• La storia del conflitto Palestina-Israele, anche in questa ultima e più drammatica fase, ha reso palese l’inadeguatezza di qualunque strategia di pace che poggi su una riduzione arbitraria della sua complessità. Per questo le autrici e gli autori del libro – ebrei israeliani, palestinesi cittadini di Israele, palestinesi dei Territori Occupati, scienziate e scienziati, esponenti dei movimenti per la risoluzione non violenta del conflitto – ne offrono una rappresentazione non appiattita sugli schemi della belligeranza, recuperando la molteplicità delle tensioni che si sono venute creando tra le due parti, non solo sul piano degli interessi politici ed economici, ma anche su quello delle fratture sociali e culturali. Voci di israeliani, voci di palestinesi, voci contro la guerra. Voci di sorprendente attualità nel mettere a fuoco cause ed effetti del fallimento del progetto “due popoli due Stati”. Nel denunciare, da punti di vista differenti, l’ingiustizia dell’occupazione, la sottrazione di risorse vitali come l’acqua, la strategia di apartheid di cui i governi israeliani sono responsabili, l’insostenibilità degli interventi (e dei non interventi) del mondo occidentale. Tutto questo mentre si avverte, oggi più che mai, la necessità della mediazione internazionale, in cui l’Unione europea, per i suoi principi e per le sue leggi, superando l’impotenza attuale, può essere il soggetto super partes al quale pure guardano le autrici e gli autori del volume.
  • L’articolo presenta i risultati di un’indagine rivolta ad un campione di occupati svolta a conclusione della prima fa-se emergenziale della pandemia di Covid-19 (luglio 2020). L’Indagine è stata condotta su tutto il territorio nazio-nale, tramite questionario online, con un campione di 1546 questionari validi. L’analisi a pprofondisce gli effetti sulle condizioni di lavoro conseguenti all’adozione dei provvedimenti per il contra-sto della pandemia. I risultati mostrano una eterogeneità di condizioni con significative differenze tra gli occupati. L’indagine è stata promossa da Laboratorio Lo-Lavoro e organizzazioni del Dipartimento di Scienze sociali ed economiche dell’Università degli studi di Roma «La Sapienza» e supportata da Associazione Lavoro&Welfare, Assolavoro e Uil.
  • Scopo del lavoro è analizzare la composizione del pacchetto di interventi destinati al Mezzogiorno nell’ambito del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Secondo il Governo tale pacchetto ammonta a 80 miliardi. Tuttavia una attenta analisi del testo consente di verificare che solo 35 miliardi sono certamente allocati, così che l’impatto del Piano sul Mezzogiorno è soggetto a notevole incertezza.
  • Questo articolo si propone di dare un contributo all’analisi del ruolo del sindacato nella costruzione di una transi-zione energetica giusta, considerando i risultati di alcune recenti ricerche condotte sul tema a livello nazionale ed eu-ropeo. Partendo dal quadro delle policy per la trasformazione verso una economia a zero emissioni di carbonio, si illu-strano alcuni percorsi di intervento del sindacato come agente attivo del cambiamento in favore della sostenibilità dello sviluppo. Il ruolo chiave assunto nella promozione di una just transition mostra come l’identità sindacale si stia riconfigurando in risposta alle trasformazioni socio-tecniche generate dalla crisi ambientale.
  • Il contributo discute il modo in cui i temi dell’innovazione tecnologica, della digitalizzazione e, più in generale, del-la competitività e produttività del sistema produttivo sono affrontati nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Vedremo come, nonostante la retorica dominante attorno al Piano sia quella della discontinuità, permangano nu-merose continuità con le modalità con cui questi temi sono stati trattati in passato e, di conseguenza, con i limiti mostrati da questi interventi.
  • Il contributo si interroga sulla parte del Pnrr legata al campo formativo (istruzione e ricerca). Di seguito si propor-ranno alcune riflessioni analizzando in particolare quale idea di policy educativa il testo veicola; come si coniugano frammentazione e tentativi di integrazione delle domande di policy dell’educazione; quali controversie si intravedono e quali visioni sono tra loro assemblate; come i tre mondi dell’educazione (scuola, università e ricerca) vengono trat-tati e accostati apparendo però ancora mondi tra loro poco interconnessi.
  • Il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) è al centro dell’attenzione ormai da qualche tempo. Originaria-mente redatto dal precedente governo, il Conte II, la versione attuale è il risultato dell’intervento del nuovo esecutivo, guidato da Mario Draghi. Il piano è piaciuto a Bruxelles, che ha consegnato al governo Italiano una vera e propria pagella con un voto molto positivo. La calda accoglienza riservata al piano di un paese in genere indisciplinato come l’Italia non deve sorprendere – né deve essere attribuita al potere taumaturgico di Draghi. Il piano presenta infatti delle differenze rispetto alle versioni precedenti, ma con il medesimo impianto. Si tratta di un massiccio piano di in-vestimenti che, a parere di chi scrive, va nella direzione di contribuire al percorso di ristrutturazione delle catene del valore europee iniziato già da qualche decennio, con l’Italia a ricoprire il ruolo di sub-fornitore di catene aventi la propria testa nel centro manifatturiero del continente – vale a dire in Germania e Francia. In quanto segue, ci con-centreremo sugli aspetti puramente industriali, e tralasceremo completamente il tema delle condizionalità. Queste ul-time, ne siamo ben consapevoli, ci sono e sono anche piuttosto pesanti. Meriterebbero tuttavia una trattazione a parte, e ci porterebbero lontano dalla tesi che intendiamo sostenere in queste poche pagine.
  • Questo articolo focalizza l’attenzione sul modello sociale italiano alla luce del Piano nazionale di resilienza e ripresa. L’analisi proposta mira a esaminare se e quanto le innovazioni introdotte a livello europeo siano attrez-zate per rispondere alle nuove domande di protezione sociale sorte in seguito alla pandemia, riconsiderando le op-zioni percorribili per intervenire sui nodi critici del sistema di welfare italiano, sia quelli di lungo periodo (l’infrastrutturazione sociale e la carenza di servizi di welfare), sia quelli che si sono manifestati più di recente con l’ultima tornata di riforme che hanno riguardato in particolare le politiche di contrasto alla povertà e l’inserimento attivo nel mercato del lavoro.