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Una introdiuzione ai contributi che su questo numero della rivista animano la sezione "Tema", dedicata ai problemi della rappresentanza e della rappresentatività sindacale. Sullo sfondo delle vicende che - in una accelerazione impetuosa e altalenante - investono l'intero sistema nazionale delle relazioni industriali, l'A. anticipa e presenta le analisi e le tesi avanzate dagli autorevoli studiosi negli articoli che pubblichiamo.
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Gli autori analizzano i dati che mostrano la crisi di rappresentanza dei sindacati europei. Ritengono che questa sia una buona ragione perche i sindacati aumentino l'attenzione a meccanismi di coinvolgimento democratico dei lavoratori, dal momento che gli associati sono molto spesso, come nella realtà italiana, una minoranza. Nel caso italiano gli autori ritengono maturo il passaggio a regole generali per la misurazione della rappresentatività. Ritengono anche utile la introduzione, dosata e selettiva, di meccanismi di più estesa partecipazione democratica.
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E‘ opinione diffusa che esista una correlazione fra lo stato dei rapporti sindacali e la difficile situazione che attraversa il paese. L'A. suggerisce un discussione senza pregiudiziali che permetta di riconsiderare in maniera approfondita e critica le radici stesse delle culture sindacali cosiddette modernizzatrici, quale la CISL. La sfida dei valori e delle culture sindacali. Il confronto con il modello europeo e quello americano.
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L’unità sindacale è parte della complessità dei rapporti intersindacali e, perciò stesso, problema che condiziona l’equilibrio e l’efficienza del sistema di relazioni industriali. L’esperienza storica sembra indicare che l’unità di azione è possibile nel sostegno di necessarie condizioni. Non così l’unità organica che è invece possibile nei Paesi ove prevalgono, in un buono equilibrio pluralismo e pragmatismo.
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Cosa è andato storto? Qual'è stata la causa della peggiore crisi finanziaria dopo la Grande Depressione degli anni trenta? Contrariamente alle diagnosi convenzionali, incentrate sulla crisi dei mutui 'subprime' o della mancanza di regole adeguate per il sistema bancario, l'A. propone un'analisi che pone al centro il tema della diseguaglianza sociale come origine dell'attuale dissesto.
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Dalla crisi del 2008, scoppiata nel cuore di famose istituzioni finanziarie, le élite economiche sono riemerse ancora più potenti. Ma proprio la crisi ha mostrato i limiti dell’egemonia giacchè il comando comporta responsabilità di governo. Ed è in un siffatto compito che le élite economiche si sono mostrate per quello che sono: uomini del business. Durante la crisi essi hanno mostrato un tale disinteresse per lo stato della società e le difficoltà della politica che mette in discussione la convenienza della loro egemonia.
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Il saggio analizza il sistema politico italiano ponendo al centro della ricostruzione il rapporto tra partiti e democrazia. Attraverso un lungo excursus viene analizzato il lento e difficile processo di formazione dei partiti politici di massa e della loro affermazione a partire dall’unità d’Italia, seguendone alcuni passaggi chiave: la svolta liberale di Giolitti dell’inizio del Novecento e il confronto con l’ineludibile nodo della questione sociale; l’inedito fenomeno della nazionalizzazione coatta delle masse attuata dal partito politico fascista e da Mussolini a partire dagli anni venti; la nascita dei partiti politici di massa in Italia alla fine della seconda guerra mondiale parallelamente alla formazione della Repubblica democratica parlamentare antifascista. L’autore, a partire da un’analisi delle caratteristiche dei diversi modelli partitici, ne ricostruisce il ruolo svolto nelle diverse stagioni della democrazia repubblicana italiana sino a giungere all’oggi, passando attraverso la crisi degli anni settanta e la successiva crisi della rappresentanza politica negli anni novanta del Novecento in cui si è assistito all’implosione del sistema dei partiti di massa.
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EditorialeAldo Tortorella, Il mestiere del virus e quello degli umaniOsservatorioPietro Greco, Cronaca di una epidemia annunciataClara Frontali, Uomini e virusFrancesco Memo, Covid-19. È il razzismo che ci ha resi ciechiVincenzo Vita, L’insostenibile leggerezza del capitalismoMichele Mezza, Calcolanti e calcolati nel conflitto terapeuticoAlfonso Gianni, La nuova grande recessioneEmilio Carnevali, Da Disraeli a Johnson: le origini profonde del consenso conservatoreImmigrazione in prospettivaAlberto Leiss, La memoria come pratica di cura e di conflittoPaola Pierantoni, Forza e fragilità delle reti: un percorso tra metà anni ottanta e il G8 del 2001Eleana Marullo, La dimensione storica dell’immigrazione. Il caso di GenovaAndrea Tomaso Torre, A trent’anni dalla legge MartelliFilippo Miraglia, Un modello da cambiare: oltre l’emergenza più diritti agli stranieriLaboratorio culturalePietro Ingrao, Cesare Luporini, Due lettere del 1991Sergio Filippo Magni, Luporini e Ingrao. Le lettere del disaccordoGiorgio Mele, Luporini e la fine del PciGiovambattista Vaccaro, Morale e società in Cesare LuporiniMichele Prospero, Il diritto e i bisogniFrancesco Garibaldo, Marx, il capitalismo e i compiti politici del presentePaolo Desogus, Critica della cultura e processi materialiRipensando il passatoGiuseppe Greco, Rodari, Gramsci e la lotta per un nuovo senso comuneGianni Rodari, L’uomo nella realtàSchede criticheLelio La Porta, Gramsci e la favola
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Sebbene le tendenze più recenti evidenzino in Italia il pieno recupero dei livelli occupazionali del 2008, persistenti sono alcuni aspetti di strutturale debolezza della domanda di lavoro, persino rafforzatisi nella ripresa. La capacità di creare occupazione rimane limitata rispetto agli altri paesi europei per la debolezza del comparto dei servizi sociali e la scarsa capacità innovativa del sistema produttivo. A ciò si è aggiunta la riduzione dell’intensità lavorativa che, con l’esplosione del part time involontario, ha ampliato un’area occupazionale fragile dal punto di vista sia della qualificazione sia delle condizioni di lavoro. Inoltre, la recente crescita di occasioni di lavoro qualificato non scalfisce il forte orientamento della domanda di lavoro verso le occupazioni meno qualificate, rafforzando la segmentazione generazionale del mercato del lavoro, in un quadro di accentuazione delle già enormi differenze territoriali. Infine, va considerata l’emergenza Covid-19, che avrà pesanti ripercussioni sulle dinamiche occupazionali.