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18° RAPPORTO SUI DIRITTI GLOBALI • 2020 E-Book
20.99
€
Dopo 17 anni di pubblicazione, il Rapporto sui diritti globali cresce ed evolve, con l’edizione principale che diventa internazionale, viene pubblicata anche in lingua inglese e si focalizza sui diritti umani e sulla lotta contro l’impunità, a partire dalla collaborazione con l’Association Against Impunity and for Transitional Justice (AITJ), che lo promuove.
Quella dei diritti umani e dell’impunità è questione oggi resa più centrale dalla crisi del multilateralismo e dal dilagare aggressivo di nazionalismi e populismi, che stanno implicando un progressivo svuotamento della democrazia e dei suoi istituti, un indebolimento del diritto internazionale e dei suoi strumenti, pericolosi disequilibri a livello globale. Ne è derivato, e lo vediamo tragicamente tutti i giorni, un dilagare di crimini di guerra, di aggressioni territoriali, di violazioni sistematiche dei diritti fondamentali della persona, di repressioni sempre più generalizzate e ingiustificate nei confronti di cittadini e di interi popoli, spesso nell’impotenza di istituzioni sovranazionali. Assieme, vediamo approfonditi altri crimini che violano e compromettono diverse sfere di diritti altrettanto fondamentali, che riguardano le comunità e non solo gli individui, come quelli ambientali, economici, sociali. Crimini di sistema, dei quali nessuno si sente responsabile, ma che sono invece prodotti da precise scelte politiche, economiche, di governo.
Il 2020, con la pandemia di Covid-19, ha portato e sta residuando un drastico peggioramento nei diritti e nelle libertà, così come nella condizione sociale ed economica di milioni di cittadini in molte parti del mondo e ha mostrato con maggior evidenza la pericolosa vulnerabilità del sistema democratico e dello Stato di diritto. La necessità di profondi cambiamenti e di radicali inversioni di rotta è ora più urgente e deve riuscire a imporsi, costruendo maggiore consapevolezza sociale e responsabilità pubblica. Il Rapporto sullo Stato dell’impunità nel mondo è un contributo in questa direzione vitale per le persone e per l’intero Pianeta, per realizzare giustizia e costruire diritti globali.
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Abbonamento RGL-UVL
70.00
€
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RGL N. 1/2021 – Osservatori
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Dottrina
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Giurisprudenza
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RGL N. 1/2021
38.00
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I poveri possono parlare?
13.00
€
Sull’onda degli effetti esplosivi di una crisi economica e sociale ormai più che decennale, il tema della povertà è tornato al centro del discorso pubblico e della produzione culturale. Il successo recente di film come Joker o Parasite sta lì a testimoniarlo. Contestualmente, e in parte indipendentemente, un’altra crisi ha investito il piano politico e simbolico. Il vocabolario politico otto-novecentesco sembra non far più presa su una realtà radicalmente trasformata: così, da più parti, si invoca la sostituzione del concetto di classe con quello di popolo, e conseguentemente dell’opposizione orizzontale destra/sinistra con quella verticale alto/basso. Una tale operazione, solo apparentemente plausibile, risulta tuttavia, a uno sguardo più attento, intimamente problematica e logicamente aporetica. Chi è in basso, e chi in alto? Il «basso» può davvero parlare? E in caso, che valore si deve assegnare alla sua parola? Obiettivo di questo volume è usare la categoria di povertà come grimaldello per esporre e far saltare queste aporie. A questo scopo, vengono qui riuniti i contributi di cinque giovani ricercatrici e ricercatori, tutti provenienti da prospettive disciplinari differenti: diritto, sociologia, etnografia, filosofia politica, critica letteraria. La scommessa è che le questioni metodologiche diverse che il confronto con l’oggetto «povertà» pone nei rispettivi campi possano essere utilmente messe al servizio di un lavoro di concettualizzazione politica. L’analisi di singoli casi studio determina infatti, in primo luogo, un effetto di deontologizzazione: non tanto la povertà, ma i poveri. E non tanto ciò che i poveri sono, ma ciò che i poveri fanno. Nel libro sarà cioè questione di pratiche, e non di essenze. Di qui un ulteriore risultato: mostrare come i confini tra i poveri e «noi» siano molto più labili di quel che si crede. E come, dunque, la categoria di povertà possa rivelarsi l’indice di una nuova politica dell’emancipazione.
