organo preposto alla gestione e al controllo dell’informazione e che prevede regole molto severe che vengono fatte rispettare con la minaccia di multe pesanti e chiusura di testate. A marzo sono stati approvati diversi emendamenti alla Costituzione che hanno sollevato le critiche delle istituzioni europee le quali temono per il rispetto dei diritti fondamentali in Ungheria. Molto critici, su questi aspetti, i rapporti di Human Rights Watch e della Commissione di Venezia. Il Codice del Lavoro è stato modificato in senso favorevole ai datori di lavoro e sfavorevole ai lavoratori dipendenti e il malcontento nel Paese è palpabile anche se Orbán è riuscito a presentarsi come difensore degli interessi nazionali e continua ad avere in patria numerosi sostenitori. Secondo molti esperti l’atteggiamento del primo ministro magiaro ha contribuito in modo significativo al risultato di una recente inchiesta che mette in luce un aumento dell’ostilità o dello scetticismo degli ungheresi nei confronti della UE. È vero che questo fenomeno e il problema dei rigurgiti nazionalisti non riguardano solo l’Ungheria, ma è anche vero che Orbán sembra voler guidare «la lotta per la libertà» di quanti, ungheresi e no, ritengono la UE una minaccia per la sovranità nazionale degli Stati.
  • Ultimo lavoro dello storico Lucian Boia, questo volume svolge un’analisi del ruolo capitale che ha avuto e che certamente, secondo l’autore, continua ad avere l’Occidente, in prima istanza soprattutto europeo ma anche traslato oltreoceano, negli Stati Uniti. Nella successione dei capitoli che compongono il volume, Lucian Boia tiene le redini di un discorso molto ampio, ripercorrendo secoli di storia europea e universale, nel tentativo di rispondere al quesito basilare: l’Occidente ha perso o no il ruolo di motore del mondo? Quali saranno in futuro i rapporti e gli equilibri tra le potenze mondiali, ora che il miracolo occidentale è finito come fase storica? Il punto di partenza dell’autore è l’osservazione di un semplice dato di fatto: il futuro rimane imprevedibile, non solo in quanto tale, ma soprattutto perché viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti, affascinante o sconcertante in base alla percezione e al grado di adattabilità di ciascun individuo. Una storia si conclude e un’altra prende forma. Non è la fine del mondo, ma qualcosa che in un certo modo le assomiglia: è la fine di un mondo quella che Boia ci racconta attraverso i successi e le cadute, gli eccessi e le evoluzioni che, nel bene e nel male, hanno reso l’Occidente un nucleo centrale della storia dell’uomo.
  • L’Italia del 1985, quando venivano pubblicati i saggi qui raccolti, era molto diversa dall’Italia di oggi. Ingrao aveva da pochi anni cessato le funzioni di presidente della Camera e le sue riflessioni vertevano sulla crisi del Parlamento. Prima degli anni ottanta il Parlamento fu davvero la sede di un confronto alto tra le forze politiche e, come spiega Ferrajoli nel suo saggio introduttivo, “lo fu perché le battaglie parlamentari erano tutte sorrette da grandi mobilitazioni popolari, quali espressioni politiche di altrettante lotte sociali”. Successivamente inizia invece un processo di trasformazione che abbiamo ancora sotto gli occhi e che Ingrao lucidamente avverte e denuncia: crisi della rappresentanza, crisi dei partiti, crisi della funzione legislativa del Parlamento, sempre più all’ombra dell’esecutivo. Cosa propone Ingrao? Una seria riforma della macchina dello Stato e delle sue strutture ottocentesche attraverso monocameralismo, riduzione drastica del numero dei parlamentari, rafforzamento qualitativo dei poteri del Parlamento mediante l’espansione delle sue funzioni ispettive e di controllo, maggior collegamento delle istituzioni parlamentari con le istituzioni europee e con quelle regionali. Come allora gli obiettò Norberto Bobbio, le sue proposte si muovevano in direzione esattamente opposta alla logica della governabilità che già cominciava a informare il dibattito politico. Ma rileggere Ingrao ora è importante non solo perché i problemi che individuava trent’anni fa sono ancora sul tavolo, ma perché ci ricorda che prima ancora di affrontare riforme elettorali o istituzionali, per difendere la democrazia bisogna riabilitare in primo luogo la politica come azione collettiva e rifondare la rappresentanza sulla base di rinnovati tessuti sociali.
