• Educo ergo sum

    10.00 
    In una società dove conta solo ciò che serve a breve termine, l’educazione e l’istruzione sono oramai beni irrilevanti. La scuola pubblica, che è lo spazio fondamentale in cui tali beni prendono forma – e che non può sopravvivere se non sa guardare oltre né praticare valori duraturi –, è di conseguenza abbandonata, incompresa, diventa terreno di politiche sempre subalterne ad altri obiettivi. Eppure è un mondo animato da passioni, frustrazioni, speranze, delusioni, lotte e rinunce di adulti, bambini, adolescenti; un’umanità straordinaria che, per quanto studiata e indagata, raramente riesce a essere pienamente conosciuta. Ora Dario Missaglia, che della scuola ha fatto lo spazio di un’intera vita, ha voluto raccontare quel mondo dando voce a parole, sentimenti, conflitti, aspettative. Ed è un narrare in cui realtà e immaginazione si contaminano a vicenda: perché la realtà così evocata finalmente ci riconsegna per intero quel mondo complesso e restituisce credito e fiducia al compito più difficile che ogni adulto è chiamato a svolgere.
  • Un tratto caratteristico degli attuali cambiamenti nel lavoro è la contrazione delle protezioni collettive, non solo con l’erosione del diritto del lavoro, ma anche con lo «smontaggio di fatto» di tutele e prestazioni sociali. La diffusione dei rapporti di impiego temporanei rappresenta uno dei capitoli più importanti della decollettivizzazione dei rischi e dei meccanismi per prevenirli, ridurli, fronteggiarli. I lavoratori con occupazioni instabili – soprattutto nel modello di flex-insecurity italiano – precipitano in una condizione di elevata esposizione al mercato, di elevata «mercificazione». La conseguenza è un progressivo deteriorarsi degli «equilibri» individuali e sociali. L’autore muove dalla ricostruzione delle trasformazioni nei modelli di organizzazione produttiva, delle strategie e dei comportamenti adottati dalle imprese per flessibilizzare il lavoro, grazie anche agli interventi legislativi promossi dai governi dei paesi europei. Quindi, attraverso le storie di lavoratori parasubordinati (con lunghe esperienze nella precarietà), racconta i tentativi di regolazione individuale del lavoro e delle sue condizioni, l’indebolimento di identità, culture e azioni collettive, il deficit di prestazioni del welfare state, la difficile sostenibilità a lungo termine di protezioni «fai da te».
  • Il comico della politica

    5.99 15.00 
    Nella comunicazione politica di Berlusconi ha assunto una funzione sempre più prevalente il momento retorico del comico. Non solo figure, situazioni, immagini e argomenti comici entrano a far parte del suo discorso politico, così spesso sui generis sul piano dei contenuti, dello stile, della recitatio. Ma, quando parla in pubblico, assorbe egli stesso, nella sua actio, movenze comiche e atteggiamenti attoriali che sembrano annullare irreparabilmente la specificità della comunicazione politica. Scherza, gesticola, imita, corre per strada inseguito dalle telecamere e rivolge una raffica di domande retoriche alla folla ricevendo sempre le risposte prefissate secondo un copione. Svuotata di ogni senso la politica ridotta a chiacchiericcio del tutto irriflessivo, per il ritrovamento dei significati pubblici bisogna rivolgersi altrove, al mondo dell’azienda, del denaro, degli interessi particolari. Il nichilismo del comico, che sbeffeggia la rappresentanza politica tradizionale, evoca dunque l’aziendalismo di un imprenditore che si propone agli elettori come il supremo decisore monocratico infastidito dagli stanchi riti della separazione dei poteri.
  • Le microstorie del vino, di una fotografia familiare, dell’amicizia in un quartiere del paese sono un affondo nella memoria. Nel richiamo di avvenimenti e di turbamenti, i racconti si distendono nella quiete dei ricordi e nel lento vortice del pensiero, del tempo e dello spazio di tutta una comunità locale. In questo doppio registro narrativo l’autore nasconde un gioco sottilmente ineffabile. Infatti il linguaggio delle memorie per gradi viene estromesso, asciugato e il lettore all’improvviso si ritrova in bilico nel presente del Paese. Senza passato e senza futuro. Solo di fronte alla tecnica, ai simulacri della verità e smagrito della cittadinanza del lavoro così come oggi è nel destino di moltitudini di persone. Nel corrente esilio dal tempo, l’autore indica la speranza di un imminente inizio in cui le persone colme di memoria e di diritti danno avvio alla propria esperienza temporale, l’unica ad avere dignità di narrazione. Un libro insolito in cui la contaminazione di più linguaggi apre nuovi significati del mondo e porge la fiducia della parola per il futuro nonostante le soverchianti retoriche del consumo e la perfezione del nulla della tecnica.
