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Il 25 giugno 1933 Claudio Cianca fa esplodere un ordigno inoffensivo nel pronao della Basilica di San Pietro. Ha soltanto vent’anni e con il suo gesto vuole richiamare l’attenzione del mondo sull’Italia oppressa dal fascismo. Condannato a 17 anni di carcere, torna libero il 9 settembre 1943 e partecipa alla Resistenza romana. Nel dopoguerra è dirigente della CGIL, parlamentare comunista, consigliere comunale in Campidoglio, protagonista di memorabili battaglie contro la speculazione fondiaria ed edilizia, leader carismatico degli edili, che lo accolgono con grande calore quando va nei cantieri a tenere i «comizi volanti». In questo libro-intervista Cianca rievoca momenti cruciali della storia italiana del Novecento di cui è stato testimone, partecipe, protagonista. Ai toni enfatici preferisce la divertita ironia, ispirata da una visione ottimistica che lo induce a ritenersi fortunato – «Se non mi avessero messo dentro forse sarei morto in qualche fronte di guerra» – e a trasmettere alle giovani generazioni un messaggio di speranza e di libertà. In allegato il DVD con l'intervista a Claudio Cianca.
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Per le verità allora nascoste e i depistaggi che ne seguirono, la strage di Portella della Ginestra del Primo maggio 1947 continua ad essere ancora oggi oggetto di dibattito storiografico. Il volume di Francesco Petrotta, frutto di un’attenta e minuziosa ricerca archivistica animata da una profonda passione civile, colloca la drammatica vicenda nel contesto locale in cui ebbe a maturare, facendo una volta per sempre piazza pulita di tutte le fantasiose congetture che periodicamente, anche in buona fede, vengono offerte al giudizio dei lettori. In particolare, viene definitivamente smentito il coinvolgimento del governo americano nella pretesa lotta antibolscevica portata avanti dal bandito Giuliano, e in pari tempo acquista maggiore risalto il ruolo svolto dalla mafia di Piana degli Albanesi, guidata dal boss Ciccio Cuccia, come uno dei principali mandanti dell’azione delittuosa che terrorizzò per lungo tempo quella parte del territorio palermitano epicentro delle gesta del cosiddetto «re di Montelepre».
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Donne che decidono di migrare, che fanno dell’andare altrove un progetto di vita, sia che partano da sole sia che vogliano ricongiungersi ai propri familiari. Nei complessi scenari delle odierne migrazioni internazionali, il protagonismo femminile costituisce uno dei tratti più rilevanti. Ma fino a che punto ciò rappresenta una novità rispetto al passato? Quali sono le continuità e i mutamenti rintracciabili nei percorsi delle lavoratrici migranti di ieri e di oggi? I saggi contenuti in quest’opera a più mani provano a rispondere a questi interrogativi, attraverso una riflessione tutta centrata sul ruolo giocato dal lavoro nella mobilità geografica femminile storica e attuale. Studiata in questa prospettiva, la vicenda migratoria femminile appare come un tema gravido di questioni e interrogativi che riguardano tutte le donne, mettendo a nudo una realtà dove permangono disuguaglianze nell’accesso al mercato del lavoro, disparità di diritti e di salari, politiche che sostengono e legittimano la divisione sessuale del lavoro.
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Il datore di lavoro può proibire ad un’impiegata di fede islamica di indossare il velo nell’ambiente lavorativo? Può un ente locale tramite ordinanza imporre obbligatoriamente l’esposizione di un simbolo religioso nei suoi locali? Fino a che punto i lavoratori appartenenti a fedi minoritarie nel paese possono rivendicare orari di lavoro compatibili con le proprie esigenze di culto e festività religiose? Quali sono i precetti dell’Islam e quali le richieste che i suoi fedeli pongono alla società italiana? Quale modello di società e di relazione tra cittadini e migranti stiamo costruendo in Italia e in Europa? Come reagire giuridicamente alle discriminazioni per motivi religiosi? Sono queste solo alcune delle molte domande che con sempre maggiore frequenza emergono a fronte della trasformazione della società italiana in senso multiculturale e multireligioso. I saggi raccolti nel volume affrontano in maniera interdisciplinare questa complessa sfida posta al mondo del lavoro e alla società italiana nel suo divenire.
