• Sono ormai passati più di cinque anni dall’inizio della grande crisi finanziaria internazionale ed il bombardamento mediatico di concetti complessi ed astratti, lontani dall’esperienza quotidiana del cittadino, non ha aiutato certo la comprensione di quello che sta realmente accadendo, lasciando spazi alle più differenti e spesso semplicistiche se non errate interpretazioni. Questo lavoro nasce dunque dall’esigenza profonda di rendere comprensibile ai cittadini il mondo in cui stanno vivendo in quanto solo una migliore consapevolezza può aiutare il sistema democratico ad orientarsi verso una reale soluzione dei problemi. Vengono così illustrati in maniera elementare, facendo ampio utilizzo di esempi, anche numerici, e di numerosi grafici a colori, le relazioni tra finanza ed economia reale, il funzionamento dell’eurosistema e di come la moneta unica abbia modificato la nostra economia, la ricostruzione della crisi finanziaria e di come abbia alterato i meccanismi di trasferimento della ricchezza tra i diversi paesi europei. Si esplorano, quindi, le possibili soluzioni già presentate pubblicamente da esperti e no, partendo dalla peggiore delle ipotesi e cioè l’uscita dall’euro, offrendo una valutazione ragionata, e non di parte, dei pro e dei contro e di quali sarebbero i riflessi sulla vita dei cittadini. Infine viene illustrata una proposta originale che prevede interventi graduali nel tempo e compatibili con le differenze di vedute dei diversi paesi dell’eurozona in grado di sfruttare al meglio il ruolo di acceleratore che la finanza esercita sull’economia reale, nella convinzione che in tale relazione, che ha scatenato la crisi, vada cercata la chiave per la sua soluzione.
  • Radicata, diffusa, necessaria. La presenza delle assistenti familiari, le badanti, continua ad accompagnarci. Nonostante la crisi e la perdita di potere d’acquisto delle famiglie, il lavoro privato di cura rimane una risposta essenziale alla non autosufficienza. Queste pagine rappresentano lo stato dell’arte sul lavoro privato di cura in Italia, bilancio di un percorso iniziato dai curatori dieci anni fa. Frutto della collaborazione di studiosi con competenze diverse, il libro ricostruisce l’emergere di questo lavoro, le sue dimensioni e caratteristiche, i progetti che lo riguardano e che interessano ormai molti soggetti. Badare non basta perché ci vogliono competenza e cura nell’assistere un anziano non autosufficiente; non basta perché ogni intervento puramente individuale finisce per rivelarsi incompleto, un solitario scontrarsi con infinite difficoltà; non basta perché la domanda d’aiuto riguarda anche famiglie e familiari caregiver. Come qualificare il lavoro di cura, come renderlo un fatto un po’ meno privato? Il volume propone risposte a queste domande, linee di intervento e di riforma delle attuali prestazioni sociali. Costituisce uno strumento di lavoro e di approfondimento sui servizi, i progetti, le politiche in atto.