  • In tempi di crisi globale la Responsabilità sociale d’impresa, con cui molte aziende si sono confrontate negli anni passati, spesso mosse da un reale convincimento del ruolo che l’impresa può giocare nella società moderna, è ancora una tematica all’ordine del giorno, o finirà per essere derubricata a sofisticato strumento di marketing? Questo libro si propone di richiamare l’attenzione del lavoro organizzato, e in particolare dei rappresentanti dei quadri e dei lavoratori ad alta professionalità che operano quotidianamente in impresa – sia essa pubblica che privata – sull’importanza di stimolare le direzioni aziendali ad attuare comportamenti etici. La Rsi, come mostrano i casi analizzati nel libro, è spesso entrata negli accordi stipulati tra azienda e sindacati, migliorando la vita dei lavoratori e il benessere del territorio, e aumentando la competitività dell’azienda. Non vi è motivo per cui questo trend debba essere interrotto: per uscire dalla crisi bisogna attivare comportamenti nuovi, e i lavoratori devono spingere le imprese a prendere in considerazione, tra le varie opzioni manageriali, quelle socialmente responsabili.
  • Eugenio ha respirato veleni per anni, senza che nessuno gli dicesse che quello stanzino era saturo di sostanze pericolose. Poi gli è venuto il morbo di Parkinson e soltanto dopo un lungo processo ha avuto (almeno) giustizia. Giorgio spingeva enormi bobine con la sola forza fisica, senza strumenti, fino a quando la schiena non ha più retto. Grazia continua a sollevare materassi, emarginata soltanto perché ha tentato di tutelare la propria salute dopo che le sue mani si sono arrese a uno sforzo pesantissimo, ripetuto molte volte al giorno, per molti anni. E poi c’è Vittoria, che adesso fa fatica a compiere semplici gesti della sua quotidianità domestica. Ma prima che le sue braccia venissero schiantate dai pesi che muoveva in legatoria era orgogliosa del suo lavoro. Dopo l’hanno cacciata… Certe malattie professionali riportano a tempi che sembrano lontani. Ma per molti lavoratori sono l’ergastolo con cui fare i conti per il resto dei propri giorni, magari con l’aggiunta di oltraggi e umiliazioni, perché quando ti fai male non servi più e allora… Questo libro racconta alcune di queste storie di malattia sul lavoro. E i protagonisti, al di là della rabbia e dell’ansia di giustizia, hanno qualcosa da dire ai tanti altri lavoratori che rischiano ogni giorno la salute.
  • Diario operaio

    2.99 10.00 
    Hanno presidiato le fabbriche, hanno fatto lo sciopero della fame, hanno occupato strade, stazioni e vecchie carceri, sono saliti sui tetti e sulle gru. Trascurati dalle tv e dai giornali, abbandonati dal governo e dalla politica, delusi dalla sinistra e a volte lontani anche dai sindacati, milioni di lavoratori, garantiti e no, hanno cercato in questa lunga e dolorosa crisi italiana di farsi sentire e di farsi vedere, di testimoniare con il loro impegno il diritto a difendere un’occupazione, un reddito dignitoso, una speranza di cambiamento. Hanno combattuto, e combattono, una battaglia forse fuori dal tempo, in un paese che non riconosce più il lavoro come un valore su cui costruire una società giusta e solidale. Le loro storie rappresentano l’altra faccia, quella vera, di un’Italia smarrita e delusa dalle promesse berlusconiane.
  • Dopo il precedente volume Lavoro pubblico: ritorno al passato?, che analizzava i contenuti della legge 15/2009, «Delega al Governo finalizzata all’ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni nonché disposizioni integrative delle funzioni attribuite al Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro e alla Corte dei conti», si è tornati sull’argomento con una nuova iniziativa che ha affrontato i contenuti del decreto attuativo della legge Brunetta (d.lgs. 150/2009, «Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni»). Il contenuto del decreto delegato conferma quanto era stato evidenziato al momento del varo della legge 15/2009. Si tratta di un provvedimento negativo per l’efficacia delle amministrazioni pubbliche; centralistico, mentre nello stesso governo si invoca il federalismo fiscale ed istituzionale; burocratico nel sistema dei controlli; di ritorno al passato per i diritti del lavoro nel sistema pubblico e nei settori della conoscenza. Un provvedimento che verrà attuato mentre la politica dei tagli nelle pubbliche amministrazioni continua a produrre effetti nefasti sull’operatività di settori ai quali la Costituzione affida compiti fondamentali di universalità e qualità dei diritti delle persone.
