• Il presente intervento si articola in tre parti. La prima discute il carattere elitista di molte critiche alla nozione di populismo, che spesso intendono legittimare il potere delle oligarchie che governano l’Europa, negando alle classi subalterne qualsiasi consapevolezza politica; la seconda, invece, sviluppa una critica della retorica populista, in particolare della definizione di popolo come entità incorrotta e indivisa, mostrandone la contiguità con l’idea di popolo che è alla base del dispositivo della rappresentanza democratica. Infine, le conclusioni cercano di individuare alcuni aspetti politicamente produttivi nella ripresa della discussione sul populismo, a partire dalla necessità di ripensare il concetto di popolo non come totalità, bensì come parzialità.
  • Il volume focalizza l’attenzione sul rapporto intercorso tra la crisi pandemica Covid-19 – iniziata nel marzo 2020 e ancora sotto osservazione delle autorità sanitarie nazionali e mondiali, sebbene con caratteristiche molto differenti rispetto al biennio precedente – e l’impatto differenziato che essa ha determinato nelle comunità italiane all’estero. Tale correlazione è stata affrontata coinvolgendo studiosi, sindacalisti e operatori sociali di nazionalità italiana che vivono e lavorano in altri Paesi europei e nelle Americhe. Le loro argomentazioni offrono uno spaccato significativo che permette di comprendere quali sono stati i punti di forza e di debolezza degli interventi di ricovero socio-sanitario messi in campo dalle istituzioni dei Paesi esteri di residenza abituale, ed anche quelli delle istituzioni italiane. Queste ultime – come il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero impegnati, l’Unità di crisi della Farnesina, ai Com.It.Es., le Associazioni italiane e i Patronati – hanno instancabilmente, anche in regime di volontariato, operato per assicurare sostegni di diversa natura a centinaia di migliaia di cittadini italiani distribuiti nei cinque diversi continenti.
  • Il volume focalizza l’attenzione sul rapporto intercorso tra la crisi pandemica Covid-19 – iniziata nel marzo 2020 e ancora sotto osservazione delle autorità sanitarie nazionali e mondiali, sebbene con caratteristiche molto differenti rispetto al biennio precedente – e l’impatto differenziato che essa ha determinato nelle comunità italiane all’estero. Tale correlazione è stata affrontata coinvolgendo studiosi, sindacalisti e operatori sociali di nazionalità italiana che vivono e lavorano in altri Paesi europei e nelle Americhe. Le loro argomentazioni offrono uno spaccato significativo che permette di comprendere quali sono stati i punti di forza e di debolezza degli interventi di ricovero socio-sanitario messi in campo dalle istituzioni dei Paesi esteri di residenza abituale, ed anche quelli delle istituzioni italiane. Queste ultime – come il Consiglio Generale degli Italiani all’Estero impegnati, l’Unità di crisi della Farnesina, ai Com.It.Es., le Associazioni italiane e i Patronati – hanno instancabilmente, anche in regime di volontariato, operato per assicurare sostegni di diversa natura a centinaia di migliaia di cittadini italiani distribuiti nei cinque diversi continenti.
  • La prevenzione e il contrasto alla violenza sulle donne si fonda sull’attività quotidiana di diversi attori che, pur accomunati da un obiettivo comune, impiegano approcci di intervento anche molto differenti. Da un lato i centri antiviolenza e le case rifugio supportano le donne nel percorso di fuoriuscita dalla violenza anche allontanandole, quando necessario, dalla casa condivisa con il partner violento; dall’altro i programmi di trattamento responsabilizzano i maltrattanti rispetto alla violenza agita, promuovendo un cambiamento nei loro comportamenti. Le mappature condotte da Istat e Cnr nel 2018 consentono di fotografare, per la prima volta in Italia, gli attori che popolano il campo dell’antiviolenza, indagandone modalità organizzative e pratiche di intervento. Dopo aver descritto le principali caratteristiche di questi soggetti, il contributo discute i dati preliminari dell’indagine «I centri antiviolenza ai tempi del coronavirus», realizzata dal Cnr nel mese di aprile, in cui si evidenziano gli effetti dell’emergenza sanitaria sull’attività di supporto alle donne vittime di violenza e si descrivono le principali richieste che le operatrici rivolgono ai decisori politici.