  • Con grande piglio vitalistico e una scrittura sobria e oggettiva, La grande armata dei dispersi e visionari narra un’incredibile avventura, quella umana e letteraria di uno dei nostri scrittori e giornalisti più eccentrici, Stefano Terra, pseudonimo di Giulio Tavernari. Personaggio affascinante e misterioso, vissuto a lungo in Grecia, sua seconda patria, collaboratore de Il Politecnico di Vittorini, prestigiosa firma de La Stampa, amato da Bo, Falqui, Pampaloni e dai maggiori critici del Novecento, questo fuorilegge della letteratura da anni dimenticato pubblicò per Bompiani, Einaudi, Mondadori e Rizzoli romanzi realisti all’epoca di grande successo, come La generazione che non perdona, Le Porte di ferro, Albergo Minerva e Alessandra, con il quale vinse il Premio Campiello. Di formazione cosmopolita, militante per indole, fu corrispondente estero tra i Balcani e il Levante, ed ebbe modo di conoscere e vivere sulla propria pelle il regime jugoslavo di Tito come poi la dittatura dei colonnelli in Grecia. Di tutto ciò, e molto altro, racconta questa biografia letteraria che si compone per frammenti compatti, nuclei narrativi di grande resa stilistica ed emotiva, con un andirivieni temporale che le conferisce un ritmo da documentario di parole, frutto di un lavoro d’archivio di anni. Così il libro di Massimo Novelli illumina pagine di storia poco indagate, come quella degli intellettuali che svolsero attività antifascista al Cairo o quella del quotidiano milanese di Giustizia e Libertà Italia libera, e riferisce anche della febbrile militanza politica e culturale che Terra condivise con l’armata di grandi «irregolari»: scrittori, poeti, arti sti surrealisti e trotzkisti, da Albert Cossery a Lawrence Durrell, a Ramses Younane, a Loutfallah Soliman, a Georges Henein. Henein che dell’amico e compagno Stefano darà la più suggestiva definizione: «Un giornalista e poeta che rappresentava, per noi, il corrispondente particolare degli dei, l’inviato speciale dell’Olimpo».
  • Georg Büchner

    12.00 
    Un ritratto a tutto tondo, biografico, intellettuale e spirituale, del drammaturgo più innovativo della prima metà dell’Ottocento europeo. Anatomista, vissuto solo 24 anni (1813-1837), Büchner ha lasciato un rivoluzionario manifesto politico che gli costò l’esilio, due drammi (Dantons Tod, Woyzeck), una «commedia» (Leonce und Lena), un frammento di racconto (Lenz), una dissertazione scientifica e un corpus di lettere di eccezionale importanza. È stato il suo teatro a rivelare la componente nichilista del nuovo concetto di storia elaborato nella cultura europea fra secondo Settecento e primo Ottocento, con tale sbalorditivo anticipo sui tempi che sarà solo l’espressionismo, in particolare il Wozzeck di Alban Berg (1925), a inserirlo nella costellazione dei più grandi drammaturghi e dei più acuti pensatori del tragico nell’orizzonte storico del Moderno.
  • Cinema e migrazioni sono apparsi in Italia più o meno nello stesso periodo. Nei primi anni del Novecento schermi e pellicole si moltiplicavano nelle città e nei paesi, con visioni e sogni destinati sia all’aristocrazia intellettuale sia al popolo. Nel frattempo, l’emigrazione offriva altri sogni e visioni, ma solo in determinate aree della penisola, dove le condizioni di vita spingevano un numero crescente di persone a imbarcarsi per terre straniere e lontane, in cerca di pane e futuro. Da allora, storie e immagini di migranti hanno attraversato il cinema italiano in un rapporto spesso discontinuo, a volte controverso, ma sempre ricco. Tra cronaca e finzione, spunti di riflessione e magia dei fotogrammi, il volume percorre le tappe di questo rapporto, con una panoramica sui film italiani che hanno raccontato le migrazioni e i loro protagonisti. Dagli italiani in partenza di Pane e cioccolata e di Nuovomondo, agli esodi interni da Sud a Nord di Rocco e i suoi fratelli e di Napoletani a Milano, con un breve viaggio nella «migrazione da ridere» di tante commedie, da Alberto Sordi di Bello, onesto, emigrato Australia… a Paolo Villaggio di Sistemo l’America e torno. Per chiudere il cerchio con i titoli degli ultimi venti anni, che portano anche sul grande schermo la dilagante e problematica presenza di cittadini stranieri nel nostro paese. Loro come noi un secolo fa, costretti a lasciare la propria terra, in cerca di pane e futuro.