  • La storia del Cantiere navale di Monfalcone è la storia che ha visto migliaia di uomini e donne, operai, tecnici e impiegati, forgiare, insieme all’acciaio per costruire le navi, anche se stessi, il loro modo di vivere, di pensare e di vedere il mondo. Il libro ricostruisce gli eventi, le circostanze, le cause e gli effetti che hanno caratterizzato «l’altra storia» del Cantiere, quella dei lavoratori e del movimento sindacale, delle rivendicazioni e delle conquiste che hanno segnato lo sviluppo economico e sociale, non solo dello stabilimento navale, ma anche della città di Monfalcone e del suo territorio. Il volume, dunque, costituisce un contributo rilevante a una riflessione critica e apre la strada a ulteriori approfondimenti. Oltre 200 fotografie accompagnano la narrazione storica e documentano passaggi e momenti decisivi della vita centenaria del cantiere.
  • Il tema della sicurezza si presenta oggi confuso, tra gli allarmi lanciati dai mass media e le risposte politiche, spesso di forte impatto emotivo ma sostanzialmente inefficaci – come l’impiego dell’esercito nelle città, l’introduzione del reato di immigrazione clandestina, l’adozione eccessiva di ordinanze dei sindaci, l’istituzione delle ronde cittadine –, che possono tuttavia far presa a causa della diffusa ignoranza sulle reali modalità operative delle forze dell’ordine. L’autore fornisce un’accurata descrizione della struttura di tutto l’apparato addetto alla sicurezza in Italia, confrontandolo anche con gli altri paesi europei, ed esamina la complessità delle funzioni degli operatori e la destinazione delle risorse investite dallo Stato, evidenziando le criticità organizzative e le potenzialità di sviluppo di questo importante settore. Sottolinea come le amministrazioni locali possano contribuire a creare più sicurezza e legalità, tramite una corretta ed equilibrata interpretazione del proprio ruolo e attraverso le cosiddette «politiche integrate di sicurezza urbana». Conclude con alcune proposte volte a dare più dignità ai lavoratori di polizia, ma soprattutto tese a dimostrare che una società «in armonia» è possibile se si investe nel concetto di «nuova prevenzione» e nel valore della legalità.
  • Artisti, cineasti, intellettuali furono al fianco dei lavoratori che per tredici mesi, tra il 1968 e il 1969, occuparono a Roma la tipografia Apollon. Fu l’inizio di un nuovo rapporto solidale tra mondo del lavoro e mondo della cultura, cementato anche dalla lotta per sottrarre i mezzi di comunicazione al controllo del potere politico ed economico, per la riforma della Rai, per una nuova politica cinematografica, del teatro e della cultura musicale. Come rilanciare quel rapporto oggi, a distanza di quarant’anni, dopo la crisi della politica e l’eclisse dell’«intellettuale impegnato», mentre il cinema torna a interessarsi dei temi del lavoro? Tra storia e attualità, le testimonianze, le riflessioni e le proposte di scrittori, pittori, registi, politici, storici, lavoratori.
  • Lo sciopero dei marittimi di cinquant’anni fa è ignorato. Anche dagli storici. Eppure è stato un grande sciopero mondiale. L’unico che, partito dall’Italia, ha avuto come palcoscenico l’intero pianeta, i porti dei cinque continenti e tutti i grandi mari, e che ha visto la partecipazione di 118 navi di cui più della metà in porti stranieri, dove quasi ovunque ha incontrato la solidarietà non soltanto delle marinerie locali, ma anche della popolazione. Le navi si fermarono al primo approdo – questa la parola d’ordine –, oltre che in tutti i porti italiani, nelle Americhe, in Africa, in Asia e in Oceania. In Europa lo sciopero avvenne nei porti di Las Palmas e Barcellona, Marsiglia e Nizza, Anversa e Atene. Lo sciopero, durato 40 giorni, venne organizzato per il rinnovo del contratto, vecchio di 28 anni, e il riconoscimento del sindacato sulle navi, del diritto di sciopero e di contrattazione. Ebbe un’importanza storica e fu «parte integrante, per certi versi anticipatrice – scrive Iginio Ariemma nella presentazione – di quel moto di popolo che pose fine agli anni cinquanta» e che determinò, con la caduta del Governo Tambroni, la conclusione della stagione politica del centrismo, che durava da oltre un decennio e che si era caratterizzata per la repressione del movimento dei lavoratori. Alla fine di quel viaggio, ricco di incognite ma affascinante, i lavoratori marittimi tornarono a bordo delle navi «come uomini liberi».