• L’articolo intende dare un contributo sul tema della genitorialità e della sua «condivisione» dopo la separazione, attraverso l’analisi del rapporto tra servizi e famiglie. L’attenzione è rivolta alle attività fornite dai servizi che sono più direttamente preposti a offrire supporto nei casi di crisi familiare, come i centri famiglia e più in generale i servizi sociali territoriali. Adottando un approccio multi-attore e attraverso le prospettive della Street level bureaucracy e del Discursive institutionalism, e attingendo a interviste e focus group condotti sia con le famiglie che con gli/le operatori/trici, l’articolo ricostruisce i «discorsi» e le pratiche di «buona» genitorialità che i servizi e i genitori separati co-producono. In particolare, nel rapporto fra servizi e famiglie sembra consolidarsi un discorso sul good divorce nel quale il conflitto è fortemente stigmatizzato e solo il benessere dei figli è posto al centro.
  • La popolazione italiana ha strutture e comportamenti demografici che richiedono rapidi e consistenti riequilibri: può un’immigrazione controllata contribuire a risolverli, oppure può bastare una sensibile ripresa della fecondità delle donne italiane? Attraverso esercizi di simulazione, estesi da qui a 50 anni, si sono cercate le combinazioni più efficaci tra flussi annui d’immigrazione straniera e livelli di fecondità delle italiane per mantenere il più possibile stabili nel tempo alcuni aggregati demografici significativi o la struttura della popolazione. I risultati mostrano come sia necessario utilizzare la doppia leva della ripresa della fecondità e della gestione di un’immigrazione annua numericamente significativa. Nel paragrafo conclusivo si sottolinea come ciò non sia affatto semplice, richiedendo l’adozione di una molteplicità di regole, dispositivi e azioni complesse, che è però necessario mettere in campo se si vuole garantire un futuro alle nuove generazioni e alla società italiana.
  • Per gli immigrati la formazione di una famiglia rappresenta l’avvio di un nuovo corso dei processi di integrazione in cui accanto all’immigrato essa emerge come un nuovo soggetto di cui bisogna considerare il ciclo di vita come autonomo e distinto rispetto a quello individuale dei suoi componenti. Le famiglie di origine immigrata durante la loro evoluzione vanno incontro a eventi che originano distinte condizioni di vita e bisogni sociali specifici rispetto alle famiglie native. Questo articolo propone un’analisi sociologica delle condizioni che favoriscono la nascita e il consolidamento di bisogni sociali propri delle famiglie di origine immigrata e dell’identificazione di questi bisogni.
  • Amos Riani, cinquantenne ex terrorista, credeva di aver chiuso con il proprio passato. Fino a quando un giovane e ostinato magistrato lo coinvolge in un'indagine parallela sul rapimento che alla fine degli anni settanta ha lacerato e deviato la storia d'Italia. Individuata una nuova chiave interpretativa, i mille particolari rimasti insolutio nelle versioni ufficiali - la Renault Rossa, le borse mancanti, le divise dei sequestratori, il rullino scomparso - trovano il loro posto in un quadro insospettato e inquietante. La logica, l'esperienza, la passione conducono il protagonista, pagina dopo pagina, verso l'orrore di una verità inesorabile. A differenza dei normali "gialli", la conclusione della vicenda non ha un effetto liberatorio: l'ombra dei colpevoli e l'intreccio delle relazioni pericolose, appena mascherati dalla finzione letteraria, ci restituiscono l'angoscia di quei giorni e la dura consapevolezza della Ragion di Stato.
    • Il requisito ultraquinquennale di lavoro nel territorio o di residenza non è più indispensabile per accedere ai servizi abitativi pubblici
    • Le caratteristiche del risarcimento da mobbing orizzontale
    • La conversione del rapporto prima e dopo il Jobs Act
    • La Corte di Appello di Catanzaro e la prova per presunzioni di licenziamento disciplinare ritorsivo
    • Il Tribunale di Firenze emette un decreto cautelare senza contraddittorio per la consegna al rider di materiali anticontagio da Covid-19
    • La Corte di giustizia esamina un caso di trasferimento d’impresa a più cessionari
    • I limiti al diritto di sciopero nella pandemia
    • Le novità legislative nell’emergenza epidemiologica
  • Il libro prende spunto da un progetto di ricerca azione (Women in Transition - WIT) nelle sezioni femminili di due carceri della Toscana. Si è scelto di dare voce alle donne detenute, lavorando sui vissuti sì da ricostruire il filo dell’identità dentro/fuori del carcere. Sono stati individuati i meccanismi di inutile «sofferenza aggiuntiva» della quotidianità del carcere che più colpiscono le donne, oltre il dettato istituzionale della pena come sola privazione della libertà: cercando di scoprire le strategie per contrastarli, attraverso un confronto che ha coinvolto anche le operatrici e gli operatori. Da questa esplorazione della soggettività femminile hanno preso avvio i «laboratori» di self empowerment, mirati a valorizzare gli elementi di «forza» che le donne possono trovare in sé per fronteggiare lo scacco della detenzione; e chiamando il contesto sociale a «fare la sua parte» e mettere in campo risorse per poter guardare oltre il carcere. Il progetto WIT ha suggerito piste di approfondimento che il libro raccoglie: la questione della sessualità e dell’affettività dentro le mura, dall'ottica della differenza femminile; la riformabilità o meno del carcere, vista dal «paradosso» delle pratiche di empowerment in una istituzione totale. Per arrivare al quesito ultimo:quale carcere e quale pena per le donne?