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Un borghese che si definisce progressista assiste casualmente allo sbarco di una delle tante carrette del mare cariche di disperati che approdano sulle coste del nostro Sud. Un anno dopo lo ritroviamo in volo per Nuevo Laredo, Messico. Lavorerà in una missione di religiosi scalabriniani nel deserto al confine con gli Usa, la «Casa del migrante», che assiste uomini, donne, bambini che ogni giorno tentano di scavalcare il muro della morte o di guadare il Rio Bravo per entrare in Texas. Sarà un lungo, intenso ed emozionante periodo, in cui proverà a comprendere il problema dell’emigrazione, le sue cause e origini, andando a vivere dall’altra parte della barricata. Compagni di quei giorni saranno loro, i migranti. Emergono, attraverso alcuni ritratti, le loro piccole storie ricavate dalle interviste raccolte sul posto, vite esemplari che danno voce alle migliaia che voce non hanno. Dopo aver concluso una fase di quell’esperienza, il protagonista ritorna in quei luoghi. Si misurerà con l’arroganza delle guardie di frontiera nord-americane e con la loro ignoranza; conoscerà la disperazione della favela di Nuevo Laredo dove assiste delle bambine cerebrolesi; insieme ai religiosi della missione denuncerà calunnie ed ipocrisie rivolte ai migranti, piantando sulla barriera della morte 66 croci bianche in ricordo degli altrettanti migranti morti affogati nel Rio Bravo nei primi nove mesi del 2009. Un ventaglio di riflessioni etiche, politiche e religiose nate dall’osservazione dei tanti modi diversi in cui può diffondersi lo stesso messaggio evangelico, unite da un filo di indignazione e di speranza.
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Dopo il precedente volume Lavoro pubblico: ritorno al passato?, che analizzava i contenuti della legge 15/2009, «Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti», si è tornati sull’argomento con una nuova iniziativa che ha affrontato i contenuti del decreto attuativo della legge Brunetta (d.lgs. 150/2009, «Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni»). Il contenuto del decreto delegato conferma quanto era stato evidenziato al momento del varo della legge 15/2009. Si tratta di un provvedimento negativo per l’efficacia delle amministrazioni pubbliche; centralistico, mentre nello stesso governo si invoca il federalismo fiscale ed istituzionale; burocratico nel sistema dei controlli; di ritorno al passato per i diritti del lavoro nel sistema pubblico e nei settori della conoscenza. Un provvedimento che verrà attuato mentre la politica dei tagli nelle pubbliche amministrazioni continua a produrre effetti nefasti sull’operatività di settori ai quali la Costituzione affida compiti fondamentali di universalità e qualità dei diritti delle persone.
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Un’opera collettiva, testimonianze diverse che si dipanano nel ricordo vivo di quel 1968 che, insieme al resto del mondo, avrebbe cambiato in profondità anche l’Italia. Grazie al filo lungo della memoria, con questo volume la Fondazione Giuseppe Di Vittorio e la Federazione dei lavoratori della conoscenza della Cgil, la Flc, ripercorrono così quell’anno cruciale indagando sulle dinamiche, le persone e i processi che avrebbero condotto alla nascita del Sindacato Scuola della Cgil e a una nuova stagione di lotte sindacali degli insegnanti e di produzione culturale senza precedenti nelle scuole e nelle università. Il libro rievoca episodi che richiamano un momento assai alto e partecipato della politica, ricco come non mai di idee, di passioni, di conflitti. Oggi, a più di quarant’anni di distanza, si può forse sorridere degli eccessi ideologici e di una certa adolescenziale supponenza che ne hanno allora animato i protagonisti. A ben guardare, però, ci si accorge di come i contenuti di fondo di quella stagione continuino ad incalzarci e ad interrogarci in profondità.
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La nascita della Confederazione Generale del Lavoro nel 1906 rappresenta un nodo centrale della vicenda del movimento operaio e sindacale, non solo perché segnò la costruzione di un grande organismo di rappresentanza dei lavoratori italiani, ma soprattutto perché con questo atto la CGdL si incaricò della responsabilità di assurgere al ruolo di risposta storica al problema dell’organizzazione delle classi subalterne nell’Italia post-unitaria. Un evento che si svolge all’interno del complesso, e spesso contraddittorio, processo di relazione tra Stato, società e modernità che aprì la questione dell’ingresso delle masse lavoratrici e proletarie nella vita pubblica. I documenti qui pubblicati consentono, dopo oltre un secolo di storia del sindacato, non solo di inquadrare le problematiche poste dalla necessità di rappresentanza e organizzazione delle forze del lavoro, ma soprattutto di chiarire la collocazione e la funzione storica della Confederazione Generale del Lavoro nel contesto nazionale e internazionale. Il rapporto tra le forze organizzate dei lavoratori e il sistema economico italiano; la necessità di rappresentare le istanze sociali moderne della società; la capacità di svolgere un ruolo rilevante nella collocazione del movimento dei lavoratori al centro della vita e della sfera pubblica; la costruzione di percorsi di accesso e allargamento dei diritti sociali; le lotte e le mobilitazioni di massa e il rapporto con la società politica rappresentano temi che, se trovano la loro radice all’inizio del secolo scorso, mantengono interamente, pur rimettendone in discussione soggetti, forme e mezzi, la loro centralità anche all’inizio del nuovo millennio.
