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Logistica
12.00
€
La logistica è qualcosa di più delle funzioni di trasporto e distribuzione cui è solitamente associata. Le trasformazioni del processo produttivo, la diffusione su larga scala del container e dei principi dell’intermodalità e della multimodalità, l’intensificazione dei processi di digitalizzazione e la formazione di nuovi spazi infrastrutturali hanno portato ciò che ruota intorno alla logistica a conquistare un ruolo di primo piano nell’economia e nella politica globali. Porti, zone economiche speciali e corridoi sono così divenuti snodi cruciali all’interno di una nuova mappa del potere. Attingendo da molteplici fonti e approcci disciplinari, questo libro sostiene che la logistica sia da considerare tra gli elementi costitutivi della globalizzazione e – introducendo la categoria di «politica dei corridoi» – analizza il modo in cui essa è diventata un fatto politico che promuove nuove modalità di governo e decisione, spingendo a ripensare la forma Stato e le forme dell’agire politico.
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Mafia Capitale
12.00
€
Gli autori, partendo dal racconto delle proprie «storie», spiegano, descrivono ed analizzano la «precondizione» che è alla base del fenomeno Mafia Capitale: lo sfruttamento pesante, fatto di retribuzioni bassissime ed assenza di tutele e diritti, dei lavoratori e delle lavoratrici che operano nell’ambito di quelle cooperative sociali «centrali e nevralgiche» nel sistema economico e criminale «Carminati-Buzzi». In questo contesto, alcune recenti modifiche legislative imposte dal Governo, attraverso il Jobs Act e la riforma del terzo settore, stanno determinando un ulteriore peggioramento delle condizioni del lavoro, accompagnato da un consistente aumento degli «utili» per le attività di cooperative che, in questo modo, risultano ancora più esposte a fenomeni d’illegalità diffusa. Sono temi che interessano non solo Roma bensì l’intera nazione, segnata, negli ultimi trent’anni, dall’affermazione di quella cultura «liberista» che ha portato verso la privatizzazione di servizi pubblici ed universali e, insieme, ha finito con il contaminare in maniera pesante e negativa anche quell’esperienza della «cooperazione» nata con ben altro spirito e ideale. Una realtà che, a giudizio degli autori, va modificata radicalmente attraverso interventi strutturali e profondi capaci di «riscattare il lavoro» da ogni forma di sfruttamento e di schiavitù. Solo un lavoro dotato di tutele, diritti ed equa retribuzione può garantire la qualità delle prestazioni e dei servizi in una delicata e complessa sfera come quella delle attività socio-sanitarie e assistenziali. Ridare centralità e dignità al lavoro rappresenta l’unico modo per aggredire alle fondamenta l’illegalità e creare le condizioni affinché fenomeni come quello di Mafia Capitale non si possano ripetere.
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Guerra di Liberazione e sport popolare
12.00
€
Accostare le asprezze della guerra di Liberazione alla nascita dello sport popolare sembra essere un autentico azzardo, eppure l’esperienza fiorentina del Fronte della gioventù, che aveva partecipato in prima linea alla lotta contro il nazifascismo, dimostra che non è affatto così. Il volume ripercorre le vicende di un’organizzazione che ha avuto vita breve, ma che ha costituito un esperimento unico di autonomia rispetto all’allineamento partitico; un laboratorio di associazionismo e democrazia partecipata aperto alle iniziative politiche e culturali dal basso. Proprio nel delineare un programma di ricostruzione nazionale, il Fronte aveva indicato nello sport una delle leve attraverso cui i giovani avrebbero potuto tornare a vivere e a sperare, incoraggiandone la rinascita e una più ampia diffusione. Ed è a Firenze, sia in modo diretto sia attraverso i movimenti giovanili di altri partiti della sinistra, coinvolgendo la CGIL, il sindacato metalmeccanici FIOM, fabbriche e aziende come l’Officina Galileo, l’Officina motori delle ferrovie, la Società elettrica Valdarno, l’Istituto geografico militare, che il Fronte si è fatto, più che altrove, promotore della creazione di un’organizzazione nazionale per lo sport popolare. Sarà un’esperienza determinante, da cui avrà origine, pur in un percorso non lineare e carico di contraddizioni, la costituzione stessa dell’UISP.