  • L’11 gennaio 2016 nella sala dei Gruppi Parlamentari della Camera si è svolta un’affollata assemblea convocata dal «Comitato per il NO nel referendum sulle modifiche della Costituzione» per esporre le ragioni della contrarietà ai contenuti di questa legge. Il Comitato per il NO è stato costituito prima della conclusione dell’iter parlamentare della legge, che avverrà nel mese di aprile con l’ultima lettura da parte della Camera. Si è tentato di ottenere almeno modifiche indispensabili degli aspetti più controversi, ma l’opposizione del Governo a qualsiasi cambiamento non lo ha reso possibile. Ad aprile, dopo la sua definitiva approvazione, il testo della legge verrà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale ma non entrerà in vigore fino a quando ci sarà l’esito del referendum, ricorrendo i casi previsti dall’art. 138 della Costituzione. Il Governo ha voluto far credere che il referendum sia una sua gentile concessione, ma non è così. È la Costituzione che ne prevede la possibilità quando, al secondo passaggio, l’approvazione delle leggi costituzionali avviene con meno dei due terzi dei voti in almeno un ramo del Parlamento, come appunto si è già verificato al Senato. Questo volume, raccogliendo gli interventi all’assemblea dell’11 gennaio, si propone di far conoscere le ragioni che il Comitato ha messo in campo e che costituiranno la base per motivare la raccolta delle 500.000 firme necessarie per il referendum e, nel corso della campagna elettorale, per convincere le elettrici e gli elettori a respingere le inaccettabili modifiche apportate alla Costituzione. E a votare quindi NO nel referendum costituzionale che avrà luogo nell’autunno del 2016. Contributi di: Gaetano Azzariti, Felice C. Besostri, Lorenza Carlassare, Gianni Ferrara, Domenico Gallo, Alfiero Grandi, Alessandro Pace, Stefano Rodotà, Massimo Villone, Gustavo Zagrebelsky
  • Il tema della revisione costituzionale della forma di governo ha impegnato per decenni la riflessione costituzionalistica e il dibattito politico, alimentando il mito della Grande Riforma. Negli ultimi anni la delegittimazione del sistema politico, di pari passo con l’avanzare dell’antipolitica e il dilagare di argomenti e modelli di azione propri del populismo, hanno trasformato questo delicatissimo tema in uno dei tanti punti programmatici della politica governativa. La politica costituzionale ha ceduto così il campo sia all’antipolitica sia alla politica del «fare», che ha portato all’approvazione di un testo di revisione della seconda parte della Costituzione farraginoso e poco omogeneo, col quale si stravolge il bicameralismo senza cancellarlo, si introduce una pluralità disorganica di procedimenti legislativi, si amputa la rappresentanza politica squilibrando il rapporto tra i poteri a tutto favore dell’Esecutivo.
  • Abusata in passato, la clemenza collettiva oggi conosce un’eclissi quantitativa senza precedenti nella storia d’Italia. È, invece, possibile recuperarla tra gli strumenti di politica criminale, proponendone una rilettura costituzionalmente orientata al divieto di pene inumane e alla finalità rieducativa del diritto punitivo, in linea con importanti affermazioni della giurisprudenza costituzionale. Così ripensate e rimodellate, per restituire agibilità alle leggi di amnistia e indulto è necessario porre mano di nuovo all’articolo 79 della Costituzione, la cui revisione approvata nel 1992 è giuridicamente alla base del loro tramonto. Questi i temi del Seminario svoltosi a Roma, in Senato, il 12 gennaio 2018, di cui il presente volume riproduce gli atti, offrendo un’aggiornata riflessione interdisciplinare in materia, allargatasi anche al contiguo versante della clemenza individuale. Una riflessione inedita negli esiti, a partire dall’ipotizzata riformulazione dell’articolo 79 della Costituzione, riprodotta in Appendice e proposta ai parlamentari della XVIII Legislatura come mezzo e fine per una battaglia di politica del diritto.