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In Italia un milione di immigrati, più di un quarto degli stranieri soggiornanti regolarmente nel paese, sono iscritti alle tre maggiori confederazioni. Ciò fa del livello di sindacalizzazione uno degli indicatori più sensibili per lo studio dei percorsi di inserimento lavorativo e sociale dei lavoratori immigrati nei contesti territoriali d’approdo, e qualifica il sindacato come l’organo principale di tutela e di supporto dei migranti a fronte delle difficoltà e degli ostacoli che incontrano lungo quei percorsi, nonché come spazio di socializzazione e di partecipazione anche per i lavoratori italiani. Le due ricerche raccolte in questo libro si sono proposte di capire in quale misura la mole di conoscenze accumulata dalle strutture confederali attive sul terreno dell’immigrazione possa ormai essere considerata una nuova dimensione della cultura della CGIL; ci si è inoltre proposti di individuare e mettere in luce i principali problemi che si trovano ad affrontare nel lavoro quotidiano alcune delle federazioni di categoria impegnate in settori nei quali è particolarmente forte la presenza di lavoratori di origine straniera.
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Questo volume inaugura la collana sessismoerazzismo, edita in collaborazione con l’Associazione Crs e curata da Lea Melandri, Isabella Peretti, Ambra Pirri e Stefania Vulterini. Ad assimilare specismo, sessismo e razzismo – sostiene l’autrice sulla scia di una linea di pensiero che va dalla Scuola di Francoforte a studiosi/e quale Colette Guillaumin – è l’attribuzione agli «altri», alle donne, ai non umani di una natura diversa, inferiore o mostruosamente superiore, da controllare e soggiogare. Dei tre sistemi di dominio, Rivera analizza analogie e intrecci, peculiarità e divergenze. Ed esemplifica l’analisi dei processi di alterizzazione e reificazione attraverso alcuni temi: la dialettica fra razzismo istituzionale e xenofobia popolare; il trattamento dei corpi altrui, fino agli stupri «etnici»; le controversie sul «velo islamico» e sulle modificazioni dei genitali femminili; la vicenda italiana delle donne-tangenti. Infine, accogliendo la critica dei femminismi «non bianchi», suggerisce di adottare una postura critica e relativista, per evitare l’etnocentrismo, trascendere l’universalismo particolare, immaginare un modello di universalità relazionale, concreto, situato, sessuato.
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Le lotte del 1969 hanno profondamente inciso sul costume, la cultura di massa, la qualità dei processi partecipativi e democratici; i rapporti di distribuzione del reddito e i rapporti tra diversi ceti sociali sono usciti da quella contrastata stagione notevolmente modificati. Alcuni tratti della nostra società, a partire dalla realizzazione di un welfare state, sono stati cambiati in modo irreversibile. Sono state, quelle stagioni, ricche di enormi energie, di straordinarie potenzialità, ma anche di contraddizioni non risolte che si sono riproposte negli anni successivi. Sono emerse con una certa evidenza, sia in quegli anni sia in quelli che sono seguiti, le difficoltà della politica italiana a offrire orizzonti e sbocchi adeguati alle istanze di cambiamento che in quella fase si erano manifestate con vigore e che chiedevano un salto di qualità nel modello di sviluppo, nell’organizzazione sociale e nella stessa vita politica. In quale misura le domande di modernizzazione rivolte al sistema politico e istituzionale hanno trovato una risposta? In quale modo la mancanza di risposte adeguate ha aperto la strada alla lunga decadenza italiana? Di tutto ciò hanno discusso: Aris Accornero, Cesare Annibaldi, Giorgio Benvenuto, Giuseppe Berta, Piero Bevilacqua, Pierre Carniti, Gian Primo Cella, Guglielmo Epifani, Carlo Ghezzi, Adolfo Pepe, Alfredo Reichlin, Mario Tronti, Giuseppe Vacca. Nel volume il Dvd «1969 Autunno caldo. Videoantologia sulle lotte dei lavoratori» a cura dell’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico.
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È trascorso più di un anno da quando è stato introdotto il reato di immigrazione clandestina e in questo periodo la legge che l’ha prevista ha dimostrato tutta la sua inconsistenza e inaccettabilità giuridica. Sino ad ora la sua applicazione è stata incerta e non uniforme mentre limitate sono state le denunce da parte delle forze dell’ordine. Contro ogni previsione, però, a luglio 2010 è stata emessa la decisione n. 250 della Corte Costituzionale che ha respinto le eccezioni di incostituzionalità della legge rendendola valida a tutti gli effetti. In questa seconda edizione del volume la decisione della Corte viene pubblicata integralmente e sottoposta a un duro esame critico. L’applicazione generalizzata della legge in esame provocherebbe oltretutto un’indubbia paralisi degli uffici giudiziari, in primo luogo delle Procure della Repubblica, oltre che dei giudici di pace, e i relativi processi avrebbero tempi lunghi e costi elevati. L’autore, infine, dopo essersi soffermato sul vergognoso espediente della cosiddetta «sanatoria» per le badanti, mette in evidenza come le illegittime forme di respingimento collettivo abbiano di fatto cancellato il diritto di asilo. Con la collaborazione di Daniela Bauduin.