  • Mondo animale

    12.00 
    In questo libro Angelika Riganatou, scrittrice e, per mestiere, veterinaria on the road, racconta il suo viaggio quotidiano nel mondo (… animale?), a metà tra memoir e reportage. Visita con scrupolo i mattatoi – «un curioso mix di ospedale e fabbrica, se si guardano le tute bianche, le guidovie, le piastrellature fino al soffitto, e, naturalmente, se si escludono dalla vista i laghi di sangue» –, da osservatrice partecipe ma forzosamente fredda vede sfilare le carcasse, fa esami trichinoscopici, ritrae con verosimiglianza i corpulenti macellatori intenti agli squartamenti, così come registra gli «al lupo al lupo!» degli allevatori, fa le autopsie ai vitelli, macinando chilometri con la sua automobile alla ricerca delle fattorie nelle campagne marchigiane; ed è una puntuale lotta con un logorante senso di impotenza. Con un tono sapientemente agrodolce, sempre giocato tra il comico e il grottesco, con una prosa leggera e divertita che riesce a illuminare un universo a molti di noi sconosciuto, l’autrice racconta con rara bravura la bellezza e insieme l’orrore, sotterraneo e selvaggio, dell’esistenza. Dal libro «Non posso dire cosa provasse esattamente – ma chi può dirlo di un altro, quando non lo sa mai neppure di se stesso? Però mi è sembrato plausibile, in quel momento, riconoscere la saldezza di chi osserva l’oggetto del suo amore, e l’incontrastabile consapevolezza che è alla base di tante follie umane: quel ragazzo gli appartiene. È suo, il suo amante, la sua fonte di vita e la meta di tutti i suoi sentimenti, il suo tutto. Gente, ho provato rispetto. Lui non tentenna: quel maiale lo sa, che cos’è questo Amore».
  • Il Rapporto sui diritti globali, che da 11 anni propone analisi e documentazione sulla globalizzazione in una chiave di lettura del l’interdipendenza dei diritti, è un volume unico a livello internazionale per ampiezza dei contenuti e dei temi trattati. La struttura del Rapporto è articolata in macro-capitoli tematici dove viene documentata la situazione relativamente all’anno in corso e vengono delineate le prospettive. L’analisi e la ricerca sono corredate da cronologie dei fatti, da schede tematiche, da qua dri statistici, da un glossario, da una bibliografia e sitografia, dalle sintesi dei capitoli e dall’indice dei nomi e delle organizzazioni citate. È uno strumento fondamentale d’informazione e formazione per quanti operano nella scuola, nei media e nell’informazione, nella politica, nelle amministrazioni pubbliche, nel mondo del lavoro, nelle professioni sociali, nelle associazioni. Ideato e realizzato dall’Associazione Società INformazione ONLUS, è co-promosso con la CGIL nazionale, in collaborazione con ActionAid, Antigone, ARCI, Comisiones Obreras (CCOO) della Catalogna, Coordinamento Nazionale delle Comunità di Acco glien za (CNCA), Fondazione Basso-Sezione Internazionale, Forum Ambientalista, Gruppo Abele, Legambiente, Sbilanciamoci!, vale a dire con le associazioni tra le più autorevoli, rappresentative e territorialmente diffuse che sono concretamente impegnate sulle problematiche trattate dal Rapporto. Prefazioni di Susanna Camusso e Sharan Burrow. Introduzione di Sergio Segio. Interventi di Yezid Arteta Dávila, Danilo Barbi, Nnimmo Bassey, Ricard Bellera I Kirchhoff, Paolo Beni, Carla Cantone, Luigi Ciotti, Tony Clarke, Vittorio Cogliati Dezza, Astrit Dakli, Marco De Ponte, Patrizio Gonnella, Maurizio Gubbiotti, Embarka Hamoudi Hamdi, Vera Lamonica, Elena Lattuada, Saul Meghnagi, Pat Mooney, Salih Muslim Muhammad, Grazia Naletto, Mauro Palma, Livio Pepino, Ciro Pesacane, Claudia Pratelli, Michele Raitano, Vincenzo Scudiere, Fabrizio Solari, Pablo Solon, Leopoldo Tartaglia, Gianni Tognoni, Ignacio Fernández Toxo, Alex Zanotelli, Armando Zappolini.