  • Il superamento del taylorismo mette in mora un diritto del lavoro fatto a misura del lavoro operaio nella grande fabbrica e sembra lasciarlo disarmato rispetto alla moltiplicazione delle forme giuridiche con le quali l’organizzazione produttiva si procura il lavoro vivo di cui ha bisogno. L’A. si interroga su quello che ha da dire in proposito la Costituzione italiana del 1948.
  • La bocciatura del Trattato costituzionale europeo da parte della Francia e dell’Olanda sembra aver definitivamente frustrato il tentativo di dare all’Europa una struttura istituzionale e un sistema di valori socialmente orientati. Il «deficit democratico» che da sempre affligge l’azione delle istituzioni europee sembra quindi essersi materializzato nel rifiuto scaturito dalle consultazioni popolari, come conseguenza dell’idea che questo Trattato costituzionale sia stato il frutto di scelte imposte dall’alto. In tale contesto, le opinioni sul futuro «costituzionale» dell’Europa oscillano, da una parte, tra la volontà di conservare quanto di buono è emerso dal Trattato costituzionale, valorizzandone i contenuti sociali e, dall’altra, il rigetto in toto dei risultati del lavoro della Convenzione, con l’obiettivo di cogliere nel rifiuto francese e olandese l’occasione per rifondare l’attuale sistema comunitario imperniato sul primato del mercato. Il libro dà conto di un ampio spettro di opinioni emerse nella dottrina e nel dibattito politico, animati dalla volontà di consegnare all’Europa un sistema giuridico primario attento alla salvaguardia dei diritti sociali, in armonia con le istanze che caratterizzano la nostra stessa Costituzione.
  • La crisi del dispositivo della cittadinanza, in corso da alcune decadi, è indiscutibilmente connessa all’indebolimento dei legami sociali che si registra da tempo con preoccupazione, e ne costituisce anzi un fattore rilevante. D’altro canto, proprio a seguito di questa crisi sono in corso profondi, per quanto incerti, processi di trasformazione della cittadinanza stessa che hanno luogo in diverse dimensioni e contesti. Una di queste dimensioni è quella urbana, dove è anzitutto la residenza a costituire una base della sua ridefinizione e dove emergono pratiche di cittadinanza non previste, ma che concorrono a costruire o ricostruire legami sociali. Per approfondire la osservazione di queste trasformazioni e la loro connessione con il tema dei legami sociali vengono utilizzati gli articoli che la rubrica del quotidiano «la Repubblica» intitolata «La città che resiste» ha dedicato nel 2019 alle iniziative di reazione all’abbandono della città. L’analisi riguarda sia le iniziative dei cittadini che la loro rappresentazione da parte del quotidiano.
  • Nell’Italia di fine Ottocento, in un periodo segnato dal moltiplicarsi dei conflitti sociali, i lavoratori delle «arti edilizie» avevano dato vita a spontanee forme di organizzazione per tutelare i propri diritti e migliorare le loro condizioni materiali. Bisognò attendere l’alba del nuovo secolo, dopo la cruenta repressione del 1898, perché le associazioni sorte un po’ dappertutto si riunissero a Milano e confluissero nella Federazione generale italiana fra gli addetti alle arti edilizie. La Lombardia, interessata da un intenso processo di modernizzazione, ebbe un peso rilevante nella rete appena costituita. E in Lombardia il Varesotto, dove già nel 1892 si era costituita una Lega dei muratori, rappresentò una realtà particolarmente attiva. Questo volume, voluto dalla FILLEA CGIL di Varese e realizzato dall’Istituto varesino «Luigi Ambrosoli» per la storia dell’Italia contemporanea e del movimento di liberazione, ricostruisce per la prima volta questa importante pagina di storia sindacale dalle origini all’età fascista. È una storia scandita da lotte e sofferenze, una storia che si intreccia con le vicende politiche dello stesso periodo; una storia di lavoratori, che riuscirono a trasformare la loro debolezza individuale in forza collettiva per la costruzione di un mondo migliore.