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Le aliquote Irpef medie su figure-tipo: analisi per classi di reddito nel periodo 1974-2020
L’evoluzione dell’imposizione Irpef in Italia non ha avuto le stesse conseguenze per tutte le classi di reddito. Si può individuare una traiettoria in riduzione per i redditi bassi come per quelli molto alti. Per i redditi medi da lavoro, invece, l’imposizione diretta sul reddito è cresciuta dal 7,2% del 1974 fino all’attuale aliquota attorno al 20%. Se si considerano anche i redditi esenti Irpef e tassati separatamente, per i top incomers si arriva ad aliquote paragonabili a quelle che si applicano a redditi da lavoro medio-alti. Alcuni interventi da porre in atto nella prossima riforma fiscale non sono rinviabili, specie in relazione alla base imponibile.
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Tra il dire e il fare: la cultura delle cure palliative nella pratica quotidiana degli assistenti sociali
Questo articolo presenta i risultati di una ricerca qualitativa che ha inteso esplorare il ruolo e le funzioni del servizio sociale nell’ambito delle cure palliative in Italia. I dati raccolti attraverso interviste semi-strutturate evidenziano la complessità dell’esercizio del ruolo, all’interno di contesti organizzativi orientati da assunti più vicini ad una cultura della medicina tradizionale e influenzati da una logica economica, in cui l’orientamento al contenimento dei costi rischia di oscurare il valore della relazione e della cura. La discussione dei risultati è utile a riflettere sul posizionamento del servizio sociale nei servizi per la salute, e consente di evidenziare criticità e nuove possibilità per le attuali politiche sociali e sanitarie.
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Verso un welfare state digitale? L’intelligenza artificiale tra politiche sociali e apparati di controllo
Il contributo ha l’obiettivo di analizzare i vantaggi e i possibili rischi associati all’uso di algoritmi per poter accedere a sempre più servizi in campo sociale. Da un lato si sostiene che gli algoritmi siano sempre più incomprensibili, anche agli stessi progettisti, perché l’algoritmo iniziale diventa altro da sé in seguito ai processi di machine learning. Alcuni autori sostengono che stiamo assistendo alla nascita di un nuovo ordine capitalista basato sulla sorveglianza digitale e che siamo passati a una condizione di cultura della sorveglianza. Alston (2019) parla di «welfare state digitale» per riferirsi ai tentativi di rendere più efficienti e mirati i servizi prestati, mentre da più parti si richiama il rischio di minare ulteriormente i diritti dei già emarginati, esacerbando la disuguaglianza e la discriminazione, anziché attenuarle – come spesso è suggerito dai fautori dell’estensione dell’automazione anche alle politiche di welfare. Basti pensare al caso PredPol, un software nato con il proposito di prevenire la criminalità perché – si sostiene – in grado di prevedere il comportamento criminale, mentre non fa altro che procedere per inferenza a partire dai dati già in possesso della polizia locale (con tutti i problemi legati alla sovra- o sotto-rappresentazione di alcune categorie sociali nelle statistiche sulla criminalità).
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Sud e aree interne cruciali per la ripresa: l’Italia cresce unita. Intervista a Maurizio Landini
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Un virus di classe: anziani, disabili e altri dimenticati
Gli anziani ospiti delle Residenze sanitarie assistenziali (Rsa) sono stati il gruppo popolazionale più colpito dalla pandemia. A tutt’oggi le istituzioni contentive rappresentano la prevalente risposta ai bisogni di popolazioni non autosufficienti o portatori di disabilità mentale e intellettuale. Questa risposta istituzionale rappresenta la prevalente offerta di «long term care» per anziani e disabili nel nostro paese. Il Coronavirus ha mostrato il fallimento del modello residenziale e ha messo in discussione il modello ospedaliero e quello esclusivamente biomedico: abbiamo bisogno di innovazione ossia di un insieme di interventi che avvengono nei centri di salute territoriali o anche al domicilio del paziente. Il virus non è democratico e colpisce chi sta peggio ma non è il virus che deve diventare più democratico bensì le risposte dei sistemi sanitari e di welfare che devono ristabilire la democrazia.
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