  • Ogni idea importante è come un nucleo: attrae e irradia, cattura e influenza, concentra e mette in circolo. Il caso dei beni comuni non fa eccezione. Da tempo, il dibattito che li riguarda offre un panorama che colpisce per l’ampiezza e la varietà dei motivi (degli orientamenti, degli interessi, dei punti di vista) che in esso vengono a convergere. E testimonia anche che le linee di forza che partono dal nucleo di ogni idea importante abbracciano campi diversi, è impossibile tenerle confinate all’interno di una singola materia. Questo libro intende restituire il senso di una discussione aperta, a più voci, interdisciplinare. La nozione di beni comuni cattura «cose» assai diverse, per quanto collegate, a partire dalle problematiche ambientali. Ma il raggio d’azione del concetto include molto altro, con una potenzialità critica che, risalendo ai fondamenti filosofici dell’individualismo proprietario e privatistico neoliberista ed interrogandosi sul significato attuale della «comunanza», giunge ad attraversare il campo dei fatti legati alla cultura e al sapere, la polarità associata al momento del «globale» e a quello del «locale», le tensioni della coppia «reale» e «virtuale» e così via. La presenza in questo libro di vari assi può aiutare il lettore a costruirsi una «fenomenologia» dei beni che attualmente si dicono «comuni». E a cogliere, nella molteplicità dei loro contenuti e dei modi nei quali si presentano, un duplice motivo di interesse. I beni comuni come emergenze storiche. I beni comuni come opportunità, non meno che problemi, in quanto la riflessione intorno ad essi fa emergere inediti obiettivi di sviluppo umano.
  • Il ’69 operaio, celebrato come episodio minore e erroneamente separato dal ’68 studentesco, non fu affatto, come si pensa comunemente, un evento solo italiano. Dal 1968 al 1973 un’ondata di scioperi e di proteste operaie scosse vari paesi del mondo: dall’Occidente all’America latina, ai paesi dell’Est. Quelle lotte erano il risultato di un comune processo di industrializzazione che si era affermato nei vari paesi dopo la seconda guerra mondiale, ed ebbero per protagonista una classe operaia che si era rinnovata nella sua composizione. Tale mutamento strutturale portò con sé anche un cambiamento della coscienza della classe e delle rivendicazioni nuove per le quali lottare. Erano idee e propositi che non calavano dal cielo, ma sorgevano dal vivo dell’esperienza lavorativa e sociale in senso lato. Nuove forme di organizzazione e di lotta si affermarono, sovente in contrasto critico con quelle tradizionali del movimento operaio. Non mancarono momenti di contrasto, di discussione e di confronto in un mondo che si pensava avesse ancora una prospettiva.
  • Oggetto del presente volume, in lingua italiana e inglese, è il lavoro gravemente sfruttato e altre attività svolte in condizione forzosa e coatta che coinvolgono cittadini delle comunità nigeriane residenti in Italia. Il volume non prende in considerazione lo sfruttamento sessuale, poiché su tale fenomeno sono state realizzate molte più indagini e il quadro generale è più conosciuto. Il punto di vista prescelto per l’analisi ha tenuto in considerazione tre aspetti principali. Il primo riguarda le differenze intercorrenti tra l’Italia e la Nigeria in generale e le forme che in entrambi i paesi assume il fenomeno del grave sfruttamento lavorativo in ragione del fatto che sono diverse le normative che regolano il lavoro nell’uno e nell’altro paese, come sono diverse le procedure di tutela e di previdenza sociale, nonché gli istituti ispettivi competenti per il monitoraggio delle condizioni di lavoro e le modalità di compensazione quando vengono violati i diritti delle persone nella loro qualità di lavoratori. Il secondo riguarda la diversa ampiezza della domanda e dell’offerta di lavoro sommerso in Italia e in Nigeria, dove l’economia sommersa ha un peso stimato dell’80%. Cosicché quando i lavoratori nigeriani arrivano in Italia e si collocano – o vengono collocati – nelle fasce produttive che configurano l’economia sommersa (anche nelle forme più precarie e indecenti), non fanno che passare da un lavoro informale all’altro, non comprendendo, generalmente, almeno nelle fasi iniziali, le eventuali differenze e dunque le possibilità di considerarsi come titolari di diritti. Il terzo aspetto, infine, riguarda la capacità di intercettare, nell’uno e nell’altro paese, il segmento di lavoro para-schiavistico e gravemente sfruttato all’interno del più generale lavoro sommerso. A questo riguardo, accanto a una base normativa comune che consente di considerare le nuove schiavitù come un «crimine contro l’umanità», permangono difficoltà concrete nel definire, all’interno dei diversi paesi (per la specifica storia e cultura, in modo peculiare nelle relazioni umane e nei rapporti di lavoro), la condizione schiavistica e dunque i rapporti di dipendenza. In altre parole non sempre ciò che appare un rapporto schiavistico nel «modello occidentale» è considerato tale nella prospettiva africana, nonostante gli sforzi armonizzanti che le organizzazioni internazionali perseguono ormai da decenni.