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Là sotto nell’inferno da Pesaro a Marcinelle
12.00
€
Quando l’8 agosto 1956 l’orologio dell’emigrazione italiana in Belgio improvvisamente si ferma, nel fondo del Bois du Cazier, a Marcinelle, si trovano undici minatori provenienti dalla provincia di Pesaro. Nove vi sono nati, due hanno vissuto lì una parte importante della loro vita, prima di emigrare in Belgio. La provincia di Pesaro si trova immersa in una delle più gravi catastrofi minerarie del dopoguerra, accomunata alle vicende e ai dolori di altre terre. Oggi il Bois du Cazier è uno dei sacrari dei lavoratori europei. Davanti al lutto che ancora grava nella memoria collettiva, ogni confine sfuma, rompendo steccati nazionali o regionali. Ma dentro la Storia si racchiudono piccoli e grandi racconti delle vittime che portano con sé un proprio vissuto con profonde radici in un determinato territorio. A sessant’anni dalla tragedia, in un anniversario che diventa momento di riflessione, questo libro ricostruisce la storia del rapporto peculiare tra la provincia di Pesaro e il Belgio, a partire dall’accordo firmato tra i due paesi nel 1946, che scambiava uomini con carbone, fino ad arrivare alla tragica conclusione di Marcinelle. Il bilancio storiografico qui tracciato si articola lungo la specifica fisionomia di un territorio, attraversato da persistenze e rotture nei legami sociali e nelle strutture economiche, influenzato dalle dinamiche nazionali ed europee che dettano i caratteri del fenomeno migratorio e indirizzano le modalità delle destinazioni e delle partenze. Le vite spezzate nel sottosuolo della miniera, le vedove, gli orfani diventano protagonisti di una storia corale fatta di dolore, sacrificio e riscatto. Immagini ed emozioni del passato che sembrano congiungersi alle cronache drammatiche delle migrazioni di oggi.
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I poeti incontrano la Costituzione
12.00
€
Chi meglio del poeta-scrittore può avere facoltà di descrivere un avvenimento così importante della nostra memoria collettiva e della storia della nostra democrazia come la nascita della Costituzione? Nasce così l’idea di costruire un percorso a più voci che rilegga la nostra Carta fondamentale con gli occhi della letteratura, affrontato da generazioni che hanno avuto con essa rapporti indiretti ma forti, sostenuti dall’orgoglio e dall’identità partecipativa trasmessa loro dall’esperienza e dai ricordi dei padri o addirittura dei nonni. Dopo aver celebrato i settant’anni della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo e aver spento le settanta candeline della Repubblica, questo libro vuole essere soprattutto un appello affinché tali premesse costituzionali si concretizzino nella loro carica etica e democratica, soprattutto oggi, in cui il nostro paese è preda di un malessere che affievolisce e sfilaccia il tessuto dei rapporti interpersonali. Oggi spetta a tutti noi tenere viva la tensione morale, la forza di volontà, la spinta riformatrice che caratterizzarono il lavoro dei padri costituenti, poiché con la poesia, la creatività, la cultura si possono recuperare le energie perdute per scongiurare la «profezia» di George Santayana: «Coloro che non ricordano il passato sono condannati a ripeterlo».