  • Il sequestro del presidente della Dc Aldo Moro durò cinquantacinque giorni; il 9 maggio 1978 fu ucciso dalle Brigate rosse, lasciando il principale partito italiano senza l’unico dirigente che aveva una strategia nella fase dell’unità nazionale. L’agonia di Enrico Berlinguer avvenne durante la campagna per le elezioni europee, durò quattro giorni, dal 7 all’11 giugno 1984, privando il principale partito comunista dell’Occidente del segretario che lo stava portando alla percentuale più alta mai raggiunta, con la nuova strategia dell’alternativa democratica. In quegli anni fu parte della vita politica italiana ed europea un piccolo partito della sinistra, il Partito di unità proletaria per il comunismo che, fondato nel 1974, confluì poi nel Pci alla fine del 1984. Ne era segretario Lucio Magri. La prima parte del volume ripercorre le origini del partito negli anni sessanta e settanta, il Sessantotto e il gruppo del Manifesto, la strategia della tensione e il terrorismo rosso. La seconda parte prende in esame la vita politica e il contributo del Pdup dal 1978 al 1983, il pacifismo, gli albori dell’ecologismo contro il nucleare, l’affermazione dei diritti civili, la vertenza Fiat e il terremoto dell’Irpinia, lo scontro sull’aborto e la lotta contro i missili. La terza parte si concentra sul 1984, su quanto avvenne trent’anni fa a partire dallo scontro sulla scala mobile e dall’improvvisa scomparsa di Berlinguer, fino alla confluenza. Completano il volume una ricca bibliografia e un’appendice biografica di molti dei dirigenti nazionali e regionali del Pdup protagonisti di quegli anni.
  • Il volume ripubblica gli atti di un importante convegno sui Consigli di Gestione tenuto a Milano nel febbraio del 1946, presieduto da Giovanni Demaria, rettore dell’Università Bocconi di Milano e presidente della Commissione economica per la Ricostruzione. Atti che furono pubblicati a suo tempo dal CER (Centro Economico per la Ricostruzione), presieduto da Antonio Pesenti, autorevole dirigente comunista, economista e docente universitario, ministro nei governi Bonomi, oltre che presidente della Commissione per lo studio dei problemi del lavoro, costituita presso il Ministero per la Costituente diretto da Pietro Nenni. In un Paese solitamente immemore delle proprie luci, anche di quelle più vivide, il volume intende rendere il giusto riconoscimento al coraggio e allo sforzo generoso di coloro che si impegnarono prima nei CLNA (Consigli di liberazione nazionale aziendali) e poi nei Consigli di Gestione, per la salvezza e la conduzione dell’apparato produttivo italiano. Una vicenda da cui trarre anche utili insegnamenti per la difficile, complessa, ma inevitabile problematica della democrazia industriale. Gli Atti del Convegno sono preceduti da una puntuale ricostruzione storica della vicenda da parte di Stefano Musso. Seguono due contributi. Il primo di Francesco Vella, che, anche alla luce di una sintetica ricostruzione del quadro normativo attuale e con uno sguardo rivolto al futuro, cerca di trarre dall’esperienza storica dei Consigli di Gestione indicazioni e suggerimenti per un possibile percorso di partecipazione dei lavoratori al governo dell’impresa. Il secondo del curatore, che affronta temi e prospettive della democrazia industriale alla luce delle esperienze precedenti e successive a quella dei Consigli di Gestione. Vicende ricordate anche in relazione ai correlati avvenimenti storici e alle dinamiche politiche. Completano il volume un’Appendice contenente alcuni documenti significativi e una bibliografia ragionata a cura di Maria Paola Del Rossi.
  • Un dialogo con Carla Lonzi, da donna a donna, attraverso i suoi testi, i suoi manifesti, le sue riflessioni, che parlano la lingua dell’autenticità e sollecitano chi legge a intraprendere la stessa strada, quella di pensare a partire da sé. Con Carla Lonzi l’autrice mantiene differenze consistenti sul piano esistenziale, culturale, politico. Ma ciò che condividono è il femminismo della differenza, quell’autocoscienza che è cosa ben diversa dall’emancipazione. Il pensiero di Lonzi risulta più che mai attuale in un momento come quello attuale in cui emancipazione e libertà soggettiva spesso finiscono per confondersi. Boccia ce ne ripropone una lettura originale con l’intento di parlare alle nuove generazioni alle prese con l’acquisizione di uno spazio di libertà. Sta a ciascuna donna attribuire un significato al “chi” e non al “cosa” dell’esser donna. Carla Lonzi può insegnare a farlo. «Questo non è un libro su Carla Lonzi. È stato pensato e scritto con Carla Lonzi. È sufficiente sfogliare le pagine,scorrerle velocemente con lo sguardo, per accorgersi di quanto siano presenti le sue parole. Ben più che citazioni, sono la tessitura del mio discorso. In un contesto profondamente mutato Carla Lonzi è tornata. Un ritorno che ha il segno di un ricominciamento, volto a trovare nuove vie, nuove soluzioni, nella consapevolezza di muoversi in una realtà radicalmente modificata. Dove si conferma attuale la ricerca di un proprio senso dell’esistenza. È questo spazio di libertà, aperto negli anni Settanta, che non si è richiuso. È uno spazio politico, non privato, né culturale. Vorrei che questo libro fosse un tramite per il riconoscimento tra pratiche di donne differenti. Io almeno l’ho pensato e scritto così, con lo sguardo rivolto a Lonzi e alle donne che nel presente vivono la sua stessa sfida». dall’introduzione