  • La presente pubblicazione, realizzata grazie al progetto del Segretariato per l’Europa della CGIL «Micro - Managing Information and Consultation Rights Opportunities» sostenuto dalla Commissione Europea, rappresenta una guida utile per l’esame e la conoscenza delle funzioni dei Comitati aziendali europei, soprattutto dopo l’adozione della Direttiva «di rifusione» n. 2009/38 riguardante l’istituzione di un Comitato aziendale europeo, da poco recepita negli ordinamenti nazionali. Nel volume vengono infatti analizzate le opportunità offerte dalla nuova normativa, condizione indispensabile per una partecipazione attiva dei lavoratori e dei loro rappresentanti impiegati nelle imprese multinazionali europee. Dalle sessioni di lavoro del progetto, dalle testimonianze dei delegati che vi hanno partecipato attivamente, viene altresì la conferma che i Comitati aziendali europei sono divenuti nel corso degli anni uno strumento essenziale del confronto con le imprese e i gruppi di imprese transnazionali e che essi, in un contesto di globalizzazione crescente e di fronte alla crisi economica globale, devono essere sempre più coinvolti nell’anticipazione del cambiamento nelle imprese, al fine di prevenire o limitare le negative conseguenze dei processi di ristrutturazione.
  • I Fondi Interprofessionali svolgono un ruolo fondamentale nella governance della formazione continua, nel favorire la crescita della domanda di formazione non solo in termini quantitativi ma soprattutto qualitativi. Il testo ripercorre i principali snodi che, in alcuni Paesi europei (Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito), hanno costituito la base per la costruzione di un sistema di formazione continua, differenziandosi a seconda di vari fattori, quali: l’assetto istituzionale e la struttura del sistema di istruzione e formazione; l’approccio al mercato, all’organizzazione del lavoro e alle risorse umane; il ruolo e la forza delle organizzazioni di rappresentanza, evidenziando il ruolo delle parti sociali. A partire dai dati riportati nel XIII Rapporto ISFOL sulla formazione continua vengono evidenziati alcuni punti utili per orientare l’attività di contrattazione della formazione, in termini di accesso alla stessa, di definizione dell’idea di sviluppo economico, sociale e professionale che intende contribuire a generare, di superamento delle disuguaglianze sociali. Viene inoltre ripercorso il lavoro svolto dall’Unione Europea nell’incentivare l’impulso alla formazione continua e quello svolto dai sindacati italiani, in particolare la CGIL, nel promuovere progetti tesi a diffondere una cultura della formazione, anche attraverso gli accordi che hanno condotto alla costituzione dei Fondi Interprofessionali. Dal quadro presentato emergono delle linee di indirizzo utili per pianificare interventi volti allo sviluppo dei saperi professionali. Emerge, inoltre, l’urgenza di una riflessione su come, nel riconoscimento degli apprendimenti in esito da percorsi di formazione finanziata, i Fondi Interprofessionali si raccorderanno coi sistemi di certificazione regionali, nazionali ed europei.