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Sindacato, politica, autonomia Per Riccardo Terzi
12.00
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Riccardo Terzi, nato a Bergamo nel 1940 e morto a Milano nel 2015, lascia un prezioso contributo di studi, che il Gruppo di lavoro a lui intitolato si prefigge di ordinare e valorizzare, partendo da questo lavoro, realizzato con la Cgil di Bergamo. Il volume raccoglie gli esiti di un se minario del 2015 con contributi, tra gli altri, di Adolfo Braga, Aldo Bonomi e Marco Revelli, un’intervista a Terzi e alcuni suoi interventi sulla storia e i mutamenti dei rapporti fra i soggetti della rappresentanza politica e della rappresentanza sindacale. «Terzi si interroga sulle trasformazioni della politica e della democrazia partendo da lontano, da quel repertorio di possibilità che è il passato. E misura la prossimità, e soprattutto la distanza, del presente rispetto a quel passato. Il paradosso di un modello di regime politico che nasce nel conflitto sociale per l’inclusione di ampie frazioni di popolazione escluse e finisce per funzionare come un sistema oligarchico destinato a configurare un’arena, distante dalla cittadinanza democratica, in cui si svolgono meri giochi di potere, è messo in luce da Terzi che può così insistere sul mutamento strutturale di ciò che usiamo chiamare ‘politica’. E l’effetto inaspettato dell’esercizio del senso della storia è che solo così puoi vedere in altro modo lo stato delle cose presenti, puoi abbandonare un modo ormai opaco e distorto di nominare le cose e, forse, puoi scovare con uno sguardo libero e critico un varco per possibilità e alternative che la dittatura del presente azzera e rende opache o inaccessibili» (dalla Prefazione di Salvatore Veca).
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L’officina delle idee
12.00
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Di quella iniziativa resta originale il metodo, perché la Consulta giuridica nacque ed operò sul rovesciamento della prospettiva tradizionale del rapporto tra politica e cultura. Non fu, cioè, la politica ad utilizzare su commissione le competenze nella direzione di scopi e tesi politiche già predefinite, ma quelle competenze furono invitate a discutere liberamente e ad immaginare soluzioni avanzate per i temi che venivano proposti. dalla prefazione di Susanna Camusso
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Il lavoro e le catene globali del valore
12.00
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Negli ultimi decenni, la rete è divenuta il modello di organizzazione sociale attraverso il quale il capitalismo contemporaneo struttura la sua presa del reale e dispiega la propria logica di sviluppo. Ciò ha prodotto significative conseguenze per il mondo del lavoro. Il volume esplora tre piani di indagine fra loro strettamente interconnessi. In primo luogo vengono analizzate le modalità di organizzazione del capitalismo reticolare, attraverso un’analisi critica della prospettiva analitica delle Catene Globali del Valore. Viene poi indagato il rapporto esistente fra sviluppo del capitalismo, esercizio del potere e del controllo – comprese le ricadute sulla capacità dei sistemi di rappresentanza e regolazione del lavoro di garantire ai lavoratori spazi di voice e adeguate condizioni occupazionali – e trasformazioni del processo di soggettivazione. Da ultimo, il volume approfondisce il tema dell’esercizio della critica all’interno delle nuove strutturazioni capitalistiche. In particolare, sono esaminate sia le risorse cognitive che possono alimentarla, sia le condizioni pratiche in cui essa può effettivamente incarnarsi. A questo proposito, vengono ripercorse alcune esperienze di riorganizzazione della rappresentanza del lavoro, aventi l’ambizione di dare una risposta alle sfide contemporanee, ma anche i tentativi di regolazione dell’operato delle imprese a livello globale sviluppatisi negli ultimi due decenni. Attraverso la ricognizione di un ampio repertorio di ricerca internazionale, il testo fornisce una solida chiave di lettura critica del rapporto tra trasformazioni del capitalismo, regolazione del lavoro e modalità di rappresentanza.