  • L’edilizia costituisce oggi un drammatico problema di sicurezza nelle scuole. Assumerla come priorità, per i passati governi ed in particolare per l’ultimo governo Berlusconi, avrebbe comportato la realizzazione di interventi importanti anche per la crescita del Paese. Oggi, con il governo Renzi, questo tema viene ricollocato al centro dell’iniziativa politica e parlamentare. Il Presidente del Consiglio ha indicato un concreto metodo di lavoro. «Il 2014 – ha affermato – deve segnare l’investimento più significativo mai fatto da un governo centrale sull’edilizia scolastica». La richiesta di scegliere all’interno di ogni Comune «un edificio scolastico e di inviare l’indicazione della scuola, il valore dell’intervento, le modalità del finanziamento previsto e la tempistica di realizzazione» viene così ad aggiungersi al fatto che in realtà il recupero e la cantierizzazione rapida delle risorse e dei progetti già esistenti rappresenti il terreno prioritario di intervento. Alla luce della nuova situazione, il libro documenta e analizza la vicenda dell’edilizia scolastica negli ultimi venti anni servendosi anche del recente importante lavoro di indagine realizzato dalla Camera dei Deputati. Il testo viene completato da un CD-Rom in cui si raccoglie tutta la normativa di legge e regolamentare, nazionale e delle Regioni, insieme ai resoconti delle audizioni parlamentari e ad altro qualificato materiale di documentazione.
  • I settori del commercio e del turismo sono soggetti a continue trasformazioni provocate dai cambiamenti nelle abitudini sociali, dalle innovazioni tecnologiche, dalla competizione intensa tra le aziende. Questi settori sono caratterizzati da una crescente flessibilità che interessa l’intero processo produttivo e che si afferma in maniera paradigmatica rispetto a quanto accade nel mondo del lavoro contemporaneo. La ricerca analizza le condizioni di lavoro nel commercio e nel turismo (alberghi e ristorazione) alla luce delle trasformazioni in atto, per contribuire alla definizione delle strategie sindacali per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. Le dinamiche occupazionali, l’organizzazione del lavoro, i fattori di rischio, l’andamento degli infortuni e delle malattie professionali sono analizzati a livello nazionale ed europeo. Per meglio comprendere le difficoltà presenti nei luoghi di lavoro sono state approfondite le opinioni e le proposte dei Rappresentanti dei Lavoratori per la Sicurezza. La ricerca mostra che per migliorare le condizioni di salute e sicurezza è necessario intervenire sull’organizzazione complessiva del lavoro, contrastando la sua crescente frammentazione e la riduzione del potere negoziale, valorizzando la partecipazione e la formazione delle rappresentanze sindacali e l’inclusione dei lavoratori nei sistemi di prevenzione.
  • In uno scenario diffusamente segnato da un arretramento concomitante dei sistemi di welfare e delle relazioni industriali, la costituzione di enti e fondi bilaterali ha rappresentato uno dei tratti più ricorrenti e originali con cui il sindacato italiano ha utilizzato in questi anni le leve dell’autonomia collettiva per ampliare il suo ruolo nel campo della contrattazione e, al contempo, rimediare alle tante falle del welfare pubblico. Nata per ovviare alle difficoltà di organizzare rappresentanza e tutele in ambiti connotati dalla discontinuità dell’impiego e dalla frammentazione produttiva, la bilateralità è divenuta col tempo uno dei maggiori snodi attraverso i quali le parti sociali concorrono alla gestione di un welfare contrattuale e integrativo nel campo della previdenza, dell’assistenza sanitaria, della formazione, del sostegno al reddito. Ciò ha assunto un’estensione particolarmente vasta e articolata nella galassia del terziario, con un patrimonio di esperienze e professionalità che va sì valorizzato ma anche razionalizzato rispetto a quegli elementi di frammentazione che oggi lo caratterizzano. Numero degli enti, governance, costi contrattuali rappresentano gli ambiti su cui più criticamente occorre esercitarsi alla ricerca di assetti che, qui come altrove, sappiano salvaguardare i tratti più genuinamente integrativi di un’azione sindacale che nell’universalismo della contrattazione nazionale e del welfare pubblico pone i pilastri della sua azione rivendicativa. La riforma degli ammortizzatori sociali, alla luce del controverso ruolo che ai fondi di solidarietà conferisce la legge Fornero, occupa uno spazio centrale in questa riflessione. Sulla base di un’ampia disamina teorica ed empirica, questo libro ambisce ad offrire una mappatura di tutte le sfaccettature problematiche di un’esperienza perennemente in bilico fra la meritoria funzione di tappare le falle di un sistema di welfare iniquo e disomogeneo e il rischio di suggellarne definitivamente vecchie tare e nuove derive.