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Poesie operaie – II Edizione
12.00
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«... Che Di Ruscio fosse venuto al mondo nella povertà del vicolo Borgia, a Fermo, che fosse un autodidatta, un muratore disoccupato e poi un militante di base nel Pci di Palmiro Togliatti, che infine fosse emigrato nel ’57 a Oslo per acquisire lo status per lui definitivo di operaio metalmeccanico nella fabbrica fordista (e nel cosiddetto paradiso socialdemocratico), tutto ciò era senz’altro la materia prima, peraltro mai abiurata, della propria condizione personale ma non bastava affatto né basta oggi a spiegare, tanto meno ad esaurire, lo spessore della sua voce poetica, il ritmo e il tono inimitabile della sua pronuncia. La quale è una splendida eccezione, una assoluta singolarità, nel panorama della poesia italiana del secondo Novecento. Non un poeta-operaio come pure e sbrigativamente si è detto tante volte, quasi si trattasse di sommare il sostantivo all’aggettivo, o viceversa, ma un poeta capace di introiettare/metabolizzare/rielaborare la condizione operaia alla stregua della condizione umana tout court. La marginalità, il lavoro in fabbrica, un orizzonte politico che il dopoguerra presto richiude, qui in Italia come altrove, ne sono insieme i fondali e i referenti...». (Dalla postfazione di Massimo Raffaeli)
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Cento anni dopo: 1917-2017
12.00
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Lenin e Zuckerberg sono due rivoluzionari, l’uno appartiene al Novecento, l’altro al secolo che miliardi di persone stanno vivendo dentro la sua sfera. Anche Lenin ha avuto negli anni venti-trenta del Novecento una sterminata massa di credenti ma poi, quasi alla fine del Novecento, le statue erette in suo onore sono state fatte a pezzi, con l’accusa di non aver cambiato lo stato delle cose o al contrario di aver tentato di farlo. L’altro – i cui antenati venivano anch’essi dalla vecchia Europa – appartiene al tempo nuovo che ha contribuito a plasmare. Ed è consapevole delle conseguenze. Il Novecento è il focus del libro, dove è data rilevanza a ciò che è accaduto ma che poteva diversamente accadere. Ben altri poteri pre mono sul XXI secolo, emerso dalle macerie dell’altro ed è un tempo nuovo su cui gli Zuckerberg decidono per i loro follower cosa fare, cosa avere, cosa sapere. Come non pensare. Dalla premessa al libro di Rita di Leo
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Karl Marx e il processo produttivo oggi
12.00
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I mutamenti in atto nei processi produttivi sono osservati da alcune categorie interpretative introdotte da Karl Marx sul macchinismo industriale. Tale metodologia mostra una differenza significativa tra il modo di produzione specificatamente capitalistico esaminato da Marx e le attuali particolarità del processo lavorativo. Dal «consumo della forza-lavoro acquistata» si passa al lavoratore come sostanza valorificante della produzione. Con l’esperienza e la conoscenza della persona/lavoratore s’inverte significativamente la relazione tra forza-lavoro e macchine, tra lavoro astratto e lavoro concreto, e il lavoro si rivela sempre di più come opera e azione. L’esame della personalizzazione si avvale prevalentemente del gioco elaborativo tra K. Marx, H. Arendt e M. Heidegger per giungere alla definizione di libertà nel lavoro come prima condizione rivendicativa del cambiamento. La persona nel lavoro è il paradigma da cui procedere per rappresentare il lavoratore di fronte ai mutamenti organizzativi e tecnologici, ed è esaminata in alcuni suoi aspetti sociologici e storici, tramite temi sindacali quali il salario professionale, gli orari, la formazione, la struttura contrattuale e gli investimenti aziendali sulle conoscenze.
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Oltre il maggiordomo aziendale
12.00
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idea di solidarietà che negli anni settanta ha portato alla conquista di diritti – e di spazi – comuni è andata affievolendosi così come l’interesse per la politica e per il sindacato, che faticano a riconquistare quello spazio e quel protagonismo necessari per provare a risalire la china di un individualismo Il sempre più pervasivo. Per il sindacato, in particolare, che non ha mai smesso di occuparsi delle condizioni della vita delle persone, significa interrogarsi sugli strumenti e sul modo di entrare in relazione stretta con i bisogni, con la materialità delle esistenze. Per trovare parole nuove adatte a questi tempi difficili, un lessico capace di ridare una prospettiva, un’idea di futuro possibile, serve ascoltare, fermarsi per domandare, cercare di capire. [...] Lavoratori e lavoratrici ci hanno segnalato, rispondendo ad un questionario elaborato e promosso dai loro delegati aziendali, quali sono le «cose che servono davvero», quali sono le loro necessità in tema di welfare, dalla cura dei figli o dei genitori anziani alla salute, a orari di lavoro, flessibilità, servizi che mancano. Partendo dal bisogno individuale abbiamo costruito una mappa per una richiesta collettiva, di tante donne e uomini fuori dai confini del luogo di lavoro e del contratto di appartenenza. Un bisogno comune cui dare risposta attraverso un progetto pensato per quella specifica comunità di imprese, con l’ambizione di un’apertura a una comunità più ampia: il territorio. (dal saggio di Lorella Brusa)
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